QUOTE(pesantefoto@tiscalinet.it @ Jul 1 2005, 10:14 PM)
...Il gamut di una qualsiasi periferica di stampa digitale su carta fotografica con processo chimico è si più ristretto rispetto agli spazi colore convenzionali sRGB ed Adobe RGB...
Grazie Michele per la concreta risposta basata sull'esperienza maturata su lunghi periodi di prove, verifiche e riscontri incrociati fatti direttamente sull'attrezzatura di stampa chimica professionale.
Chi opera in RAW/NEF non avrà problemi a tale proposito. Potrà creare le immagini scattate direttamente nello spazio colore di lavoro preferito dalla destinazione. In questo caso abbiamo quindi appurato che è preferibile consegnare i file in Adobe RGB 1998. Ho usato volutamente il termine "creare" perchè un jpg o tif convertito da uno spazio all'altro perde qualità ad ogni passaggio mentre un raw costruito nel preferito spazio colore resta "intonso" e puro.
Per chi scatta direttamente in JPEG o TIFF (io continuo ad esortarli nel fare il "salto" al magico RAW/NEF) impostate dunque già in macchina lo spazio colore più idoneo che come avete potuto constatare varia in base ai fini. Potrete così evitare inutili passaggi da uno spazio colore all'altro per poi essere ancora variato dal profilo di stampa.
La conversione da uno spazio colore all'altro è infatti, sebbene accurata e fatta attraverso diversi intenti, da considerarsi con perdita. La conversione inoltre introduce talvolta inaspettate variazioni soprattutto se l'immagine contiene colorazioni agli estremi dello spazio.
Ciò che ci suggerisce Michele è dunque di usare l'Adobe 1998 in ripresa ed in fotoritocco in Nikon Capture e Photoshop. Di usare il profilo del laboratorio con l'apposita funzione "Prova Colori" di Photoshop per simulare visivamente i risultati di stampa. Quindi consegnare i file in Adobe 1998 oppure convertiti in automatico con Photoshop da Adobe 1998 allo spazio colore di stampa.
Però... se il laboratorio lo permette, preferirei consegnargli un Adobe 1998 semplicemente perchè la conversione fatta dal rip di stampa del laboratorio potrà essere più precisa ed accurata di quella fatta fare da noi a Photoshop.
Ciò che ci dice Michele risulta interessante anche perchè ci sta risparmiando "lavoro". A noi basterà dunque fotografare bene nello spazio colore corretto e semplicemente consegnare i file. Restano eventualmente da ritoccare eventuali correzioni di contrasto, di controluce eventuali bilanciamenti del bianco sbagliati ma lasciando stare le variabili di stampa che dopo un po' di simulazioni con la Prova Colori riusciremo a padroneggiare. Bella notizia no ?
Giuseppe Maio
www.nital.it
PS: Devo ancora una volta sottolineare che il profilo di stampa del laboratorio NON andrà utilizzato come profilo monitor. Per maggiori dettagli sulla funzione di Prova Colori "Soft Proof" rimando all'autorevole sito sulla gestione colore gestito dal luminare:
Boscarol...