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Il Peso Della Didascalia
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enrico
Messaggio: #1
Ho appena finito di leggere: "Fotografia e società" di Giséle Freund. Riporto un brano che è nel capitolo sul fotogiornalismo:

"Prima della guerra, la vendita e l'acquisto dei titoli alla Borsa di Parigi si svolgevano ancora all'aperto, sotto i portici. Un giorno feci tutta una serie di fotografie, prendendo come bersaglio un agente di cambio. Ora sorridente, ora angosciato, asciugandosi il viso rotondo, esortava il pubblico con grandi gesti. Inviai le fotografie a diverse riviste illustrate europee con il titolo anodino Istantanee della Borsa di Parigi. Qualche tempo dopo ricevetti i ritagli di un giornale belga e quale fu la mia sorpresa nel vedere le mie fotografie accompagnate da un grosso titolo: Rialzo alla Borsa di Parigi, alcune azioni raggiungono prezzi favolosi. Grazie a sottotitoli ingegnosi, il mio innocente piccolo servizio acquistava il sapore di un avvenimento finanziario. Lo stupore per poco non mi paralizzò quando qualche giorno dopo ritrovai le stesse fotografie in un giornale tedesco, questa volta con il titolo: Panico alla Borsa di Parigi, fortune crollano, migliaia di persone rovinate. Era evidente che le due pubblicazioni avevano dato alle mie fotografie un significato diametralmente opposto, che rispondeva alle rispettive intenzioni politiche. L'obiettività dell'immagine è soltanto un'illusione. Le didascalie che la commentano possono mutarne radicalmente il significato".

Mi chiedo: fino a che punto una didascalia può stravolgere il significato di una foto e, per contro, fino a che punto una immagine può raccontare "oggettivamente" un evento?

Un saluto
Enrico
reefaddict
Messaggio: #2
Ciao Enrico,
la didascalia interpreta al posto nostro e in tal senso può far assumere significati opposti all'immagine, molto calzante l'esempio della Freund, ricordo di aver già incontrato proprio questo argomento, ovvero il photo editor che incolla un "significato" sotto l'immagine (in alcuni casi magari apporta pure un taglio) e varia con questo il messaggio.

Ma non sarei così categorico nel dire che è la foto a non essere obiettiva; è la nostra interpretazione, magari "spinta" dalla didascalia, che travalica il "cosa" dell'immagine, come a dire che l'immagine da sola non basta per spingersi a interpretazioni ardite senza ulteriori elementi: se vedo una donna che piange, senza altre informazioni, senza contesto, posso solo dire che è una donna che piange. Che sia pianto di gioia o di dolore, spesso non mi è dato di sapere e chiedendolo a 100 osservatori probabilmente otterrei risposte contrastanti. Un photo editor potrebbe ugualmente scrivere "dolore della madre per il bimbo perduto" così come "lacrime di gioia per il compagno ritornato dal fronte". E funzionerebbe. Ma, ancora, non direi che la foto "manchi" di qualcosa, obiettività o contesto, siamo noi che aggiungiamo troppi elementi mancanti in modo arbitrario.
enrico
Messaggio: #3
Grazie Alessandro per il tuo intervento. trovo molto giuste le tue osservazioni. Mi viene da pensare che, oltre alla didascalia, anche l'abbinamento fra due o più immagini può mutare il senso di ciascuna. Immagino la foto di un fucile da caccia vicino ad un primo piano di un viso abbronzato, con lo sfondo di un bosco o, lo stesso fucile con la foto di un uomo a terra.
Sarebbe interessante continuare questo discorso, col supporto di qualche immagine.
Didascalie ed abbinamenti per raccontare meglio un fatto (lato positivo) o per stravolgerlo, facendo credere tutt'altro (lato negativo della comunicazione quando è usata in senso ideologico). Chissà se mai è stata fatta qualche tesi sull'argomento, magari riferita a casi e periodi storici concreti. Sarebbe interesante.
Ciao
Enrico
PAS
Messaggio: #4
Un altro spunto interessante Enrico.
Mi ricorda una passata discussione che riguardava il ruolo del titolo attribuito ad un’immagine altro elemento che, in un qualche modo, orienta l’osservatore.

La didascalia e più in generale il contesto nel quale l’immagine viene inserita, ritengo possa condizionarne anche in modo decisivo la lettura.
Occorre però che già l’immagine abbia in sé il seme di diverse possibili interpretazioni.
Banalmente una macro o uno still life si prestano molto meno rispetto a street, reportagistica o ritratto ambientato.
Più in generale penso che il processo che ci porta ad attribuire ed assimilare il significato di un’immagine sia abbastanza complesso e fortemente influenzabile anche da stimoli che possono giungerci dall’esterno, quali la lettura di una didascalia, un contesto di altre immagini (come tu giustamente ipotizzi), un commento percepito mentre ne prendiamo visione etc. ma che questo processo sia quasi una necessità in quanto spesso non ci è sufficiente fermarci ad una sola valutazione tecnico-estetica di un'immagine.

Ricordo una mostra fatta recentemente dal nostro fotoclub, nella quale le foto erano presentate senza alcuna didascalia.
Alcuni visitatori si soffermavano chiedendosi tra loro “cosa rappresentasse” o “dove fosse stata scattata” o “perché quella particolare composizione”. A seconda della risposta che coglievano da altri, i loro commenti potevano essere anche diametralmente opposti.
Comunque si percepiva sempre quasi la necessità di aggiungere elementi che consentissero una collocazione certa dell’immagine.

Ciao

Messaggio modificato da PAS il Dec 6 2007, 01:49 PM
enrico
Messaggio: #5
Grazie Valerio per il tuo interessante contributo.
Riporto un altro brano della Freund:
"Robert Doisneau un giorno, in un piccolo caffé di rue de la Seine, dove s'incontra abitualmente con gli amici, nota un'incantevole ragazza che beve un bicchiere di vino al banco, a fianco di un signore di una certa età che la guarda con un sorriso fra il divertito e il goloso. Doisneau chiede ai due il permesso di fotografarli. Essi accettano e la fotografia esce nella rivista "Le Point", in un fascicolo dedicato ai bistrots, illustrato dalle fotografie di Doisneau. L'autore cede la fotografia, insieme ad altre, alla sua agenzia.
Quando i giornali hanno bisogno di immagini per illustrare un articolo, si rivolgono alle agenzie. Poco tempo dopo, la fotografia in questione esce in un giornaletto, pubblicato dalla lega contro l'alcoolismo, per illustrare un articolo sull'azione nociva delle bevande alcooliche. Il signore, che è professore di disegno, si risente. "Mi prenderanno per un beone", protesta con il fotografo che gli fa le sue scuse.
Le cose prendono una cattiva piega quando la stessa fotografia esce su una rivista scandalistica che l'ha ripresa da "Le Point", senza il permesso nè dell'agenzia, nè del fotografo. La didascalia che accompagna l'immagine dice: "Prostituzione ai Champs-Elysées".

Accludo qualche fotografia (le ho prese da un CD dove non ci sono i nomi degli autori purtroppo, e non mi è possibile citarli):

IPB Immagine

IPB Immagine

IPB Immagine

Quali di queste immagini è possibile indirizzare verso una particolare interpretazione con una adatta didascalia più delle altre? In quale invece ciò è più difficile e perché?

Un saluto
Enrico
enrico
Messaggio: #6
Credo che, quanto più una foto contenga elementi relativi al tempo ed al luogo, tanto più risulti difficile alterarne il senso.
L'effetto fuorviante di una didascalia, messa ad arte sotto una immagine, si basa sulla scarsa capacità di "lettura" della maggior parte dei fruitori. La colpa è forse della scuola in cui di tanto si parla, meno che di "immagine tecnica" e del relativo linguaggio. E le poche volte che se ne parla, lo si fa in maniera approssimata se non addirittura sbagliata.
Ricordo che in un libro delle elementari di mia figlia, in una sezione dedicata all' "educazione all'immagine", si proponevano delle fotografie e si chiedeva: "A cosa ti fa pensare?".
Si stimolavano così quelle che il Taddei chiama "integrazioni psicologiche", si spingeva il ragazzo a cercare nelle immagini dei significati che non sono nell'immagine, ma nella mente del lettore. E questo è tutto il contrario del "leggere una immagine".
Credo che se l'educazione alla lettura fosse un fatto generalizzato, sarebbe molto più difficile ingannare la gente. Ogni immagine verrebbe letta per quello che è e per quel (poco o tanto) che può dirci, sospendendo il giudizio nei confronti di significati inespressi e magari presenti nella didascalia.
Enrico
cesare forni
Messaggio: #7
trovo interessante questa discussione aperta da Enrico.
purtroppo io non sono molto capace ad esprimermi scrivendo (al liceo i miei temi erano un disastro!) però due cose le vorrei dire anch'io.
credo che un'immagine non dovrebbe aver bisogno ne' di titoli ne di didascalie (a meno che non venga inserita in un contesto quali articoli di giornali, libri, ecc.) ma debba parlare da sola, deve essere l'immagine a fornire l'emozione, l'informazione, la sensazione... non devono essere le parole. al limite farei una concessione solo per indicare il luogo e il contesto dello scatto ma in maniera puramente complementare all'immagine.
sono d'accodo con Enrico sul problema della letture dell'immagine e del ruolo della scuola e dell'educazione ma qui il discorso si fa pesante e forse sarebbe meglio farlo di persona.
un caro saluto a tutti gli amici del forum che purtroppo non conosco personalmente
buone feste
cesare
marcofranceschini
Messaggio: #8
Leggere un'immagine...
è normale che il fruitore venga condizionato da un'infinità di fattori.
Enrico ha presentato l'argomento parlando della didascalia, ha poi accennato al concetto di tempo.
Tutto perfettamente vero e tremendamente complicato ed allo stesso tempo affascinante.
Stiamo parlando di contesti esterni ed in particolare di quelli che possono essere definiti contesti di ricezione.
Mi soffermo per un attimo sul concetto di tempo che ha un peso indescrivibile nella lettura di una foto.

L'esempio mi viene dato dal lavoro del fotografo Lewis Hine e di alcune immagini del suo libro sul lavoro in fabbrica dei bambini
IPB Immagine

Immagine ridimensionata: clicca sull'immagine per vederla con le dimensioni originali.

IPB Immagine

Immagine ridimensionata: clicca sull'immagine per vederla con le dimensioni originali.

quando queste foto vennero pubblicate nel 1908 contribuirono all'abolizione del lavoro di bambini sotto i 14 anni in alcuni stati degli Stati Uniti.

Oggi queste stesse immagini potrebbero essere considerate come testimonianza , come documento della storia della fotografia oppure considerate esclusivamente da un punto di vista estetico e magari criticate per la composizione un po' statica e per l'espressione triste dei bambini.

Sono sempre le stesse foto in fondo, eppure la loro lettura non può che adeguarsi alla cultura visiva del tempo in cui vengono mostrate. Una didascalia non potrebbe far altro che accentuare questa differenza.

Marco
enrico
Messaggio: #9
E già,
una foto presenta diversi livelli di lettura:

Un livello è quello del documento. Esaminare il significato del soggetto della foto. Ed in questo delle informazioni ulteriori, non deducibili dagli elementi presenti nell'immagine, possono risultare preziose.
Ma se tali informazioni invece sono false e sono state messe ad arte, possono stravolgerne il significato. La didascalia potrebbe essere usata per questo. Ed a volte ne vien fatto questo uso.

Un livello che è quello dell'autore. Attraverso la foto possiamo risalire ai gusti, alla personalità di chi l'ha scattata. O meglio, questo risulta possibile esaminandone larga parte della produzione. Se si tratta di una foto narrativa o tematica, possiamo leggerne il messaggio che l'autore, attraverso di essa, ci vuole comunicare.

Un livello storico-sociologico, attraverso il quale possiamo studiare un'epoca.

Un livello tecnico. Attraverso la fotografia possiamo studiare lo stato dell'arte nei riguardi delle macchine, degli obiettivi, dei materiali.

Le foto di Hine sono un ottimo esempio di una lettura su diversi livelli.

Un saluto
Enrico
 
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