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Incontro Con Steve Mccurry
, a tu per tu con uno dei Maestri della fotografia
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dfgianluca
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Messaggio: #1
In una gradevole mattina autunnale, a Roma, l’incontro che aspetti da una vita. Era il 1985 l’anno in cui il National Geographic pubblicava il ritratto della “Ragazza Afghana” e, dopo 26 anni, la possibilità di avere di fronte l’autore di quel capolavoro e di tanti altri.

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Solo l’idea mi fa correre i brividi lungo la schiena. Levataccia mattutina, ma con un sorriso a 32 denti. Controllo la borsa, c’è la mia D 700, ma quale obiettivo portare? Vada per il 50/1.4 G, infine vado ad incontrare Steve Mc Curry, che quell’obiettivo l’ha reso famoso!!! Ritardo del treno, ma l’avevo previsto. Ritardo dell’autobus, ma era previsto!!! Nonostante i ritardi vari arrivo al museo MACRO di Testaccio La Pelanda, con un’ora di anticipo rispetto all’inizio della conferenza stampa: non l’avrei persa per niente al mondo!!! Beh, l’idea di base era di utilizzare l’anticipo per visionare la mostra dei 60 anni dell’A.N.S.A. al Vittoriano, ma ci sarà tempo e modo per farlo più tardi; e questa, comunque, è tutta un’altra storia. La Pelanda è enorme, meravigliosa anche se al solo pensiero di quella che era la quotidianità un secolo fa mi toglie il respiro. Era un mattatoio, ed oggi con una meravigliosa opera di recupero architettonico è una straordinaria sede espositiva. Arrivando, un passante immortala la gigantografia del ritratto di Sharbat Gula, locandina dell’esposizione, tiro fuori la macchina e lo immortalo.

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La vera sorpresa, però, è celata subito all’interno dei locali. Sono il primo ad arrivare e, con mio grande stupore, Steve è già lì! Disponibilissimo al colloquio con tutti.

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Mi accomodo e dopo pochisismi minuti accade l’impensabile: Steve Mc Curry si alza, viene verso di me, mi porge la mano e mi dice: “Hi, I’m Steve, thank you!” Rimango come un cretino…la prima cosa che mi passa per la testa è: ”Lo so chi sei… non c’è alcun bisogno che tu me lo dica!!!” nel frattempo avevo già fatto la figura del perfetto imbecille, me ne accorgo e timidamente rispondo alla stretta di mano replicando appena il mio nome con un “Nice to meet you, Steve!”. Sorride e si riaccomoda alla scrivania, rilasciando una lunga intervista. Io nel frattempo sono combattuto tra il nascondere la testa sotto il pavimento oppure ascoltare le parole del Maestro. Le sue fotografie hanno un linguaggio chiaro, immediato, mai scontato. Ma lui, per me, è ipnotico. Non rispondo praticamente a stimoli esterni, di nessun tipo. Con voracità assumo tutte le sue frasi, gli aneddoti, il dietro le scene e dopo una chiacchierata di pochi minuti scopro di aver imparato moltissimo sulla fotografia che, come professionista forse, avrei già dovuto sapere. Arrivano gli altri invitati giornalisti e non, la stanza si riempie e la conferenza ha inizio.

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Dopo i convenevoli dell’organizzazione e dell’Assessore alla cultura del Comune di Roma, la parola passa a Fabio Novembre, architetto e curatore della mostra.

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Ci presenta Steve, e ci spiega com’è stato lavorare con lui: “La vita di Steve assomiglia a un lungo viaggio in cui la sua abitazione newyorkese è più un deposito bagagli che un rifugio per ritemprarsi, perché, senza alcuna retorica: la sua casa è ovunque. Mentre la nostra idea di casa assomiglia sempre più ad arroganti dichiarazioni di potere ben salde sulla terra che occupiamo, a manifesti di felicità individuale che non contemplano alcuna ricaduta collettiva, le case nelle foto di Steve sono precarie, come le vite di chi le abita, simili a strutture cellulari labili. Ed è esattamente questa suggestione che cercato di riportare all’interno dei grandi spazi del Macro, un allestimento come un villaggio nomade, strutture che si compenetrano per restituire quel senso di solidarietà che si respira nelle foto di McCurry. Con un criterio espositivo che non tiene conto di variabili spazio-temporali, ma che lavora sull’assonanza dei soggetti, sugli imprevisti gradi di parentela che restituiscono il senso dell’umanità.” Poi la parola passa a Steve che mi spiega con il suo modo di fare come ha fatto ad entrare talmente in sintonia con i soggetti da lui ritratti, e non lo fa illustrandolo verbalmente, ma lo fa agendo.

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In pochi minuti Lui, la star dell’evento, il catalizzatore di un centinaio di persone quel giorno ed un centinaio di migliaia nei mesi che seguiranno, riesce a diventare trasparente agli occhi dei convenuti. Ha parole di elogio per gli organizzatori, per la struttura, per Fabio Novembre che ha creato “la più bella esposizione di sempre dei suoi lavori”, ha parole di stima ed affetto per la famiglia Lavazza (presente) per avergli commissionato il progetto Tierra e poi ha parole stupende per l’Italia e gli italiani, il tutto condito da una palese e sincera emozione. Ha parole incredibili per Epson e per le persone che hanno materialmente realizzato le stampe, per l’assoluta fedeltà dei colori e delle sfumature. Ecco, in un paio di minuti Steve McCurry è riuscito a spostare l’attenzione dei presenti da Lui, baricentro dell’avvenimento, a tutte le persone che hanno reso quest’esposizione possibile. Ha ringraziato tutti i convenuti e, con fare camaleontico, si è reso neutrale nonostante fosse al centro di un tavolo con tutti gli obiettivi puntati contro.
Finalmente ha inizio la visita.

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Questa sorta di capanne in policarbonato volute da Fabio Novembre racchiudono storie diverse, accumunate da un qualcosa che non è il posto o il tempo in cui sono state scattate le foto.

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Ogni postazione ha un soggetto, “c’è la vita e c’è la morte nelle foto di Steve, e quel breve o lungo percorso che le unisce”. Le foto sono state divise in modo apparentemente casuale, ma non è così. Addentrandoci nel percorso è impossibile non fare domande a Steve, e mi rapisce in particolare una sua foto, celeberrima, quella del sarto. Gli chiedono come l’abbia realizzata e la sua descrizione parte dalla connotazione storico-geografica dello scatto. “in India, durante il periodo dei monsoni, può capitare anche che piova per quindici, venti giorni consecutivamente ed in alcuni paesi capita che il livello dell’acqua si innalzi fino a raggiungere il collo delle persone. Io ero lì, ho vissuto nell’acqua con loro, e sono riuscito a realizzare questa foto”. Resto allibito. La mia anima inizia un viaggio all’interno di ogni singolo scatto.

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Immagino tutto quello che c’è oltre i limiti del fotogramma e riesco anche a vedere chi c’è dietro l’obiettivo.

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È la fotografia come io l’ho sempre immaginata.

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Come io la desidero. Raccontare una storia attarverso un’immagine. Un dono di cui Steve ci ha reso partecipi. Mi “risveglio” dinanzi alle fotografie dell’ultima pellicola Kodachrome, che Kodak ha deciso di affidare a Steve e da cui sono nati gli ultimi capolavori su pellicola firmati dal fotografo di National Geographic.

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Con una battuta afferma di voler abbandonare il digitale per tornare alla pellicola!

Proseguiamo nell’allestimento e raggiungiamo lo spazio espositivo dedicato all’Italia. Nei pressi di una foto ritraente Venezia gli chiedono come sia stato fotografare l’Italia, per lui che diventato celebre per le foto realizzate nel Sud Est. “E’ difficile realizzare uno scatto originale in questo gigantesco museo vivente che, tra l’altro, è già stato fotografato, ottimamente, da tanti altri fotografi.” E’ ancora lui, al centro della sua esposizione a promuovere l’operato di altri, di sconosciuti. Prima di raggiungere la fine dell’esposizione Steve viene rapito dai numerosi giornalisti presenti per le interviste. E’ disponibile con tutti, risponde a tutte le domande. Con un’umiltà impossibile da raccontare replica ad ogni quesito, anche a quelli cui aveva già risposto. Con un sorriso risponde anche alla giornalista che gli aveva chiesto quanto “Photoshop” ci fosse nei suoi scatti, indicando che in quella sala in particolare solo una foto fosse digitale, mentre tutte le altre erano state scattate su pellicola.

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Si susseguono i giornalisti, passa il tempo e gli organizzatori hanno premura di recuperare Steve, sottrendolo al mio desiderio di imparare.

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Dopo un ultimo scambio di battute ed una foto insieme mi congedo. Per tutto il resto della giornata resto realmente estasiato, riflettendo sulla mia giornata e tutte le cose bellissime che ho ascoltato e visto.

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Grazie Steve per avermi illuminato!

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dfgianluca   Incontro Con Steve Mccurry   Dec 7 2011, 06:35 PM
meialex1   Bel racconto Gianluca. Grazie per averlo condiviso...   Dec 7 2011, 07:23 PM
mbbruno  
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