FORUM NIKONCLUB

Condividi le tue conoscenze, aiuta gli altri e diventa un esperto.

Chiudi
TITOLO*
DOMANDA*
AREA TEMATICA INTERESSATA*
2 Pagine: V  < 1 2  
Kenia E Etiopia - Agosto 2011
Rispondi Nuova Discussione
Maury_75
Messaggio: #26
Mi sono "goduto" questa serie di immagini molto belle e curate che raccontano davvero molto bene il tuo viaggio, alcune eccellenti! Un pò di sana invidia per il bel giro che hai fatto e tanti complimenti per i ricordi fotografici che ti sei portato a casa!
Saluti Maury
vvtyise@tin.it
Messaggio: #27
ottimi scatti!
macromicro
Messaggio: #28
Racconto coinvolgente con il supporto di foto che rafforzano il fascino della narrazione. Hai fatto qualche scatto al 're' ?
Stidy
Messaggio: #29
Grazie Maury, si tanti ricordi fotografici ma soprattutto umani, di contatto con popoli che neanche ci immaginiamo. Un'esperienza davvero unica.

Grazie vvtyise del passaggio e del tuo commento.

Macromicro... si, questo è il "re" del Konso:
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 1.4 MB
Anteprima(e) allegate
Immagine Allegata

 
Stidy
Messaggio: #30
Il Re ha studiato e si è laureato in ingegneria, tiene molto al suo popolo ed è cordiale ma riservato.

Questa foto, del nostro gruppo in sua compagnia, accanto al palo che ogni erede deve piantare nel momento in cui subentra al trono, l'ho subito stampata e gliel'ho regalata.
Dire che era estasiato è dir poco.
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 791.3 KB

La foto è stata fatta con una Coolpix P7000 che porto dietro come macchina d'emergenza e da usare in situazioni dove non voglio tirar fuori la D700 col cannone.... per essere quindi più discreto.
Da anni inoltre porto con me una stampante Selphy portatile a sublimazione che va a batterie.
E' uno strumento eccellente per rompere il ghiaccio e superare timidezza e diffidenza con i bambini ma anche gli adulti.
Inutile dire che dopo un po' si crea la coda.

Messaggio modificato da Stidy il Mar 8 2012, 09:04 PM
Stidy
Messaggio: #31
E arriviamo a Turmi, un importante centro abitato crocevia per molte etnie e nostro punto di appoggio per prendere contatto con Hamer. Mursi e Dassenech.

Questo è il territorio Hamer.


Questo popolo è fondamentalmente agricoltore e si dedica alla coltivazione di sorgo, grano, orzo, frumento, luppolo, miglio, tabacco, cotone ed ortaggi, ma si occupano anche di allevare mucche, buoi, capre e galline.
Il miele, che raccolgono due volte l’anno, è un alimento fondamentale nella loro dieta.
Gli Hamer sono famosi per le loro acconciature particolari: le donne spalmano sulle loro minuscole treccine di colore rame (chiamate Goscha) una mistura di burro, polvere di ferro, resina ed argilla rossa in segno di prosperità e benessere.
Gli uomini, se di recente hanno ucciso un animale pericoloso od un nemico, per mostrare a tutti il loro valore, si modellano sulla testa dei copricapi di argilla colorata e decorata sormontati da splendide piume di struzzo. Per non rovinare durante il sonno questa fragile acconciatura, utilizzano per dormire uno speciale poggiatesta, ricavato dal legno del Zehon Abeba (molto leggero e resistente) dal nome Borkota. Lo stringono nella mano, mediante un laccio in pelle fissato alle due estremità, durante l’intera giornata e lo considerano alla stregua di una loro appendice e serve inoltre come sgabello per sedersi.

Gli Hamer sono considerati maestri nella decorazione del corpo. Qualsiasi ornamento ha un particolare significato simbolico: il numero degli orecchini indossati dagli uomini, ad esempio, corrisponde al numero delle loro mogli. Le donne indossano pelli impreziosite dalle conchiglie cipree (provenienti dal lontanissimo Mar Rosso) e da perline colorate, bracciali in ferro e rame, collane di perline. Le ragazze nubili portano nei capelli un disco di metallo (dovrebbe ricordare come forma il becco di un ornitorinco), mentre le donne fidanzate indossano delle pesanti e strette collane di ferro incise con motivi geometrici, dal nome “ensente”. Le donne sposate, infine, stringono intorno al loro collo anche un pesante collare di pelle intrecciata con inserti in metallo, dalla caratteristica forma vagamente fallica.
Da qualche anno, grazie ad un commercio senza scrupoli col vicino Sudan, hanno fatto la loro comparsa gli AK47 (comunemente noti come Kalasnikov).
Oggi molti uomini, ma anche donne portano sulla spalla questo fucile a ripetizione (dicono per proteggere le greggi da eventuali razzie). Un altro ornamento fondamentale quindi diventano anche le cartuccere legate in vita.
Devo dire che i lineamenti di questo popolo sono bellissimi, sia nelle donne che negli uomini.

Bambini Hamer
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 342.8 KB

Ragazze Hamer
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 799.7 KB

IPB Immagine Ingrandimento full detail : 990.4 KB

Donna Hamer
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 971.9 KB

Bambino Hamer
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 314.6 KB

Stidy
Messaggio: #32
Una cerimonia molto famosa degli Hamer è il "Salto del Toro", il rito di passaggio dei maschi all'età adulta.
Non sempre si riesce a partecipare come spettatori, ma con un lungo giro di contatti siamo riusciti a sapere che in un villaggio a circa 40 km da noi si sarebbe tenuto questo rituale in un piccolo villaggio Benna (molto simili agli Hamer).
Tengo a precisare che 40 km su queste piste vuol dire circa 1 ora e mezza di percorrenza.

Si tratta di una cerimonia lunghissima, che dura quasi tutta la giornata e si conclude dopo 2 giorni con balli, canti e.... ubriacatura generale.
Cercherò si spiegarla in modo sintetico:

Come detto si tratta di un rito di iniziazione lungo e complesso.

In uno spiazzo libero dai recinti degli animali e dalle capanne, alcune donne iniziano a muoversi in circolo, una dietro l’altra, suonando con un flauto e alcune trombette in metallo. Alle gambe portano dei campanelli in metallo (di nome “warawara”) che si stringono ai polpacci con alcune cinghiette in pelle di capra, emettendo piacevoli suoni ad ogni passo. In tal modo richiamano l’attenzione di tutti i componenti del villaggio ed anche dei villaggi circostanti, per gli imminenti festeggiamenti.
All’interno di un recinto un uomo anziano, insieme ad un bambino completamente nudo, mungono con sapienza le vacche riempiendo le zucche che sono state donate al ragazzo, che oggi affronterà la prova del salto dei tori.
Nei giorni che hanno preceduto la cerimonia, il giovane Hamer aveva inviato a tutti coloro che avrebbero partecipato alla festa un filo d’erba secca annodato con un numero di nodi corrispondenti ai giorni che mancavano alla prova. Ogni invitato avrebbe sciolto i nodi sino al giorno della celebrazione.
Da un altro lato del villaggio, dentro un enorme fusto di metallo sta bollendo l’acqua, a cui avrebbero aggiunto la farina di sorgo ed altri cereali (grano, orzo, frumento e luppolo) per realizzare il “bordé”, una birra artigianale che bevono soprattutto durante i festeggiamenti.
Molti, sia uomini che donne, non hanno gli incisivi inferiori: intorno ai 15 anni la “cagica bulé”, una specie di dentista del villaggio, pratica l’estrazione oltre che per fini estetici, anche per evitare le complicanze del tetano.
L’abbigliamento delle donne  è composto da tre diversi indumenti in pelle: il “kasci” (la parte anteriore sfilabile dal collo che lascia scoperta la schiena), il “schikiniè” (la parte frontale della gonna) e il “pallanti” (la parte posteriore della gonna). Sono tutti impreziositi dalle piccole conchiglie cipree, chiamate “chibò”. Sulle loro braccia e sulle caviglie sfoggiano con orgoglio grossi bracciali in ottone o nichel di nome “gau”.
Gli uomini utilizzano un gonnellino colorato in tessuto che si stringono in vita mediante il “kalascì” (la famosa cartuccera il cui nome richiama quello del fucile), a volte sormontato da una casacca. Tutti fanno bella mostra di numerosi bracciali ed orecchini, oltre a scarificazioni sul corpo che possono consistere in semplici segni decorativi o simboli distintivi del loro valore e coraggio.
Le cicatrici, per gli Hamer (come per gran parte delle popolazioni della Bassa Valle dell’Omo), sono motivo di orgoglio e testimoniano fedeltà, forza, coraggio, valore; spesso sono i segni di un’avvenuta iniziazione.
Le scarificazioni presenti sul ventre e sulle braccia delle donne sono invece semplici decorazioni a fini estetici.
Le cicatrici che invece hanno sulla schiena, e di cui vanno molto fiere, si chiamano sono i segni tangibili della devozione e dell’affetto verso il ragazzo che dovrà passare dall’adolescenza all’età adulta attraverso il superamento della prova del salto dei tori.
Le danze delle donne continuano sino al momento del pranzo: sotto un grande albero si siedono in circolo passandosi a turno la zucca colma del “bordè” (la birra) e mangiando con le mani da una ciotola comune.
Dopo questo frugale pasto gli uomini si allontanano per disporsi in uno spiazzo dove, seduti sui loro sgabelli in legno, si disegnano il corpo con argilla bianca, sistemandosi piume di struzzo nei capelli unti in precedenza con burro ed argilla.
Intanto il ragazzo, seguito da tutti gli altri componenti del villaggio, si avvia verso il luogo sacro. Qui avrà inizio la vera e propria cerimonia che si aprirà con il rito della fustigazione, invocata a gran voce dalle parenti di ragazzo.
I Maz (giovani che faranno da padrini alla cerimonia) si distribuiscono alcune fascine, tagliate da un albero particolare che non dovrebbe causare infezioni alle ferite, preparandosi tra suoni di trombe, danze, polvere e sudore.
Cresce esponenzialmente l'eccitazione e il fermento.
Le donne vicine alla famiglia del candidato si fanno spalmare dalle più anziane del burro sulla schiena, sulle spalle e sulle braccia: servirà ad attutire i colpi delle verghe sulla loro pelle.
Tra un frastuono di suoni, voci, battiti di mani, incitamenti ed un sole rovente, le donne chiedono con insistenza di essere frustate, mentre ballano e saltano di fronte ai Maz, tenendo alzato il braccio destro. E se loro non fossero disposti a farlo, li strattonano, li inseguono, li scherniscono per convirceli a frustarle.
La schiena, le spalle, le braccia e talvolta anche il seno, mostrano profonde ferite sanguinanti che si trasformeranno in cicatrici perenni: saranno considerate un segno di devozione e di attaccamento al loro parente, il “naala” (cioè il giovane) che, superata la prova, diventerà “daala” (adulto) e potrà fidanzarsi e sposarsi. Inoltre, con queste cicatrici, le donne vanteranno un “credito” nei confronti del futuro Maz: lui dovrà badare alle loro necessità in caso di difficoltà, dovrà difenderle in caso di pericolo, dovrà proteggerle, sempre.

Agli occhi di noi occidentali questo rito della fustigazione può apparire arcaico, cruento, senza alcun fondamento logico: ma occorre riflettere sul fatto che il nostro modo di pensare e di vivere è lontanissimo dalla loro cultura e dalle loro tradizioni. Al contrario, secondo me, dovremmo accettare di buon grado l’importanza ed il profondo significato che rivestono queste pratiche nella loro esistenza, evitando di esprimere giudizi avventati o scandalizzati. Per loro queste usanze sono passaggi fondamentali nella loro stessa vita perchè garantiscono l’equilibrio sociale dell’intera comunità. Questi riti donano, al soggetto che vi si sottopone, una nuova identità sociale e personale. Significa per loro scalare la struttura sociale del villaggio, in modo da appropriarsi di un prestigio che prima non possedevano.
Terminate le fustigazioni, ripetute più e più volte, le donne tornano a danzare e girare in tondo tra i suoni acuti delle trombette ed il tintinnio dei campanelli.
Gli uomini si appartano, sedendosi sotto alcuni alberi, per praticare un rito propiziatorio: il ragazzo passa loro un piccolo bastone di legno intagliato con la punta arrotondata (un chiaro simbolo fallico), che i Maz stringono tra un fascio di rami, mentre gli anziani vi poggiano sopra quattro bracciali di metallo. Dietro ordine degli stessi anziani, i Maz sollevano di scatto verso l’alto i rami lasciando cadere in terra i bracciali. Gesto ripetuto per quattro volte, in corrispondenza dei quattro punti cardinali, in modo che la buona fortuna segua il “naala” ovunque.
A questo punto alcuni ”padrini” scelgono tra i buoi, separandoli dalla mandria, quelli più adatti alla cerimonia e li immobilizzano, prendendoli dalle corna e dalla coda. I prescelti, in numero di sette, vengono messi in fila uno accanto all’altro ed anche se a fatica cercano di tenerli fermi ed allineati.
Le donne aumentano il ritmo delle danze e dei salti, accompagnate dai suoni di tromba sempre più acuti.

Ci siamo quasi, il “naala” (il giovane), completamente nudo e con una sottile corda vegetale incrociata attorno al petto (simbolo dell’infanzia che sta abbandonando), è pronto per cimentarsi nella prova.
I Maz danno il segnale per far partire il ragazzo che, dopo una breve rincorsa, salta sul primo bue e, in equilibrio precario, balza sul dorso degli altri animali, sostenuto e sorretto dai padrini che lo incitano, sino a completare la prova, che ripeterà per quattro volte consecutive.
Al termine della cerimonia, tra la gioia degli amici e dei parenti, tutti i partecipanti escono dallo spiazzo per rientrare al villaggio. Qui i festeggiamenti continueranno per due giorni e due notti.

Il ragazzo ormai adulto avrà a disposizione trenta giorni per trovare moglie: girerà nel suo villaggio e nei villaggi vicini indossando, di lato al gonnellino, il simbolo fallico in legno chiamato (segno distintivo di colui che abbia superato la prova del salto dei tori), mostrando a tutti il suo nuovo status di “daala”, cioè di adulto.

Anziana suona una trombetta per richiamare l'atenzione
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 1 MB

Donna Benna
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 679.8 KB

Ci si passa e si beve la "birra" artigianale
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 766.5 KB

IPB Immagine Ingrandimento full detail : 661.2 KB

Donna Benna
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 1 MB

Donna benna con la trombetta/richiamo
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 703.2 KB

Donna benna
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 1.2 MB

Sonagli appesi ai polpacci
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 1.3 MB

Ragazze Benna durante la cerimonia
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 612.1 KB

Uomini armati di Kalasnikov
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 727.3 KB

Chi ancora non ha il fucile si arrangia come può
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 1.1 MB

Copricapo tipico maschile
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 405.2 KB

Uomo
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 416.9 KB

I segni lasciati dalle frustate degli uomini
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 558.2 KB

Uomo
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 537.1 KB

Ragazza
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 1.2 MB

Uomini danzano freneticamente poco prima del salto del toro
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 600.7 KB

Il ragazzo è pronto e sta per compiere il rito di passaggio del "Salto del toro"
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 850.3 KB

Il momento clou!
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 467.7 KB
fedebobo
Messaggio: #33
Non capisco perché ho perso questo reportage fino ad oggi.
Devo farti i miei più sinceri complimenti: è uno splendido reportage con dei singoli scatti veramente superlativi!

Grazie della condivisione
Roberto
macromicro
Messaggio: #34
Affascinante cercare di capire le culture e il modo di vivere altrui senza i pregiudizi nostri
jxmauro
Messaggio: #35
... mi ero fermato alle prime !,

complimenti per tutte le belle foto, alcune veramente super

complimenti e grazie per il racconto, anche se lo avrei limitato al solo completamento delle immagini

e complimenti per il viaggio.
vvtyise@tin.it
Messaggio: #36
bello ed interessante, notevole la serie ultima di ritratti.
Davo84
Messaggio: #37
Wow biggrin.gif
Bellissime foto, ma avrei un po paura a puntare la D700 ad 4 tipi armati di kalashnikov!
Stidy
Messaggio: #38
Grazie a te Roberto del passaggio e del tuo commento.

@Macromicro:
In effetti è la parte più difficile di un viaggio del genere.
Molto spesso il contatto con culture tanto differenti genera in taluni "occidentali" un rapporto distaccato, che non va oltre la superficie e talvolta può arrivare all'orrore nell'assistere a rituali particolarmente cruenti.
Mi viene in mente per esempio la lotta cui si dedicano gli uomini Mursi o Surma (il "Donga") che si svolge a colpi di bastone e l'unico limite invalicabile è la morte.
Va da se che nonostante alcune protezioni che portano, spesso scorre il sangue.

A mio avviso bisogna però cercare di capire il mondo in cui ci si trova, spogliandosi con umiltà da ogni pregiudizio e cercando, per quanto possibile, di entrare in sintonia con l'ambiente circostante.
L'esperienza che ne deriva è molto più forte ed è possibile comprendere (o cercare di comprendere) il perché di certe situazioni e il loro profondo significato.
Insomma, in parole povere, una mente aperta aiuta molto.

Provo a fare un esempio:
Una delle prime cose che colpisce fin dall'inizio è il forte odore emanato dai corpi di questi popoli.
Se su un primo momento la sensazione è sgradevole (parlo per me stesso), dopo diversi giorni l'olfatto si comincia ad abituare e ho cominciato a percepirlo come odore emanato dall'uomo in quanto "animale uomo", mammifero, selvatico, trovandolo talvolta stimolante.
Noi siamo ormai abituati a coprire ed eliminare il nostro odore con diversi prodotti, ma evidentemente nella nostra memoria storica è rimasta traccia del nostro essere animali ed ecco perché a volte i sensi vengono risvegliati non appena incontrano qualcosa che li riporta all'origine.

@Jxmauro
Ciao, grazie del commento.
In effetti sono stato in alcuni momenti un po' prolisso, ma ho ritenuto importante scendere più in dettaglio nella spiegazione per permettere non solo una declinazione spazio temporale dell'immagine, ma per aiutare, soprattutto, a comprendere il contesto in cui è stata scattata.

@vvtyise
Grazie per il passaggio e il commento.

Davo84
Ciao e grazie per il commento.
In effetti a parte l'apparenza non ci sono problemi a far foto a queste tribù armate di tutto punto.
In realtà, nonostante si tratti sempre di situazioni reali e non costruite apposta per i turisti, per entrare nei villaggi e poter fare foto occorre pagare.
Qui si apre un dibattito al quale sono riuscito da dare una mia visione:
E' corretto pagare per fare una foto al tal bambino o al talaltro uomo?
Questo fatto di mercificare il volto sminuisce la naturalità del rapporto con questa tribù?

Io sono arrivato a questa conclusione:
Se entro dal tabaccaio e compro una cartolina che raffigura una tipica donna tirolese nel suo vestito tipico... la pago.
Se voglio la collanina o gli orecchini fatti dalle donne Hamer... li pago.
Di fatto questi popoli, per altro poverissimi, mettono in vendita la loro immagine e non lo trovo svilente e ne il rapporto tra me e loro viene modificato.
Stiamo parlando di 2 Bir (moneta etiope) che equivale al cambio attuale a "ben" 0,09 euro.

Tornando a noi...
Da Turmi, ci siamo spostati nel parco Mago (verso Nord) per incontrare i Mursi, l'etnia più particolare di tutto il viaggio.

I Mursi sono valorosi e feroci guerrieri ed è obbligatorio essere scortati da un ranger armato (a me è sembrata gente tranquilla come gli altri). In questi villaggi è consigliato di entrare solo in mattina ed è una precauzione che sembra avere una sua logica: gli uomini, purtroppo, sin dal mattino bevono una birra “artigianale” derivata dalla fermentazione del sorgo (un cereale che si coltiva in tutta Etiopia) che fa sì che, molto di frequente, divengano aggressivi, litigiosi, insomma pericolosi. Considerando che ognuno di loro possiede un’arma automatica come gli Hamer conviene stare alle regole.

Per i Mursi il combattimento e la lotta costituiscono la forma più alta di prestigio e di rispetto: la forza, nella sua dimensione più violenta, è considerata l’espressione massima di valore e di potenza.
Il Thagine, ad esempio, è il combattimento con lunghi bastoni (prendono il nome di Donga), la cui punta arrotondata ricorda il simbolo fallico. E’ una feroce arte marziale dove l’unico limite da non oltrepassare è quello della morte, per il resto qualsiasi colpo è ammesso ed il sangue, di conseguenza, scorre a fiumi. A volte alcune cicatrici sui corpi dei lottatori rimarranno per la loro intera vita.
Colui che vince verrà portato in trionfo dai componenti del villaggio, sarà rispettato da tutti ed ammirato dalle donne.
Si stima che la popolazione dei Mursi ammonti a circa 10.000 individui, quasi tutti dediti alla pastorizia. Sono semi nomadi e si spostano, a seconda delle stagioni, tra la Pianura di Tama ed i monti Mursi, all’interno del Parco Nazionale del Mago. Coltivano sorgo, granoturco, fagioli e ceci. Si dedicano alla caccia con estrema abilità. Sono divisi in 18 clan e parlano una lingua cosiddetta Surmica.
Le loro donne sono famose per l’utilizzo del piatto labiale, che spesso inseriscono anche nel lobo delle orecchie. Questi dischi di argilla, decorati con disegni geometrici e colorati con sostanze naturali, arrivano a misurare anche 16 centimetri di diametro.
Le ragazze, sin da giovanissime, praticano un’incisione (in genere) nel labbro inferiore, assistite dalle donne più anziane, inserendo prima cilindri in legno di diverse dimensioni (dai più piccoli ai più grandi), per poi giungere ad indossare il piatto in terracotta, dotato di una scanalatura lungo il bordo esterno.
Le donne, a causa della scomodità nell’indossarli, li inseriscono solo quando sono in presenza degli uomini o per particolari ricorrenze. Di solito lasciano pendere tranquillamente il labbro inciso, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
L’asportazione degli incisivi è comune a tutte le donne Mursi (questa pratica è presente anche in altre etnie, in diversi paesi dell’Africa) ed è adottata, oltre che per facilitare l’introduzione del piatto, anche per consentire l’alimentazione forzata nei casi, spesso comuni, di complicazioni derivate dall’aver contratto il tetano.
Secondo alcuni antropologi questa consuetudine sembra che sia nata nel periodo della tratta degli schiavi, proprio per scoraggiare questi crudeli mercanti dal rapire e deportare le donne che, in tal modo, ai loro occhi apparivano deformi e di conseguenza venivano scartate. Altri credono che questo fosse un rimedio per impedire al male di penetrare nel corpo attraverso la bocca. Altri ancora considerano il piatto labiale quale segno distintivo di ricchezza e prestigio per la donna che lo indossa: maggiore è il suo diametro, più numerosi saranno i capi di bestiame richiesti dalla famiglia per concederla in sposa al pretendente. La teoria più credibile sembra considerare il piatto labiale un incontrovertibile simbolo di identità tribale, una sorta di “iniziazione” della donna Mursi che dalla pubertà passa alla fertilità ed alla maturità.
Oggi l’indossare il piatto è sinonimo di bellezza: più è grande, più la donna è affascinante e corteggiata.
Molte donne Mursi, come quasi tutte le donne appartenenti alle diverse tribù della Bassa Valle dell’Omo, ed anche gli uomini, praticano la scarificazione del corpo per apparire più attraenti: consiste nel taglio sottopelle ed è una pratica dolorosa e non priva di rischi, viste le condizioni igieniche non certo ideali. Si disegnano prima sul corpo, con un legnetto intriso di gesso ed acqua, i punti dove effettuare i tagli con la lametta, poi si alza la pelle nel punto contrassegnato con un rametto spinoso e si incide. Si cosparge la ferita con cenere ed acqua o polveri derivate dalla macinazione di radici particolari. Le cicatrici che si formeranno quando il taglio si sarà rimarginato, daranno vita ad un tatuaggio a rilievo di particolare effetto.
Sempre le donne di questa etnia amano adornarsi il capo ed il viso con acconciature stravaganti: zanne di facocero o di altri animali uccisi, gusci di lumache, zucche, piume, bacche colorate, conchiglie di fiume, monili di metallo intrecciati con pelli di animali. Hanno il seno scoperto e indossano gonne di pelle ornate con cipree (conchiglie che, sino a pochi decenni fa, erano considerate moneta di scambio) o perline colorate.

I giovani guerrieri Mursi, dopo aver superato le prove di iniziazione, si fanno scarificare il caratteristico tatuaggio a forma di rondine sull’avambraccio.
Spesso anche gli uomini si adornano il capo con grandi orecchini di metallo e zanne di animali, oltre che con piume.

Donne Mursi
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 1.3 MB

IPB Immagine Ingrandimento full detail : 1 MB

IPB Immagine Ingrandimento full detail : 884.1 KB

IPB Immagine Ingrandimento full detail : 1 MB

Uomini MursiIPB Immagine Ingrandimento full detail : 568.7 KB

Ragazze
IPB Immagine Ingrandimento full detail : 437.2 KB

IPB Immagine Ingrandimento full detail : 992.4 KB

IPB Immagine Ingrandimento full detail : 1 MB

IPB Immagine Ingrandimento full detail : 814.8 KB

IPB Immagine Ingrandimento full detail : 952.4 KB

IPB Immagine Ingrandimento full detail : 857.5 KB
macromicro
Messaggio: #39
Apprezzo sempre più la completezza del tuo reportage. Due domandine: come hai fatto a comunicare con queste etnie così diverse? A che età formano una famiglia?
Stidy
Messaggio: #40
Ciao Macromicro,
intanto grazie per i tuoi commenti.

Dunque... all'ingresso in Etiopia si è unita a noi una guida (richiesta dall'Italia) che aveva il compito di espletare le necessarie formalità e farci da interprete proprio in quelle zone dove l'inglese è ignoto, ma soprattutto era in grado di trattare con i vari capi villaggio per trovare la migliore soluzione possibile.
Inoltre avevamo chiesto di non seguire (per quanto possibile) le logiche turistiche, ma andare alla ricerca dei villaggi meno contaminati e quindi più genuini.
E' grazie a lui che siamo riusciti a trovare un villaggio dove si celebrava il rituale del salto del toro.

Per quanto riguarda l'età alla quale questi popoli cominciano a formare una famiglia beh... non è facile rispondere. perché spesso l'età delle persone è indefinibile, ma posso dirti che nel momento che una ragazza diventa fertile e un ragazzo è in grado di avere un rapporto sessuale... tutto è possibile.
Sto parlando comunque di accordi presi tra la famiglia della ragazza e quella del ragazzo (in certi casi).
Prendi per esempio il ragazzino del salto del toro, poco più che un bambino (ai miei occhi)... l'iter evolutivo, una volta superata la prova è già segnato, girerà il suo villaggio e quelli limitrofi alla ricerca della compagna (la prima, dato che la poligamia è molto diffusa).

Posso dire che secondo me la costruzione della famiglia può avvenire intorno ai 14 anni per le ragazze e qualche anno in più per i ragazzi... dipende poi molto da altri fattori, quali per esempio lo status delle due famiglie.
Comunque è un dato che può variare molto.

A presto
Stefano
Cesare44
Messaggio: #41
complimenti, fotograficamente molto documentato e ben narrato con dei ritratti strepitosi.

ciao
macromicro
Messaggio: #42
Mi interessano molto le varie abitudini di vita. Grazie per le spiegazioni/informazioni molto dettagliate.
Le ragazze/donne partecipano al mantenimento dell'unione o il tutto è a carico del 'marito' ?
Veramente affascinante/interessante poter entrare in contatto con le etnie ancora non contaminate dal turismo per poter rendersi conto dei differenti modi di vita. Non so se lo hai già precisato: quanti gg. è durato il tuo viaggio/avventura?
 
Discussioni simili Iniziata da Forum Risposte Ultimo messaggio
2 Pagine: V  < 1 2