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Il Valore Permanente Della Fotografia
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Renzo74
Messaggio: #26
grazie!
però adesso vado a dormire, a domani!
apeiron
Nikonista
Messaggio: #27
Toad, credo che anche il reportage puro, perfino la fotografia di guerra, non si sottragga da una precisa "scelta" di chi fotografa.Tale scelta è, in fondo, una scelta culturale. Anche in una situazione estrema, io credo, vi è un margine in cui operare una scelta. Dentro quel margine c'è la storia, il cuore, la profondità o la superficialità di chi fotografa. In una situazione estrema, apparentemente, non c'è il tempo di pensare, di organizzare una inquadratura, di scegliere cosa inquadrare... Si suppone che lo scatto sia quasi un automatismo, senza scelta. Una serie di frammenti in cui il tempo del pensiero si annulla. Ma sarà così?
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #28
snocciolare a fondo la questione di quale sia la funzione della fotografia è dura. molto dura.
cercherò di fare un velocissimo excursus scrivendo tutto quello che la mia memoria richiamerà, quindi perdonate ogni slegatura o flash isolati.

anche Toad nel suo intervento ha dichiarato, o almeno credo di aver capito così, quali siano le proprie intenzioni fotografiche: costruire un'immagine nella mente e tentare di riprodurla attraverso il mirino.
non a caso porta come esempio ritratto e still life, generi questi che, per certi versi, hanno zone di sovrapposizione. in effetti la fotografia nasce per rendere i ritratti ad olio più realistici.
il primo esempio di fotografia è, guardate un pò, una natura morta (La tavola apparecchiata di Nicoforo Niepce, 1822 circa), le prime commercializzazioni si sono avute con ritratti collettivi di famiglia e non: costava meno di un quadro e il fotografo era molto più veloce del più rapido dei pittori. e, sempre non a caso, spesso chi sceglieva di dedicarsi alla fotografia aveva un trascorso "pittorico" alle spalle: questo è anche uno dei maggiori argomenti dei detrattori della fotografia sostenendo che ad essa si sono rivolti "artisti" falliti, per lo più paesaggisti. per costoro, i detrattori, la fotografia non può essere considerata arte, ma semplicemente un mestiere.
comunque è proprio grazie a questi pittori falliti che la fotografia ha avuto un immediato successo. tutti bene o male avevano conoscenze anatomiche, fotografiche (nel vecchio significato antesignano: conoscenza della scrittura della luce), gusto compositivo.
quindi si può dire che still, ritratto e paesaggio sono i capostipiti della fotografia vivi e vegeti a tutt'oggi.
successivamente la scienza si è rivolta alla fotografia. un immagine può dire meglio di una pagina fittamente scritta: è così che la fotografia nell'ultimo terzo del 1800, dopo appena mezzo secolo di vita, diviene ancilla e strumento essenziale per gli antropologi. non si va in Africa senza fotografo-segreatrio; qualcuno ricopre entrambi i ruoli egregiamente. si passa dalle prime fasi sperimentali ad una fase di testimonianza e archiviazione. solo testimonianza, nessuna espressione, nessun sentimento (forse giusto un pò di disprezzo i gruppi aborigeni).
un esperimento incredibilmente cinico, ma allo stesso tempo molto affascinante, fu fatto agli inizi del 1900, credo 1920, in una prigione in Congo: fu preso un prigioniero, portato in una stanza e legato ad una sedia; macchina su cavalletto di fronte ai suoi occhi. Gli fu detto che si trattava di una modernissima arma da fuoco e che lui sarebbe stato ucciso: titolo della foto "la morte negli occhi". spero di riuscire a ritrovare questa foto e a postarla. è impressionante di come sia stata costruita un'immagine così forte, neanche un attore sarebbe stato in grado di riprodurre il terrore nello sguardo di quel povero cristo.

.... adesso vado a dormire... continuo domani con la seconda parte sperando di postarvi qualche foto richiamata.
e così avrete anche ilo tempo di digerire queste mattonate che sto scrivendo.
nic
Gianni_Casanova
Messaggio: #29
Vorrei partecipare anch'io a questo interessante dibattito con un intervento che in parte avevo già inviato in un'altra sezione:
Vorrei aggiungere qualcosa a questo interessante dibattito..Deriva dalla filosofia ed ha a che fare con la costruzione del senso che è poi quello che facciamo nel momento in cui fotografiamo: riproduciamo un pezzo di realtà e gli diamo un significato utilizzando strumenti tecnologici (se capiterà approfondirò in seguito questa parte nel senso che occorrerà chiederci se siano solo strumenti o stiano diventando prolungamenti dei nostri sensi) e culturali. Per questi ultimi ognuno di noi possiede degli archetipi d'immagine, di struttura, di costruzione del significato a cui tende nella vita quotidiana e in particolar modo quando cerca di interpretare la realtà come nella fotografia.
Nel mondo occidentale ci portiamo dietro la nostra cultura , appunto,occidentale fatta di palazzi che abbiamo visto e studiato, di quadri, di musiche, di città, di relazioni, di legami col territorio, di odori, di sapori che utilizziamo continuamente per dare un significato a quello che ci circonda: notiamo che ve ne sono di molti particolari che attengono alla sfera individuale, ma ve ne sono altri, più importanti, che fanno parte dell'immaginario collettivo a cui tendiamo socialmente, come gruppo di individui e che attengono alla sfera sociale: insieme, l'individuale e il sociale, determinano il nostro modo di vedere e interpretare la realtà e quindi di fotografare.... ora mi fermo chè rischi di diventare noioso..,
ciao Gianni

PS: mi riservo un attimo di tempo perchè volevo sviluppare i concetti di tecnica e tecnologia che a mio avviso sono fondamentali nel rapporto persona-immagine: basta pensare a quanto ha condizionato lo sviluppo umano la tecnologia-libro; interessante anche il rapporto autore-immagine-fruitore....
al85
Messaggio: #30
Mi inserisco volentieri in questa interessante discussione proponendovi un "ottica" personalissima e un po diversa su quello che è la fotografia.
L'occhio nel mirino da una sensazione al cervello che lo porta a decidere di scattare e a dar vita ad una immagine che nel momento stesso ha fine.
Indipendentemente dal fatto che finisca in un cassetto venga stracciata o finisca visionata x il mondo ha avuto x l'autore un momento particolare.
Ovviamente la tecnica, l'idea, fanno in modo che l'immagine assuma una certa importanza o un certo valore, sia che la faccia appartenere alla "foto documento" o alla "foto arte" o ad altro ma, già lo stesso autore osservando l'immagine può avere una sensazione diversa da quello che ha visto attraverso il mirino e il fatto che la chiuda in un cassetto o la stracci ne da già una certa valorizzazione.
Ma nel momento in cui decide però di renderla partecipe alle altrui sensazioni entra già in una seconda fase che, ed è questo che voglio mettere alla vostra attenzione, non riguarda + l'immagine ma le sensazioni che essa riporta, un po' come osservare una donna x la sua bellezza o eleganza o altro ma senza conoscerla.
Per finire cerco di spiegarmi meglio col classico esempio del pittore che dipinge il paesaggio e finito si domanda se al quadro non manchi qualcosa e deducendo che x essere completo manca il pittore che dipinge il quadro lo ridipinge con se stesso che sta dipingendo il paesaggio ma inevitabilmente si accorge che manca sempre qualcosa e cosi via via,x farla breve, verso una sorta di infinito.
Ovviamente il paesaggio è l'immagine e i vari pittori che si aggiungono al quadro sono i vari "osservatori" che leggono l'immagine del fotografo.
La mia osservazione finale è che il paesaggio è quello che fondamentalmente il pittore voleva realizzare e che le aggiunte dei vari pittori non sono altro che il ricercare qualcosa di approfondito perdendo di vista il paesaggio stesso.
L'immagine che l'autore mette nel cassetto straccia o rende visibile a tutti è la stessa identica immagine a prescindere dalla scelta che l'autore fa di essa il resto è la conseguenza della scelta dell'autore che esula dall'immagine stessa se non x il fatto che sia proprio il paesaggio a dover attirare l'attenzione restando soltanto un paesaggio e non aggiungendo infiniti pittori che ovviamente necessitano x rivalutare una composizione sempre + ampia ma cha hanno sempre meno a che vedere col paesaggio anche se allarga le vedute.
Tutta sta pappardella x esprimere 2 minuti di concetto su un ponto di vista di cosa sia la fotografia.
Scusandomi x l'opinione del tutto personale un saluto a tutti.


nuvolarossa
Messaggio: #31
Mamma mia che discussione interessante!
Ho quasi paura ad infilarmici... Ho letto tutto di un fiato!

Secondo me la fotografia è testimonianza ma anche espressione. Anche la fotografia cosiddetta "di testimonianza", ossia il reportage, alla fine non è altro che espressione del fotografo che partecipa all'evento, ma anche dell'osservatore finale.
La stessa scena di guerra, o di una manifestazione, ripresa da reporter con sensibilità diverse verrà interpretata in modi diversi. Anche nelle scene "punta e scatta", dove il tempo di pensare è ridotto al minimo, il nostro istinto ci porta a riprendere la scena con il nostro punto di vista.
Quindi, inevitabilmente, anche la fotografia di testimonianza ha una propria componente espressiva, derivata dalla cultura, dall'educazione ed in genere dalle cosiddette "sovrastrutture" del fotografo stesso...
Non dimentichiamo poi chi del messaggio fotografico ne fruisce: la stessa foto vista da persone diverse, susciterà inevitabilmente sensazioni diverse.

_Nico_
Messaggio: #32
QUOTE(TOAD @ Mar 10 2006, 11:49 PM)
Secondo me, sostanzialmente e parafrasando Gaber, la fotografia “è partecipazione”. In senso lato ma assoluto. E quindi è sia testimonianza che espressione.

QUOTE(apeiron @ Mar 11 2006, 02:15 AM)
Toad, credo che anche il reportage puro, perfino la fotografia di guerra,  non si sottragga da una precisa "scelta" di chi fotografa.Tale scelta è, in fondo, una scelta culturale.

Come avete detto in molti, non v'è foto 'documentaria' che possa essere totalmente priva d'una componente 'espressiva'. Ma ciò vale anche nel caso opposto: non v'è foto 'espressiva' che possa essere totalmente priva d'una componente 'documentaria'.

Forse bisognerebbe mettere a fuoco il concetto di "realtà" e di conseguenza anche quello di "documento". Mi sembra si dia per scontato cosa sia la realtà, dimenticando che per noi -per noi uomini, intendo dire- è sempre e comunque interpretazione...

Anche la foto più "documentaria" possibile è portatrice d'una ideologia, d'una interpretazione: si dà per presupposto che la realtà sia una e oggettiva, che si possa descrivere qualcosa senza interpretarla, che l'oggetto vada fotografato «così com'è» (o come appare? E com'è l'oggetto «così com'è»? smile.gif), e così via...

QUOTE(apeiron @ Mar 8 2006, 09:44 PM)
...la macchina è il mezzo, non il fine. A me però interessa anche indagare ciò che la macchina, la tecnica più in generale, è in grado di generare. ...

Leggendo queste righe di Apeiron (un saluto, caro indefinito...) m'è venuto in mente un signore oggi un po' fuori moda: Mc Luhan. Egli sosteneva che «il mezzo è il messaggio». Qual è il messaggio intrinseco al mezzo fotografia? Lascio la risposta a Mc Luhan: «isolare nel tempo momenti singoli». E la successiva domanda che mi pongo -considerato il successo della parola "realtà"- è: «isolare nel tempo momenti singoli è "reale"?». Non è già questa, piuttosto, la prima, decisiva interpretazione? smile.gif

Insomma, il fotografo come collezionista d'istanti... smile.gif

E, forse, oggi più che mai: registrare la continuità dell'azione nel tempo è alla portata di tutti. Scegliere dunque una qualche fotocamera -rispetto a una qualche cinepresa/videocamera- è anzitutto proprio scegliere d'isolare nel tempo l'istante...
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #33
QUOTE(apeiron @ Mar 11 2006, 01:15 AM)
Toad, credo che anche il reportage puro, perfino la fotografia di guerra,  non si sottragga da una precisa "scelta" di chi fotografa.Tale scelta è, in fondo, una scelta culturale. Anche in una situazione estrema, io credo, vi è un margine in cui operare una scelta. Dentro quel margine c'è la storia, il cuore, la profondità o la superficialità di chi fotografa. ...................................................................



QUOTE(nuvolarossa @ Mar 11 2006, 08:50 AM)
........Secondo me la fotografia è testimonianza ma anche espressione. Anche la fotografia cosiddetta "di testimonianza", ossia il reportage, alla fine non è altro che espressione del fotografo che partecipa all'evento, ma anche dell'osservatore finale.
La stessa scena di guerra, o di una manifestazione, ripresa da reporter con sensibilità diverse verrà interpretata in modi diversi. .....................................



QUOTE(_Nico_ @ Mar 11 2006, 12:16 PM)
........................................................................

E, forse, oggi più che mai: registrare la continuità dell'azione nel tempo è alla portata di tutti. Scegliere dunque una qualche fotocamera -rispetto a una qualche cinepresa/videocamera- è anzitutto proprio scegliere d'isolare nel tempo l'istante...
*



Da vari interventi mi sembra che si possa comunque trarne almeno un risultato che sembra accettato. La scelta di un'inquadratura invece di un'altra, la scelta addirittura se sia o no conveniente quel tipo di inquadratura e se sia funzionale alla propria visone della scena, è comandata, più o meno consapevolmente, dal retroterra culturale del soggetto primario della foto: il fotografo. Da lui parte infatti l'idea, ma la realizzazione è figlia dalla sua cultura, sensibilità e perchè no anche dalla sua appartenenza politica che comunque condiziona il suo sentire, e che condiziona, forse anche qui inconsapevolmente, la scelta non solo se valga la pena lo scattare, ma anche la scelta dell'angolazione, della parte da inserire nell'inquadratura e della finalizzazione che l'attimo fermato avrà su chi la osserva.

P.S. Sposto per ora la discussione in Tecniche, anche se qui la tecnica poco o punto ci entra...poi si vedrà.
enrico
Messaggio: #34
Finalmente la discussione è partita. Grazie a tutti per gli interessantissimi interventi. Apeiron, non è più una chiacchierata a due! Hai dato il via ad una bella discussione.
Poichè mi sembra in tema col discorso sulle tre componenti, allego una delle schede che preparato ed ho consegnato alla fine di un corso sulla lettura dell'immagine (secondo la metodologia della lettura strutturale) che ha per soggetto una foto tematica dove si vede (ho segnato in neretto le osservazioni in proposito) come il significato della cosa fotografata può essere nella realtà molto diverso dal significato della foto che, nella foto tematica in particolare, è l'idea dell'autore.
In questo caso la foto è osservata dalla componente "fruitore" che vede le altre due "soggetto" ed "autore" e cerca di risalire al significato della foto (il segno).
Buon pomeriggio
Enrico
File allegati
File Allegato  lettura_immagine.pdf ( 42.11k ) Numero di download: 150
 
enrico
Messaggio: #35
Dopo le due pagine del pdf precedente, una immagine di Robert Doisneau dove una appropriata scelta del punto di vista e mette in relazione le due statue dando all'immagine una significazione maliziosa che è tutta e solo nella mente dell'autore.
Come altro esempio di costruzione di un significato nell'immagine, utilizzando soggetti che quel significato non hanno ma che lo acquistano ad opera del fotografo. In una foto documentaria, si cerca, per quanto possibile, di far coincidere il significato della foto con quello della foto rappresentata.
In alcuni casi invece, l'autore può cercare di ingannare il lettore (e qui entriamo nel campo "etica e fotografia") cercando di far credere che il significato della foto coincida con quello della cosa rappresentata. Argomento questo che giustifica l'importanza dell'educazione alla fotografia, purtroppo assai trascurata dalla scuola, nonostante l'immensa diffusione di essa.
Enrico
Anteprima(e) allegate
Immagine Allegata

 
P.Pazienza
Messaggio: #36
QUOTE(apeiron @ Mar 7 2006, 11:03 PM)
Testimonianza e/o espressione? Mi interesserebbe moltissimo approfondire con voi il tema. Grazie a tutti guru.gif
*



Discussione molto interessante...

Credo che testimonianza ed espressione sono naturalmente obbligati a coesistere (a volte forzatamente) all'interno di una stessa immagine, anche se possono assumere "pesi" molto diversi a seconda del contesto specifico di produzione e di ricezione dell'immagine fotografica.

cerco di spiegarmi meglio

La fotografia è sempre una testimonianza del mondo, di una situazione o di un evento che deve essere necessariamente reale perchè per esistere non può prescindere dalla registrazione dell'impronta lumisosa emessa o riflessa dal soggetto (referente). Da questo punto di vista la fotografia può essere definita come un segno ottenuto per connessione fisica, come l'orma che un piede lascia sulla sabbia, cioè un segno generato direttamente dal suo referente e fisicamente costretto a corrispondere punto per punto ad esso. Per questo motivo il minimo che una foto può fare è testimoniarne l'esistenza, data la capacità di fornire, su di un supporto cartaceo bidimensionale, un’imitazione pressoché perfetta dell’oggetto che ha il compito di riprodurre.

Il semiologo americano Charles Pierce chiamava questa classe di segni con il nome di indice e li distingueva dalle icone e dai simboli. Per esempio, se è possibile dipingere un quadro, cioè una icona, senza essere fisicamente presenti alla scena rappresentata lo stesso non si può dire di una fotografia: posso dipingere un paesaggio esotico stando comodamente seduto nella mia stanza, basandomi sul ricordo e sulla memoria di quel luogo ma per fotografare lo stesso paesaggio devo per forza di cose esserevi presente, devo essere parte della scena. In altre parole, la fotografia è una emanazione diretta del reale, anzi citando Roland Barthes, è "una doppia posizione congiunta di realtà e di passato" perchè "l'istante decisivo" è già trascorso e non si ripresenterà mai più, questo fa si che la foto sia una rappresentazione sempre "in differita" della realtà, anche quando la rivediamo subito dopo lo scatto sul monitor di una reflex digitale!

D'altro canto, come è già stato ricordato, la fotografia per quanto sia un processo automatico ed automatizzato, non può "farsi" da sola ma dipende da precise scelte del fotografo che interpreta la realtà ed esprime, consapevolmente o meno, la sua particolare visione del mondo. Il fotografo è parte del dispositivo: la parte razionale e cosciente che assolve la funzione di operare delle scelte determinando e condizionando così l’intero atto fotografico. L'idea che l'autore vuole esprimere sarà così parte integrante del significato della fotografia e, inevitabilmente, ne indicherà una precisa modalità di interpretazione: quella più vicina alla personalità del fotografo.
Il fotografo quindi agisce sempre nei confronti della fotografia sia tecnicamente che culturalmente modificando la forma finale che questa assume attraverso la selezione dei parametri tecnici del fotografare: illuminazione, inquadratura, messa fuoco, tempo di otturazione, apertura del diaframma eccetera. Ad ogni variazione di tali parametri corrisponde una variazione dell’aspetto della struttura formale assunta dalla fotografia la quale, a sua volta, contribuisce a determinare il senso che l’osservatore autonomamente attribuirà all'immagine.
E quì finalmente il cerchio si chiude perchè sarà soprattutto chi osserva la fotografia, e si interroga criticamente cercando di attribuirle un senso, che deciderà di volta in volta se in una immagine prevale il valore di testimonianza o di espressione.

my two cents

Messaggio modificato da P.Pazienza il Mar 11 2006, 06:07 PM
walter55
Messaggio: #37
Wooffhh...
fatemi un attimo riprendere fiato... smile.gif

Dunque.... 3 componenti! Tre componenti?
Il fotografo, il soggetto, e il "commitente/destinatario"?

Mi sa che ce n'è un'altra: la Storia.

Mi chiedo, e vi chiedo, morto il fotografro, sparito il soggetto, scomparso il committente, cosa ne è dell'immagine, cosa è diventata? Panta rei... o tutto, alla fine resta com'è? Dell' "attimo" che abbiamo "fissato" cosa è rimasto... o inneschiamo "menzogne" a miccia lunga, dandole in pasto (nel senso di "impastare") a storici, critici ed ideologi, o semplicemente alla nostalgia e al ricordo?

Per altre considerazioni (considerazioni?... diciamo "domande", che è meglio rolleyes.gif ), lasciatemi un po' di tempo... le sinapsi c'hanno ancora il fiatone biggrin.gif

P.S.

Hopps... P.Pazienza è arrivato prima di me... e mi sa che qualche risposta l'ha data smile.gif

Messaggio modificato da walter55 il Mar 11 2006, 06:18 PM
apeiron
Nikonista
Messaggio: #38
QUOTE(nisex @ Mar 10 2006, 08:03 PM)
Cari, forse non mi sono spiegato al meglio.
non prendete troppo sul serio il concetto di terza componente.
il destinatario, che come ha detto Enrico può essere anche il fotografo stesso, è elemento essenziale ed intrinseco della fotografia stessa. è questo che volevo dire.
se fate una foto, non la guardate neanche voi e la chiudete in un cassetto, potete dire di aver fatto una foto? la foto stessa esiste? la mia modesta opinione è: no, non è in natura.
il committente è una corruzione di terza componentela fotografia non esiste senza il fotografo, non esiste senza il soggetto/oggetto, non esiste se un terzo (che può essere anche il fotografo dopo aver dismesso le sue vesti) non posa il suo sguardo su quel foglio di carta.
piccolo esempio. cito HCB o Eugen, cari ad aperion: tutte le foto che hanno scattato e magari messo in un cassetto, e che nessuno di noi ha visto, esistono?
nic
*


è così Nic. Ti va di leggere La fotografia e la storia al Bar? A pensarci forse stava bene anche qui.
Ciao
apeiron
Nikonista
Messaggio: #39
QUOTE(enrico @ Mar 11 2006, 02:12 PM)
Finalmente la discussione è partita. Grazie a tutti per gli interessantissimi interventi. Apeiron, non è più una chiacchierata a due! Hai dato il via ad una bella discussione.
Poichè mi sembra in tema col discorso sulle tre componenti, allego una delle schede che preparato ed ho consegnato alla fine di un corso sulla lettura dell'immagine (secondo la metodologia della lettura strutturale) che ha per soggetto una foto tematica dove si vede (ho segnato in neretto le osservazioni in proposito) come il significato della cosa fotografata può essere nella realtà molto diverso dal significato della foto che, nella foto tematica in particolare, è l'idea dell'autore.
In questo caso la foto è osservata dalla componente "fruitore" che vede le altre due "soggetto" ed "autore" e cerca di risalire al significato della foto (il segno).
Buon pomeriggio
Enrico
*


Non riesco ad aprire il tuo pdf Enrico. C'è qualcosa che non va.
enrico
Messaggio: #40
Fino a questo punto abbiamo focalizzato gli elementi fondamentali che entrano in gioco nella fotografia:
il soggetto
il fotografo
il destinatario
ha inserito la storia che a mio avviso abbraccia i tre precedenti:
- il soggetto che muta con i tempi (vedi gli abiti, le pettinature, gli atteggiamenti, le architetture ecc)
- il fotografo la cui mentalità è determinata dal tempo storico, con le ideologie, i credi, le situazioni socio-economiche che sono proprie di ciascun periodo storico
- il destinatario che, anche lui vivendo in un determinato periodo storico, ne è influenzato ed interpreta di conseguenza (legge in un certo modo) il segno fotografico
Sarà che siamo passati dal bar alla sezione “tecniche fotografiche” che mi è venuta una riflessione: della storia fa anche parte lo sviluppo tecnologico e, nello specifico, quello della fotografia. E qui mi piacerebbe che si facesse il punto proprio sul “segno fotografico” che è in fondo il centro su cui ruotano le “tre componenti” di cui si è parlato in questa discussione. In un certo senso anche i contenuti ed il linguaggio fotografico si sono evoluti e trasformati man mano che la tecnica si evolveva. Talbot faceva assumere ai suoi soggetti delle pose dinamiche per cercare di superare l’ostacolo all’istantanea che la bassa sensibilità della carta al cloruro d’argento gli impediva. I ritratti dagherrotipici non potevano avere la spontaneità e la freschezza di quelli che ”potremmo” ottenere noi oggi, in considerazione delle lunghe pose cui erano sottoposti i soggetti. Anche i primi reportage di guerra altro non erano che riprese dei campi di battaglia ad operazioni terminate. L’aumento della rapidità delle emulsioni ha consentito le istantanee e, andando oltre, ha consentito di superare l’occhio, svelando ciò che prima non si era potuto vedere (un esempio per tutti: Muybridge e le fasi del movimento animale).
Potremmo continuare con la conquista dell’ortocromatismo e quindi del pancromatismo ad opera di Vogel e cos’ via. Ed ancora, parlando sempre del segno fotografico, è forse interessante ricordare le dispute fra flouisti e nettasti (il gruppo f/64 col tutto nitido) e la Cameron con il leggero fuori fuoco delle sue foto (dovuto all’attrezzatura o volontario per avvicinarsi di più alla pittura).
Sempre con l’occhio al “segno fotografico”, all’oggetto fotografia, allego una immagine fatta tanti anni fa a mio padre utilizzando la vecchia tecnica della gomma bicromatata (emulsione realizzata con gomma arabica, tempera marrone e bicromato di potassio, stesa con un pennello su carta, esposta e sviluppata in acqua calda) , associata ad una retinatura ottenuta tramite l’uso di un retino autocostruito (allora non c’era photoshop). Stavo vivendo un periodo in cui mi aveva preso la passione di sperimentare vecchie tecniche poiché credevo che avrei conosciuto meglio la fotografia se ne avessi ripercorso le tappe, non solo leggendo libri, ma riproducendo realmente alcune tecniche del passato.
Sarebbe bello che nella discussione si inserissero delle immagini, come mi pare qualcun altro già si era proposto di fare.
Io getto il sasso perché questa discussione non si spenga. Continuiamo ad approfondire gli aspetti che abbiamo evidenziato ed anche quest’ultimo.
Le esperienze e le competenze tecniche e culturali di tutti coloro che sono intervenuti sono veramente un potente mezzo di arricchimento per tutti.
Buona domenica
Enrico

Anteprima(e) allegate
Immagine Allegata

 
enrico
Messaggio: #41
QUOTE(apeiron @ Mar 12 2006, 09:01 AM)
Non riesco ad aprire il tuo pdf Enrico. C'è qualcosa che non va.
*



Ciao Apeiron,
probabilmente è il mio programma di conversione in formato pdf che ha dei problemi. Aggiro l'ostacolo. Allego la foto in questione a questo messaggio e ne riporto la lettura. Ho tenuto dei corsi di lettura dell'immagine e, per dare ai corsisti qualcosa di concreto da riportarsi a casa di quanto fatto, ho preparato delle schede sugli incontri e sugli esempi di lettura. La foto di Freed mi sembra emblematica della foto di genere tematico perché, attraverso l'inquadratura, vengono messi in relazione degli elementi che danno all'immagine un preciso significato che probabilmente non hanno nella realtà. E questo è emblematico del fatto che in un certo tipo di foto, il significato della cosa fotografata è altro dal significato della foto. Riporto di seguito la scheda di lettura completa (è una mia lettura, quindi può essere benissimo criticata).
Enrico

-----------------------------------------------------------------------------------------

IL COSA:
Identificazione concettuale di ciò che è rappresentato:

Due persone anziane, con cappotto e copricapo scuri, che camminano insieme. L'uomo appare curvo e la donna porta dei fiori. Una lapide con la foto di un giovane in divisa, un muretto di recinzione, un'auto parcheggiata, un alberello con poche foglie, a ridosso del muro.

IL COME:
Fattori tecnici:

Obiettivo normale. Nessuna elaborazione. Campo medio. Angolazione dall'alto e da sinistra rispetto alla linea d'azione relativa alle due persone. Inclinazione normale. Profondità di campo ampia (il leggero fuori fuoco del primo piano, può considerarsi un'imperfezione tecnica, dovuta alla forzata ricerca di un compromesso fra una messa a fuoco ampia, quindi a diaframma chiuso, e posa breve per bloccare il movimento delle due figure. Tuttavia ciò non ne compromette la lettura e dona profondità all'immagine). Illuminazione naturale, luce diffusa, B/N.

Criterio usato per la composizione:

Le due figure, la cui sagoma nera si staglia nettamente sul grigio chiaro della strada, sono poste nell'angolo superiore sinistro e la lettura inizia da loro. Tale posizione nel quadro, assieme alla direzione dello sguardo del vecchio ed all'atteggiamento, suggerisce un movimento diagonale verso l'angolo opposto. In primo piano, ha forte peso strutturale la lapide con la foto che spicca, invece, chiara su fondo scuro.
Il muretto di recinzione separa i due elementi fondamentali dell'immagine, pur senza dividerli poiché la sua tonalità di grigio non è dissimile da quella dell'esterno che gli fa da sfondo. L'auto nell'angolo a destra e l'alberello sullo stesso lato, danno equilibrio alla composizione che altrimenti risulterebbe sbilanciata e completano, sia pur marginalmente, il racconto.

Modi narrativi:

Le due figure procedono insieme sottobraccio. Sono persone avanti negli anni, che appaiono chiaramente dirigersi verso l'ingresso del cimitero, ingresso che è fuori campo, ma che si intuisce, dal bordo della stradina, essere subito a destra dell'immagine.


Modi semiologici:

La foto del giovane in divisa, è posta in primo piano e sul bordo inferiore dell'immagine, sì da raggiungere un peso strutturale pari a quello delle due figure e da apparire quale meta di queste.

Definizione del significato della cosa in sé:

Due persone anziane che si dirigono verso un cimitero, per una visita ad un defunto (potrebbe non essere quello effigiato sulla lapide in primo piano).

Definizione del significato della cosa rappresentata:

Mediante il taglio e la composizione dell'immagine, l'autore ha messo in chiaro rapporto i due anziani con il giovane in divisa. Pur se la realtà probabilmente è diversa, l'intenzione del fotografo è stata quella di rappresentare “due genitori anziani, in visita alla tomba del figlio morto in guerra”.

Lettura dell'informazione materiale:

Una coppia di anziani, che si reca al cimitero, rappresentato attraverso la lapide ed i fiori (se mancassero questi due elementi, potrebbe essere la foto di due persone che rientrano a casa).


IL PERCHE':
Lettura dell'idea:

Significazione immediata:
”Una coppia di anziani genitori, si reca a far visita alla tomba del figlio morto in guerra”

Significazione mediata:
“ La guerra stravolge l'ordine naturale delle cose, lasciando a lungo la sua dolorosa traccia”.

Classificazione dell'idea centrale: Tematica.

Anteprima(e) allegate
Immagine Allegata

 
apeiron
Nikonista
Messaggio: #42
ciao Enrico,
bellissima la foto di tuo padre. L'intera discussione e la questione che tu proponi di lettura dell'immagine aprono a numerosi, altri, sguardi.
Ho riletto tutto con attenzione..., eppure mi pare che manchi qualcosa. Bello e utile scoprire passione, cultura e competenza di quanti hanno partecipato. Eppure...!
Potrebbe essere il tema di una nuova discussione: perché "quella" foto è bella? Si sono tentate infinite letture di una "grande" foto. Analisi sociologiche, geometrico-figurative, semantiche...Ma una "grande" foto, che pure sembra poter corrispondere a ciascuna di quelle analisi, sembra anche sfuggire ad ogni tentativo di completezza. Perché? Cosa manca nelle pur acute, colte analisi?
Potrà mai una "lettura", per quanto eccelsa, contenere "l'ultima verità" di una fotografia. Quella verità che, come la fotografia stessa, può essere colta in un istante, in una semplice, folgorante parola?Così Mario Giacomelli:
"Ho scoperto da un pò di anni che la poesia è il linguaggio in cui sembra di poter fuggire dalle formule della banalità quotidiane. Lo spazio non è più appiattito, le cose che vedevo sempre uguali, (...), ora sembrano modificate. (...).Sento che sto scavando in un deposito di energie che suscitano immagini dove la fotografia è come una traduzione, una ricerca dentro i territori del linguaggio. Queste ultime foto (...) vogliono sentire la nostra presenza (...), solo così si caricano di emozioni". ohmy.gif
Apeiron
Franco_
Messaggio: #43
grazie.gif a tutti per aver iniziato questa bella discussione, alla quale auguro di durare ben più di quelle riguardati le solite questioni su rumore, megapixel e relative s..he mentali.

La fotografia è un potentissimo mezzo documentativo.
Forse non riflettiamo abbastanza su questo punto. Prima del suo avvento non vi erano altri sistemi, se non la pittura, per "fissare" un volto (spesso correggendone i difetti). Ma solo i volti dei potenti e dei ricchi godevano di questo privilegio, solo coloro che avevano le possiblità economiche erano in grado di tramandare ai posteri la loro immagine.
Con la fotografia tutto questo è cambiato. Dopo il costoso dagherrotipo si affermarono i più accessibili ambrotipi e ferrotipi, che avevano la caratteristica di essere un unicum, cioè non riproducibili, ma che consentivano anche alle classi sociali meno abbienti di immortalare la propria immagine. La vera rivoluzione fu dovuta a Talbot (contemporaneo di Daguerre), che percorrendo una via diversa aprì, con i suoi calotipi, la strada alla produzione di più positivi della stessa immagine. Si era aperta la via della "democrazia visiva".
La fotografia consentì finalmente di creare dei documenti di identità (che prima erano semplicemente descrittivi ...), di mostrare luoghi lontani o portare con se, magari all'altro capo del mondo, l'immagine della mamma, dei figli o della fidanzata.
Ecco, questo aggiungerei: la fotografia nacque essenzialmente per la documentazione, non solo però delle persone ma anche dei luoghi e dei monumenti. Più tardi, con il miglioramento delle tecniche e la possibilità di non dover più mantenere il soggetto immobile per molto tempo cominciò la fotografia che conosciamo oggi.

Prima di concludere il mio intervento vorrei ringraziare in particolare Enrico per l'allegato "Lettura immagine"; mi piacerebbe che questo divenisse oggetto di un altra discussione: una lettura a più voci della bellissima foto di Leonard Freed, una discussione dove, oltre ad esprimere le sensazioni che proviamo nell'osservarla, provassimo a dare la nostra chiave di lettura, spiegando (se possibile) quali sono secondo noi punti chiave dell'immagine.

Un saluto
enrico
Messaggio: #44
Ciao Franco,
di schede ne ho diverse. Visto che ti interessano, ne pubblico altre due, relativa la prima ad una foto di Vitaliano Bassetti, di natura tematica; l'altra ad una foto di Fulvio Roiter, di natura narrativa. Nella foto tematica, la componente "autore" è nettamente prevalente sulla componente "soggetto", mentre la foto narrativa è da questo punto di vista un gradino più su della foto documentaria, anche se è prevalente la componente "soggetto". In poche parole, il fotografo ci racconta in un certo modo il soggetto che costituisce in ogni caso il centro dell'immagine.
Provo ad inserire una immagine direttamente (ho appena imparato a farlo) e la inserisco anche come collegamento, perchè rimanga se dovessi modificare il sito al quale la prima è collegata. Se la cosa interessa (non vorrei essere noioso), posso inserire qualche altra foto perché possiate commentarla voi. E' semplicemente un discorso di lettura, cioé di interpretazione di ciò che voleva dirci l'autore. Il discorso del perché una foto è bella, proposto da Apeiron, è molto stimolante e complesso. Non credo si possano dare delle regole. Oltre all'aspetto estetico e contenutistico, credo c'entri la psicologia umana, per cui la strada diviene davvero tortuosa, ma questo non vuol dire che non valga la pena percorrerla.
Enrico

user posted image

Vitaliano Bassetti

IL COSA:
Un adulto ed un bambino in uno scompartimento ferroviario (che si tratti di vagone ferroviario lo si nota soprattutto dal tipico finestrino). L'uomo in primo piano dorme, poggiato sulla spalliera del sedile, e ciò traspare non solo dagli occhi chiusi e dalla posizione del capo, ma anche dall'atteggiamento delle labbra e dei muscoli mimici. Il bambino in secondo piano è invece intento a guardare con attenzione fuori dal finestrino, il paesaggio esterno. Lo si capisce chiaramente dall'atteggiamento, dai gomiti poggiati sul bordo del finestrino e dalla posizione del capo, leggermente ruotato a sinistra ed inclinato.

IL COME
Le due figure sono al centro della foto. La figura del bambino, ripresa di spalle, si staglia nettamente, perché scura, sullo sfondo chiaro del finestrino. Il volto dell'uomo, chiaro, risalta nel contesto scuro della parte inferiore del quadro. Sulle linee verticali del finestrino, le due teste formano una composizione diagonale. Le due figure sono state isolate volutamente dall'ambiente “scomparto ferroviario”, di cui sono stati lasciati solo gli elementi essenziali che permettono di riconoscerlo come tale. L'attenzione del lettore della foto è quindi di proposito fatta convergere sui due atteggiamenti. Il fondo che fa da contorno alle figure, è di tonalità opposta alle stesse al fine di metterle bene in evidenza, ed è inoltre indistinto e quasi privo di dettagli per non disturbarle. Il contrasto di tonalità delle due figure e l'inversione del rapporto chiaro-scuro fra le stesse e lo sfondo, non è casuale, ma ha un chiaro intento espressivo che si evidenzierà al livello successivo di lettura della foto.

IL PERCHE':
L'autore ha voluto mostrare quell'uomo e quel bambino in due atteggiamenti diversi ed opposti. Ci si accorge però che questa significazione immediata, non esaurisce tutti i "come" di questa foto, per cui la lettura va effettuata ad un livello superiore. I due soggetti della foto in realtà rappresentano non due diversi individui, ma due diverse età dell'uomo. La significazione mediata è perciò la seguente: l'uomo, quando è in giovane età, manifesta interesse e curiosità verso il mondo e la vita mentre, divenuto adulto, tale interesse viene ad attenuarsi fino a diventare indifferenza.
Si tratta di una foto tematica.



Anteprima(e) allegate
Immagine Allegata

 
enrico
Messaggio: #45
Ed ora la foto di carattere narrativo di Fulvio Roiter. L'osservazione in rosso mette in evidenza la differenza fra l'immagine e la cosa fotografata. Alcuni elementi sono propri dell'immagine (lo stare al centro del quadro è una collocazione del soggetto nell'immagine mentre nella realtà non è al centro di nulla. Lo sfuocato è un elemento proprio dell'immagine e non ha alcun senso nella realtà ecc):

user posted image

IL COSA:

Due ragazze negre, col capo avvolto da un fazzoletto e due cesti ovali ripieni di frutta sulla testa. Hanno vestiti leggeri, maniche corte o assenti. La ragazza a sinistra nell' immagine, porta qualcosa nelle mani e sembra guardarla con attenzione.

IL COME:

Le due ragazze sono riprese da vicino (mezza figura e primo piano) e con angolazione da sinistra e dall'alto (per evidenziare i cesti ed il loro contenuto). Lo sfondo è sfuocato. Le ragazze sono riprese di profilo ed una dietro l'altra nel quadro (è l'angolazione di ripresa che le fa apparire l'una dietro l'altra, mentre nella realtà stanno probabilmente procedendo affiancate). Ciò che risalta, chiari sulla tonalità scura delle figure e dello sfondo, sono i due cesti con la frutta, oltre al vestito della prima ragazza, che fa da contrappeso ai primi. La somiglianza di forma ed atteggiamento delle due figure, crea una ripetizione ed un piacevole ritmo compositivo.

IL PERCHE':

L'autore ha evidentemente voluto mostrare l'usanza, in quella regione, di portare i cesti in equilibrio sul capo, senza l'ausilio delle mani.
L'immagine ha quindi un carattere narrativo.

Anteprima(e) allegate
Immagine Allegata

 
_Led_
Messaggio: #46
QUOTE(enrico @ Mar 13 2006, 10:52 PM)
...Nella foto tematica, la componente "autore" è nettamente prevalente sulla componente "soggetto", mentre la foto narrativa è da questo punto di vista un gradino più su della foto documentaria, anche se è prevalente la componente "soggetto". ...

...I due soggetti della foto in realtà rappresentano non due diversi individui, ma due diverse età dell'uomo. La significazione mediata è perciò la seguente: l'uomo, quando è in giovane età, manifesta interesse e curiosità verso il mondo e la vita mentre, divenuto adulto, tale interesse viene ad attenuarsi fino a diventare indifferenza.
Si tratta di una foto tematica.
*




QUOTE(enrico @ Mar 13 2006, 11:00 PM)
Ed ora la foto di carattere narrativo di Fulvio Roiter.
...
L'autore ha evidentemente voluto mostrare l'usanza, in quella regione, di portare i cesti in equilibrio sul capo, senza l'ausilio delle mani.
L'immagine ha quindi un carattere narrativo.
*




Enrico, grazie per le belle schede che ho letto con molto interesse.

Mi chiedo però se Bassetti sia salito su "quel" treno per fare "quella" foto.

Io ho l'impressione che, stiracchiando un po' gli stessi mezzi analitici che tu hai usato per la foto di Roiter, si potrebbe dimostrare tranquillamente che anche la foto di Bassetti ha carattere narrativo e viceversa.

Bassetti sarebbe d'accordo con la tua analisi ?
_Led_
Messaggio: #47
QUOTE(gianni534 @ Mar 11 2006, 03:32 AM)
...(se capiterà approfondirò in seguito questa parte nel senso che occorrerà chiederci se siano solo strumenti o stiano diventando prolungamenti dei nostri sensi) ...
PS: mi riservo un attimo di tempo perchè volevo sviluppare i concetti di tecnica e tecnologia che a mio avviso sono fondamentali nel rapporto persona-immagine...
*



Sono d'accordo con te...si tratta di un aspetto sottovalutato dai più ma da discutere ampiamente: ti attendo al varco wink.gif
apeiron
Nikonista
Messaggio: #48
Mi piace "il cosa" e "il come". Meno "il perché". Scusa Enrico se mi permetto. Ma so che è solo un dialogo tra amici.
"Il cosa" e "il come" aiutano ad orientarsi, forniscono le coordinate di supporto... "Il perché" lo trovo invece un pò forzato, artificiale, forse invasivo.
Perché la fotografia dovrebbe aver bisogno del "perché"? E' chiaro che si tratta di una possibilità, spesso acuta e convincente, in grado di soddisfare un bisogno un pò intellettuale di analizzare per scomposizione un'opera.
Ma la fotografia si spiega da sé. Non ha i caratteri dell'opera pittorica o architettonica..., per le quali indagini di varia natura possono fornire ilcontesto nel quale l'opera è maturata, arrivando perfino a spiegare le scelte dell'autore.
La fotografia non chiede nulla e giunge a noi senza mediazioni. E' la sua "immediatezza" che vuole distanza dal "perché". Una fotografia si può glorificare o scartare in un istante.
Non è una delle forme di espressione più libere? La sento vicina alla poesia. Forse è anche per questo che l'amiamo in tanti.
apeiron
P.S. Fatevi sentire poeti del forum
enrico
Messaggio: #49
QUOTE(Led566 @ Mar 14 2006, 02:51 PM)
Enrico, grazie per le belle schede che ho letto con molto interesse.

Mi chiedo però se Bassetti sia salito su "quel" treno per fare "quella" foto.

Io ho l'impressione che, stiracchiando un po' gli stessi mezzi analitici che tu hai usato per la foto di Roiter, si potrebbe dimostrare tranquillamente che anche la foto di Bassetti ha carattere narrativo e viceversa.

Bassetti sarebbe d'accordo con la tua analisi ?
*



Ciao Led566,
nella lettura della foto seguo il metodo della lettura strutturale di Nazzareno Taddei perché, fra tutti quelli che ho conosciuto, mi sembra quello con le fondamenta più solide. Molti anni fa ho seguito un corso di più giorni tenuto da un allievo del Taddei, un certo Prof. Maccarini, persona davvero in gamba di cui ho purtroppo perso le tracce. Anche a lui ponemmo la domanda che hai posto. Il Taddei aveva fatto delle verifiche, leggendo delle foto e sottoponendone poi la lettura agli autori. Risultato: tutti gli autori si ritrovavano in quelle letture. Non so se conosci il metodo del Taddei. Mi stava venendo un mezzo pensiero di farne una specie di experience, ma non so proprio se sia il caso, visto che nel forum c'è tanta gente estremamente esperta di queste cose e non ho la presunzione di salire in cattedra.
Il metodo della lettura strutturale si basa su tre passaggi successivi:
1 - nell'esaminare il "cosa", cioè il soggetto che ha catturato l'attenzione e l'interesse del fotografo. Di esaminarlo come oggetto, cioè come ciò che era davanti alla macchina al momento dello scatto ma che ha una sua esistenza ed un suo significato, indipendentemente dall'occasionale presenza del fotografo.
2 Il secondo momento, il più importante, è quello di esaminare il "come", vale a dire tutte le scelte (tecniche ed espressive) che ha fatto il fotografo per costruirci su l'immagine fotografica. E questo è il punto fondamentale, la chiave per capire
3 - cosa vi ha visto il fotografo e cosa ci ha voluto dire ("il perchè").
Ho tenuto alcuni corsi di lettura anche ad insegnanti, ed una volta uno di questi mi disse che era un po' una presunzione pensare di poter entrare nella testa del fotografo. Ricordo che gli risposi che anche quando si legge ad esempio un brano della Divina Commedia, non è che si può essere proprio sicuri di aver centrato il pensiero di Dante, considerata anche la mole di studiosi che hanno cercato di interpretrarlo, specie in alcuni passi. Eppure a leggere i testi scritti siamo stati educati ed abituati fin dalla prima elementare, mentre non è proprio così per i testi visivi, in particolar modo per quelli fotografici.
Leggere una fotografia riuscendo a capire ciò che l'autore ha voluto dirci, non è cosa facile. La difficoltà può a volte essere colpa del lettore che non è particolarmente bravo nella lettura, o può essere dell'autore che potrebbe non essere particolarmente bravo nella scrittura (fotografica).
Durante questi corsi, mi sono reso conto che per la maggior parte della gente, la fotografia è ancora vista come uno strumento meccanico di riproduzione della realtà e non come un linguaggio, un mezzo di comunicazione di idee e di sensazioni, di emozioni.
Grazie per aver risposto. Oltre ad aver posto dei quesiti interessanti, hai permesso a questo tread di proseguire. Una discussione si ferma quando non ci sono più interventi.
Buona serata
Enrico
enrico
Messaggio: #50
[quote=apeiron,Mar 14 2006, 05:49 PM]
Mi piace "il cosa" e "il come". Meno "il perché". Scusa Enrico se mi permetto. Ma so che è solo un dialogo tra amici.

Ciao Apeiron,
per carità, di che devi scusarti? Si cresce proprio scambiandosi idee e facendosi critiche, cercando di capire insieme questo mondo così complesso ed affascinante che è la fotografia. Grazie anzi a te per aver avviato questa discussione!
Enrico
 
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