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buzz
Staff
Messaggio: #76
QUOTE(reefaddict @ Oct 29 2007, 07:27 PM) *
E come recepisci il "messaggio espressivo" senza strumenti? Parliamo in concreto della foto di Kertesz: l'ha scattata a casa di Mondrian ed è riuscito a cogliere, tra le geometrie della composizione, l'inquadratura, la scelta precisa di includere la scala che forma un particolare motivo, il capello appeso, il vaso su uno dei terzi, ecc. Se conosci un poco Mondrian e la sua pittura ce la ritrovi tutta. morale: Kertesz ha parlato (notare il verbo...) di Mondrian e della sua arte senza mostrare né lui né la sua opera. Io lo trovo entusiasmante. Me l'hanno spiegato e ora mi godo meglio questa foto. Ma ditemi, sinceramente, cosa ci vedreste mai in questa foto se non sapeste nulla?


Adesso che me lo hai detto, per me non è cambiato proprio nulla.
Io analizzo la foto, non il perchè o per chi l'ha scattata.
Guardo l'immagine e ci vedo uno scorcio di casa piuttosto squallido.
Una bella luce che proviene da quello che si suppone sia l'ingresso, un cappello mi fa capire che la casa è abitata, e la mancanza di un soprabito che siamo in primavera.
Il fiore messo nell'angolo mi fa pensare che tra poco passa qualcuino e lo farà cadere, perchè non è naturale che stia lì.
La porta aperta mi fa anche pensare che la casa è povera perchè non c'è niente da rubare.

Ho fatto galoppare la fantasia, ma a me questa foto dice questo, e anche conoscendo l'autore, e conscendo il motivo per cui l'ha fatta, vale lo stesso.

Sicuramente esisterà un critico che enfatizzerà chissà quali messaggi che questa foto invia.
peccato che io ci veda così poco, altrimenti avrei potuto riempire anche io i volumi di spiegazioni sul lavoro degli altri.

e c'è gente che ci studia per mettere in "bocca" all'autore, quello che vedono loro?
Tra l'altro ho visto i quadri di Mondrian, e non è che ci veda molto rapporto conla foto...

Immagine ridimensionata: clicca sull'immagine per vederla con le dimensioni originali.

Messaggio modificato da buzz il Jun 19 2008, 02:09 PM
reefaddict
Messaggio: #77
Brevemente sulla foto di Kertesz, poi smetto e cambio argomento smile.gif : la foto è del '26 , l'anno in cui Mondrian dipinse le "losanghe". Ecco cosa sono:
Immagine ridimensionata: clicca sull'immagine per vederla con le dimensioni originali.

Mondrian adorava la geometria e credeva che la pulizia delle linee geometrice e dei colori forti (usava solo bianco, nero, giallo, rosso e blu) potesse riuscire a sintetizzare tutto. Insomma, linee geometriche che sintetizzano la realtà.

E Kertesz che fa? Linee geometriche, compreso il corrimano della scala che, secondo me, richiama le losanghe, e colori (toni di b/n) molto forti che rappresentano i piani diversi.
Ecco il risultato (vedi allegato).

Forzatura? Forse, ma in effetti qui è l'autore che ci aiuta e ci dice cosa voleva fare. Io comunque le citazioni le vedo piuttosto evidenti.
Anteprima(e) allegate
Immagine Allegata

 
reefaddict
Messaggio: #78
Mi piacerebbe poi tornare su quell'altro argomento che vedo che viene fuori da più parti, cioè... se una foto "riuscita" è quella che si dimostra immediata nella comprensione e nel messaggio oppure se una foto può essere molto complessa da decifrare e dirsi "buona" foto anch'essa (o se alla fine non sia "buona" solo quest'ultima).

Ma non so se è il thread giusto o bisogna aprirne un altro.
Utente cancellato
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Messaggio: #79
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Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #80
QUOTE(reefaddict @ Oct 30 2007, 09:26 AM) *
Ma non so se è il thread giusto o bisogna aprirne un altro.

Certo che è il 3D giusto, stiamo parlando di comunicazione e di linguaggi.

Ciao

Giovanni
buzz
Staff
Messaggio: #81
Se vogliamo tirare delle linee guida sui centri di interesse delle foto, lo possiamo fare con tutte, quindi per la transitiva, tutte le foto richiamano le geometrie e le losanghe di Mondrian?
Non credo.
Io nella foto in esame vedo una scala cion linee curve, e questo già mi basta a non vedere attinenze con le linee rette dei quadri.
Anche adesso che vedo una forzatura.
PAS
Messaggio: #82
Vedo che la provocazione è riuscita e mi fa piacere!
smile.gif
Rincaro la dose:
Accettiamo la fotografia come espressione e comunicazione?
Dal percorso fatto fin qui mi sembra di sì, quindi procediamo:
L’espressione e la comunicazione non sono tanto più efficaci quanto riescano a coinvolgere un maggior numero di potenziali fuitori?
Mi sembra ovvio!

Banalmente:
Ad un seminario preferiamo un relatore con l’abilità di analisi, sintesi, espressione chiara ed efficace oppure uno specialista che, esponendo gli stessi concetti, necessiti di essere interpretato?
Non mi schiero dalla parte di coloro che ritengono che per recepire un messaggio espressivo da un’immagine occorra “per forza” una base culturale specialistica, semplicemente perché non lo ritengo corretto.
E’ stato portato un esempio in questo senso, ve ne potrebbero essere molti altri in senso opposto, quasi tutta l’opera di HCB (per esempio) lo dimostra

Come in altre forme espressive, possono esistere ambiti fotografici per i quali sono indispensabili strumenti di lettura e/o decodifica, ma questi non possono essere generalizzati come “LA FOTOGRAFIA”.
Non dimentichiamo che la fotografia è nata ritraendo paesaggi.

Spesso si confonde la ricezione del messaggio espressivo con un suo approfondimento analitico.
In generale le due fasi sono distinte.
La prima, immediata ed efficace dipende principalmente dal fotografo e dalla sua capacità di parlarci tramite immagini.
La seconda dipende anche dal background culturale del fruitore.

Quando le due fasi necessitano di reciproco supporto, significa che siamo in presenza di una fotografia che banalmente chiamo “specialistica”.

Infine:
Sulla figura del critico sono stato accusato di qualunquismo, quindi preciso:
Il critico è figura importante per l’analisi, (ovvio che il mio precedente “lasciar perdere” faceva parte della provocazione) ma a volte non interpreta l’opera del fotografo, bensì ne rende una sua visione filtrata.
Visione che deve a sua volta essere pesata ed interpretata.
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #83
QUOTE(PAS @ Oct 30 2007, 12:10 PM) *
L’espressione e la comunicazione non sono tanto più efficaci quanto riescano a coinvolgere un maggior numero di potenziali fuitori?
Mi sembra ovvio!

La letteratura scientifica a riguardo definisce "efficace" la comunicazione che raggiunge il target che si è prefissato.
In soldoni, a un seminario per neurochirurghi l'importante è che il tema trattato raggiunga il maggior numero possibile di neurochirurghi. Nel misurare l'efficacia della comunicazione la buona o scarsa comprensione di un eventuale astronauta presente al seminario non viene considerata.
Caratteristiche fondamentali di una comunicazione efficace sono, infatti, la conoscenza dell'interlocutore e l'adeguamento del codice comunicativo.

In sostanza, quando guardo il quadro di Mondrian chi mi assicura che egli si sia "rivolto anche a me"?
R.
reefaddict
Messaggio: #84
QUOTE(PAS @ Oct 30 2007, 12:10 PM) *
L’espressione e la comunicazione non sono tanto più efficaci quanto riescano a coinvolgere un maggior numero di potenziali fuitori?


Come i reality show? rolleyes.gif "maggior numero di fruitori" a me suona male, un po' come la parola "audience".

Ti rispondo con una citazione di Enrico, presa da quest'altro thread (link) :

Provocazione: Non ho "cultura" dell'immagine, ma posso benissimo leggere una foto
Risposta: è come voler leggere (che significa capire) una poesia di Ungaretti, avendo fatto solo le elementari.

La soluzione, secondo me, è capire che esistono gradi di lettura. Avendo tutti gli occhi per vedere, tutti possono guardare una foto. Guardare, non è però capire. Siccome il nervo ottico è collegato al cervello, da lì in avanti seguono reazioni le più disparate.
La mia paura è che anche quando si crede che una foto abbia "immediatezza" di messaggio e quindi facilità di lettura, forse c'è il rischio di essere ancora alla superficie.

Proprio, HBC, che citi, ma sei sicuro che sia "immediato" o facile? unsure.gif

Luc@imola
Messaggio: #85
QUOTE(tide @ Oct 30 2007, 12:54 PM) *
La letteratura scientifica a riguardo definisce "efficace" la comunicazione che raggiunge il target che si è prefissato.
In soldoni, a un seminario per neurochirurghi l'importante è che il tema trattato raggiunga il maggior numero possibile di neurochirurghi. Nel misurare l'efficacia della comunicazione la buona o scarsa comprensione di un eventuale astronauta presente al seminario non viene considerata.
Caratteristiche fondamentali di una comunicazione efficace sono, infatti, la conoscenza dell'interlocutore e l'adeguamento del codice comunicativo.

In sostanza, quando guardo il quadro di Mondrian chi mi assicura che egli si sia "rivolto anche a me"?
R.


Ma dopo vale anche la tesi opposta, visto che ti rivolgi ai neurochirurghi chi me lo fa fare a me, astronauta, di andare a sentire quel seminario?
Non posso diventare neurochirurgo anche io solo per comprendere quello che non e' neanche scritto per me.
Gia' faccio fatica a prestare abbastanza attenzione al mio vicino per capire come possiamo comunicare. wink.gif
buzz
Staff
Messaggio: #86
QUOTE(reefaddict @ Oct 30 2007, 02:13 PM) *
Provocazione: Non ho "cultura" dell'immagine, ma posso benissimo leggere una foto
Risposta: è come voler leggere (che significa capire) una poesia di Ungaretti, avendo fatto solo le elementari.



Lo hai detto!
Se il poeta scrive solo per se stesso allora che pubblica a fare le sue poesie?
Potrebbero restare benissimo scritte nel suo diario privato.
Se invece vuole usare un linguaggio ermetico solo per fare capire a pochi, è come se volesse criptare un messaggio.
Solo che la differenza tra l'ermetismo e un codice segreto è che quest'ultimo si traduce in una sola soluzione, mentre la poesia, così come così come l'immagine astratta si presta a innumerevoli interpretazioni, sia di forma che di contenuto.
Arrivo al dunque:
Lo studioso di bel linguaggio e di letteratura troverà cose in una poesia di ungaretti o montale che nemmeno lo stesso autore aveva pensato.
l'"Ignorante" (notare le virgolette e la maiuscola) invece legge ciò che è scritto, senza andare a scavare sulla vita e sul perchè .
Se poi l'artista vuiole giocare agli indovinelli, faccia pure! rolleyes.gif
PAS
Messaggio: #87
QUOTE(reefaddict @ Oct 30 2007, 01:13 PM) *
....
Proprio, HBC, che citi, ma sei sicuro che sia "immediato" o facile? unsure.gif


Non sono solo convinto che la fotografia di HCB sia immediata (non so cosa significhi “facile”), ne sono straconvinto e me lo confermano mie esperienze specifiche.
Sono altresì convinto che invece entrare nel merito ed approfondire l’opera di HCB richieda opportuno bagaglio.

Guardare e vedere?
Troppo semplicistico affermare: colui che non ha cultura guarda mentre colui che ne ha vede.
Innanzitutto “cultura” è un involucro vuoto che occorre riempire di contenuti (quale cultura?) e poi attenzione alle definizioni tagliate con l’accetta!

Guardare o vedere?
I livelli non sono solo due, ma almeno tanti quanti sono coloro che fruiscono dell’immagine.
Colui che osserva un’immagine ne riceve stimoli, e questi non raggiungono solo le sue basi “culturali”, bensì ne coinvolgono aspetti emotivi, tramite associazioni coinvolgono il bagaglio dei ricordi, toccano sensibilità estetiche etc.
Rendere al meglio l’efficacia di questi stimoli è affidato all’abilità del fotografo ed alle sue stesse sfere emotive, estetiche, ma soprattutto alle sue intenzioni e capacità espressive.

Come già detto il fotografo può benissimo non avere intenzione di rivolgersi a me (ci mancherebbe!) ma non possiamo generalizzare questa sua legittima aspirazione a perseguire ed attuare una fotografia “specialistica” da neurochirurghi (Roby scherzo dai!) a TUTTA LA FOTOGRAFIA. quasi questa fosse forma di comunicazione elitaria.

Messaggio modificato da PAS il Oct 30 2007, 04:20 PM
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Messaggio: #88
QUOTE(PAS @ Oct 30 2007, 02:29 PM) *
Come già detto il fotografo può benissimo non avere intenzione di rivolgersi a me (ci mancherebbe!) ma non possiamo generalizzare questa sua legittima aspirazione a perseguire ed attuare una fotografia “specialistica” da neurochirurghi (Roby scherzo dai!) a TUTTA LA FOTOGRAFIA. quasi questa fosse forma di comunicazione elitaria.


Certo che non è forma di comunicazione elitaria, ma quello di cui si sta discutendo è proprio il fatto che la comunicazione può benissimo avvenire su più livelli ed ogni livello dipende dall'interpretazione del singolo soggetto: quod erat demonstrandum (forse).

Giovanni
Utente cancellato
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Messaggio: #89
QUOTE(buzz @ Oct 30 2007, 01:47 PM) *
Se il poeta scrive solo per se stesso...
Se invece vuole usare un linguaggio ermetico...

Sorvolando sugli "indovinelli", che mi sembrano una banalizzazione del problema...
Chi scrive per se stesso o usa un linguaggio ermetico per non farsi capire, se lo fa (indipendentemente dai motivi per cui lo fa) non sta comunicando, quindi non è oggetto del mio intervento.

QUOTE(PAS @ Oct 30 2007, 02:29 PM) *
forma di comunicazione elitaria.

Se si escludono i primi mesi di vita di un neonato, dal momento in cui un bambino comincia a elaborare le prime forme di linguaggio di fatto inizia a limitare il campo in cui gli è possibile comunicare.
Questo perché le forme di comunicazione basate sul linguaggio non possono mai essere universali. Occorre, come dicevo prima, condividere un codice.
Un bambino si sforza di apprendere il linguaggio utilizzato nel suo ambito familiare non perché desideri appartenere ad un'elite, ma semplicemente per meglio riuscire a comunicare in quell'ambito.
Alla fonte emittente del messaggio, come ho già più volte detto, spetta lo sforzo di adeguare il codice all'interlocutore (o target) con cui desidera comunicare.
Quindi la necessità del relatore al congresso di neurochirurgia di usare un linguaggio appropriato non è una questione di casta ma, appunto, di ambito.

QUOTE(Luc@imola @ Oct 30 2007, 01:26 PM) *
Ma dopo vale anche la tesi opposta, visto che ti rivolgi ai neurochirurghi chi me lo fa fare a me, astronauta, di andare a sentire quel seminario?

Le ragioni per cui l'astronauta si trova al congresso possono essere diverse.
Per esempio potrebbe esserci andato per fare felice la fidanzata, nel qual caso non si pongono problemi di comunicazione: si annoierà come un pazzo, farà fatica a non addormentarsi e si arrampicherà sui vetri per riuscire a reggere la conversazione con la fidanzata entusiasta all'uscita dal congresso. Un po' come succede a me quando accompagno mia moglie all'opera laugh.gif
Poi potrebbe esserci andato perché interessato a quanto si comunica in quell'ambito. A quel punto il problema di comunicazione si pone ed egli dovrà fare l'inevitabile sforzo di apprendimento del codice che si utilizza in quell'ambito.
Un po' come abbiamo fatto noi che, per discutere di fotografia in quest'ambito, abbiamo dovuto imparare a dare a parole come "scatto", "diaframma" o "esposizione" un certo tipo di significato che è condiviso in quest'ambito ma non è affatto universale.

Se chiedo all'ala destra di una squadra di calcio di descrivermi uno "scatto" ne darà probabilmente una definizione diversa dalla nostra. Questo non rende un fotografo migliore, più colto, più intelligente o elitario rispetto a un calciatore (o viceversa). Si tratta semplicemente di due persone che comunicano in ambiti diversi e che, se desiderano evitare fraintendimenti, devono prenderne atto e fare uno sforzo per comprendersi.

Il fatto, molto probabile, che Mondrian realizzando i suoi quadri non stesse tentando di comunicare con me non implica necessariamente che dipingesse "solo per se stesso", utilizzasse un "linguaggio ermetico" oppure che mi ritenesse un essere inferiore.
In ogni caso, di fronte a un quadro di Mondrian, non ho più alternative dell'astronauta: o sonnecchio o, se mi interessa capirlo, mi sforzo di comprendere il suo linguaggio, perché se tento d'interpretarlo senza adeguare il codice confonderò scatto con scatto, e cioè una fotografia con una corsa.

R.
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #90
A chi fosse interessato ad approfondire le studio del rapporto fra linguaggio e fotografia (e non conoscesse ancora questo celeberrimo testo) consiglio la lettura di «La camera chiara», di Roland Barthes, Einaudi 1980.

Barthes, eminente semiologo e linguista, è stato uno dei più importanti critici europei della seconda metà del '900. Ha lavorato nei campi del teatro, della letteratura e della fotografia, focalizzando il suo impegno non tanto sulla banale "recensione" delle opere quanto sullo studio analitico delle chiavi di lettura.
Ne «La camera chiara», la sua ultima pubblicazione, Barthes analizza i centri d'interesse di una fotografia, che divide in Studium (il suo aspetto cognitivo, ciò che vedo e conosco attraverso una fotografia) e Punctum (Il suo aspetto emotivo, ciò che mi attrae, mi piace e mi emoziona di una fotografia).

Nonostante in altre pagine di questo forum i semiologi (ivi compreso Barthes) vengano elegantemente definiti persone che "si tiravano(1) pippe mentali a non finire!" e nonostante il testo sia ormai leggermente datato, esso è tuttora considerato una delle pietre angolari della critica moderna e, seppure non si tratti di un testo "difficile" o accademico in senso stretto, è sovente adottato come opera monografica in corsi universitari di diversa natura (filosofia, lettere, scienze della comunicazione, scienze dell'informazione, etc.). Conoscerlo, anche solo per legittimamente non condividerlo, credo possa essere interessante.

Suggerisco, nella lettura, di non farsi deviare da un linguaggio che a noi, oggi, può apparire a tratti eccessivamente "politicizzato". L'intento di Barthes non è quello di dare un'interpretazione socio-politica della fotografia o del linguaggio ma, muovendosi egli nell'ambito culturale francese degli anni '60 e '70 (ambito nel quale questo argomento era diffusamente trattato e conosciuto) il termine di paragone politico era per lui efficace strumento esemplificativo.

R.

(1) Si "tiravano"?!? Perché? Si sono estinti o hanno smesso di farlo?
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #91
QUOTE(tide @ Nov 1 2007, 06:30 AM) *
Ne «La camera chiara», la sua ultima pubblicazione, Barthes analizza i centri d'interesse di una fotografia, che divide in Studium (il suo aspetto cognitivo, ciò che vedo e conosco attraverso una fotografia) e Punctum (Il suo aspetto emotivo, ciò che mi attrae, mi piace e mi emoziona di una fotografia).

Nonostante in altre pagine di questo forum i semiologi (ivi compreso Barthes) vengano elegantemente definiti persone che "si tiravano(1) pippe mentali a non finire!"


Ho letto lo scritto da te citato di Barthes ed anche se ritengo che l'Autore si sia meglio espresso su altri temi (ad esempio miti e feticci), rimane una lucida descrizione del fenomeno percettivo. Egli non dice altro che quanto stiamo dibattendo, da diversi aspetti: ogni interpretazione passa attraverso la percezione del "segno" (nel nostro caso l'immagine) nel nostro modo d'essere (l'aspetto emotivo). Ciò non toglie che sia necessario un atto voluto di approcciare stili e modi di comunicazione diversi se si vuole capire il diverso stile comunicativo di altre persone.

Roberto, non ho trovato riferimenti alla tua affermazione sopra riportata. Mi puoi indicare qualche 3D in merito? Grazie



PS: se non capisci l'opera, me ne dispiace veramente, ti posso dare lezioni private rolleyes.gif

Saluti

Giovanni

Messaggio modificato da gciraso il Nov 4 2007, 05:45 PM
 
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