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Il Valore Permanente Della Fotografia
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Franco_
Messaggio: #51
Ciao Enrico e grazie per averci mostrato altre due schede; le trovo molto interessanti, sia per la qualità delle foto che per la lettura che ne viene fatta.

Ognuno di noi ha la propria chiave di lettura e sono convinto che quanto leggiamo in una foto sia mediato dalla nostra cultura, sensibilità, esperienza, stato d'animo ... che non necessariamente coincidono con quelle dell'autore; questo mi porta a pensare che non sempre sia possibile cogliere pienamente il messaggio che questi aveva in mente. E' un pò come quando si studia un'opera d'arte, per capirla appieno occorre calarsi nel periodo storico in cui ha vissuto l'autore, nella sua vita, nelle sue esperienze, nei suoi problemi, conoscere le tendenze artistiche del momento ... (la lista non finirebbe mai)
Quindi non si deve rinunciare al confronto delle letture, tutt'altro. Il confronto arricchisce la cultura e aiuta a capire meglio il pensiero altrui.
Mi piacerebbe che questa discussione andasse avanti ancora per molto, quindi ... scrivete ragazzi laugh.gif

Un saluto a tutti

P.S. Enrico, dove si possono trovare le schede ?
enrico
Messaggio: #52
P.S. Enrico, dove si possono trovare le schede ?

Ciao Franco,
le schede le ho fatte io, sono delle mie letture svolte in alcuni corsi di lettura dell'immagine.
Concordo con te su quanto dici. In effetti il Taddei (il suo testo base è "La lettura strutturale della fotografia" che durante il corso di cui parlavo qualche post fa, mi regalò il Prof. Maccarini che ne era appunto il docente) cerca di aggirare questo problema, mettendo in guardia il "lettore" dalle "integrazioni culturali", vale a dire che la lettura deve essere il più oggettiva possibile se si vuole cercare di arrivare a capire l'idea dell'autore. E' molto facile leggere nell'immagine altrui dei contenuti che in effetti sono dei nostri contenuti mentali, e questo svia da una corretta lettura. Mi è capitato di vedere in alcuni libri della scuola elementare dei miei figli, nelle parti dedicate all'educazione all'immagine, frasi di questo tipo: "A cosa ti fa pensare questa immagine? Quali sensazioni ti procura?". Anche se può essere un uso legittimo dell'immagine, non è certo un buon avvio alla lettura. Così non si avvicina il lettore all'autore. L'immagine diviene un pretesto per leggere "in se stessi". E' sacrosanto quello che dici a proposito del conoscere il periodo storico e tutto il resto. E' anche vero che non è facile, se non impossibile cogliere appieno il messaggio dell'autore, ma ci si può provare e, nella massima umiltà, se il processo di lettura è corretto, ci si può avvicinare molto, senza pretendere di esaurirne il significato.
Ciao
Enrico
apeiron
Nikonista
Messaggio: #53
Franco, come dicevo a Enrico, la fotografia non possiede (per fortuna?) il carattere di altre opere d'arte. La fotografia ha dovuto perfino affrontare il dibattito, mai concluso, relativo al suo riconoscimento come forma d'arte. E questo significa molto.
Essa deve poter vivere delle sue particolarissime e specifiche qualità sulle quali molto c'è ancora da scoprire, riconoscere, definire...
Se la fotografia avesse il carattere di un'opera architettonica o pittorica potremmo, e forse dovremmo, servirci obbligatoriamente di un'analisi storica per poterla conoscere e quindi amare. Ma l'immediatezza della fotografia, il suo prevalente carattere di testimonianza (e qui finalmente rivelo la mia inclinazione) non ci chiedono di compiere queste analisi per avvicinarla, per amarla.
Una fotografia la si ama, mi pare, in un tempo pari a quello di uno scatto.
apeiron

enrico
Messaggio: #54
Visto l'interesse per la lettura, mi permetto di inserire due immagini, entrambe con soggetti al lavoro, eppure molto diverse. La loro qualità non è elevata: sono delle riproduzioni di vecchie diapositive e non ne ricordo gli autori. Non inserisco nessuna scheda. Invito chi vuole a commentarle.
Enrico

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apeiron
Nikonista
Messaggio: #55
Ciao Enrico, non vorrei davvero perdere il filo con te. Ho però l'impressione che siamo impermeabili. Alla tua visione analitica io contrappongo la mia un pò impressionista. Voglio dirti però che il tuo modo rigoroso di vedere le cose mi garba parecchio. smile.gif
Apeiron
Franco_
Messaggio: #56
QUOTE(apeiron @ Mar 14 2006, 11:10 PM)
Franco, come dicevo a Enrico, la fotografia non possiede (per fortuna?) il carattere di altre opere d'arte. La fotografia ha dovuto perfino affrontare il dibattito, mai concluso, relativo al suo riconoscimento come forma d'arte. E questo significa molto.
Essa deve poter vivere delle sue particolarissime e specifiche qualità sulle quali molto c'è ancora da scoprire, riconoscere, definire...
Se la fotografia avesse il carattere di un'opera architettonica o pittorica potremmo, e forse dovremmo, servirci obbligatoriamente di un'analisi storica per poterla conoscere e quindi amare. Ma l'immediatezza della fotografia, il suo prevalente carattere di testimonianza (e qui finalmente rivelo la mia inclinazione) non ci chiedono di compiere queste analisi per avvicinarla, per amarla.
Una fotografia la si ama, mi pare, in un tempo pari a quello di uno scatto.
apeiron
*



Ciao Apeiron, la fotografia non è nata come forma d'arte; sia Daguerre che Talbot mostrarono difatti le prime loro prime immagini a scienziati e non ad artisti. E neanche la pittura nacque come forma d'arte (mi riferisco ai primi graffiti lasciati nella notte dei tempi sui muri delle caverne).
La fotografia è nata per documentare, fissare un qualcosa che è accaduto nella storia e conservalo nel tempo. Ma la documentazione è sempre soggettiva, dipende da ciò che includi o escludi dall'inquadratura, da ciò che vuoi enfatizzare, da ciò che vuoi minimizzare, quindi, volente o nolente è sempre mediata dall'autore: è per questo che secondo me è importante la conoscenza "del contorno". So che questo è difficile, se non impossibile, ma certamente aiuta molto a capire.

Un saluto
_Led_
Messaggio: #57
QUOTE(enrico @ Mar 15 2006, 12:20 AM)
Visto l'interesse per la lettura, mi permetto di inserire due immagini, entrambe con soggetti al lavoro, eppure molto diverse. La loro qualità non è elevata: sono delle riproduzioni di vecchie diapositive e non ne ricordo gli autori. Non inserisco nessuna scheda. Invito chi vuole a commentarle.
Enrico

...
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Sto cercando di prepararmi per affrontare questo esercizio appena ho un po' di tempo.
Enrico tu potresti essere così gentile da condividere una tua lettura di questa foto postata da Claudio senza avere letto i commenti degli altri (che per inciso sono tutti più o meno concordanti)?
Ho idea che ne nascerebbe qualcosa di interessante.

Ciao.

P.S. abruzzese di dove?
enrico
Messaggio: #58
QUOTE(Led566 @ Mar 15 2006, 09:57 AM)
Sto cercando di prepararmi per affrontare questo esercizio appena ho un po' di tempo.
Enrico tu potresti essere così gentile da condividere una tua lettura di questa foto postata da Claudio senza avere letto i commenti degli altri (che per inciso sono tutti più o meno concordanti)?
Ho idea che ne nascerebbe qualcosa di interessante.

Ciao.

P.S. abruzzese di dove?
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Ciao,
ci provo volentieri:

Seguo sempre la scaletta: cosa – come – perché

Il cosa:
una persona accovacciata, alle prese con qualcosa che, data la risoluzione della foto, non si capisce bene cosa sia. L’atteggiamento e la borsa di carta lasciano però intendere il consumo di un pranzo. Che si tratti pranzo lo si capisce dall’illuminazione che rivela un sole prossimo allo zenit, quindi a metà giornata. La persona è appoggiata nell’angolo di un muro alto. Oltre il muro spuntano parti di tetti e di vegetazione. Più lontano ci sono dei fabbricati condominiali a più piani di una edilizia intensiva. Sullo sfondo del cielo si staglia una imponente gru e sullo sfondo a sinistra, dei fabbricati che sembrano ancora in costruzione.
Il come:
La foto è praticamente tagliata orizzontalmente in due metà di pari superficie. La zona inferiore è quasi nuda, essendo costituita da un muro spoglio che mette in risalto l’unico elemento, l’uomo seduto, che è anche l’unico elemento animato, umano della foto. L’uniformità, di superficie e cromatica, del muro, accentua la solitudine, l’isolamento del soggetto che è posto in evidenza dalla sua collocazione al centro dell’immagine e quasi alla convergenza delle linee prospettiche del muro stesso.
La metà superiore della foto è invece più vivamente strutturata, vibrante di contrasti chiaroscurali. I colori sono poco enfatizzati e predominano tonalità quasi neutre.
Il perché
Anche se nella realtà “potrebbe” trattarsi di un operaio che sta vivendo la pausa pranzo su di un altro edificio in costruzione, il fotografo, con le sue scelte compositive, mette in contrapposizione le due zone, a mio avviso, per accentuare una sensazione di solitudine e di isolamento. Oltre non vado perché altrimenti rischierei delle “integrazioni culturali”, cioè di leggere quello che, più che nella foto, è nella mia mente e nella mia cultura.
Si potrebbe dire qualcosa di più, se si conoscesse il luogo, il tempo, l’autore e, magari, le altre foto nel caso si trattasse di un reportage, o comunque, altre foto dell’autore.
In ogni caso, se ci fermiamo nella lettura agli elementi che abbiamo, credo possiamo avvicinarci con onestà all’intenzione dell’autore.
Enrico

apeiron
Nikonista
Messaggio: #59
Elogio del forum
Questo forum, questa discussione, è davvero una grande ricchezza. Mi invita a riflettere sul mio interesse per la fotografia e mi insegna a condividerlo. Scrivere, e ancor più leggere i vostri contributi, arricchisce il mio sguardo di infinite sfumature. Una carta di gradazione "0".
Mi invita ad essere autentico, a dare il meglio di me, per incontrare l'interesse di qualcuno di voi.
La fotografia continua a stupirmi. ohmy.gif
_Led_
Messaggio: #60
QUOTE(enrico @ Mar 15 2006, 04:14 PM)
Ciao,
ci provo volentieri:

... il fotografo, con le sue scelte compositive, mette in contrapposizione le due zone, a mio avviso, per accentuare una sensazione di solitudine e di isolamento. Oltre non vado perché altrimenti rischierei delle “integrazioni culturali”, cioè di leggere quello che, più che nella foto, è nella mia mente e nella mia cultura.
...
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Beh, direi ... perfetto, nel senso che poi, secondo me, la maggior parte dei commenti sono partiti da questa base e, come dici tu, l'hanno "integrata".

In questo caso la nostra integrazione culturale ci porta più o meno tutti al concetto di "alienazione" legato allo sviluppo della società capitalistica postindustriale, il sentire l'uomo diverso ed estraneo alle "cose" che ha creato, l'umanità che rigetta la "reificazione".
Questi concetti sono ormai entrati nel DNA dell'uomo occidentale, ce li insegnano anche alla scuola media...

Sarebbe curioso chiedere ad un cinese (perché la foto è stata fatta in Cina) qual'é invece la sua lettura.

Comunque la tecnica di lettura che ci hai illustrato mi sta appassionando, mi sembra che fermandosi al punto giusto riesca a dare degli spunti molto validi.
Vedrò di procurarmi il libro del Taddei...
enrico
Messaggio: #61
QUOTE(Led566 @ Mar 16 2006, 09:55 AM)
Beh, direi ... perfetto, nel senso che poi, secondo me, la maggior parte dei commenti sono partiti da questa base e, come dici tu, l'hanno "integrata".

In questo caso la nostra integrazione culturale ci porta più o meno tutti al concetto di "alienazione" legato allo sviluppo della società capitalistica postindustriale, il sentire l'uomo diverso ed estraneo alle "cose" che ha creato, l'umanità che rigetta la "reificazione".
Questi concetti sono ormai entrati nel DNA dell'uomo occidentale, ce li insegnano anche alla scuola media...

Sarebbe curioso chiedere ad un cinese (perché la foto è stata fatta in Cina) qual'é invece la sua lettura.

Comunque la tecnica di lettura che ci hai illustrato mi sta appassionando, mi sembra che fermandosi al punto giusto riesca a dare degli spunti molto validi.
Vedrò di procurarmi il libro del Taddei...
*



Dopo aver scritto la mia lettura dell’immagine che mi hai proposto, sono andato a leggermi i post dei partecipanti a quella discussione. Vi ho respirato un po’ l’aria di alcuni corsi di lettura dell’immagine e mi sono venute alcune riflessioni che ritengo importanti.
Una fotografia la si può esaminare in due modi diversi, entrambi legittimi:

1 - "Interpretare la fotografia". La nostra intenzione è allora quella di rispondere alla domanda: “Cosa mi dice questa immagine? A che mi fa pensare?”. Accanto ad osservazioni oggettive, ci si lascia andare alle sensazioni e si apre la strada alle “integrazioni culturali”. Ne vengono fuori interpretazioni a volte simili, a volte diverse, a volte addirittura opposte, così come ho potuto leggere nei vari interventi. Ciascuno legge l’immagine alla luce della propria cultura, della propria storia, del proprio credo, della propria esperienza, dello stato d’animo del momento. In questo tipo di approccio c’è più del lettore che dell’autore della foto.

2 – “Leggere la fotografia”. In questo caso l’intenzione è quella di cercare di risalire a ciò che l’autore ha voluto comunicarci. E’ allora essenziale pulire la nostra analisi da qualunque integrazione culturale che, naturalmente ed inevitabilmente, tende ad affiorare. In questa operazione è cruciale la prima fase della lettura, quella del “cosa”. Fase che a prima vista potrebbe apparire banale e superabile. Per fare un esempio concreto, allego una immagine di Giuseppe Alario, immagine che spesso mostro nei corsi nel momento in cui, dopo aver eseguito io alcune letture, invito i partecipanti a provare. Invariabilmente sento dire: “Una bambina che si appoggia alla madre”.

user posted image

Non c’è nulla nella foto che ci dice che la persona cui si poggia la piccola creatura sia la mamma. Potrebbe essere la nonna o la zia o chiunque altro. Questa è appunto una integrazione culturale o psicologica. Alcuni vedono addirittura una donna incinta. Potrebbe trattarsi di una persona semplicemente obesa. Quello di spogliare la lettura da queste integrazioni, è proprio il lavoro più duro che mi è sempre toccato fare. Ma è proprio la presenza di queste “integrazioni” che rischia di allontanarci dal pensiero vero dell’autore. Che poi arrivare a capire cosa l’autore voleva dirci non sia cosa semplice, siamo d’accordo, ma questa è la strada più sicura per avere delle buone probabilità.
Un’altra foto che mi viene in mente (ma che non sono riuscito a ritrovare), è quella di un gruppo di bambini che stanno guardando qualcosa che è al di fuori dell’inquadratura. Il taglio pone al centro un bambino con la testa rivolta leggermente verso l’alto, con la bocca atteggiata a stupore e con un’aria di forte interesse. L’inquadratura taglia gli altri bambini che sono accanto al primo e che quindi si vedono solo in parte, ma tutti manifestano lo stesso identico atteggiamento. La foto è in B/N ed è ripresa col teleobiettivo. La lettura della foto ci porta a capire che il fotografo ha voluto porre in evidenza quell’aria di interesse e meraviglia intensi verso un qualcosa che è fuori del quadro. E questa è la lettura corretta. Se si legge poi la didascalia, si vede che si tratta di bambini russi che stanno vedendo tutti insieme in una piazza, uno dei primi televisori (si tratta di una immagine di tantissimi anni fa). Letta la didascalia, la foto ci appare sotto una luce diversa. In ogni caso, la lettura fatta precedentemente continua ad essere corretta.

Questa discussione sta volgendo verso il tema della lettura della fotografia, argomento assai affascinante. Non credo comunque che stiamo uscendo fuori dal tema iniziale. Credo che proprio provando a leggere delle fotografie ben precise, ci possiamo rendere conto del fatto che la fotografia può essere, oltre che documentazione, anche espressione.
Enrico


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apeiron
Nikonista
Messaggio: #62
Ancora una riflessione sul "perché" in fotografia.
Enrico propone un metodo che distingue, correttamente, fra interpretazione e lettura dell'immagine.
Il metodo, certamente rigoroso, porta alla ragione ciò che, per il carattere proprio della fotografia, deve restare allo stupore.
Il "perché" a volte parte dal presupposto che il fotografo nel rivelarci qualcosa del mondo, voglia indicarci qualcos'altro, al di là della testimonianza. Ci inviti a riconoscere un messaggio dissimulato, il cui significato sta oltre l'immediatezza, oltre quell'istante. Di quell'istante ilfotografo si servirebbe per indicarci una riflessione da fare, che rimanda a significati altri, ben presenti nelle intenzioni dell'autore addirittura primadello scatto. Come se il fotografo cercasse la prova delle sue intenzioni attraverso la realtà.
Mi pare che questo sottragga allafotografia il valore di "quell'istante", della irripetibile compresenza di segni, dell'unicità di "quel" momento...
La macchina fotografia rende la realtà atomica, maneggevole, opaca. E' una visione del mondo che nega la connessione e la continuità, ma che conferisce ad ogni momento il carattere di un mistero. ohmy.gif Susan Sontag
Un saluto
apeiron
Nikonista
Messaggio: #63
Peccato che questa discussione si sia esaurita! Molti visitatori ma pochi interventi.Perchè?
La fotografia ha bisogno di essere continuamente pensata. Ha ancora bisogno che venga pensata la sua funzione, il suo ruolo... Il suo orizzonte culturale non è stato ancora tracciato, forse solo sfiorato. La sua poetica non ancora definita.
Se questo non viene fatto, la fotografia continuerà ad occupare il suo posto "marginale".
Non ha mai conquistato una posizione riconosciuta come arte. Non ha mai convinto tutti. Eppure molte e rilevanti sono le espressioni artistiche della fotografia. Sono forse meno artistiche di altre? Nemmeno il suo ruolo educativo, di educazione visiva, progettuale, è stato esplorato fino in fondo.
Ma forse non è questa la strada. Probabilmente il suo riconoscimento non passa per questa via.
Forse bisogna guardare nella direzione che le è propria, vale a dire di insostituibile testimone.La sua bellezza sta (anche) in questo. Una foto è bella anche quando testimonia un orrore, una disperazione...Penso alla straordinaria bellezza delle foto di David Turney, Nick Ut, Ghaith Abdul Ahad...
Possiamo pensare di esaurire il tutto nel compiacimento delle nostre attrezzature (sono il primo a compiacermi!), dello scatto postato e acclamato dal forum...? hmmm.gif
Apeiron
PAS
Messaggio: #64
QUOTE(apeiron @ Mar 30 2006, 11:04 AM)
Peccato che questa discussione si sia esaurita! Molti visitatori ma pochi interventi.Perchè?
.....
Possiamo pensare di esaurire il tutto nel compiacimento delle nostre attrezzature (sono il primo a compiacermi!), dello scatto postato e acclamato dal forum...?


Non penso sia questo il punto, anche se girovagando per i vicoli del Forum a volte se ne ha l'impressione, bensì, probabilmente, il fatto che il tema (o il complesso di temi) che hai proposto nel tuo bel thread abbia già in passato dato spunto ad appassionati dibattiti.
Ovviamente non significa che sia già stato detto tutto, ma si può comprendere una certa inerzia a riproporre le proprie medesime considerazioni.
Esiste inoltre la scuola del fotoamatore “pragmatico” più sensibile alla tecnica fotografica ed all’estetica dell’immagine piuttosto che alle sue chiavi di lettura.

Personalmente essendo intervenuto in altri thread su temi affini, anziché proseguire nel dibattito sul filo di chi mi ha preceduto preferisco ritornare al tuo quesito iniziale:

QUOTE
Testimonianza e/o espressione?


A mio parere le due alternative che proponi non sono su un piano omogeneo:
Espressione è un mezzo, testimonianza è un "prodotto".
Ritengo che la fotografia sia innanzitutto un mezzo espressivo.
Da un mezzo espressivo (qualunque mezzo espressivo) deriva una summa di “prodotti” (orribile ma efficace) offerti consapevolmente o a volte inconsapevolmente dall’autore a chi ne fruisce: piacere estetico, emozione, testimonianza (appunto).
Quindi per rispondere: la fotografia può anche essere testimonianza ma sicuramente è espressione.

Proseguo con una provocazione:
dici:

QUOTE
.....
Non ha mai conquistato una posizione riconosciuta come arte. Non ha mai convinto tutti. Eppure molte e rilevanti sono le espressioni artistiche della fotografia.....


Spesso, anche nel nostro forum leggiamo il vocabolo “arte” associato alla fotografia.
Attenzione ad inflazionare i concetti.

Oggi quando si dice arte generalmente la si intende in senso estetico moderno.
Qualche tempo fa “arte” era il sapere unito all’abilità nel produrre oggetti. Quindi riportando ad oggi questo concetto primigenio, un abile fotografo che produce una fotografia tecnicamente ineccepibile utilizzando tutte le risorse tecnologiche a disposizione ha prodotto “arte”, infatti ha unito il sapere all’abilità.

Quindi cosa intendiamo per “arte” nell’ambito della fotografia?
hmmm.gif hmmm.gif




apeiron
Nikonista
Messaggio: #65
Ciao Valerio.
Ho letto solo adesso il tuo Life Una sola foto. Grazie per quello che hai saputo trasmettermi. E' una sensibilità che amo incontrare, bellisssima, non certo rara in questo forum. Questo mi dispone con un'altra, diversa, attenzione. Grazie anche per questo.
Non so se una testimonianza è un prodotto, per quanto tra virgolette. Forse si, ma allora non ne potremmo percepire il valore.Non potremmo provare quell'emozione che sentiamo proprio perché quella testimonianza "ci chiama".
Nel momento in cui diventa testimonianza, cessa di essere "prodotto", perché in quel "documento" riconosciamo qualcosa, nel senso che c'è qualcosa di noi. Siamo tutti perfettamente in grado, anche i più sprovveduti culturalmente,di riconoscere il valore di un documento fotografico. Quel documento è tale quando è in grado di raccontarci in un istante, senza mediazioni, un frammento di vita, di esperienza, di cui però già possediamo traccia. Quando è in grado di portare in superficie una emozione che già ci appartiene, anche se mai vissuta. E' testimonianza quando ci mostra qualcosa che non abbiamo mai visto con gli occhi ma che è già dentro di noi.
Alla tua domanda è davvero difficile rispondere, almeno per me.
Non c'è un'arte propria della fotografia. O meglio, come in tutte le altre forme espressive, le fotografie raggiungono le opere d'arte ogni volta che, con Rilke, "solo l'amore le può abbracciare e tenere ed esser giusto verso di esse". E ancora: "Tutto è portare a termine e poi generare. Lasciar compiersi ogni impressione e ogni germe d'un sentimento dentro di sé, nel buio nell'indicibile, nell'inconscio irraggiungibile alla propria ragione, e attendere con profonda umiltà e pazienza l'ora del parto d'una nuova chiarezza..." Mi pare questo il percorso dell'arte, anche in fotografia.
Con affetto, apeiron
 
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