Sembra che la pellicola, specie in B&W, stia vivendo quasi una seconda giovinezza.
Per tutti coloro che amano completare il processo con la stampa da ingranditore, mi permetto di trascrivere qualcosa sulle carte, informazioni tratte da vecchi appunti di camera oscura e testi divulgativi di qualche anno fa, che spero vorrete arricchire con le vostre esperienze, correggendo anche eventuali miei errori.
Classificazione delle carte da stampa.
Le carte da stampa si classificano:
1) in base al supporto, cioè carte baritate o politenate
2) in base al contrasto, da gradazione 0 (morbidissima) a gradazione 5 (molto contrastata);
3) in base al tono, cioè neutro, caldo, freddo
3) in base alla superficie, cioè lucide, matt, semi-matt, perla.
Carte baritate o politenate
Le carte baritate sono rivestite da uno strato di solfato di bario, che si frappone tra il supporto e l'emulsione; questo strato intermedio impedisce all'emulsione di penetrare tra le fibre della carta ed "illumina" i bianchi.
Le baritate, per via dell'unico strato di solfato di bario, tendono ad accartocciarsi durante l'asciugatura e richiedono di essere spianate con un rullo su una superficie solida e levigata, oppure di essere "smaltate" (se si desidera una superficie lucida) con la smaltatrice (vecchio attrezzo all'epoca anche molto costoso!). Inoltre, assorbono i bagni più lentamente (con tempi di immersione mediamente superiori rispetto alle politenate) e, soprattutto, li eliminano altrettanto lentamente, tanto da imporre lo sgocciolamento tra sviluppo, arresto e fissaggio e tempi di lavaggio praticamente biblici!
Le carte politenate sono invece interamente rivestite di polietilene; il supporto, quindi, non si accartoccia, nè si impregna di liquidi, per cui non è necessaria la smaltatura (in verità è assolutamente controindicata: il polietilene, con il calore .... vi lascio immaginare!), i tempi di immersione nei liquidi sono più contenuto ed il lavaggio si conclude in tempo ragionevole; l'asciugatura, infine, è assai semplice e non richiede particolari cautele.
La gradazione delle carte
Come già detto, la gradazione della carta viene espressa da un numero compreso tra 0 e 5. Normalmente si usa la carta n° 2 o n° 3, a secondo che si stampi in luce diffusa o condensata, sempre che il negativo presenti una corretta e quanto più possibile estesa gamma tonale. Invece, qualora il negativo sia eccessivamente "morbido", si potrà tentare di riprendere questo suo difetto usando una carta di gradazione più elevata (n° 4 oppure, in casi estremi, n° 5), così come, all'inverso, per un negativo eccessivamente contrastato si potrà tentare con una cartà di gradazione più bassa (n° 1, quasi mai la n° 0!). La carta di gradazione 1 è inoltre indicata per i provini a contatto.
Il massimo della comodità e del risparmio, ovviamente, è acquistare ed usare le carte a contrasto variabile: basta cambiare i filtri ed il gioco è fatto!
Toni freddi, toni caldi e toni neutri
Questa qualità si riferisce alla tonalità di riproduzione dei neri, che può tuttavia essere influenzata anche dal tipo di rivelatore usato e dalla sua dluizione.
La superficie delle carte
Le carte con superficie lucida presentano un aspetto, per così dire, "speculare"; le matt e le semi-matt, invece, si caratterizzano per l'aspetto più o meno "opaco", mentre le perla sono appositamente lavorate per presentare un aspetto elaborato, quasi da "filigrana".
Cos'altro aggiungere sulle carte? Hmm ... sì, ci sono
Difetto di reciprocità: come per le pellicole, anche per le carte l'esposizione ridotta o prolungata oltre un certo tempo produce l'effetto Schwarzshild; non vi è quindi recirpocità e l'esposizione deve essere corretta.
Sensibilità spettrale: le carte da stampa B&W sono sensibili solo ad una porzione dello spettro, generalmente alla luce blu ed un pò, talvolta, al verde. Ecco perchè in CO basta una tenue luce rossa per non restare ... all'oscuro !
Sensibilità nominale: è espressa (ma non sempre i fabbricanti la indicano) in valori ANSI oppure ISO P; ovviamente, è un valore completamente diverso rispetto a quello delle pellicole, con le quali ha nulla a che vedere!
La giusta coppia "carta-rivelatore"
Per lo sviluppo delle pellicole l'influenza del rivelatore è molto più marcata. Anche nella fase di stampa, tuttavia, scegliere un certo tipo di rivelatore piuttosto che un altro in relazione alla carta usata può condizionare il risultato finale. A tale proposito bisogna tenere presente che quasi tutti i rivelatori, salvo diversa indicazione del produttore, danno sulla stampa finale neri dal tono neutro; questo accade ovviamente alla diluizione standard, in quanto se i limiti consigliati nelle istruzioni vengono superati aumentando la diluizione (e quindi anche il tempo di sviluppo) si otterranno un contrasto più contenuto e neri che tendono alla tonalità calda.
Il rivelatore deve essere usato ad una diluizione tale da generare tempi di sviluppo sufficienti per eventuali, ed a volte necessari, interventi manuali di sviluppo (c.d. "sviluppo selettivo", che si ottiene riscaldando o raffreddando parti della carta con vari metodi per renderli soggetti a differenti risultati); se si usa un rivelatore "speed", oppure uno normale ma con alto rapporto di diluizione, i tempi saranno così rapidi da non consentire acuna possibilità di intervento (e ciao ciao creatività!).
E allora ... quale carta scelgo? E con quale rivelatore?
E' la domanda da un milione di dollari, quella che molti di voi si porranno dopo avere letto questo mio sproloquio. Ed io son qui per darvi l'unica risposta possibile ... e cioè che una risposta non esiste!
Ebbene si, per ottenere una stampa di qualità che faccia "schizzar fuori" il soggetto non c'è una regola di carattere generale, ma bisogna acquisire ed imparare ad usare in camera oscura le stesse capacità di "prefigurazione del risultato" che ci sono così care in fase di ripresa. La scelta del supporto, della superficie, del contrasto e dei toni vanno fatte di volta in volta sulla base del negativo prescelto (punto di partenza: un buon esame del nagativo e dei buoni provini a contatto, seguiti da un buon provino d'esposizione) e sulla base del risultato che vogliamo raggiungere.
Per le prime volte sembrerà fatica sprecata, poi con l'esperienza alcune cose si cominceranno a dare per scontate e sarà anche possibile riconoscere "ad occhio" cosa ci serve per una piccola, grande stampa finale!
Buona Nikon a tutti voi.
Vincenzo
P.S.: a presto, se vi interessa, con i piccoli trucchi di "manualità" in CO: flashing, vignettatura, sviluppo selettivo ed altro ancora ... sono alla portata di tutti ed aiutano ad ottenere i risultati che desideriamo.
Per tutti coloro che amano completare il processo con la stampa da ingranditore, mi permetto di trascrivere qualcosa sulle carte, informazioni tratte da vecchi appunti di camera oscura e testi divulgativi di qualche anno fa, che spero vorrete arricchire con le vostre esperienze, correggendo anche eventuali miei errori.
Classificazione delle carte da stampa.
Le carte da stampa si classificano:
1) in base al supporto, cioè carte baritate o politenate
2) in base al contrasto, da gradazione 0 (morbidissima) a gradazione 5 (molto contrastata);
3) in base al tono, cioè neutro, caldo, freddo
3) in base alla superficie, cioè lucide, matt, semi-matt, perla.
Carte baritate o politenate
Le carte baritate sono rivestite da uno strato di solfato di bario, che si frappone tra il supporto e l'emulsione; questo strato intermedio impedisce all'emulsione di penetrare tra le fibre della carta ed "illumina" i bianchi.
Le baritate, per via dell'unico strato di solfato di bario, tendono ad accartocciarsi durante l'asciugatura e richiedono di essere spianate con un rullo su una superficie solida e levigata, oppure di essere "smaltate" (se si desidera una superficie lucida) con la smaltatrice (vecchio attrezzo all'epoca anche molto costoso!). Inoltre, assorbono i bagni più lentamente (con tempi di immersione mediamente superiori rispetto alle politenate) e, soprattutto, li eliminano altrettanto lentamente, tanto da imporre lo sgocciolamento tra sviluppo, arresto e fissaggio e tempi di lavaggio praticamente biblici!
Le carte politenate sono invece interamente rivestite di polietilene; il supporto, quindi, non si accartoccia, nè si impregna di liquidi, per cui non è necessaria la smaltatura (in verità è assolutamente controindicata: il polietilene, con il calore .... vi lascio immaginare!), i tempi di immersione nei liquidi sono più contenuto ed il lavaggio si conclude in tempo ragionevole; l'asciugatura, infine, è assai semplice e non richiede particolari cautele.
La gradazione delle carte
Come già detto, la gradazione della carta viene espressa da un numero compreso tra 0 e 5. Normalmente si usa la carta n° 2 o n° 3, a secondo che si stampi in luce diffusa o condensata, sempre che il negativo presenti una corretta e quanto più possibile estesa gamma tonale. Invece, qualora il negativo sia eccessivamente "morbido", si potrà tentare di riprendere questo suo difetto usando una carta di gradazione più elevata (n° 4 oppure, in casi estremi, n° 5), così come, all'inverso, per un negativo eccessivamente contrastato si potrà tentare con una cartà di gradazione più bassa (n° 1, quasi mai la n° 0!). La carta di gradazione 1 è inoltre indicata per i provini a contatto.
Il massimo della comodità e del risparmio, ovviamente, è acquistare ed usare le carte a contrasto variabile: basta cambiare i filtri ed il gioco è fatto!
Toni freddi, toni caldi e toni neutri
Questa qualità si riferisce alla tonalità di riproduzione dei neri, che può tuttavia essere influenzata anche dal tipo di rivelatore usato e dalla sua dluizione.
La superficie delle carte
Le carte con superficie lucida presentano un aspetto, per così dire, "speculare"; le matt e le semi-matt, invece, si caratterizzano per l'aspetto più o meno "opaco", mentre le perla sono appositamente lavorate per presentare un aspetto elaborato, quasi da "filigrana".
Cos'altro aggiungere sulle carte? Hmm ... sì, ci sono
Difetto di reciprocità: come per le pellicole, anche per le carte l'esposizione ridotta o prolungata oltre un certo tempo produce l'effetto Schwarzshild; non vi è quindi recirpocità e l'esposizione deve essere corretta.
Sensibilità spettrale: le carte da stampa B&W sono sensibili solo ad una porzione dello spettro, generalmente alla luce blu ed un pò, talvolta, al verde. Ecco perchè in CO basta una tenue luce rossa per non restare ... all'oscuro !
Sensibilità nominale: è espressa (ma non sempre i fabbricanti la indicano) in valori ANSI oppure ISO P; ovviamente, è un valore completamente diverso rispetto a quello delle pellicole, con le quali ha nulla a che vedere!
La giusta coppia "carta-rivelatore"
Per lo sviluppo delle pellicole l'influenza del rivelatore è molto più marcata. Anche nella fase di stampa, tuttavia, scegliere un certo tipo di rivelatore piuttosto che un altro in relazione alla carta usata può condizionare il risultato finale. A tale proposito bisogna tenere presente che quasi tutti i rivelatori, salvo diversa indicazione del produttore, danno sulla stampa finale neri dal tono neutro; questo accade ovviamente alla diluizione standard, in quanto se i limiti consigliati nelle istruzioni vengono superati aumentando la diluizione (e quindi anche il tempo di sviluppo) si otterranno un contrasto più contenuto e neri che tendono alla tonalità calda.
Il rivelatore deve essere usato ad una diluizione tale da generare tempi di sviluppo sufficienti per eventuali, ed a volte necessari, interventi manuali di sviluppo (c.d. "sviluppo selettivo", che si ottiene riscaldando o raffreddando parti della carta con vari metodi per renderli soggetti a differenti risultati); se si usa un rivelatore "speed", oppure uno normale ma con alto rapporto di diluizione, i tempi saranno così rapidi da non consentire acuna possibilità di intervento (e ciao ciao creatività!).
E allora ... quale carta scelgo? E con quale rivelatore?
E' la domanda da un milione di dollari, quella che molti di voi si porranno dopo avere letto questo mio sproloquio. Ed io son qui per darvi l'unica risposta possibile ... e cioè che una risposta non esiste!
Ebbene si, per ottenere una stampa di qualità che faccia "schizzar fuori" il soggetto non c'è una regola di carattere generale, ma bisogna acquisire ed imparare ad usare in camera oscura le stesse capacità di "prefigurazione del risultato" che ci sono così care in fase di ripresa. La scelta del supporto, della superficie, del contrasto e dei toni vanno fatte di volta in volta sulla base del negativo prescelto (punto di partenza: un buon esame del nagativo e dei buoni provini a contatto, seguiti da un buon provino d'esposizione) e sulla base del risultato che vogliamo raggiungere.
Per le prime volte sembrerà fatica sprecata, poi con l'esperienza alcune cose si cominceranno a dare per scontate e sarà anche possibile riconoscere "ad occhio" cosa ci serve per una piccola, grande stampa finale!
Buona Nikon a tutti voi.
Vincenzo
P.S.: a presto, se vi interessa, con i piccoli trucchi di "manualità" in CO: flashing, vignettatura, sviluppo selettivo ed altro ancora ... sono alla portata di tutti ed aiutano ad ottenere i risultati che desideriamo.