La Mongolia, grande quattro volte l’Italia, ha circa tre milioni di abitanti, la metà residenti nella capitale Ulanbaatar e l’altra metà, prevalentemente nomadi, sparsi per il resto del paese. Nella parte occidentale, sotto i Monti dell’Altaj, una catena montuosa che attraversa Cina, Russia, Kazakistan e Mongolia, in un altopiano a 2.000 metri, si trova il distretto di Bajan-Olgij, con capoluogo l’omonima cittadina, Qui vive l’etnia kazaca, l’unica di tutto lo stato di religione mussulmana, che sostanzialmente vive di pastorizia; accanto a questa attività, specie in inverno, è molto praticata la caccia con l’aquila: un’attività perseguita soprattutto per motivi tradizionali e culturali, profondamente radicata nella vita di questa comunità.
Sono circa 350 i pastori che vanno a caccia con i propri rapaci e ne sono molto orgogliosi. Alla fine di settembre, inizio ottobre, quando l’autunno è già inoltrato e l’inverno molto vicino, si radunano per sfidarsi in una serie di gare di abilità e destrezza in un evento per tutti noto con il Festival delle Aquile; il principale e il più affollato si svolge a Olgij ma anche a Sagsaj, la settimana precedente, vi è un festival di questo tipo; le successive foto sono state scattate proprio a quest’ultimo, meno affollato e più genuino.
Da Olgij, occorrono quasi due ore di fuoristrada per andare al campo di gare, mezz’ora da Sagsaj; questa è lo scenario, quasi lunare, che si percorre, privo di qualsivoglia abitazione
I partecipanti arrivano a cavallo anche da zone molto distanti. La maggior parte dei cacciatori sfoggia vestiario e accessori tradizionali. L’aquila, posata sul braccio protetto da un pesante guantone e sostenuto da un bastone di legno poggiato sulla sella del cavallo
Partecipano cacciatori molto anziani …
Nel pieno delle loro forze ...
Generazioni diverse della stessa famiglia ...
Ma anche giovanissimi, affiancati dai genitori, che trasmettono tutte le loro conoscenze e li spronano a perseguire quella che era l’attività principale dei loro avi, praticata da millenni ...
Anzi, quando possibile, vengono coinvolte anche le figlie femmine ...
La protagonista principale del Festival è ovviamente l’aquila reale, il cui peso è di circa 6/7 kg e ha un apertura alare che può superare i due metri e mezzo. Questi rapaci hanno una vista circa 8 volte migliore di quella dell’uomo e sono in grado di individuare la propria preda da molto lontano
Generalmente i cacciatori preferiscono esemplari femmine.
L'aquila ha la testa protetta da un cappuccio di cuoio, che le viene tolto poco prima di iniziare la caccia; la gara consiste proprio in una simulazione dell'azione di caccia
Il rapporto tra il cacciatore e il suo rapace è molto stretto e dura a lungo, fino a quando l’aquila non sarà liberata, in genere quando supererà i dieci anni di vita. Qui lo sguardo intenso e diretto tra il cacciatore e la sua aquila prima dell'inizio della gara
Una delle gare principali consiste nel cacciatore che lascia la sua aquila su una collina, le toglie il cappuccio e poi, raggiunto un punto distante un centinaio o più di metri, la richiama, la invita a raggiungerlo e a posarsi sul suo braccio. Qui un’aquila sta per raggiungere il suo cacciatore. Velocità, obbedienza e precisione sono gli elementi di giudizio per vincere la gara
Lo stesso vale per l’altra gara, in cui l’aquila questa volta deve posarsi e catturare una preda, generalmente un pellicciotto di volpe, trascinata dalla sella del cavallo del suo cacciatore. Il cacciatore richiama l'aquila lanciandole una preda e urlando l'ordine con suoni gutturali
I
La caccia è un’attività principalmente “ludica”; il cacciatore trattiene la pelle della preda (e la usa per il suo vestiario) e ne lascia la carne al rapace. Proprio la possibilità di avere la preda come cibo è lo strumento principale di addestramento dell' aquila, che incomincia giovanissima, appena catturata. Qui il rapace svolge diligentemente il suo compito e si posa sulla preda.
Qualche volta, per richiamare l’aquila durante la gara, viene usato un animale appena ucciso, come in questo caso, dove si vede il cacciatore che lancia la preda con la mano ancora sporca del suo sangue
Non tutte le aquile svolgono la gara in maniera impeccabile; qualcuna proprio non si alza in volo, altre, si dirigono in direzioni del tutto sbagliate. Nel caso di questa foto si vede il cacciatore che parte al galoppo proprio per inseguire l’aquila che non ha risposto al suo richiamo
In un’altra gara di abilità, tra le più spettacolari, il cavaliere si lancia al galoppo
e raccoglie da terra piccoli oggetti, nel caso specifico, fiori plastica, ma anche nastri e/o pietre
Bisogna ricordare che il pastore mongolo vive la maggior parte del tempo sul suo cavallo, più piccolo dei nostri, e sono tutti eccellenti cavallerizzi
Un’altra gara, più cruenta, è una specie di tiro alla fune. Ma si utilizza un montone; due cavalieri ne afferrano la gambe e se ne disputano il possesso. I contendenti possono tirare sia da fermo sia andando al galoppo; la gara può durare pochi secondi o anche diversi minuti; chi strappa il montone all’avversario vince e passa il turno, fino al duello finale
Partecipano i pastori più giovani, ma anche lottatori professionali (la lotta è lo sport nazionale, insieme al tiro con l’arco); frequenti le risse alla fine di ogni gara. Si tratta dell’unica manifestazione del Festival piuttosto violenta, sia per l’animosità nei singoli duelli, sia perché il montone viene ucciso e sgozzato appositamente per la gara
Vi è pure una gara di velocità tra cammelli; qui il vincitore si avvicina al traguardo
La caccia è fondamentalmente un’attività ludica; si svolge principalmente nel periodo più freddo, quando la terra è coperta di neve e le greggi richiedono meno attenzione; è anche il periodo in cui le volpi, principale preda dei rapaci, hanno la pelliccia più bella. Il Festival è anche un’importante occasione d’incontro, l’ultima prima dell’inverno; successivamente, infatti, la rigidità del clima impedisce la mobilità dei pastori e le occasioni di incontro con i vicini, che possono anche essere a ore di viaggio l’uno con l’altro. Durante il Festival, vicino al campo di gara, sorgono gher (le tende dove vivono i nomadi) pronte a fornire cibo a tutti i richiedenti e a facilitare la reciproca socializzazione
Complessivamente un grande, e genuinamente vero, spettacolo, che giustifica i disagi necessari per parteciparvi. Qui il campo gher, con autoritratto, che mi ha ospitato nel periodo del Festival, senza bagno e con temperature sotto lo zero di notte
Alla fine della seconda giornata, cacciatori, ma anche pubblico e turisti, tornano a casa; da notare il tradizionale cappello rosso del cacciatore, che lo rende visibile all'aquila anche a forti distanze
Il Festival è come immergersi quasi in un altro secolo; fotografare è entusiasmante, anche se complesso - per la polvere, per la luce molto forte e, soprattutto, per il pubblico, locale e turisti, che appare all'improvviso proprio dove si dirige l’obiettivo della macchina (molte le foto gettate per le impreviste apparizioni di bracci, teste, mani nell’immagine scattata).
Devo ringraziare Marco e Rossella che hanno organizzato il viaggio su misura per me e per i miei amici; probabilmente tornerò.
Sempre disponibile a chi vuole informazioni sull’argomento.
Sono circa 350 i pastori che vanno a caccia con i propri rapaci e ne sono molto orgogliosi. Alla fine di settembre, inizio ottobre, quando l’autunno è già inoltrato e l’inverno molto vicino, si radunano per sfidarsi in una serie di gare di abilità e destrezza in un evento per tutti noto con il Festival delle Aquile; il principale e il più affollato si svolge a Olgij ma anche a Sagsaj, la settimana precedente, vi è un festival di questo tipo; le successive foto sono state scattate proprio a quest’ultimo, meno affollato e più genuino.
Da Olgij, occorrono quasi due ore di fuoristrada per andare al campo di gare, mezz’ora da Sagsaj; questa è lo scenario, quasi lunare, che si percorre, privo di qualsivoglia abitazione
I partecipanti arrivano a cavallo anche da zone molto distanti. La maggior parte dei cacciatori sfoggia vestiario e accessori tradizionali. L’aquila, posata sul braccio protetto da un pesante guantone e sostenuto da un bastone di legno poggiato sulla sella del cavallo
Partecipano cacciatori molto anziani …
Nel pieno delle loro forze ...
Generazioni diverse della stessa famiglia ...
Ma anche giovanissimi, affiancati dai genitori, che trasmettono tutte le loro conoscenze e li spronano a perseguire quella che era l’attività principale dei loro avi, praticata da millenni ...
Anzi, quando possibile, vengono coinvolte anche le figlie femmine ...
La protagonista principale del Festival è ovviamente l’aquila reale, il cui peso è di circa 6/7 kg e ha un apertura alare che può superare i due metri e mezzo. Questi rapaci hanno una vista circa 8 volte migliore di quella dell’uomo e sono in grado di individuare la propria preda da molto lontano
Generalmente i cacciatori preferiscono esemplari femmine.
L'aquila ha la testa protetta da un cappuccio di cuoio, che le viene tolto poco prima di iniziare la caccia; la gara consiste proprio in una simulazione dell'azione di caccia
Il rapporto tra il cacciatore e il suo rapace è molto stretto e dura a lungo, fino a quando l’aquila non sarà liberata, in genere quando supererà i dieci anni di vita. Qui lo sguardo intenso e diretto tra il cacciatore e la sua aquila prima dell'inizio della gara
Una delle gare principali consiste nel cacciatore che lascia la sua aquila su una collina, le toglie il cappuccio e poi, raggiunto un punto distante un centinaio o più di metri, la richiama, la invita a raggiungerlo e a posarsi sul suo braccio. Qui un’aquila sta per raggiungere il suo cacciatore. Velocità, obbedienza e precisione sono gli elementi di giudizio per vincere la gara
Lo stesso vale per l’altra gara, in cui l’aquila questa volta deve posarsi e catturare una preda, generalmente un pellicciotto di volpe, trascinata dalla sella del cavallo del suo cacciatore. Il cacciatore richiama l'aquila lanciandole una preda e urlando l'ordine con suoni gutturali
I
La caccia è un’attività principalmente “ludica”; il cacciatore trattiene la pelle della preda (e la usa per il suo vestiario) e ne lascia la carne al rapace. Proprio la possibilità di avere la preda come cibo è lo strumento principale di addestramento dell' aquila, che incomincia giovanissima, appena catturata. Qui il rapace svolge diligentemente il suo compito e si posa sulla preda.
Qualche volta, per richiamare l’aquila durante la gara, viene usato un animale appena ucciso, come in questo caso, dove si vede il cacciatore che lancia la preda con la mano ancora sporca del suo sangue
Non tutte le aquile svolgono la gara in maniera impeccabile; qualcuna proprio non si alza in volo, altre, si dirigono in direzioni del tutto sbagliate. Nel caso di questa foto si vede il cacciatore che parte al galoppo proprio per inseguire l’aquila che non ha risposto al suo richiamo
In un’altra gara di abilità, tra le più spettacolari, il cavaliere si lancia al galoppo
e raccoglie da terra piccoli oggetti, nel caso specifico, fiori plastica, ma anche nastri e/o pietre
Bisogna ricordare che il pastore mongolo vive la maggior parte del tempo sul suo cavallo, più piccolo dei nostri, e sono tutti eccellenti cavallerizzi
Un’altra gara, più cruenta, è una specie di tiro alla fune. Ma si utilizza un montone; due cavalieri ne afferrano la gambe e se ne disputano il possesso. I contendenti possono tirare sia da fermo sia andando al galoppo; la gara può durare pochi secondi o anche diversi minuti; chi strappa il montone all’avversario vince e passa il turno, fino al duello finale
Partecipano i pastori più giovani, ma anche lottatori professionali (la lotta è lo sport nazionale, insieme al tiro con l’arco); frequenti le risse alla fine di ogni gara. Si tratta dell’unica manifestazione del Festival piuttosto violenta, sia per l’animosità nei singoli duelli, sia perché il montone viene ucciso e sgozzato appositamente per la gara
Vi è pure una gara di velocità tra cammelli; qui il vincitore si avvicina al traguardo
La caccia è fondamentalmente un’attività ludica; si svolge principalmente nel periodo più freddo, quando la terra è coperta di neve e le greggi richiedono meno attenzione; è anche il periodo in cui le volpi, principale preda dei rapaci, hanno la pelliccia più bella. Il Festival è anche un’importante occasione d’incontro, l’ultima prima dell’inverno; successivamente, infatti, la rigidità del clima impedisce la mobilità dei pastori e le occasioni di incontro con i vicini, che possono anche essere a ore di viaggio l’uno con l’altro. Durante il Festival, vicino al campo di gara, sorgono gher (le tende dove vivono i nomadi) pronte a fornire cibo a tutti i richiedenti e a facilitare la reciproca socializzazione
Complessivamente un grande, e genuinamente vero, spettacolo, che giustifica i disagi necessari per parteciparvi. Qui il campo gher, con autoritratto, che mi ha ospitato nel periodo del Festival, senza bagno e con temperature sotto lo zero di notte
Alla fine della seconda giornata, cacciatori, ma anche pubblico e turisti, tornano a casa; da notare il tradizionale cappello rosso del cacciatore, che lo rende visibile all'aquila anche a forti distanze
Il Festival è come immergersi quasi in un altro secolo; fotografare è entusiasmante, anche se complesso - per la polvere, per la luce molto forte e, soprattutto, per il pubblico, locale e turisti, che appare all'improvviso proprio dove si dirige l’obiettivo della macchina (molte le foto gettate per le impreviste apparizioni di bracci, teste, mani nell’immagine scattata).
Devo ringraziare Marco e Rossella che hanno organizzato il viaggio su misura per me e per i miei amici; probabilmente tornerò.
Sempre disponibile a chi vuole informazioni sull’argomento.