Ho incontrato Dachau in una nuvolosa giornata di agosto in cui anche il cielo piangeva.
Per raggiungerlo ho attraversano una moderna cittadina; a misura di uomo, con le strade ampie e gli edifici distanziati, e campi verdi coltivati, intervallati da fattorie, qua e là; ed infine, un quartiere residenziale, dalle vie a traffico limitato, per consentire ai bambini, di giocare nelle strade.
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Poi dopo un boschetto l’ingresso al memoriale, al campo di Dachau, un non luogo, pieno solo della sua memoria, delimitata, a tratti, lungo i confini, dal cancello d’ingresso, dal lungo serioso edificio dei laboratori e dal “bunker”, la prigione nella prigione, dove erano isolati, i punizione, i detenuti.
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Nulla è originale, “bunker” e laboratori sono stati restaurati dopo molteplici differenti utilizzi, le baracche ricostruite sulla base delle fotografie e della memoria dei sopravvissuti; rimane originale il vasto nulla desolante, testimonianza lacerante delle atrocità che lo avevano riempito.
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Un luogo pieno solo di memoria ….......
Ispirato dal luogo Dachau e dal libro “Il campo di concentramento di Dachau dal 1933 al 1945”