Montagna, fotografia ed io. Due passioni in uno sguardo. - ru.alberti

Le cose belle che segnano la nostra vita accadono per caso, uno sguardo veloce, un’emozione improvvisa... Il mio incontro con la fotografia è avvenuto in questo modo, durante una gita universitaria al Gran Paradiso. Sguardi e sensazioni provate che permettono di fermare il tempo, quasi un tradurre in immagini pensieri ed emozioni provate nel nostro animo, lo trovo qualcosa di unico e fantastico. Il mio rapporto con la montagna dura da anni, camminate, corsa, arrampicata e sci alpinistico. Forse ci voleva proprio quell’incontro casuale per permettermi di vivere la montagna, la mia realtà, anche attraverso la fotografia. Ritengo sia una gran fortuna poter unire le mie due passioni: montagna e fotografia. Concentrarmi alla fotografia paesaggistica è stato un passaggio naturale, proprio come molte cose quassù in montagna hanno bisogno del loro tempo e delle condizioni giuste affinché non vi sia una forzatura nel loro corso. Tempo e pazienza due aspetti che ho imparato ad apprezzare e che mi permettono di cogliere colori, linee, forme, sfumature della notte e dell’alba, i momenti della giornata che preferisco e che cerco di tradurre in emozioni. Più che fotografo, preferisco definirmi uomo di montagna che vive la propria montagna. E in quanto tale nutro un profondo rispetto per essa che nasce, dalla volontà di conoscerla appieno, rispettandone i ritmi, ed eterni movimenti. È il rispetto delle cose guadagnate, con fatica e determinazione. Ritengo, infatti, che oggi sia troppo semplice scendere dall’auto, piazzare la macchina fotografia impostata su automatico, contare i secondi e poi “click”, risalire e andare verso la tappa seguente. No! Troppo semplice, troppo veloce, troppo meccanico, troppo automatico. La montagna è come una persona, a volte anche la persona amata, che necessita delle nostre cure attenzioni, sensibilità. Se siamo in grado di fare ciò allora essa, proprio come una persona, ci mostrerà il lato migliore di sé, una bellezza estetica che trae linfa vitale dalla corrispondenza tra la nostra bellezza d’animo e ciò che scorgiamo nella montagna. Le mie attenzioni, si traduco nell’alzarsi a mezzanotte, camminare per una o anche due ore, e arrivare alla cima della montagna. Cerco di raggiungere luoghi poco frequentati, perché è proprio la capacità di scorgere e ricercare la bellezza che ci permette poi di trovarla e immortalarla in uno scatto. Raramente ho trovato condizioni così avverse da non poter fare alcuno scatto. Pazienza ed attesa sono state le qualità che ho dovuto affinare perché la montagna mi permettesse di cogliere il suo lato più bello, quasi avesse capito che ero disposto ad aspettare a lungo pur di poterla ammirare ancora una volta. Una pazienza e spirito di sacrificio che non trovo nella possibilità di raggiungere, a volte pretendere di voler raggiungere, comodamente seduti la cima della montagna solo per un “click automatico”. Questo ha fatto diventare la fotografia paesaggistica, una moda, a tratti passeggera che snatura sia la fotografia sia la passione per la montagna. Anche questo atteggiamento stia svilendo il significato del “vivere la montagna”.Quando sono da solo sulla cima di una montagna, tutto passa in secondo piano, freddo, vento, inizio a scattare, ed ogni fotogramma è un dialogo tra me e la Natura. Un chiacchierare che è interrotto delicatamente dalle sfumature dell’alba e dai primi raggi del sole che ti scalda il viso e rinfranca le tue membra intorpidite. Lo spettacolo è terminato. È ora di rimettere lo zaino, ricco di emozioni, sulle spalle e scendere a valle. Ed poi? Poi è il momento di far conoscere questi dialoghi con la natura, queste emozioni e pensieri che trovo in montagna. Forse, è uno dei modi che meglio conosco per trasmettere anche ad altri come un “uomo di montagna, vive la propria montagna” dimostrando come tutto può iniziare con click ed primo passo fuori dalla porta volgendo lo sguardo ad uno spettacolo che è riservato ad ognuno di noi.