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Fotografare Persone In Africa, Nel Terzo Mondo
Cosa fare, cosa evitare, sensazioni.
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pescenaufrago
Messaggio: #1
La discussione sul fotografare o meno i bambini mi ha fatto venire in mente un argomento più leggero ma comunque critico per un fotoamatore.

Sono stato in viaggio in Africa, in Mali, e da subito mi sono accorto che tutti gli occidentali (me compreso) tendono a fotografare bambini, e persone in generale; è comprensibile, in un luogo ove la gente è bella e diversa da qui, costituendo un soggetto spesso ideale per ritratti o anche solo negli ambienti con tante persone.

Ora, in breve ci si accorge che la gente si rifiuta di essere fotografata o chiede del denaro in cambio, a volte persino facendosi fotografare e poi chiedendo "minacciosamente" un compenso perché:

1. sono tanto poveri rispetto a noi che ci vedono come un'occasione per recuperare un po' di benessere, e hanno imparato che molti danno denaro per fotografarli;
2. sono esasperati e infastiditi dalla nostra presenza voyeristica, che sembra loro un solo prendere e non dare, tipico di noi postcolonialisti.

Anche stando attenti il più possibile, capita sempre almeno una volta di avere la sensazione di avere offeso qualcuno, o di essere stato offeso. :(

In certe situazioni, mi sono accorto che non era il caso di scattare (e che sofferenza, mentre cammini in un mercato incredibilmente colorato, chiassoso ed esotico..).

Al ritorno a casa ho notato con fastidio tongue.gif che una compagna di viaggio aveva portato a casa mille ritratti bellissimi, che io non avevo scattato per pudore o per rispetto, o perché non volevo dare denaro a qualcuno e non ad altri.
E' vero che la stessa persona mi aveva spesso irritato per la facilità con cui puntava la macchina verso il volto di qualcuno, per poi ipocritamente dire che non "stava scattando"...

Così alla fine sono comunque soddisfatto, ma vorrei sapere cosa ne pensate voi, come vi sentite in quelle situazioni e cosa suggerite, amici nikoniani forumisti. tongue.gif

Marco
P.s. E' incredibile come da un punto in ombra con un 300 in mano, appena si sia puntata la macchina verso la nuca di un africano, questo si volti immediatamente facendoti un gesto di diniego con il dito...! tongue.gif
nuvolarossa
Messaggio: #2
Io credo che prima di tutto vengano il Rispetto ed il Buon Senso...
Spiego: Andare in giro con un cannone, puntarlo sulla faccia a qualcuno, magari sparaflashando un n.g. 40 da un metro e mezzo, poi voltare la schiena ed andarsene è sicuramente il modo più sbagliato di comportarsi ed in genere suscita ira funeste o più semplicemente malcontento da parte del malcapitato.
Se invece si entra in sintonia con le persone, ci si rapporta amichevolmente, magari si scambiano due chiacchiere, allora le cose cambiano subito. l'importante è comunque scattare con discrezione, in punta di piedi. Non è facile ed anche a me torna difficilissimo.
Sul fatto di dare soldi ci sono pareri contrastanti. Io penso che non sia giusto, ma è anche vero che per certe popolazioni quelli che noi consideriamo spiccioli a volte bastano per tirare avanti una giornata. Quindi conviene valutare volta per volta.
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #3
Marco
P.s. E' incredibile come da un punto in ombra con un 300 in mano, appena si sia puntata la macchina verso la nuca di un africano, questo si volti immediatamente facendoti un gesto di diniego con il dito...! tongue.gif
*

[/quote]

Caro Marco,
è un'esperienza comune con la quale chiunque abbia viaggiato in Africa si è trovato a fare i conti. Non mi avventuro in spiegazioni di carattere sociologico: certo, in quei Paesi la povertà è un dramma reale e quotidiano, "morire di fame" è tutto fuorchè un modo di dire. E' anche vero che il turismo è visto come una delle poche occasioni per guadagnare quei pochi spiccioli che consentiranno, magari, di mettere qualcosa sotto i denti quel giorno, E' verissimo che della "mole" di denaro spostato dall'industria delle vacanze solo poche briciole arrivano alle popolazioni locali. E' vero che, se mi trovassi nel giardino di casa e una comitiva di turisti giapponesi di passaggio si mettesse a fotografarmi anch'io mi infastidirei. Insomma, è vero un po' tutto.
In quasi trenta viaggi in Africa sono certamente molte di più le foto alle quali ho rinunciato di quelle che ho scattato. All'inizio con un po' di malumore, lo ammetto, poi, col passare del tempo, senza che la rinuncia mi pesasse più di tanto. Ho imparato qualcosa: al di là di qualsiasi valutazione di carattere "etico", la foto "rubata" è qualcosa che, anche quando riesce, non lascia alcuna soddisfazione. Almeno a me.
Meglio una foto "guadagnata" dopo aver cercato di comunicare, dopo aver stabilito fra noi e il soggetto una relazione che non sia costituita solo dall'obiettivo della reflex, di dieci foto "carpite", magari con quello sguado, fra l'offeso e il deluso, di chi si accorge d'esser stato ritratto a tradimento e che ti senti sulle spalle anche quando te nei vai, quasi ti dicesse "anche questo ci portate via...".
Vedi, Marco, ho citato questa tua ultima frase perchè mi ricorda esperienze vissute tante volte, certo non per "bacchettarla"...
Con gli anni ho scoperto che il tele (al di là del suo aspetto oggettivamente "aggressivo") trasmette al soggetto un messaggio del tipo "Non mi fido di te, voglio mantenere le distanze, tutto quello che m'interessa di te è la tua immagine da mostrare agli amici"....Sappiamo che molto spesso non è vero, ma innegabilmente il tele è, per definizione, l'ottica che ti consente di "avvicinare" artificialmente ciò che non puoi o non vuoi avvicinare di persona.
Dunque, il mio suggerimento è questo: avvicinarsi, presentarsi, stringere sempre la mano (molti europei danno la sensazione di rifuggire il contatto fisico, e per popolazioni che esprimono una forte fisicità nelle relazioni interpersonali è un messaggio negativo), cercare di comunicare: le cose che ti piacerebbe sapere della vita di un abitante di Bamako sono senz'altro molte, ma sempre meno di quelle che lui vorrebbe sapere da te. Spesso i turisti - i pochi che "perdono tempo" a parlare con i residenti locali - sono l'unico "ponte" fra di loro e un mondo lontano, sconosciuto e per questo affascinante. Rotto questo muro, vedrai, il tele non ti servirà più: scattare la foto sarà un momento, non il più importante, di unìesperienze che ricorderete in due. E quando rivedrai la foto, a mesi di distanza, non sarà solo la foto di un pescatore o di un pastore, ma l'immagine di una persona che hai conosciuto, della quale conosci la storia, e che ti conosce.
Ho parecchi ritratti di africani e africane, nei miei "plasticoni". Di molti di loro ho anche l'indirizzo, un numero di telefono, le lettere che ci scriviamo.
Diego
pescenaufrago
Messaggio: #4
QUOTE(tembokidogo @ Apr 11 2005, 05:35 PM)
Caro Marco
[...]
Diego
*



Grazie mille di tutti i suggerimenti!
Ne farò tesoro, cercando di vivere certi posti e la gente che vi abita nel modo migliore possibile.
Ciao!
Marco
Mantorok
Messaggio: #5
[quote=tembokidogo,Apr 11 2005, 04:35 PM]
Marco
P.s. E' incredibile come da un punto in ombra con un 300 in mano, appena si sia puntata la macchina verso la nuca di un africano, questo si volti immediatamente facendoti un gesto di diniego con il dito...! tongue.gif
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Caro Marco,
è un'esperienza comune con la quale chiunque abbia viaggiato in Africa si è trovato a fare i conti. Non mi avventuro in spiegazioni di carattere sociologico: certo, in quei Paesi la povertà è un dramma reale e quotidiano, "morire di fame" è tutto fuorchè un modo di dire. E' anche vero che il turismo è visto come una delle poche occasioni per guadagnare quei pochi spiccioli che consentiranno, magari, di mettere qualcosa sotto i denti quel giorno, E' verissimo che della "mole" di denaro spostato dall'industria delle vacanze solo poche briciole arrivano alle popolazioni locali. E' vero che, se mi trovassi nel giardino di casa e una comitiva di turisti giapponesi di passaggio si mettesse a fotografarmi anch'io mi infastidirei. Insomma, è vero un po' tutto.
In quasi trenta viaggi in Africa sono certamente molte di più le foto alle quali ho rinunciato di quelle che ho scattato. All'inizio con un po' di malumore, lo ammetto, poi, col passare del tempo, senza che la rinuncia mi pesasse più di tanto. Ho imparato qualcosa: al di là di qualsiasi valutazione di carattere "etico", la foto "rubata" è qualcosa che, anche quando riesce, non lascia alcuna soddisfazione. Almeno a me.
Meglio una foto "guadagnata" dopo aver cercato di comunicare, dopo aver stabilito fra noi e il soggetto una relazione che non sia costituita solo dall'obiettivo della reflex, di dieci foto "carpite", magari con quello sguado, fra l'offeso e il deluso, di chi si accorge d'esser stato ritratto a tradimento e che ti senti sulle spalle anche quando te nei vai, quasi ti dicesse "anche questo ci portate via...".
Vedi, Marco, ho citato questa tua ultima frase perchè mi ricorda esperienze vissute tante volte, certo non per "bacchettarla"...
Con gli anni ho scoperto che il tele (al di là del suo aspetto oggettivamente "aggressivo") trasmette al soggetto un messaggio del tipo "Non mi fido di te, voglio mantenere le distanze, tutto quello che m'interessa di te è la tua immagine da mostrare agli amici"....Sappiamo che molto spesso non è vero, ma innegabilmente il tele è, per definizione, l'ottica che ti consente di "avvicinare" artificialmente ciò che non puoi o non vuoi avvicinare di persona.
Dunque, il mio suggerimento è questo: avvicinarsi, presentarsi, stringere sempre la mano (molti europei danno la sensazione di rifuggire il contatto fisico, e per popolazioni che esprimono una forte fisicità nelle relazioni interpersonali è un messaggio negativo), cercare di comunicare: le cose che ti piacerebbe sapere della vita di un abitante di Bamako sono senz'altro molte, ma sempre meno di quelle che lui vorrebbe sapere da te. Spesso i turisti - i pochi che "perdono tempo" a parlare con i residenti locali - sono l'unico "ponte" fra di loro e un mondo lontano, sconosciuto e per questo affascinante. Rotto questo muro, vedrai, il tele non ti servirà più: scattare la foto sarà un momento, non il più importante, di unìesperienze che ricorderete in due. E quando rivedrai la foto, a mesi di distanza, non sarà solo la foto di un pescatore o di un pastore, ma l'immagine di una persona che hai conosciuto, della quale conosci la storia, e che ti conosce.
Ho parecchi ritratti di africani e africane, nei miei "plasticoni". Di molti di loro ho anche l'indirizzo, un numero di telefono, le lettere che ci scriviamo.
Diego
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Sono commosso...sei un grande.

A.
stefycri
Messaggio: #6
[quote=tembokidogo,Apr 11 2005, 05:35 PM]
Marco
P.s. E' incredibile come da un punto in ombra con un 300 in mano, appena si sia puntata la macchina verso la nuca di un africano, questo si volti immediatamente facendoti un gesto di diniego con il dito...! tongue.gif
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Caro Marco,
è un'esperienza comune con la quale chiunque abbia viaggiato in Africa si è trovato a fare i conti. Non mi avventuro in spiegazioni di carattere sociologico: certo, in quei Paesi la povertà è un dramma reale e quotidiano, "morire di fame" è tutto fuorchè un modo di dire. E' anche vero che il turismo è visto come una delle poche occasioni per guadagnare quei pochi spiccioli che consentiranno, magari, di mettere qualcosa sotto i denti quel giorno, E' verissimo che della "mole" di denaro spostato dall'industria delle vacanze solo poche briciole arrivano alle popolazioni locali. E' vero che, se mi trovassi nel giardino di casa e una comitiva di turisti giapponesi di passaggio si mettesse a fotografarmi anch'io mi infastidirei. Insomma, è vero un po' tutto.
In quasi trenta viaggi in Africa sono certamente molte di più le foto alle quali ho rinunciato di quelle che ho scattato. All'inizio con un po' di malumore, lo ammetto, poi, col passare del tempo, senza che la rinuncia mi pesasse più di tanto. Ho imparato qualcosa: al di là di qualsiasi valutazione di carattere "etico", la foto "rubata" è qualcosa che, anche quando riesce, non lascia alcuna soddisfazione. Almeno a me.
Meglio una foto "guadagnata" dopo aver cercato di comunicare, dopo aver stabilito fra noi e il soggetto una relazione che non sia costituita solo dall'obiettivo della reflex, di dieci foto "carpite", magari con quello sguado, fra l'offeso e il deluso, di chi si accorge d'esser stato ritratto a tradimento e che ti senti sulle spalle anche quando te nei vai, quasi ti dicesse "anche questo ci portate via...".
Vedi, Marco, ho citato questa tua ultima frase perchè mi ricorda esperienze vissute tante volte, certo non per "bacchettarla"...
Con gli anni ho scoperto che il tele (al di là del suo aspetto oggettivamente "aggressivo") trasmette al soggetto un messaggio del tipo "Non mi fido di te, voglio mantenere le distanze, tutto quello che m'interessa di te è la tua immagine da mostrare agli amici"....Sappiamo che molto spesso non è vero, ma innegabilmente il tele è, per definizione, l'ottica che ti consente di "avvicinare" artificialmente ciò che non puoi o non vuoi avvicinare di persona.
Dunque, il mio suggerimento è questo: avvicinarsi, presentarsi, stringere sempre la mano (molti europei danno la sensazione di rifuggire il contatto fisico, e per popolazioni che esprimono una forte fisicità nelle relazioni interpersonali è un messaggio negativo), cercare di comunicare: le cose che ti piacerebbe sapere della vita di un abitante di Bamako sono senz'altro molte, ma sempre meno di quelle che lui vorrebbe sapere da te. Spesso i turisti - i pochi che "perdono tempo" a parlare con i residenti locali - sono l'unico "ponte" fra di loro e un mondo lontano, sconosciuto e per questo affascinante. Rotto questo muro, vedrai, il tele non ti servirà più: scattare la foto sarà un momento, non il più importante, di unìesperienze che ricorderete in due. E quando rivedrai la foto, a mesi di distanza, non sarà solo la foto di un pescatore o di un pastore, ma l'immagine di una persona che hai conosciuto, della quale conosci la storia, e che ti conosce.
Ho parecchi ritratti di africani e africane, nei miei "plasticoni". Di molti di loro ho anche l'indirizzo, un numero di telefono, le lettere che ci scriviamo.
Diego
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ondivido appieno quello che dici, sono appena tornato da un viaggio di lavoro in nigeria ed è una bellissima sensazione se riesci a fare una foto dii un bambino o una persona che ti guarda o ride rispetto ud una foto di una persona che ti scruta con sguardo interrogativo
ciao ste
gritta
Messaggio: #7
Un'altra soluzione per socializzare con i residenti e poter mostrar loro qualcosa di quello che stiamo facendo, è anche quella di portarsi dietro una vecchia polaroid e regalare qualche scatto appena "sfornato"; si instaura così - in genere - un rapporto magnifico.
saluti. gino
Caps.
Messaggio: #8
Mi sento umanamente d'accordo con tutti Voi ma il reportage spesso deve essere spietato, specialmente per il professionista che deve cogliere l'attimo.
Anch'io mi sento "male" quando vorrei fotografare qualcosa o qualcuno che non vuole. E provo a immaginarmi se io stesso venissi fotografato da un estraneo mentre passeggio o lavoro: sicuramente chiamo un poliziotto... Va beh, da noi c'è la legge sulla privacy. Ma la sensazione è la stessa. Purtroppo ho la fotografia nel sangue e non posso rinunciare a scattare a tutto e a tutti ed allora ho imparato a lasciare a casa la reflex con i "cannoni" e mi porto dietro una ottima compatta (ho la 8800) con schermo lcd che mi consente di non essere notato. Ho affinato la mia tecnica discreta. Non rubo nulla a nesuno. E non do fastidio a nessuno. E le foto che scatto sono molto più realistiche perchè non c'è nulla di peggio che un ritratto "posato". Poi, spesso, distribuisco monete: loro non sanno perchè. Io si.
F.Giuffra
Messaggio: #9
QUOTE(f.capsoni @ Apr 19 2005, 12:32 AM)
E provo a immaginarmi se io stesso venissi fotografato da un estraneo mentre passeggio o lavoro: sicuramente chiamo un poliziotto...
*


Credo che anche qui la privacy non c'entri nulla: se leggiamo in questo sito:

Capita quotidianamente il caso per il quale dei privati ritratti in occasione di pubbliche manifestazioni si ribellino all'idea di essere stati ripresi, ed impongano la loro volontà, fino al limite di impadronirsi del rullino, o di distruggerlo.
Questa situazione è, legalmente parlando, un abuso. Il fotografo spesso tende a subire, sia quando non si senta sicuro del suo diritto, sia quando l'interlocutore sia più grosso di lui. In realtà, per Legge, la ripresa dei privati non è proibita, mentre lo può essere la pubblicazione del ritratto.


Mi pare di capire che ognuno ha diritto di guardare, pensare e fotografare quello che vuole (a parte postazioni militari). Non di pubblicare, vendere, ecc, senza permesso. E quindi a chiamare il poliziotto sarà il fotografo aggredito. Police.gif
Caps.
Messaggio: #10
QUOTE(F.Giuffra @ Apr 19 2005, 03:33 PM)
QUOTE

Mi pare di capire che ognuno ha diritto di guardare, pensare e fotografare quello che vuole (a parte postazioni militari). Non di pubblicare, vendere, ecc, senza permesso. E quindi a chiamare il poliziotto sarà il fotografo aggredito.
*



Si hai ragione F.Giuffra, ho usato la frase "chiamo un poliziotto" solo per esasperare il senso di disagio che si prova quando si viene fotografati senza consenso. Mi è capitato di recente all'estero e mi sono insospettito, allora ho fotografato il fotografo per una eventuale individuazione e sono rimasto un poco in apprensione finchè non ho saputo che il "collega" altro non faceva che fare foto da vendere poi a noi turisti... Privacy o no, è interessante quanto hai prodotto ma secondo te per "esporre" si intende anche un proprio portfolio o una mostra personale senza scopo di vendita?
Grazie.
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #11
Distinguiamo. Il reporter sul campo ha il "dovere" professionale di essere testimone fedele e imparziale di quanto sta documentando, per quanto cruda sia la realtà con la quale si sta confrontando, per quanto questo possa essere vissuto come una "violenza" dalle persone coinvolte.

Il turista - ancorchè appassionato fotoamatore - che punta l'obiettivo sul mendicante in India, sul bambino denutrito a Nairobi, sul clochard (sia esso nel più sperduto paesino africano, o nella più progredita metropoli europea) non ha questo "obbligo professionale", ha invece a mio avviso un "obbligo morale" che è innanzitutto quello del rispetto. Vale per tutto, sia chiaro: non è a mio avviso un buon fotografo naturalista quello che, per far meglio risaltare la macro di una stella alpina, strappa tutta l'erba attorno; o che per fotografare l'aquila nel nido rischia di far precipitare il nidiaceo che vi si trova. Se dunque diamo per scontato che erba e animali meritino rispetto, a maggior ragione ritengo si debbano rispettare la dignità e la volontà di una persona. Un obbligo, per inciso, che vale anche per i professionisti.

Troppe volte m'è capitato di assistere a proiezioni di diapositive, ambientate nei paesi del Terzo Mondo, dove povertà, miseria, degrado erano cinicamente "esibite" per dar maggior pathos a un reportage altrimenti scialbo e privo di idee; nelle quali le persone non erano vissute come tali, ma come elementi flokloristici d'una composizione, al pari d'un carretto siciliano o di una gondola sul Canal Grande.

Per di più, sono fermamente e profondamente convinto che nella maggior parte dei casi sia comunque possibile fotografare semplicemente facendosi accettare dalle persone e dimostrando loro che ci interessano come tali, non come "trofei" da esibire. Certo, richiede un po' di tempo, di disponibilità, di capacità di mettersi in gioco. La foto a ogni costo non la accetto sul piano professionale, pur facendo un lavoro nel quale alcuni ritengono che "valga tutto" pur di portare a casa lo scoop; la trovo aberrante quando in palio c'è l'effimero successo d'una serata al fotoclub.

Diego
pescenaufrago
Messaggio: #12
Rilancio questa discussione “provocata” da me mesi fa, per consigliare a tutti un libro molto bello che riserva un capitolo proprio sulla fotografia come percepita dal turista e dai locali:
“L’incontro mancato. Turisti, nativi, immagini” di Marco Aime antropologo già guida turistica...
Assolutamente da leggere! Pollice.gif

Ma il libro è molto più di questo, come lascia intuire la quarta di copertina: “Il turismo esotico in genere è caratterizzato da tre paradossi: l’impossibile ricerca dell’autenticità; un certo fondo di paura; lo spazio vuoto dell’incontro, la cosiddetta «bolla ambientale». Bolla che è il prodotto degli sforzi messi in atto dai molti mediatori che accompagnano il turista (dal tour operator alla guida locale) per attenuare lo shock dell’incontro: incontrare l’Africa, l’Asia o l’Australia senza mai provarle pienamente. Nemmeno le forme alternative di turismo proposte oggi sono immuni da tale mediazione. Se da un lato si cerca un maggiore apprezzamento della diversità culturale, dall’altro, però, la breve e superficiale presentazione del patrimonio culturale di una popolazione, attraverso gli eventi organizzati che sono tipici del turismo, può portare a dei malintesi e alla stereotipizzazione. La costruzione dell’immaginario turistico, sia esso fondato sull’esotismo o sull’attenzione alle questioni sociali, come nel caso del turismo alternativo, dà sempre vita a chiavi di lettura che ci accompagnano fin dalla partenza e che spesso finiscono per aprire una sola porta d’accesso ai mondi visitati: quella per gli stranieri.”.

L’ho trovato illuminante di una consapevolezza nuova sul rapporto fra noi e il cosiddetto sud del mondo, sul significato del viaggio, sulla realtà effettiva del concetto di autenticità, anche con racconti divertenti di esperienze vissute sul posto, fra gli sherpa in tibet, frai i Dogon in Mali, in Thailandia...

Penserete che prendo la percentuale, in realtà sono “solo” entusiasta!!! Dovrebbero renderlo obbligatorio per chi viaggia, controllando alla frontiera con domande trabocchetto! tongue.gif

Cercatelo qui: http://www.bollatiboringhieri.it/
Brunosereni
Messaggio: #13
Diego ha dimostrato una sensibilità e una bravura ad esporla al forum più unica che rara.
Sono pienamente in sintonia con lui.
Personalmente non amo la fotografia "cruda", non mi va di fotografare dei bambini solo per il fatto che sono denutriti. Vorrei, invece, poterli fotografare perché sono riuscito a conquistarli, anche con piccoli gesti, e, magari, mi stanno sorridendo. Ma questo in Africa come a Pisa. Instaurare un rapporto di amicizia/fiducia/simpatia con il soggetto è il primo dovere di ogni fotografo (amatore e non), il massimo sarebbe farsi chiedere di essere fotografati.

Bruno S.

PS. lasciatemi sdrammatizzare un attimo, i ritratti vengono meglio con un 80 mm anziché con un 300 mm.
phab
Messaggio: #14
Ciao è capitata una cosa simile anche a me,però è successo in Perù che delle donne si sono fatte fotografare con i vestiti caratteristici per poi chiedere dei soldi.Sono d'accordo con te e dopo questo fatto faccio fatica a fare foto di qst genere.
Fabrizio
Brunosereni
Messaggio: #15
Un suggerimento che ho imparato andando all'estero con dei vecchi fotoamatori. E' un metodo per entrare in sintonia con la gente e costa pochi euro: portarsi dietro una macchina polaroid in modo da poter donare le prime foto che scattiamo ai nostri neoamici. Purtroppo invece, altri amici, preferiscono dare subito soldi e questo non è bene...

Bruno S.
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #16
Quindi,
hmmm.gif
se non ho capito male,
è come andare allo zoo.

Fotografare giraffe, orsi, scimmie, e ohmy.gif
stupirsi se s'inc....no.

O no?

sergio
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #17
QUOTE(sergiopivetta @ Sep 5 2005, 09:51 PM)
Quindi,
hmmm.gif
se non ho capito male,
è come andare allo zoo.

Fotografare giraffe, orsi, scimmie, e  ohmy.gif
stupirsi se s'inc....no.

O no?

sergio
*



Non ho capito a che cosa tu ti riferisca...Mi sembra che tutta la discussione - che tra l'altro è stata "riportata a galla" dopo parecchi mesi - verta esattamente sul fronte opposto. C'è un modo di porsi di fronte all'"altro" - senza giri di parole - sostanzialmente irrispettoso, c'è un modo per entrare in sintonia e far sì che la foto sia l'ultimo atto di un processo di conoscenza reciproca. Colgo l'occasione per ringraziare Pescenaufrago, che ha iniziato il 3d e che ora l'ha "ripescato" arricchendolo col prezioso contributo del libro segnalato, perchè proprio dal suo intervento iniziale è nato lo spunto per realizzare, con altri amici, questa experience, dove gli argomenti in questione sono ampiamente trattati.
http://www.nital.it/experience/viaggio.php

Ciao
Diego

Messaggio modificato da tembokidogo il Sep 5 2005, 09:05 PM
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #18
QUOTE(tembokidogo @ Sep 5 2005, 10:04 PM)
- verta esattamente sul fronte opposto. C'è un modo di porsi di fronte all'"altro" - senza giri di parole - sostanzialmente irrispettoso
Ciao
Diego
*


Ciao Diego,

tu hai centrato il concetto: "sostanzialmente irrispettoso"

Sì, le intenzioni sono buone, ma perchè, quasi sempre, le stampe, le diapositive, i file, al ritorno dalle ferie, specialmente nei paesi esotici o poveri, sono piene di piccoli visetti con grossi occhioni che ti guardano?
Quando, armati di buone intenzioni, pensiamo di immortalare la loro bellezza (...loro, è loro, cioè non è cosa nostra) con sostanziale arroganza, non pensiamo che possano anche non averne voglia?

Il confine con la vecchia terra di conquista è molto sottile, li voglio fotografare e li fotografo.
Voglio e posso farlo, come allo zoo.

E qualcuno, con qualche dollaro, con questa filosofia, con quei bimbi, magari fa anche di più.

sergio

pescenaufrago
Messaggio: #19
Passiamo alla pratica: qualcuno ha ben suggerito che molte persone si fanno fotografare volentieri (e comunque sono contente) se gli si regala subito una polaroid, anche perché molti promettono di spedire delle foto poi da casa per poi non mantenere la promessa.

Portarsi dietro una macchina polaroid però è una menata in più. Io non ho esperienza di polaroid (ci sono anche delle fuji, mi han detto), ma se dovessi scegliere prenderei qualcosa di semplice economico ma soprattutto leggero e poco ingombrante:

qualcuno conosce la materia e può consigliarci un modello di macchina istantanea?

grazie.gif
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #20
QUOTE(pescenaufrago @ Sep 6 2005, 12:55 PM)
Passiamo alla pratica: qualcuno ha ben suggerito che molte persone si fanno fotografare volentieri (e comunque sono contente) se gli si regala subito una polaroid, anche perché molti promettono di spedire delle foto poi da casa per poi non mantenere la promessa.

Portarsi dietro una macchina polaroid però è una menata in più. Io non ho esperienza di polaroid (ci sono anche delle fuji, mi han detto), ma se dovessi scegliere prenderei qualcosa di semplice economico ma soprattutto leggero e poco ingombrante:

qualcuno conosce la materia e può consigliarci un modello di macchina istantanea?

grazie.gif
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Quella della Polaroid può essere in effetti una buona soluzione, un po' macchinosa (devi portarti il materiale sensibile dall'Italia) e anche abbastanza costosa. Non tanto per l'apparecchio (poche decine di euro) quanto per le pellicole.

Non è indispensabile, come dimostrano anche le stupende foto della Namibia che sta postando Marco Negri, ma diciamo che è uno scambio "dignitoso" - più della moneta elargita a mo' d'elemosina - e di solito ben accetto. A volte - spesso - basta semplicemente chiedere, con cortesia. Per la scelta della macchina dovrai tener conto di due caratteristiche: ingombro (meglio la più piccola che trovi) e costo delle pellicole. Le Fuji non sono male, il materiale sensibile costa un po' meno di Polaroid ma sono meno facili da trovare. Comunque, un modello vale l'altro.

Viaggiando in modo autonomo, però, puoi prendere in considerazione "omaggi" più utili e meno voluttuari, che saranno certamente apprezzati. Qualche esempio (cose che di solito compero quando prevedo di far tappa in un villaggio): candele, scatole di fiammiferi, farina (informati su quella più usata in zona, che può essere di grano o di manioca), zucchero, sale, sapone, penne biro, quaderni. CI saranno certo tanti bambini, ma è meglio evitare di portare giochini vari, magari "riciclati" dagli ex bimbi di casa. Al massimo qualche caramella, ma senza esagerare. Apprezzati anche capi di vestiario, anche usati, purchè puliti e in condizioni decenti. Non distribuirli mai "a pioggia", ma affidali al capo del villaggio o comunque alla persona più anziana presente, spiegando che è un regalo per la comunità e chiedendo se puoi scattare qualche foto.
Diego
Brunosereni
Messaggio: #21
Effettivamente le "cartucce" polaroid costicchiano abbastanza... ma in fin dei conti ne vale la pena.
Riguardo all'ingombro, dai, abbiamo e portiamo in giro decine di Kg. di attrezzatura cosa vuoi che pesi una polariod?.

Tra l'altro molti di noi utilizzano, anche in parte, la tecnologia digitale e quindi si ha un risparmio (di denaro e di spazio) sulle quintalate di rotolini da portare.

Comunque altre cose vanno benissimo, molto bene anche tshirt (possibilmente colorate) e pantaloncini.


Bruno S.
 
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