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Stile Personale E Reportage
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pesco
Messaggio: #1
La lettura dell'intervista a Ivo Saglietti nell'ultimo numero di Sguardi mi ha molto colpito, sarà forse perchè è un tema che ultimamente sento mio.

In particolare il seguente passo mi ha fatto molto riflettere:

"Io non so se posseggo uno stile riconoscibile, mi dicono di si. Quando realizzo delle fotografie per un reportage, o semplicemente per me stesso, è un po' come se ponessi delle domande: una buona fotografia è la risposta a queste domande. A volte ci vogliono molte domande per ottenere una buona risposta, (ecco perchè Mr. Kodak è così ricco e io no), ma alla fine è una buona fotografia quella che dovremmo stampare, perché, come sostiene Ferdinando Scianna, le fotografie non cambieranno il mondo ma le brutte fotografie sicuramente lo peggiorano."

Innanzi tutto le mie domande le potrei riassumere così:

- Cosè uno "stile riconoscibile" in fotografia e nel reportage in particolare? Certo riesco a riconoscere HCB ad esempio anche solo da una foto ma come si sviluppa uno stile proprio?

- Nel reportage o meglio nel raccontare con la fotografia il quotidiano vale sempre porsi un progetto come obiettivo? Che tipo di domande bisogna farsi quando si inizia un lavoro del genere?

- Qual'è l'approccio che bisogna avere quando si va in giro con un'ottica non più lunga di 35mm, spesso capita di vedere cose che quell'ottica non potrebbe raccontare nonostante Saglietti dichiara che le sue ottiche sono il 28, il 35 e il 50.

e infine

- Cos'è nella fotografia di reportage che attira l'occhio? Cosa vale la pena raccontare e cosa no?

Mi rendo conto forse di aver molte e differenti domande, tuttavia vorrei cercare di migliorare il mio approccio alla fotografia di reportage (seppure legata al quotidiano) dal momento che spesso per quanto mi sforzi a volte sembra di non avere idee e spesso nei rulli non vedo alcuna foto interessante e poi all'improviso mi accorgo invece di avere un buono scatto oppure di averne uno ma che avrebbe meritato una tecnica migliore o una migliore esplorazione del soggetto.
_Nico_
Messaggio: #2
QUOTE
Innanzi tutto le mie domande le potrei riassumere così:
- Cosè uno "stile riconoscibile" in fotografia e nel reportage in particolare? Certo riesco a riconoscere HCB ad esempio anche solo da una foto ma come si sviluppa uno stile proprio?
Ti sei posto un bel grappolo di domande, ma questa è a mio parere potenzialmente fuorviante nel senso letterale: ti potrebbe portare fuori strada. E sei sei fuori strada non fai più reportage...
Perché fuori strada? Perché crearsi uno stile a priori è quanto di più pericoloso ci possa essere. Serve solo a gratificare il proprio io: «sono riconoscibile!», ma difficilmente se si è impegnati su se stessi si può fare reportage, cioè occuparsi degli altri.
Lo stile non è qualcosa che si crea in serra, almeno nel campo del reportage, ma è qualcosa che matura di pari passo con l'esperienza.

QUOTE
- Nel reportage o meglio nel raccontare con la fotografia il quotidiano vale sempre porsi un progetto come obiettivo? Che tipo di domande bisogna farsi quando si inizia un lavoro del genere?
Alla prima risponderei con un semplice sì. Per le altre... Quali domande? Ma quelle che servono a conoscere, a capire, perbacco! smile.gif

Cos'è? Perché? Come?

Lo so che non sembrano originali, ma se vuoi essere originale occupati d'altro -che so, moda... Se vuoi raccontare devi conoscere, e per conoscere devi porti domande, anche le più "apparentemente" banali. Ma non ci sono domande banali. Ci sono domande false -quelle la cui risposta già si sa- e vere, che molti evitano, perché la risposta è difficile da trovare e si rischia di dover ammettere che non la si sa trovare. Ma talvolta, spesso, cercando risposte che non troviamo, troviamo molte altre cose... smile.gif

QUOTE
- Qual'è l'approccio che bisogna avere quando si va in giro con un'ottica non più lunga di 35mm
Credo ci voglia pazienza: bisogna stare in mezzo agli eventi, o comunque ciò che si cerca di conoscere tramite il reportage. Quindi tempo e prossimità.

QUOTE
- Cos'è nella fotografia di reportage che attira l'occhio? Cosa vale la pena raccontare e cosa no?
Sarebbe bello avere risposte pronte, e un bel repertorio: elenco di cose che vale la pena di raccontare... smile.gif

Secondo me se cominci a interrogarti su ciò che hai intorno -ciò che hai sotto il naso ma non conosci- forse troverai qualche risposta. Sicuramente troverai un bel mucchio di domande, e potrebbe essere l'inizio d'una strada.
PAS
Messaggio: #3
QUOTE(_Nico_ @ Sep 24 2006, 11:56 PM) *

.......
Perché fuori strada? Perché crearsi uno stile a priori è quanto di più pericoloso ci possa essere. Serve solo a gratificare il proprio io: «sono riconoscibile!», ma difficilmente se si è impegnati su se stessi si può fare reportage, cioè occuparsi degli altri.
Lo stile non è qualcosa che si crea in serra, almeno nel campo del reportage, ma è qualcosa che matura di pari passo con l'esperienza.
....


Perfettamente d’accordo!

Se poi, una volta costruito il “proprio stile”, si riesce con esso a raccogliere gratificazione c’è il grosso rischio che diventi una gabbia da cui è difficile uscire, limitando di fatto altre potenzialità espressive.

Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #4
Come saggiamente detto dall'intervistato, lo stile lo attribuiscono gli altri.

Tu devi solo seguire il tuo gusto, scattare quello che ti piace... potranno criticarti tecnicamente, ma mai nessuno può avere il diritto di importi un gusto, sei tu che lo crei, sei tu che dai il tuo stile, ma non perchè lo vuoi, deve essere un parto naturale.

Molto dipende dal talento, molto dipende dal fatto di guardarsi intorno, e di non fossilizzarsi, non fermarsi mai, continuare a mettersi in discussione giorno dopo giorno.
Francesco T
Messaggio: #5
Posso provare a rispondere, partendo dalla mia esperienza (ammesso che possa essere definita di reportage).
In un reportage provi a raccontare storie di persone attraverso i luoghi e le cose, e racconti storie di luoghi attraverso le persone.
Quindi è bene documentarsi prima in modo che nasceranno delle domande (che in parte sono già dentro di noi, perchè siamo noi a decidere di andare in quel luogo).
E' bene poi anche darsi delle risposte, non nel senso marzulliano, ma nel senso di fare un vero progetto (mi capita di girare con gli appunti).

Quando sono andato nell' ex Italsider, per sapere cosa fotografare, ho letto la sua storia, quella dei suoi dipendenti, della località dov' è (dov'era) etc etc.
Ho cercato di documentarmi nel modo più ampio possibile, attraverso le testimonianze indirette (libri, filmati...) e quelle dirette (ascoltare i vecchi dipendenti, gli abitanti...). Ho quindi infine ricostruito a mio modo la storia, e da lì provato a scriverne una da raccontare.
Solo così ho potuto muovermi con maggiore consapevolezza: fermo restando che questo non vuol dire automaticamente buone fotografie.

Riguardo all' ottica, all' inizio volendo fare reportage in città (Napoli) e temendo la reazione della gente, pensavo che un' ottica tipo 80-200 fosse utile. Ho scoperto dopo quanto fosse errata questa idea, che alla fine mi dava scatti come se stessi spiando. Invece, un dialogo continuo con le persone del luogo, rispettarli e condividere con loro ciò che tu fai, mi permette di entrare in luoghi impensati e privati.
La macchina fotografica c'è ma non si vede. E' una parte di te, che loro riconosceranno come elemento di disturbo.

Ed alla fine così, provo a rispondere all' ultima domanda.
Cosa vale la pena di fotografare? Dipende solo da te. Stai scrivendo tu una storia e sarai tu a decidere cosa e come raccontarla.
Mi accorgo ad esempio che alla fine, non è l' occhio che ha guidato la macchina, ma la testa.

E se una volta a casa, la storia non ti sembra tua, allora non resta che tornare e riprovare, provare, provare, provare...

Saluti
Francesco T





pesco
Messaggio: #6
Non posso che ringraziare tutti per le ottime considerazioni svolte fino ad ora.

Solo raramente mi sono cimentato in qualche cosa che poteva assomigliare ad un reportage, ma è un genere che sta prendendo sempre più piede dentro di me. Tuttavia non sono sicuro di affrontare questo genere di fotografia nel modo più "giusto". Mi spiego: da quanto avete scritto prima di me sembrerebbe (ma forse è proprio così) che fare reportage equivale a scrivere un racconto con le immagini. Tuttavia esistono alcuni vincoli. Sicuramente vincoli tecnici (ma questi li ha anche uno scrittore) e vincoli legati invece all'approccio al tema. Alcune volte vedo reportage dove ogni fotografia racconta una storia, altre volte la storia è raccontata da tutto il reportage nel suo complesso. Che approccio usare? Cercare sempre di scattare una foto valida in sè ma perder di vista il nostro oggetto o farsi sempre guidare dal nostro racconto a costo di fare una miriade di foto che singolarmente potrebbero anche dir poco? ...Ma la foto di reportage (e forse non parlo di quella dei Grandi Maestri perchè la risposta potrebbe esser scontata) deve o no esser sempre accompagnata da una spiegazione letterale? A me sembra che se lo fosse forse la mia missione un pò è fallita. Che ne pensate?
davidebaroni
Messaggio: #7
Caro Domenico, mi permetto di risponderti facendoti anche, e soprattutto, alcune domande, che per me è spesso il modo più efficace di rispondere... Permette a TE di arrivare alle TUE risposte. smile.gif

QUOTE
Tuttavia non sono sicuro di affrontare questo genere di fotografia nel modo più "giusto".


Il modo più giusto per chi? E "giusto" rispetto a cosa?
Questa tua frase implica che, secondo te, esista un modo più "giusto" degli altri in assoluto... Ma non è così, e tu stesso lo sai, dentro di te, e lo dimostri poco più avanti:

QUOTE
Alcune volte vedo reportage dove ogni fotografia racconta una storia, altre volte la storia è raccontata da tutto il reportage nel suo complesso.


Questo implica che alcune volte è "più giusto" un certo modo di fare reportage, e alcune altre volte è "più giusto" un altro modo.
Da cosa dipende?
Dal reportage in questione, dallo stile narrativo che decidi di usare, dagli obiettivi di comunicazione che ti prefiggi... smile.gif

QUOTE
Cercare sempre di scattare una foto valida in sè ma perder di vista il nostro oggetto o farsi sempre guidare dal nostro racconto a costo di fare una miriade di foto che singolarmente potrebbero anche dir poco?


Ecco qui ciò che ti crea il dilemma... la parola che ho evidenziato.
In inglese, le parole "sempre", "mai", "tutti", "nessuno", "tutto", "niente", e così via sono chiamate "killer words", parole assassine. Perché "uccidono" tutte le altre possibilità: sono degli assoluti. Non lasciano scampo. smile.gif

Ma tu stesso, poco fa, hai evidenziato come l'assoluto non esista. Alcune volte... e alcune altre volte... ricordi?
Bene, alcune volte ti muoverai secondo una certa linea, altre volte secondo un'altra, a seconda dei casi. E forse, facendo così, scoprirai che in realtà non perdi mai di vista l'oggetto del tuo racconto. Cambi soltanto stile letterario.

QUOTE
Ma la foto di reportage (...) deve o no esser sempre accompagnata da una spiegazione letterale? A me sembra che se lo fosse forse la mia missione un pò è fallita. Che ne pensate?


A parte il "sempre", di cui ti ho già parlato... Se lo fosse la tua missione sarebbe un po' fallita? blink.gif
Ma qual è la tua "missione"? E perché mai sarebbe "un po' fallita" se dovessi accompagnare le tue foto con una "spiegazione letterale"? Non dimenticare che stai facendo del reportage... Che idea hai della "missione", della funzione del reportage?

Stai forse pensando che tutti (killer word...) siano in grado di decifrare luoghi, persone ed avvenimenti da una foto? Se così fosse, perché esisterebbero i reporter? smile.gif

Ciao,
Davide
pesco
Messaggio: #8
Bhe grazie Davide per la tua analisi approfondita, mediterò quanto da te indicato e se mi verranno dubbi magari li illustrerò, al momento non posso far altro che cercare di analizzare quanto tu hai ampiamente spiegato.
 
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