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La Chiesa vecchia di Macugnaga Quando il 7 giugno 1317 un notaio eregistrava un atto di compra vendita, fatto “sub tus porticum ecclesie sancte Marie de Macugnaga”, la comunità presente nel luogo doveva avere una certa consistenza. Non esisteva però ancora un parroco ma si parla, secondo il Bianchetti, di presbiteri beneficiati eiusdem ecclesie. A quel tempo dai documenti giunti, si può considerare che la chiesa di Macugnaga era stata una cappella, dipendente dalla Pieve di Vergonte e poi con la costituzione della chiesa di Bannio, la prima che si è costituita autonoma nella Valle Anzasca, anche da questa chiesa. Non mervigli il fatto che Macugnaga fosse sottoposta a due chiese, l’antica chiesa pievana comune di Vergonte e la chiesa di Bannio, a cui dalla metà del sec. XIII era unita per la cura animarum. Nel 1433 il vescovo Bartolomeo Visconti separa da Bannio le parrocchie di Vanzone e di Calasca, Macugnaga però non ebbe mai nessun collegamento di decime con queste parrocchie, segna che a quel tempo era già parrocchia autonoma staccata da Bannio. Solo il 12 dicembre 1488 il Vescovo Gerolamo Pallavicino concede alla comunità di Macugnaga il privilegio di poter eleggere un sacerdote idoneo da presentare al vicario di Domodossola per essere approvato quale curato ad tempus, con la possibilità di confermarlo o rimuoverlo liberamente. Nel 1582 nella visita pastorale si dichiara che la parrocchia ha un sacerdote mercenario Francesco Corpastor di Friburgo di anni 45 con lo stipendio di 55 scudi. La licenza gli venne confermata il 14 ottobre 1591. Il motivo è che questo prete conosceva la lingua tedesca. Dopo il Concilio di Trento il privilegio della nomina del parroco scomparve. Un soo curato mercenario, don Cristoforo Grolli, originario di Macugnaga, tenne la cura d’anime, dal 1 ottobre 1553 al 16 marzo 1591. Non ha nessuna rilevanza storica la tradizione che afferma la presenza di san Giulio a Macugnaga. Fu un certo Carlo Zambonini, detto Cerina di Anzino che nel 1830 scrisse che il 22 settembre 344 san Giulio avrebbe celebrato a Pecetto. A Macugnaga però la tradizione è legata alla cappella dei frassini. Attualmente la cappella ha un dipinto che può rimandare ad un antico affresco con la Madonna e il Bambino ed ai lati san Giovanni Battista e san Bernardo di Aosta. La prima immagine di culto, presente oranella chiesa vecchia, è quella di una Madonna con il bambino sulle ginocchia ed in mano uno scettro o un fiore, poi sostituito con la corona del rosario. La statua in legno è alta 88 cm. dai tratti che si ispirano ancora al romanico, ma con movenze che risentono del gotico internazionale, potrebbe risalire al sec. XIV e quindi potrebbe essere l’immagine presente nella chiesa di santa Maria del 1317. Gli inventari del sec. XVII la definiscono “Madonna con il fanciullo in brazzo sopra indorata, all’anticha nella schienale è stata successivamente scolpita la memoria della grande inondazione del 20 settembre 1640: nel tempo della grande inondazione, seguita l’anno 1640, alli 20 settembre fu ingerata questa chiesa con altezza dell’acqua sin a mezza chiesa, ed innondato il tabernacolo con la presente et altre figure riposte sopra gli altari, essendosi però ritrovate tutte le figure salve abbenchè ingerate et fangate fossero. La chiesa vecchia Una chiesa come edificio dovette esistere sin dagli inizi del sec. XIV quando nel 1520 fu demolito l’altare maggiore si rinvennero alcune reliquie provenienti dall’area milanese: i santi Gervaso e Protaso, Zaccaria profeta, Bonifacio e compagni martiri. Come fosse l’antica chiesa del sec. XIV è difficile ricostruirlo. Abbiamo invece motivo per collocare al sec. XVI l’attuale struttura della chiesa vecchia. Il 2 febbraio 1476 compaiono in un documento Pietro fu Agostino del Pizo (Pecetto) e Jano Fu Jano di Flechen, curatori della chiesa di Macugnaga con Giacomo fu Angelino della Villa, che funge da custode. In queste riunioni non è presente il parroco o curato. All’inizio del ‘500 c’erano stati grandi danni a Macugnaga dovuti alla grandine che distruggeva i raccolti di segale e del fieno. Gli abitanti fecero voto di costruire un altare dedicato a san Teodulo o Teodoro e lebrarvi ogni anno la messa in suo onore. Si rivolsero al rettore della chiesa di san Barolomeo di Bannio don Josto Albasini, che nel 1501 era vicario di tutta l’Ossola a nome del vescovo Gerolamo Pallavicini. Il vicario concede che si celebri al nuovo altare di san Teodulo e concede anche l’indulgenza perpetua di 40 giorni. L’atto è redatto nella casa parrocchiale il 16 agosto 1501. L’intervento ad ampliare la chiesa iniziato nel 1501 doveva essere completato nel 1513 come mostra la data nel soffitto dipinto. Vennero recuperate le reliquie dell’antico altare. Si costruì anche all’esterno una cappella dedicata a san Michele Arcangelo per riporvi i cadaveri che non potevano essere sepolti nel cimiero se non dopo il disgelo primaverile. La cappella di san Michele era di fronte alla porta maggiore. Per la consacrazione del nuovo altare si fece richiesta al vescovo di Novara da parte dei fabbricieri Gaspare fu Alberto Jachini, Hans fu Agostino della Creta e Alberto fu Antonio della Fontana. Per incarico del canonico Donato Vicomercato, vicario generale del vescovo di Novara salì a Macugnaga il vescovo ausiliare Michele Jorba che il 17 giugno 1523 accompagnato dal vicario episcopale in Ossola, a quel tempo don Antonio fu Alberto Degli Scolari di Rimella, parroco di Vogogna, il quale in funzione di notaio stese l’atto solenne a perpetua memoria. Il vescovo iniziò con la riconciliazione del cimitero, poi della chiesa, consacrò la cappella ossario con l’altare di san Michele Arcangelo e quella dell’altare maggiore con le reliquie di san Floriano martire e di san Sisinio martire della Valle di Non. La dedicazione della chiesa venne fissata nella prima domenica di maggio. Nel maggio 1642 mons. Tornielli vescovo di Novara fece scolpire l’iscrizione a fianco dell’Altare maggiore che dice che l’anniversario della chiesa si celebra la prima domenica di maggio. L’altare di san Teodulo fu sostituito da quello di santa Caterina d’Alessandria. A metà ‘500 il corpo della chiesa fu allargato verso nord e si costruirono tre cappelle. Dove c’è la porta del campanile l’altare di santa Caterina, distrutto nel 1580 per la costruzione del campanile. Il vicario generale permise la demolizione dell’altare di santa Caterina con l’obbligo di porlo nella cappella che diventerà del Rosario. Nel 1560 fu fatto il portone de’entrata. La data 1561 appare su una trave del soffitto della navata. Il nuovo campanile fu iniziato il 7 giugno 1580, completato già il 4 luglio 1582 quando Giovanni Ambrogio Caccia delegato del vescovo Francesco Bossi annota che ci sono due campane, ma la maggiore si era rotta.

Dati EXIF
Dispositivo NIKON D810
Obiettivo 24-70mm f/2.8
Data 05/09/2017 10:54:29
Lunghezza focale 24 mm
Diaframma f 7.1
Tempo di posa 1/200 sec
Sensibilità ISO 100

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