Sono un geologo fiorentino.
Vivo molte vite: la mia e quella di chi scrive i libri che leggo.
Vedo con molti occhi: con i miei e con quelli di chi scatta le foto che guardo.
Ad essere onesto, non ho mai avuto la pura passione della fotografia, quella che corre il rischio di essere fine a se stessa. Per me la foto è sempre stato il mezzo privilegiato, ancor più della penna, per descrivere e fissare gli scenari dei mondi di cui andavo in cerca: montagne, nevi, fiumi, spazi di solitudine e, più recentemente, città con le loro genti.
Fin dal '79, con la mia prima macchina 'seria' (una piccola Rollei con il suo bel Tessar 40/3,5) non sono mai uscito un giorno di casa senza zaino e senza fotocamera: mi sentirei nudo.
Digitale dal '98 (con la Coolpix 900), ho subìto immediatamente il fascino della camera oscura elettronica: un modo finalmente efficace per mettere a punto la resa tonale delle immagini così da trasmettere la stessa sensazione che ho provato io guardando il mondo che mi si è parato davanti all'obiettivo.
Non mi sento in diritto di correggere o modificare una realtà, ma avverto il dovere di restituire intatta -per quanto possibile- una visione. Per questo il file raw non è per me un feticcio, ma una fredda, utilissima matrice matematica. Gli occhi di coloro che vedono l'immagine -sia sul bianco della carta che sul nero di Flickr- sono invece l'unica cosa importante: vorrei che vedessero, come coi miei occhi, ciò che di irripetibile il mondo mi ha dato di vedere.
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