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Leggere La Fotografia
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DEREGISTRATO
Messaggio: #26
QUOTE(TOAD @ Nov 26 2005, 07:29 PM)
Alla fine della fiera, ritengo che la prima persona a cui la foto deve piacere sia l’autore, parlo di noi fotoamatori, per i professionisti è ovviamente diverso.
*


Ciao Guido,

non sono daccordo che per i professionisti è diverso.
Per me non è diverso.
Per me non è diverso e non deve essere diverso.
La foto che faccio deve piacere a me. Se poi piace al cliente tanto di guadagnato.

Se questo ti sembra una sparata segui il mio ragionamento:

mi sono scelto questo lavoro perchè mi piace e solo se faccio la foto che mi piace si verifica la condizione.
Ovviamente la creazione delle mie immagini tiene conto del destinatario, ma rispetta sempre il mio modo di pensarla.
La cosa funziona perchè il mio gusto è apprezzato da un numero di persone sufficiente a garantirmi un fatturato da giustificare la mia attività.
Se il mio prodotto non fosse gradito perderei clienti e mi troverei quindi un'altra attività.
Non avrebbe senso fallire come non avrebbe senso prostituirsi per fare qualcosa contro voglia.

sergio
toad
Messaggio: #27
QUOTE(sergiopivetta @ Nov 26 2005, 07:54 PM)
Ciao Guido,

non sono daccordo che per i professionisti è diverso.
Per me non è diverso.
Per me non è diverso e non deve essere diverso.
La foto che faccio deve piacere a me. Se poi piace al cliente tanto di guadagnato.



Ciao Sergio,
no, non sono per niente convinto che la tua sia una sparata. Ma tu sei tu, e lavori in questo modo, probabilmente fondendo la tua sensibilità fotografica con le aspettative del cliente. E questo non può che essere una cosa estremamente positiva. Io mi riferivo, in modo indiretto, alla marea di fotografi, dovrei dire in questo caso pseudo-professionisti, per i quali "tutto fa brodo", tanto il cliente non capisce... anche se al giorno d'oggi mi sembra più difficile. E ne conosco...
Il tuo modo di lavorare, secondo me, è quello giusto, della serie IO sono il fotografo e lavoro così. Se non vi piace, ce ne sono altri... Ma non credo che tu abbia perso molti clienti smile.gif

Un caro saluto

Guido

Messaggio modificato da TOAD il Nov 26 2005, 07:09 PM
Stefi
Messaggio: #28
Sicuramente un'immagine comunica qualche cosa al di là del mero esercizio tecnico, ed i significati di una foto, come ha ben chiarito Sergio, possono essere molti. Qui la soggettività dell'osservatore è una componente fondamentale.
Ma a questo riguardo una grande foto assomiglia a uno scritto, ad una melodia ed è qui che gioca la parte del leone la sensibilità propria di ciascun fotografo (artista?), sensibilità che può essere sviluppata con l'esperienza ma che credo sia in gran parte innata.
Però vorrei soffermarmi su un altro punto, che può invece (credo) essere approfondito e appreso da tutti.
Come e con quali elementi tecnici si può comunicare?
Ovvero: quali elementi compositivi, tecnici, cromatici permettono al nostro messaggio di essere più efficace?

Due link ad esempio:
il primo è un Learning to Look, sulle foto di A. Adams, ma credo sia applicabile a ogni immagine.
http://dizzy.library.arizona.edu/branches/...de/lookguid.htm
il secondo è sulla teoria dei colori.
http://www.luminous-landscape.com/tutorial...ur_theory.shtml

Spero ovviamente che possa essere utile ed argomento di discussione.

Infine: considerazione personale: in questo thread sento la mancanza di una voce autorevole come quella di Nico
Ciao!
Michele Festa
Messaggio: #29
Ripensavo ai life che mi capita di frequentare spesso anche attivamente. Provate a guardare prima le fotografie di un life qualsiasi, giudicatele interiormente, successivamente rileggete attentamente testo e immagini: il giudizio è lo stesso? è cambiato in meglio o in peggio?
Secondo voi quali sono gli elementi principali, che provocano un cambiamento del giudizio complessivo, se ciò si verifica? E' merito del linguaggio che è migliore delle foto, o sono le foto che sopperiscono alla deficienza del testo,
oppure c'e sinergia di entrambi, in modo che mancando l'uno o l'altro in qualche modo il racconto sarebbe incompleto?
E poi ancora ognuno di noi a quale dei due aspetti dà maggiore importanza nell'economia di un giudizio finale? La risposta ovvia dovrebbe riferirsi alle foto, ma non mi sembra tutto poi così scontato.
Mi piacerebbe che faceste un giro di vite relativamente ai vostri pareri, in modo da allargare il raggio d'azione dell'ottimo argomento proposto da Giorgio.
Un caro saluto a tutti.
Michele

Messaggio modificato da Michele Festa il Nov 27 2005, 12:35 AM
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #30
QUOTE(TOAD @ Nov 26 2005, 08:08 PM)
Ma non credo che tu abbia perso molti clienti smile.gif


Ciao Guido,

forse ai più sembrerà che noi si stia parlando OT.
No, non è così.
Quando propongo alla potenziale clientela (fino a quando guardano la mia vetrina lo sono) le mie immagini, il mio modo di intendere un ritratto, un matrimonio, insomma, il mio gusto personale, spero di incontrare i favori della gente, i loro gusti.
C'è quindi un filo che unisce il mio gusto a quello della gente, o meglio, una parte di essa.

Sono convinto che, per quanto uno sviluppi la propria creatività, seguendo il proprio gusto e fantasia, se questo è fatto con capacità, troverà corrispondenza fra la gente.
Quindi, nelle nostre immagini, ci sono sicuramente degli elementi base che fanno si che una creazione trovi l'approvazione nei cervelli di un certo numero di persone.

... Ma non credo che tu abbia perso molti clienti....

sono aumentati. Ed in quelle poche volte dove ho ceduto rinunciando ai miei principi, ho prodotto solo emerite schifezze,
criticatissime poi proprio dal cliente che mi aveva fatto arrendere e costretto a fare come voleva lui.
Ho immediatamente corretto il tiro e non ci voglio più cascare.

E' un aneddoto che racconto spesso. E, come al solito, ispirandomi anche a quanto detto da Daniele Airola, torno a ragionare con la pancia....
biggrin.gif
Ero in vacanza in giro per la Sicilia con mia moglie.
La prima sera siamo andati a mangiare in un ristorantino che si affacciava sul porto.
Posticino meraviglioso, dava una sensazione di calore, reti di pescatori appese alle pareti assieme a trofei di pesca.
Arriva il cameriere per l'ordinazione. Sentito il menu, mia moglie ed io, ci guardiamo in faccia pensierosi e ordiniamo:
"...milanese con patatine fritte"

Il cameriere va in cucina. Un attimo dopo esce il padrone del locale e, con aria quasi offesa (e forse lo era) ci chiede perchè mai volessimo un piatto del genere in un ristorante come il suo e che non voleva farcelo.
In mezzo italiano e mezzo dialetto bellunese, da bravi montanari abbiamo spiegato che il pesce non faceva parte dei nostri gusti preferiti.

Molto intelligentemente ci ha chiesto i nostri gusti e, spiegandoci che di pesce ne esiste una varietà infinita, ci ha chiesto di fidarci di lui ed assaggiare il pesce spada.
Mai mangiato niente di più buono.
Siamo rimasi 4 giorni in quella località appositamente per tornare a mangiare (anche altri piatti) da lui.

sergio

Messaggio modificato da sergiopivetta il Nov 27 2005, 03:19 PM
P.Pazienza
Messaggio: #31
Il fatto che una fotografia comunichi "qualcosa" credo sia giusto e condivisibile da tutti; i problemi nascono quando ci affanniamo a comprendere il come ed il cosa un'immagine comunichi...
Sono assolutamente convinto della inesauribile polisemanticità del'immagine fotografica, guai se così non fosse! Quindi alla domanda di Giorgio:

"esiste la possibilità di codificare un metodo universale in grado di aiutarci a “leggere” una fotografia?"

la mia risposta è: no, per fortuna non esiste nessun codice!
Cerco di spiegarmi meglio: potenzialmente un'immagine può avere tante interpretazioni possibili quante sono le persone che vorranno interpretarla, tutte di pari dignità, tutte ugualmente valide e corrette. Ciascuna interpretazione poi è connessa alle altre in una catena di rimandi interpretativi virtualmente illimitata, in quanto può a sua volta generarne altre e così via... da qui l'impossibilità di codificare un'immagine al di là dei freddi dati statistici. Siamo cioè di fronte ad una fotografia "aperta"per natura. Però tra le varie interpretazioni possibili è compresa anche quella dell'autore che gioca un ruolo importantissimo perchè "il suo punto di vista", cioè quello che il fotografo si proponeva di comunicare e gli accorgimenti tecnici che ha usato per farlo; tutto ciò ha una forte influenza sul modo in cui verrà letta la fotografia da parte di tutti gli altri: è qualcosa di simile al primo anello di una catena "privilegiata", che può limitare i significati della foto e circoscriverne "arbitrariamente" il senso, indirizzando le successive interpretazioni verso una fotografia "chiusa".

In genere preferisco il primo caso, quando l'autore scglie di non interferire più di tanto con il significato della foto o quanto meno di ridurre al minimo la propria influenza. Questo mi permette di entrare direttamente in contatto con l'immagine senza condizionamenti e, nella migliore delle ipotesi, mi fornisce degli stimoli per una più attenta comprensione della fotografia ma anche di me stesso, del "mio" punto di vista che non necessariamente deve coincidere con quello dell'autore.

grazie.gif a Giorgio per aver iniziato un 3d veramente interessante ed aver citato da un libro che ho letto più di un anno fa e che adesso rileggerò molto volentieri!

daniele.airola
Messaggio: #32
Ciao a tutti,
concordo ovviamente con Toad riguardo al fatto che la foto ci deve trasmettere qualcosa! Ci mancherebbe.... ed anche con P.Pazienza riguardo al fatto che ognuno abbia il "proprio" modo di leggere una fotografia..... la mia impressione è che, come Sergio Pivetta ha giustamente sottolineato, a fianco delle sensibilità innate nell'essere umano (in un bellissimo 3rd di Ludofox sono raccolti molti esempi in natura - nello stesso corpo umano - di proporzioni che seguono la sezione aurea ) ci siano delle sensibilità o gusti che si sono sviluppati o che derivano da contesti sociali, basti pensare all'evoulzione dei canoni che la bellezza femminile ha rappresentato nella pittura nel passare del tempo....
in pratica: quanto gli stereotipi (o gli archetipi) di immagini che conosciamo influenzano il nostro modo di valutare una fotografia?
Qualcuno ha avuto modo di conoscere quali differenze o affinità ci siano con altre culture (non occidentali)? Qui il 3d di Sergio Pivetta fornisce molti stimoli...

Buone foto "di pancia"....
Ciao
Daniele
P.Pazienza
Messaggio: #33
QUOTE(d.airola @ Nov 27 2005, 05:07 PM)
quanto gli stereotipi (o gli archetipi) di immagini che conosciamo influenzano il nostro modo di valutare una fotografia?
*



Sicuramente archetipi e stereotipi possono avere un'influenza molto ampia sull'interpretazione di una immagine ma in genere si fermano al livello di "lettura" più superficiale della stessa, poi si dovrebbe poter andare oltre se l'immagine lo permette. Di fondamentale importanza credo sia invece evitare o limitare il loro ricorso quando si pensa/scatta una fotografia, altrimenti si avranno solo immagini "stereotipate" e penso che tutti i fotografi aspirino a qualcosa di più...
...tipo creare nuovi archetipi non sarebbe male! wink.gif

Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #34
QUOTE(P.Pazienza @ Nov 27 2005, 07:37 PM)
Sicuramente archetipi e stereotipi possono avere un'influenza molto ampia sull'interpretazione di una immagine ma in genere si fermano al livello di "lettura" più superficiale della stessa, poi si dovrebbe poter andare oltre se l'immagine lo permette. Di fondamentale importanza credo sia invece evitare o limitare il loro ricorso quando si pensa/scatta una fotografia, altrimenti si avranno solo immagini "stereotipate" e penso che tutti i fotografi aspirino a qualcosa di più...
...tipo creare nuovi archetipi non sarebbe male!  wink.gif
*


Interessante quanto dici.
Dimmi se ho capito male:

Tanti anni fa un fotografo, David Hamilton, diventà famoso, oltre che per la bravura, perchè nelle sue foto usava spessissimo ed abbondantemente il filtro diffusore.
Il flou divenne allora quasi una moda.
Ecco, intendi una cosa del genere quando dici di creare un archetipo?

ciao,
sergio
P.Pazienza
Messaggio: #35
QUOTE(sergiopivetta @ Nov 27 2005, 06:49 PM)
Interessante quanto dici.
Dimmi se ho capito male:

Tanti anni fa un fotografo, David Hamilton, diventà famoso, oltre che per la bravura, perchè nelle sue foto usava spessissimo ed abbondantemente il filtro diffusore.
Il flou divenne allora quasi una moda.
Ecco, intendi una cosa del genere quando dici di creare un archetipo?

ciao,
sergio
*



Beh! Era solo un'idea...buttata lì... Lampadina.gif

Comunque, l'esempio di Hamilton, per quanto riguardo l'uso del flou, forse ha più a che vedere con lo "stile" personale dell'autore e con le scelte dettate dal suo "gusto"... però... quando una scelta personale si diffonde a tal punto da diventare una moda e servire da modello per gli altri potrebbe essere già considerato un archetipo a tutti gli effetti, cioè letteralmente un primo modello... magari limitato alla parte tecnica della fotografia.
Io invece mi riferivo più alla creazione di un nuovo modello di "visione" fotografica che aggiunge ulteriori possibilità espressive, che propone un diverso approccio al modo di fare fotografia (o pittura, scultura ecc...), insomma più che un espediente tecnico alla moda avevo in mente un maestro, un capo-scuola che rivoluziona completamente il modo in cui si fotografava prima di lui... anche tecnicamente...

...ma era solo un'idea...buttata lì... Lampadina.gif

margior
Messaggio: #36
Intervengo di nuovo in questa discussione e scusate se sposto la direzione sempre su una sorta di sfondo teorico: (de)formazione mentale!

Proviamo a immaginare la nostra foto essere il punto d'incontro di due piani: uno lo chiamiamo il piano dell'esperienza sensibile, l'altro il piano della cultura (che, se ci piace pensarlo, comprende anche gli archetipi jungiani di cui stiamo parlando).

Faccio un esempio: Sergio Pivetta ha postato in un thread qui vicino un piacevolissimo ritratto. La reminescenza pittorica colta (piano della cultura) si coniuga con un percepito e valorizzabile riflesso sulla moto (piano dell'esperienza sensibile) e ne scaturisce...un ottimo lavoro!

Ora, per fare un altro passo avanti, se sul piano della cultura siamo sei miliardi di persone, come è facile intuire, ognuna diversa dall'altra (ad es. Sergio conosceva quell'opera, Martino no, etc), sul versante dell'esperienza sensibile, ovvero di ciò che percepiamo, le cose sono maledettamente più complesse.

Proviamo a pensare al contrasto in una foto, la transizione tra aree chiare e aree scure...

Un momento, cosa è chiaro e cosa è scuro, quale è il concetto di chiaro e quale è il concetto di scuro, dove li ho presi? Sono qualcosa di innato?

Decisamente no, sono concetti che ci vengono dall'esperienza sensibile: potremmo dire che il sommamente chiaro è ciò che mi abbaglia fino al punto che non vedo più nulla, il sommamente scuro è cio che mi acceca fino al punto che non vedo più nulla.

Attenzione, stiamo dicendo qualcosa di molto diverso dal dire: il sommamente chiaro è RGB=255 e il sommamente scuro è RGB=0. Stiamo usando non il piano della cultura (in questo caso scientifica) ma il piano dell'esperienza, tutti ci intendiamo e ci capiamo quando dico: "sommamente chiaro tanto che mi abbaglia!"

Facciamo un altro piccolo passo: quanti elementi dentro una foto appartengono al piano dell'esperienza sensibile? Tantissimi e se non stiamo attenti tutti si intrecciano immediatamente con il piano della cultura, ad esempio i colori con i numeri, la prospettiva con la geometria, etc.

Per arrivare a "ripensare" i dati sensibili così come sono, senza mediazione della cultura, devo fare un'operazione di "messa da parte" della cultura stessa.

Quando arrivo a questo punto...sono molto vicino all'oggettività che qualcuno ha nominato in questo thread...ho fatto molta filosofia...ma le le foto dove sono?

All'interno delle foto è all'opera proprio questa grammatica fenomenologica...

(devo andare a cena, ciao, a dopo, forse)





PAS
Messaggio: #37
QUOTE(margior @ Nov 27 2005, 09:01 PM)
Intervengo di nuovo in questa discussione......


Un approccio analitico estremamente interessante ma leggendo ho perso di vista il target.
Qual'è?

Scusa ma ho appena cenato e la digestione rallenta le sinapsi!
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #38
QUOTE(margior @ Nov 27 2005, 09:01 PM)
Intervengo di nuovo in questa discussione e scusate se sposto la direzione sempre su una sorta di sfondo teorico:

blink.gif wacko.gif wacko.gif blink.gif
guru.gif guru.gif guru.gif
sergio

Messaggio modificato da sergiopivetta il Nov 27 2005, 09:33 PM
margior
Messaggio: #39
Eccomi, il target? Bella domanda...

Proviamo a pensare che quando facciamo fotografia, ma in genere quando facciamo ogni attività che coinvolga il piano dell'esperienza sensibile, sullo sfondo esiste una sorta di "grammatica dell'esperienza" che entra in relazione con la nostra sensibilità e la nostra cultura.

Il termine grammatica è improprio in quanto porta a pensare ad un sistema di regole oggettive: ecco non sono regole, ma sono oggettive.

Il chiaro e lo scuro sono oggettivi, ma non sono regole, entrano in rapporto con la mia sensibilità e con la mia cultura, e nella mia tavolozza pittorica li posso liberamente coniugare al fine di ottenere il risultato che ho in mente.

Non sono innati, nascono dall'esperienza che ho cominciato a fare, probabilmente (a sentire quanto ci racconta la neuroscienza) all'interno della pancia della mamma e poi, una volta nato, tutte le mattine del mondo.

Proviamo ancora con un esempio, nel campo musicale, in cui sono più preparato.

In Occidente abbiamo il nostro sistema tonale, una scala musicale, un insieme di regole etc.
Se mi sposto in India esiste un altro sistema, altre regole, etc.

Da dove nascono, sono innati, uno è superiore all'altro (assolutismo) o sono equivalenti (relativismo)? Nessuna delle due risposte è corretta perché non centra il problema. Semplicemente sono state operate selezioni diverse all'interno dello spazio sonoro, che possiamo immaginare, sullo sfondo percettivo, come un "glissato" continuo dal indefinitamente grave all'indefinitamente acuto.

Sono state operate delle libere scelte cristallizatesi nel corso di secoli che hanno portato ad esiti estetici diversi, vari, multiformi!

Trasferiamoci alla fotografia e in parallelo possiamo immaginare di operare una selezione nel...continuo dei colori, per creare la nostra tavolozza espressiva!

Se ci facciamo caso, riconosciamo un autore, la sua cifra stilistica proprio perché opera scelte che coinvolgono questi piani, della sensibilità, della cultura...

Credo che siamo arrivati ad un punto in cui sono stati messi in campo argomenti che hanno implicazioni piuttosto pesanti e preferirei fermarmi qui chiedendo il vostro aiuto.

Buona serata





Giorgio Baruffi
Messaggio: #40
Margior scrive:

Per arrivare a "ripensare" i dati sensibili così come sono, senza mediazione della cultura, devo fare un'operazione di "messa da parte" della cultura stessa.

eccoci, ci stiamo avvicinando all'idea che mi sono fatto per l'interpretazione (anche se preferisco lettura proprio perchè "interpretazione" implica la NON messa a parte della cultura) della fotografia...

mi sa che la cosa si sta facendo interessante... wink.gif

un attimo di relax: ragazzi siete grandi, mi sto gustando il 3D in maniera spropositata!
davidebaroni
Messaggio: #41
QUOTE(GiorgioBS @ Nov 27 2005, 10:27 PM)
Margior scrive:

Per arrivare a "ripensare" i dati sensibili così come sono, senza mediazione della cultura, devo fare un'operazione di "messa da parte" della cultura stessa.

eccoci, ci stiamo avvicinando all'idea che mi sono fatto per l'interpretazione (anche se preferisco lettura proprio perchè "interpretazione" implica la NON messa a parte della cultura) della fotografia...

mi sa che la cosa si sta facendo interessante...

un attimo di relax: ragazzi siete grandi, mi sto gustando il 3D in maniera spropositata!
*



Mi sono letto questo thread con enorme interesse. Sarà una deformazione professionale... biggrin.gif

Prima di aggiungere i miei due cent alla discussione, faccio una premessa: per me lettura della foto è molto diverso da valutazione o giudizio della foto. smile.gif Lettura implica, e presuppone, un impegno conoscitivo, di comprensione, e questo a sua volta implica per me l'assenza di un giudizio, che significherebbe l'attività dei miei pre-concetti, delle mie strutture pre-esistenti, della mia cultura, dei miei gusti personali, della mia "mappa del mondo"... smile.gif

Un grosso problema, nella "lettura" di una foto, è: "Quanto ci sto mettendo del mio, e quanto è invece effettivamente nell'opera?". Da cui l'importanza di leggere al di fuori della propria mappa del mondo... e l'impossibilità di farlo in assoluto, perché alcune "trasformazioni" nel messaggio (neurologiche) avvengono ancor prima di avere un accesso cosciente allo stimolo sensoriale (in questo caso all'immagine), e altre (linguistiche) avvengono in modo pressoché inconscio ed automatico. Eppure non sono "universali".

Io NON credo all'oggettività. smile.gif

Per me la "lettura" di una foto è analoga alla lettura di un testo scritto, o di una rappresentazione teatrale.

Non è una questione di "mi piace" o "non mi piace". Questo è già un giudizio.

E' una questione di "cosa c'è qui?", di "cosa leggo fra le righe". E, qui, si intrecciano diversi piani. Qualcuno qui ha definito la fotografia "polisemantica". E' vero, come lo è il linguaggio parlato. La stessa frase, o parola, pronunciata con intonazioni diverse, assume significati diversi: c'è, in un'opera di Shakespear, un personaggio che, nel corso della stessa opera, pronuncia la parola "no" con 16 differenti significati, che vanno dal "no" più assoluto al "sì" più totale... eppure la parola è sempre la stessa. smile.gif Allo stesso modo, lo stesso soggetto fotografico, anche statico, ripreso con illuminazioni, contrasti, colori o prospettive diverse assume significati diversi.

Esiste un linguaggio fotografico come esiste un linguaggio verbale. La proprietà di linguaggio fa parte degli strumenti di un fotografo, come di uno scrittore. E di questa proprietà di liguaggio fa parte la congruenza linguistica. Non sto parlando solamente di vocabolario: Zippy the Pinhead, mitico personaggio dei fumetti underground americani, conosce un sacco di parole ed espressioni "colte"... ma le usa a sproposito, in modo incongruente, distorcendone significato e sintassi. Questo è coerente con il personaggio, quindi è il linguaggio "giusto"... E ha un effetto comico, quindi è congruente con lo scopo della rappresentazione.
E questo vuol dire usare il linguaggio congruente con ciò che si vuole rappresentare: nessuno scrittore degno di questo nome farebbe parlare un contadino analfabeta come un professore di Oxford solo perché lo scrittore ne conosce il linguaggio... E qui entra in gioco l'obiettivo della rappresentazione. Cosa voglio rappresentare? La mia rappresentazione è efficace? Per essere efficace che caratteristiche deve avere? Che effetto deve produrre? Non sto parlando di realismo: ricordate il bicchiere rotto di Ludofox? smile.gif

Ora, quando leggiamo una foto, cosa leggiamo veramente? Secondo me, leggiamo il fotografo prima di tutto, nel senso che quella foto rappresenta, in un modo o nell'altro, la visione che il fotografo ha di quel tema in quel momento, o quella che vuole trasmettere... ma per trasmetterla deve averla nel suo "repertorio". wink.gif Poi leggiamo l'effetto che quella rappresentazione produce, in noi in primis, e in altri se ne abbiamo la possibilità. E infine, se vogliamo, possiamo andare ad analizzare gli strumenti liguistici messi in campo dal fotografo per ottenere quel risultato, così come analizziamo il linguaggio di uno scrittore o di un comunicatore per scoprirne i "segreti". E infine vediamo la "tecnica", cioé la capacità del fotografo di utilizzare efficacemente gli strumenti che mette in campo... Pensate ad un attore, che ha il copione perfetto, le parole perfette, il linguaggio del corpo perfetto... e sia incapace di dare alle proprie parole l'intonazione giusta, o mancasse dei tempi teatrali. smile.gif Sarebbe una mancanza tecnica...

Quando "leggo" (o meglio cerco di leggere) una foto, sono queste le cose di cui vado in cerca. La visione, la cultura, il mondo del fotografo prima di tutto. Ciò che "scrive" esplicitamente, e ciò che lascia fra le righe. L'effetto che mi fa, e come fa a farmi quell'effetto (e questo mi parla molto di me stesso...). Poi "esco" e cerco di lasciare da parte "me stesso", e di vedere le cose il più possibile "dall'esterno", e di analizzare il linguaggio usato.

Mi è molto difficile parlare di queste cose per iscritto. Ma per me è straordinariamente simile a quello che faccio nei corsi che tengo per i terapeuti, quando insegno loro a "leggere" le informazioni che il cliente dà loro senza nemmeno saperlo, fra le righe del proprio eloquio e del proprio corpo.

Solo che lì posso spiegarmi attraverso l'esperienza diretta... biggrin.gif
margior
Messaggio: #42
QUOTE
twinsouls Inviato il Oggi, 06:58 PM

Mi è molto difficile parlare di queste cose per iscritto.


Ti quoto qui assolutamente! E ti quoto anche su tutto il resto soprattutto quando dici che non credi all'oggettività.

Suppongo che avendolo tu precisato, ti sia venuto qualche sospetto...legittimo per carità!

Per sgombrare il campo da sospetti e anzi per dire con forza che dovremmo sempre essere tutti, nel nostro piccolo, vigili "maestri del sospetto", come premessa vorrei dire che ho cercato di mostrare (stentatamente, me ne rendo conto...) UNA tra le angolature da cui è possibile accostarsi al problema della lettura di una foto, nei termini che tu hai esposto (ovvero non ha senso dare giudizi etc.).

Chiarito e premesso che sul piano della cultura siamo tutti liberi e diversi e che sul piano dell'esperienza sensibile siamo liberi nelle scelte, ho cercato di mostrare che operiamo queste scelte relative al piano dell'esperienza, in un ambito esperienziale comune, dato, "oggettivo" (mettiamolo tra virgolette, perché tentiamo ora di usare un altro termine meno scomodo).

Un piano dell'esperienza dove, per tornare ad esempi fatti, i concetti di chiaro e scuro non sono regole o definizioni oggettive di tipo scientifico, linguistico o altro ma appunto esperienze che "sono di tutti" nei termini che ho descritto precedentemente, cioè intersoggettive.

Ci collochiamo su di un piano esperienziale pre-lingustico, pre-scientifico, dove l'esperienza di chiaro e scuro è così per me e per una persona che appartiene ad un ambito culturale diversissimo dal mio, che ha una "borsa fotografica", una "cassetta degli attrezzi" diversissima dalla mia.

Vorrei provare a ricapitolare, ribadendo che questa è UNA (tra diverse, di cui sarebbe anche possibile parlare...!) angolature del discorso: la foto (nel quadro, nell'opera musicale, filmica e quant'altro) nasce dall'incontro tra un piano della cultura (di cui bisognerà, ahinoi!, prima o poi cominciare a parlare) e un piano dell'esperienza sensibile (di cui ho tentato di parlare).

Ciò che tento di suggerire, andando un po' a fondo (in tutti i sensi...) sul piano teoretico, è che ciascuno può provare a valorizzare al massimo la propria "cassetta degli attrezzi espressivi" andando ad indagare meglio il piano dell'esperienza sensibile, provando ad immaginare quali abissi di direzioni possibili si spalancano, ripensando a concetti che ci appaiono ovvii, ma che tanto ovvi non sono e che nascono invece dal sedimento del pensiero e della cultura di secoli.

Bisognerebbe provare ad approfondire con degli esempi questo aspetto, ma ripeto, vi devo chiedere aiuto.

Buona serata






Giorgio Baruffi
Messaggio: #43
non potevo sperare in meglio...

Davide, ti ringrazio, moltissimo, ma lo stesso devo fare con Margior, siete splendidamente entrati nei ruoli che avevo prefigurato, anche se gli attori ancora non potevo conoscerli (non nascondo che Davide lo aspettavo al varco però, ecco perchè, pur volendolo fare, mi sono trattenuto dal segnalargli il thread, piccola scommessa con me stesso).

Ne deduco (e lo farebbe anche mio nipotino di 15 mesi se fosse in grado di leggere, tanto è chiaro) che, secondo quanto è emerso, ricondurre la lettura di una fotografia a qualcosa di oggettivo non sia possibile, ma non ne sono ancora convinto del tutto.

Cosa è l'oggettività?

In pratica nulla può essere universalmente valido cioè non condizionato dalla particolarità dei punti di vista?

Possiamo ritenere chiuso il discorso in merito alla lettura delle fotografie, oppure ci sfugge qualcosa?

(perdonate le mie domande, ma sto interpretando la parte del "conduttore", sperando di riuscirci e di non sembrare idiota e nel contempo di riuscire a rendere questo thread sempre più interessante wink.gif )
davidebaroni
Messaggio: #44
QUOTE(GiorgioBS @ Nov 28 2005, 11:18 PM)
(non nascondo che Davide lo aspettavo al varco però, ecco perchè, pur volendolo fare, mi sono trattenuto dal segnalargli il thread, piccola scommessa con me stesso).
*



Giorgio, sono stato via da venerdì a ieri, senza accesso a Internet... Appena sono tornato a casa mi sono messo "in pari" col Forum, e quando ho visto questo thread... Come direbbero a Modena, hai "invitato un'oca a bere"! biggrin.gif

QUOTE(GiorgioBS @ Nov 28 2005, 11:18 PM)
Ne deduco (e lo farebbe anche mio nipotino di 15 mesi se fosse in grado di leggere, tanto è chiaro) che, secondo quanto è emerso, ricondurre la lettura di una fotografia a qualcosa di oggettivo non sia possibile, ma non ne sono ancora convinto del tutto.

Cosa è l'oggettività?

In pratica nulla può essere universalmente valido cioè non condizionato dalla particolarità dei punti di vista?
*



Sì, in pratica è così, e se riusciremo a vederci di persona ti spiegherò approfonditamente perché e percome... QUI sarebbe parecchio complicato! biggrin.gif
Per ora, ti basti sapere che in ambito scientifico ci sono discussioni persino sull'oggettività o meno delle misure strumentali, perché il modo in cui sono progettati e costruiti gli strumenti di misura stessi (che dipende dai postulati, gli assunti e le convinzioni di chi li ha progettati e costruiti) potrebbe influenzare l'oggettività della misurazione al livello dello strumento stesso... biggrin.gif

Se leggi bene l'inglese, trovi la "spiegazione di base" in un libro intitolato "Whispering in the wind", di John Grinder e Carmen Bostic St. Claire. Ma prende un intero capitolo, e questo è il motivo per cui, anche sintetizzando, non posso spiegarlo qui. E' già sintetico là! rolleyes.gif

QUOTE(GiorgioBS @ Nov 28 2005, 11:18 PM)
Possiamo ritenere chiuso il discorso in merito alla lettura delle fotografie, oppure ci sfugge qualcosa?

(perdonate le mie domande, ma sto interpretando la parte del "conduttore", sperando di riuscirci e di non sembrare idiota e nel contempo di riuscire a rendere questo thread sempre più interessante  wink.gif )
*



Certamente non è chiuso, almeno non per me. Il fatto che non sia "oggettivizzabile" non significa che non si possano cercare "linee guida" più o meno comuni, o che non si possano condividere metodi e strumenti così che ognuno possa arricchire il proprio bagaglio di ciò che, fra ciò che emerge, ritiene valido.

Ma...

A cosa serve, a quale scopo "leggo" la fotografia in questione? A seconda dello scopo, i criteri usati nel processo (o, meglio, le loro priorità) cambiano... Magari di poco, ma cambiano. E solo questo basterebbe ad aprire un thread chilometrico... biggrin.gif

Il processo di lettura, invece, secondo me rimane più o meno lo stesso.

Tocca a te decidere se, in questo momento e per gli scopi che ti eri prefisso aprendo questo thread, le risposte che hai ottenuto soddisfano questi scopi o no, o comunque rispondono alle "vere" domande che avevi dentro... smile.gif
nuvolarossa
Messaggio: #45
Chiedo scusa se con il mio intervento riporto la discussione a livelli più bassi e meno "scientifici"... biggrin.gif
Parlando di oggettività, di sicuro non si può dare un parere "oggettivo", ma voglio tentare di dare una risposta alla domanda di Giorgio: In pratica nulla può essere universalmente valido cioè non condizionato dalla particolarità dei punti di vista?

Secondo me immagini che danno messaggi universali a chiunque esistono eccome, a prescindere dal livello culturale e dal background che si hanno. Penso per esempio al miliziano di Capa o alla bambina nuda che corre ustionata dal napalm (credo di McCullin, ma ho un'amnesia mattutina), ma anche alle bellissime immagini di Magubane del medico in Africa...
Queste immagini non hanno bisogno di un codice per essere interpretate, il loro messaggio è universale e quindi "oggettivo"...

Mi sbaglio?
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #46
QUOTE(margior @ Nov 27 2005, 10:06 PM)
Proviamo ancora con un esempio, nel campo musicale, in cui sono più preparato.

In Occidente abbiamo il nostro sistema tonale, una scala musicale, un insieme di regole etc.
Se mi sposto in India esiste un altro sistema, altre regole, etc.

Da dove nascono, sono innati, uno è superiore all'altro (assolutismo) o sono equivalenti (relativismo)? Nessuna delle due risposte è corretta perché non centra il problema.  Semplicemente sono state operate selezioni diverse all'interno dello spazio sonoro, che possiamo immaginare, sullo sfondo percettivo, come un "glissato" continuo dal indefinitamente grave all'indefinitamente acuto.
*



Questo esempio musicale è, a mio avviso, molto calzante.
Si possono estrapolare le due componenti. Quella culturale e quella ...innata, istintiva.
Giustamente, margior, dici che entrambe le culture hanno in comune la percezione sensibile dal tono più basso udibile a quello più alto, senza soluzione di continuità. Quella che, in termine musicale hai chiamato "glissato". E che può essere schematicamente definita come una serie infinita di toni. (Analogamente, all'interno di un segmento esistono infiniti punti).

Da questa percezione comune, determinata dalla fisiologia, due culture diverse hanno potuto applicare regole e codici diversi. Infatti la musica araba, o quella cinese, o lo stesso jazz, sono assolutamente riconoscibili dopo le primissime battute.
Ma, nonostante si abbiano a disposizione una serie infinita di toni percepibili, nessuna armonia, anche proveniente da culture che non hanno avuto contatti tra loro, adotta una scala fatta di quarti di tono o di terzi di tono.
Ogni espressione musicale, adotta la scala fatta di mezzi toni.
Evidentemente esiste innata, e quindi più difficile da scovare, una sorta di ...quantizzazione della scala musicale che ci fa adottare il mezzo tono come "salto" minimo.

Questo per dire che non è sempre facile capire quali componenti "oggettive" si nascondono all'interno del nostro comportamento, delle nostre creazioni, delle nostre analisi.



QUOTE(GiorgioBS @ Nov 28 2005, 11:18 PM)
...Possiamo ritenere chiuso il discorso in merito alla lettura delle fotografie, oppure ci sfugge qualcosa?
*



Per fortuna, Giorgio, qualcosa sfugge sempre. wink.gif
davidebaroni
Messaggio: #47
QUOTE(ludofox @ Nov 29 2005, 10:39 AM)
(...)
Ma, nonostante si abbiano a disposizione una serie infinita di toni percepibili, nessuna armonia, anche proveniente da culture che non hanno avuto contatti tra loro, adotta una scala fatta di quarti di tono o di terzi di tono.
Ogni espressione musicale, adotta la scala fatta di mezzi toni.
Evidentemente esiste innata, e quindi più difficile da scovare, una sorta di ...quantizzazione della scala musicale che ci fa adottare il mezzo tono come "salto" minimo.
(...)
*



Spiacente di contraddirti, Ludofox... Ma un mio amico, che ha studiato e studia Sitar in India, mi dice che la LORO musica prevede i quarti di tono, che vengono utilizzati in certi Raga, anche se non certo in tutti. E le loro suddivisioni ritmiche, i Tala, hanno a volte cicli di 13 beat... e mezzo, come spiegato da Ravi Shankar in un suo disco (di cui non ricordo il titolo) in cui, prima di ogni pezzo, spiega appunto le caratteristiche sia del Raga che del Tala utilizzati.
Queste suddivisioni tonali e ritmiche non hanno alcun senso nella nostra notazione... ma ce l'hanno nella loro, eccome! smile.gif

Questo non toglie che, in generale, quello che dici abbia un sacco di senso. Credo che tu stia parlando di quelle che io chiamo le "componenti neurologiche" del linguaggio fotografico... smile.gif

Messaggio modificato da twinsouls il Nov 29 2005, 10:57 AM
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #48
QUOTE(twinsouls @ Nov 29 2005, 10:56 AM)
Spiacente di contraddirti, Ludofox... Ma un mio amico, ...
*



Piacere di essere contraddetto! wink.gif

Interessante quello che dici. ...Mi piacerebbe approfondire.
Sarebbe interessante, ad esempio, sapere se quella opzione è stata ..."forzatamente" aggiunta o è ...naturale.

(Ma non andiamo troppo Fuori Tema)
margior
Messaggio: #49
Twinsouls e Ludofox vi devo ringraziare...

Effettivamente...la musica indiana...

Dal continuo dei suoni, un po' come refoli di vento sulla superficie a specchio del mare, nel corso dei secoli, abbiamo cominciato a sviluppare linguaggi musicali differenti, ognuno con una propria articolazione che prevede "toni", "semitoni", "quarti di tono"...ma più che quantizzare (abituati come siamo nell'età della tecnica), dovremmo chiederci: con quali magnifici risultati espressivi?

Esiste un piano prelinguistico, che possiamo "tentare" di descrivere teoreticamente con tutti i limiti...del nostro linguaggio! come nota Twinsouls, e un piano di articolazioni linguistiche.

Per passare dallo "spazio sonoro" alla fotografia: nella pittura, nelle arti visive, nel corso dei secoli, attraverso diverse "tecniche linguistiche" abbiamo "costruito e articolato" lo spazio. Ad esempio tanti autori del Novecento si sono staccati anche con veemenza teorica dalle "regole" della prospettiva rinascimentale, così come molti autori del Novecento musicale colto occidentale hanno esplorato strade diverse dal sistema tonale classico.

Sarebbe ovviamente complesso affrontare questo discorso dello spazio...se qualcuno è interessato posso suggerire qualche lettura...

Ma quando facciamo fotografia, con il nostro scatto, articoliamo lo spazio.
In una discussione "parallela" a questa (Perché ho scattato così) aperta da PAS, sono stati postati due scatti che articolano lo spazio in maniera completamente differente. Il mezzo fotografico ovviamente e per fortuna è occhio che insieme articola ed esprime.
Nello scatto di Oesse si vede benissimo come pochi elementi tecnici come l'inquadratura (la sua ampiezza, il suo punto di vista rialzato, la vicinanza dell'obiettivo al soggetto, (per fortuna 50 e non 85!), etc.) e il diaframma (definizione di primi piani, piani intermedi, sfondo, etc) costruiscano lo "spazio" della foto in maniera perfetta.
E' il caso di ricordare, che il nostro occhio, quella scena, non la vede assolutamente così! Quello sfuocato, quell'atmosfera, quel mosso, quel,quel...

Quando Ludofox "scolpisce" magistralmente la bottiglia, la "colloca" nello spazio o se...vogliamo ribaltare filosoficamente il discorso è la costituzione della cosa, è la bottiglia con le sue "ombre" e i suoi "riflessi" che articola lo spazio, altrimenti avremmo una superficie bianca bidimensionale! Uno still piatto è uno still che non ci fa sentire la spazialità delle cose (e la cosa potrebbe anche essere usata a fini espressivi...)

Insomma piano piano cerchiamo di risollevarci dallo sfondo teorico, dal piano della percezione, alla varia articolazione dei linguaggi fotografici...

Mi fermo qui...devo lavorare!

ConteMaxS
Messaggio: #50
QUOTE(twinsouls @ Nov 29 2005, 11:56 AM)

Queste suddivisioni tonali e ritmiche non hanno alcun senso nella nostra notazione... ma ce l'hanno nella loro, eccome! smile.gif

*




Non hanno senso.....!?
Non ci appartengono.
Forse è più giusto dire così.
I tempi dispari però, già da un po' di tempo li stiamo assimilando anche noi occidentali.
Il Rock Progressive ne è un esempio.
Ma anche in qualche brano Pop più ricercato: Seven deys di Sting é in 5/8.




 
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