Risultato della ricerca: deformazione
bart22.07
Bracketing e stitching panoramico con deformazione
bart22.07
Bracketing e stitching panoramico (12x3)
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
croll
Un\'interessante deformazione dei sedimenti nel deserto di Gorafe.
massimomassarenti
Il Colosseo, originariamente conosciuto come Amphitheatrum Flavium (italiano: Anfiteatro Flavio) o semplicemente come Amphitheatrum, è il più grande anfiteatro del mondo, situato nel centro della città di Roma. In grado di contenere un numero di spettatori stimato tra 50.000 e 75.000 unità, è il più importante anfiteatro romano, nonché il più imponente monumento della Roma antica che sia giunto fino a noi, conosciuto in tutto il mondo come simbolo della città di Roma e uno dei simboli d'Italia. Inserito nel 1980 nella lista dei Patrimoni dell'umanità dall'UNESCO, assieme a tutto il Centro storico di Roma, le Zone extraterritoriali della Santa Sede in Italia e la Basilica di San Paolo fuori le mura, nel 2007 il complesso, unico monumento europeo, è stato anche inserito fra le Nuove sette meraviglie del mondo, a seguito di un concorso organizzato da New Open World Corporation (NOWC). L'anfiteatro è stato edificato in epoca Flavia su un'area al limite orientale del Foro Romano. La sua costruzione fu iniziata da Vespasiano nel 72 d.C. ed inaugurato da Tito nell'80, con ulteriori modifiche apportate durante il regno di Domiziano. L'edificio forma un'ellisse di 527 m di perimetro, con assi che misurano 187,5 e 156,5 m. L'arena all'interno misura 86 × 54 m, con una superficie di 3.357 m². L'altezza attuale raggiunge 48,5 m, ma originariamente arrivava a 52 m. La struttura esprime con chiarezza le concezioni architettoniche e costruttive romane della prima Età imperiale, basate rispettivamente sulla linea curva e avvolgente offerta dalla pianta ellittica e sulla complessità dei sistemi costruttivi. Archi e volte sono concatenati tra loro in un serrato rapporto strutturale. Il nome "Colosseo" si diffuse solo nel Medioevo e deriva dalla deformazione popolare dell'aggettivo latino "colosseum" (traducibile in "colossale", come appariva nell'Alto Medioevo tra le casette a uno o due piani). Presto l'edificio divenne simbolo della città imperiale, espressione di un'ideologia in cui la volontà celebrativa giunge a definire modelli per lo svago e il divertimento del popolo. Anticamente era usato per gli spettacoli di gladiatori e altre manifestazioni pubbliche (spettacoli di caccia, rievocazioni di battaglie famose, e drammi basati sulla mitologia classica). La tradizione che lo vuole luogo di martirio di cristiani è destituita di fondamento. Non più in uso dopo il VI secolo, l'enorme struttura venne variamente riutilizzata nei secoli, anche come cava di materiale. Oggi è un simbolo della città di Roma e una delle sue maggiori attrazioni turistiche sotto forma di monumento archeologico regolarmente visitabile. Oggi le sue condizioni di salute destano preoccupazione, visto che studi sulla sua struttura hanno evidenziato oltre 3.000 lesioni e un esteso stato fessurativo. Inoltre, nel 2012 è avvenuta la scoperta di un'inclinazione di 40 cm della struttura, probabilmente a causa di un cedimento della platea di fondazione su cui poggia
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
Dario Peracchi
Il Colosseo, originariamente conosciuto come Amphitheatrum Flavium (italiano: Anfiteatro Flavio) o semplicemente come Amphitheatrum, è il più grande anfiteatro del mondo, situato nel centro della città di Roma. In grado di contenere un numero di spettatori stimato tra 50.000 e 75.000 unità, è il più importante anfiteatro romano, nonché il più imponente monumento dell'antica Roma che sia giunto fino a noi, conosciuto in tutto il mondo come simbolo della città di Roma e uno dei simboli d'Italia. Inserito nel 1980 nella lista dei Patrimoni dell'umanità dall'UNESCO, assieme a tutto il Centro storico di Roma, le Zone extraterritoriali della Santa Sede in Italia e la Basilica di San Paolo fuori le mura, nel 2007 il complesso, unico monumento europeo, è stato anche inserito fra le Nuove sette meraviglie del mondo, a seguito di un concorso organizzato da New Open World Corporation (NOWC). L'anfiteatro è stato edificato in epoca Flavia su un'area al limite orientale del Foro Romano. La sua costruzione fu iniziata da Vespasiano nel 72 d.C. ed inaugurato da Tito nell'80, con ulteriori modifiche apportate durante l'impero di Domiziano. L'edificio forma un ovale di 527 m di perimetro, con assi che misurano 187,5 e 156,5 m. L'arena all'interno misura 86 × 54 m, con una superficie di 3.357 m². L'altezza attuale raggiunge 48,5 m, ma originariamente arrivava a 52 m. La struttura esprime con chiarezza le concezioni architettoniche e costruttive romane della prima Età imperiale, basate rispettivamente sulla linea curva e avvolgente offerta dalla pianta ovale e sulla complessità dei sistemi costruttivi. Archi e volte sono concatenati tra loro in un serrato rapporto strutturale. Il nome "Colosseo" si diffuse solo nel Medioevo e deriva dalla deformazione popolare dell'aggettivo latino "colosseum" (traducibile in "colossale", come appariva nell'Alto Medioevo tra le casette a uno o due piani) o, più probabilmente, dalla vicinanza della colossale statua bronzea di Nerone che sorgeva nei pressi. Presto l'edificio divenne simbolo della città imperiale, espressione di un'ideologia in cui la volontà celebrativa giunge a definire modelli per lo svago e il divertimento del popolo. Anticamente era usato per gli spettacoli di gladiatori e altre manifestazioni pubbliche (spettacoli di caccia, rievocazioni di battaglie famose, e drammi basati sulla mitologia classica). La tradizione che lo vuole luogo di martirio di cristiani è destituita di fondamento. Non più in uso dopo il VI secolo, l'enorme struttura venne variamente riutilizzata nei secoli, anche come cava di materiale. Oggi è un simbolo della città di Roma e una delle sue maggiori attrazioni turistiche sotto forma di monumento archeologico regolarmente visitabile. Oggi le sue condizioni di salute destano preoccupazione, visto che studi sulla sua struttura hanno evidenziato oltre 3.000 lesioni e un esteso stato fessurativo. Inoltre, nel 2012 è avvenuta la scoperta di un'inclinazione di 40 cm della struttura, probabilmente a causa di un cedimento della platea di fondazione su cui poggia. Nel 2016 il circuito archeologico del Colosseo, Foro Romano e Palatino ha ottenuto 6 408 852 visitatori, risultando il secondo sito museale statale italiano più visitato, alle spalle del Pantheon.
duplex1
Roma,Colosseo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. (LA) « Quamdiu stabit Colyseus stabit et Roma; cum cadet Colyseus cadet et Roma; cum cadet Roma cadet et mundus » (IT) « Finché esisterà il Colosseo, esisterà anche Roma; quando cadrà il Colosseo, cadrà anche Roma; quando cadrà Roma, cadrà anche il mondo » (Profezia di Beda il Venerabile, VIII secolo) Il Colosseo, originariamente conosciuto come Amphitheatrum Flavium (italiano: Anfiteatro Flavio) o semplicemente come Amphitheatrum, è il più grande anfiteatro del mondo[1], situato nel centro della città di Roma. In grado di contenere un numero di spettatori stimato tra 50.000 e 75.000 unità, è il più importante anfiteatro romano, nonché il più imponente monumento della Roma antica che sia giunto fino a noi[2], conosciuto in tutto il mondo come simbolo della città di Roma e uno dei simboli d'Italia. Inserito nel 1980 nella lista dei Patrimoni dell'umanità dall'UNESCO, assieme a tutto il Centro storico di Roma, le Zone extraterritoriali della Santa Sede in Italia e la Basilica di San Paolo fuori le mura, nel 2007 il complesso, unico monumento europeo, è stato anche inserito fra le Nuove sette meraviglie del mondo, a seguito di un concorso organizzato da New Open World Corporation (NOWC). L'anfiteatro è stato edificato in epoca Flavia su un'area al limite orientale del Foro Romano. La sua costruzione fu iniziata da Vespasiano nel 72 d.C. ed inaugurato da Tito nell'80, con ulteriori modifiche apportate durante il regno di Domiziano. L'edificio forma un'ellisse di 527 m di perimetro, con assi che misurano 187,5 e 156,5 m. L'arena all'interno misura 86 × 54 m, con una superficie di 3.357 m². L'altezza attuale raggiunge 48,5 m, ma originariamente arrivava a 52 m. La struttura esprime con chiarezza le concezioni architettoniche e costruttive romane della prima Età imperiale, basate rispettivamente sulla linea curva e avvolgente offerta dalla pianta ellittica e sulla complessità dei sistemi costruttivi. Archi e volte sono concatenati tra loro in un serrato rapporto strutturale. Il nome "Colosseo" si diffuse solo nel Medioevo e deriva dalla deformazione popolare dell'aggettivo latino "colosseum" (traducibile in "colossale", come appariva nell'Alto Medioevo tra le casette a uno o due piani)[3]. Presto l'edificio divenne simbolo della città imperiale, espressione di un'ideologia in cui la volontà celebrativa giunge a definire modelli per lo svago e il divertimento del popolo. Anticamente era usato per gli spettacoli di gladiatori e altre manifestazioni pubbliche (spettacoli di caccia, rievocazioni di battaglie famose, e drammi basati sulla mitologia classica). La tradizione che lo vuole luogo di martirio di cristiani è destituita di fondamento[4]. Non più in uso dopo il VI secolo, l'enorme struttura venne variamente riutilizzata nei secoli, anche come cava di materiale. Oggi è un simbolo della città di Roma e una delle sue maggiori attrazioni turistiche sotto forma di monumento archeologico regolarmente visitabile. Oggi le sue condizioni di salute destano preoccupazione, visto che studi sulla sua struttura hanno evidenziato oltre 3.000 lesioni e un esteso stato fessurativo[5]. Inoltre, nel 2012 è avvenuta la scoperta di un'inclinazione di 40 cm della struttura, probabilmente a causa di un cedimento della platea di fondazione su cui poggia[6]. Nel 2015 il Colosseo risulta essere, con più di 6,5 milioni di visitatori, il secondo sito archeologico più visitato al mondo, dietro solo alla Grande Muraglia Cinese.
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
diegoraffy
immagine deformata
antonio_grassi
I Perdoni (le Perdúne in dialetto tarantino) sono poste , coppie, di Confratelli del Carmine, che nel pomeriggio del Giovedì Santo escono ad intervalli dalla Chiesa di Maria Santissima del Monte Carmelo per effettuare un pellegrinaggio verso le principali chiese del Borgo Antico e del Borgo Nuovo dove sono allestite i \"sepolcri\", altari della reposizione. La coppia che esce dal portone della sagrestia si chiama di \"campagna\" e compie il pellegrinaggio per i sepolcri della città Nuova, mentre la coppia che esce dal portone principale si chiama di \"città\" e compie il pellegrinaggio per i sepolcri della città Vecchia. Oltre i \"Sepolcri\" del borgo cittadino, visitano anche la chiesa di San Domenico per il saluto alla Vergine Addolorata prima dell\'uscita della stessa nella processione notturna. i Perdoni sono scalzi e vestiti con l\'abito tradizionale di rito che si compone di: un camice bianco stretto in vita e sui polsi; un rosario nero appeso in vita con medaglie sacre ed un crocifisso, pendenti sulla destra del camice; una cinghia di cuoio nero attaccata in vita e fatta pendere sul lato sinistro del camice, rappresentante la frusta che colpì Gesù; una mozzetta color crema abbottonata sul davanti; due scapolari recanti rispettivamente le scritte ricamate \"Decor\" e \"Carmeli\" in seta blu chiaro; un cappuccio bianco con due forellini all\'altezza degli occhi; un cappello nero bordato con nastro blu chiaro, dai cui lati scendono altri due nastri anch\'essi blu, indossato in testa sul cappuccio o appoggiato sopra le spalle, fissato in vita con un nastro che viene fatto passare attraverso un\'asola che si trova nell\'abbottonatura della mozzetta e guanti bianchi di cotone o di pelle. I Perdoni portano inoltre una mazza,chiamata \"bordone\", alta circa due metri che simboleggia l\'antico bastone dei pellegrini: infatti le Perdúne sono così chiamati in ricordo dei pellegrini che si recavano a Roma per ottenere il perdono dei peccati. Un\'altra teoria, riconducibile allo studioso di tradizioni tarantine Angelo Fanelli, vuole, invece, che il termine derivi dalla deformazione dialettale di \"bordone\", cioè del nome del bastone uncinato che usavano i pellegrini. Un dondolio chiamato in dialetto tarantino \"nazzecata\", caratterizza l\'incedere lentissimo dei confratelli penitenti. L\'uscita dei Perdoni è il primo atto della Settimana santa tarantina che coinvolge l\'intera cittadinanza.
alessandro di mise
Agrate, ottobre 2010. Camminando tra le vie in festa di un paese, mi sono imbattuto in questa scena ordinaria. Tutta la curiosità del popolo è diretta verso il fotografo, ignaro portatore sano di una qualche deformazione fisica malcelata e derisibile.