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Fotogiornalismo
quale rivista?
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Francesco T
Messaggio: #1
Comincio subito con la domanda:
quale, secondo voi, è oggi la migliore rivista - italiana e straniera - rappresentativa di questo genere?

La domanda nasce da considerazioni, a seguito delle due principali variazioni che stanno incidendo sul fotogiornalismo: le fonti economiche, il fotogiornalismo di massa.

La principale fonte di reddito dei magazine oggi, non è la tiratura delle copie, bensì la pubblicità che essi ricevono (escluderei per ora gli aiuti pubblici).
In altre parole, guadagno più a pubblicare due pagine intere di un profumo francese che probabilmente otto copie del giornale. Quanto influenza questo fenomeno sulle scelte redazionali? In parole semplici, se dovessi pubblicare un reportage contro l' industria che mi compra le due pagine di prima, quanto sarò libero di farlo, visto che la mia sopravvivenza dipende più dal suo denaroche dal mio numero di lettori?

Fra macchine fotografiche digitali e telefoni cellulari con fotocamera sempre più diffusi e sempre più onnipresenti nella nostra giornata, si va diffondendo rapidamente l' utilizzo da parte dei media di immagini non realizzate da professionisti. Sebbene fino a poco tempo fa, queste erano pubblicate solo su siti internet poco conosciuti e blog personali, ora quasi tutte le testate giornalistiche invitano i lettori ad inviare loro foto. Quale credete sarà il contributo di questa nuova disponibilità di immagini al fotogiornalismo?

Saluti
Francesco

Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #2
QUOTE(Francesco T @ May 28 2006, 05:55 PM)
Comincio subito con la domanda:
quale, secondo voi, è oggi la migliore rivista - italiana e straniera - rappresentativa di questo genere?

La domanda nasce da considerazioni, a seguito delle due principali variazioni che stanno incidendo sul fotogiornalismo: le fonti economiche, il fotogiornalismo di massa.

La principale fonte di reddito dei magazine oggi, non è la tiratura delle copie, bensì la pubblicità che essi ricevono (escluderei per ora gli aiuti pubblici).
In altre parole, guadagno più a pubblicare due pagine intere di un profumo francese che probabilmente otto copie del giornale. Quanto influenza questo fenomeno sulle scelte redazionali? In parole semplici, se dovessi pubblicare un reportage contro l' industria che mi compra le due pagine di prima, quanto sarò libero di farlo, visto che la mia sopravvivenza dipende più dal suo denaroche  dal mio numero di lettori?

Fra macchine fotografiche digitali e telefoni cellulari con fotocamera sempre più diffusi e sempre più onnipresenti nella nostra giornata, si va diffondendo rapidamente l' utilizzo da parte dei media di immagini non realizzate da professionisti. Sebbene fino a poco tempo fa, queste erano pubblicate solo su siti internet poco conosciuti e blog personali, ora quasi tutte le testate giornalistiche invitano i lettori ad inviare loro foto. Quale credete sarà il contributo di questa nuova disponibilità di immagini al fotogiornalismo?

Saluti
Francesco
*


Leggo solo ora di questa discussione ohmy.gif ... cerotto.gif
Francesco non conosco a sufficenza il panorama delle testate estere che si occupano di questo particolare tema. Mi viene quindi in mente la più famosa: il N.G.
In Italia invece credo che le testate specializzate in fotogiornalismo siano semplicemente e desolatamente assenti. Finiti i tempi di testate come "L'Europeo" dietro c'è stato un vuoto assordante.
I perchè sono a parer mio molteplici e di alcuni vorrei non parlare per non scadere in argomenti politici che non dovrebbero trovar casa in un forum di fiotografia...purtoppo però la Politica permea ogni azione nostra come quella di chiunque e volenti o nolenti da essa e dalle sue scelte dipendono e discendono molti degli aspetti che ci interessano.
Si è fatto in modo negli ultimi venti anni e forse più, che gli interessi delle popolazioni venissero spostati dalle cose che più avrebbero dovuto interessarle: valori, evoluzione del pensiero nel rispetto delle tradizioni, ambiente, diritto al lavoro, alla casa, ad una vita dignitosa per tutti, futuro per se stessi e soprattutto per i figli ecc. ecc., verso una vita mordi e fuggi. Tutto, subito, a qualunque costo. I giornali ed i telegiornali, così come le riviste di cui io come te sentiamo la mancanza, non ci raccontano più dei problemi reali di popoli e persone ma solo di Debito Pubblico e disavanzo sul PIL e sulle strategie per affrontare queste problematiche. Il come vengano trovati i rimedi ci riempiono la testa (e non solo). A quale prezzo nessuno si interessa quasi più. Si è arrivato al punto di farci credere e infine accettare la filosofia secondo la quale il lavoro non è più un diritto ma solo un mezzo per la creazione di ricchezza... e non certo per gli interessati e quel che è peggio e che questo sia la "normalità". Ci vogliono facenti parte di nazioni di consumatori di prodotti, costruiti o assemblati in altre nazioni di popoli emergenti che sono ricercati sempre di più fra quelli che si offrono al prezzo più basso. Il tutto in un turbine di capitali che ormai tutto decidono sopra le testa di governi e strutture che sono intrecciate negli stessi interessi e spesso costituite dalle stesse persone.
Come sempre, la storia ce lo insegna, i nodi verranno al pettine.
Mi scuso con te per questo preambolo molto lungo ma credo indispensabile, per spiegare anche quel fenomeno ristretto all'ambito del reportage di denuncia che non trova, in Italia in particolare, sponda presso nessun Editore.
All'ultima domanda credo la risposta possa essere conseguente: la qualità delle immagini (e non parlo certo della qualità tecnica ma dei contenuti) sarà direttamente proporzionale all'interesse e al grado di denuncia presente negli scatti eseguiti da chi è uscito per fotografare in assenza di un progetto preparato.
_Nico_
Messaggio: #3
Claudio m'ha anticipato. Da un po' ho visto gl'interessanti quesiti proposti da Francesco, e ci vado tuttora pensando...

A quanto ha detto Claudio vorrei aggiungere al momento due brevi osservazioni.

La prima è che le riviste di fotogiornalismo -con tutto quel che dice giustamente Claudio- sono state ammazzate dalla tv. È vero che in altri paesi le riviste di fotogiornalismo sono ancora floride, ma è anche vero che sono più "di nicchia" (natura, viaggi, ecc.). D'altronde anche riviste non di reportage ma di tutto rispetto come L'illustrazione italiana sono morte e sepolte.

In Italia il giornalismo d'inchiesta piace poco, che scriva o fotografi... Ma piacciono poco le inchieste in genere. Tutto il contrario nel mondo anglosassone. Questione probabilmente ancora legata al sacramento della confessione, uno dei punti di divergenza tra Cattolici e Protestanti... rolleyes.gif

L'altra osservazione è sull'uso delle foto scattate con i cellulari. A parte il caso di Londra, in cui i cellulari hanno documentato con efficacia un tragico evento precluso al fotogiornalismo per evidenti ragioni tecniche (e di politica della comunicazione su cui bisognerenne riflettere a parte), vedo foto con qualità da cellulare sulle pagine dei giornali web: essi tendono a chiedere la foto della domenica o del lunedì ai propri lettori anzitutto per aumentare l'accesso alle pagine e dunque per motivi anzitutto commerciali... rolleyes.gif
Simone Cesana
Messaggio: #4
QUOTE(_Nico_ @ Jun 2 2006, 01:47 PM)
L'altra osservazione è sull'uso delle foto scattate con i cellulari. A parte il caso di Londra, in cui i cellulari hanno documentato con efficacia un tragico evento precluso al fotogiornalismo per evidenti ragioni tecniche (e di politica della comunicazione su cui bisognerenne riflettere a parte), vedo foto con qualità da cellulare sulle pagine dei giornali web: essi tendono a chiedere la foto della domenica o del lunedì ai propri lettori anzitutto per aumentare l'accesso alle pagine e dunque per motivi anzitutto commerciali...  rolleyes.gif
*



come non condividere...
ormai la maggior parte di giornali on line chiedono di inviare immagini scattate con cellulari proprio per aumentare il numero di lettori...
se non ricordo male una delle prime riviste stampate che ha adottato questo metodo in Italia è stata panorama, e delle persone pur di vedersi pubblicate foto fatte con cellulari comprano l'una o l'altra rivista...
ciao
simone cesana
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #5
QUOTE(_Nico_ @ Jun 2 2006, 01:47 PM)
.....................................................
La prima è che le riviste di fotogiornalismo -con tutto quel che dice giustamente Claudio- sono state ammazzate dalla tv. È vero che in altri paesi le riviste di fotogiornalismo sono ancora floride, ma è anche vero che sono più "di nicchia" (natura, viaggi, ecc.). D'altronde anche riviste non di reportage ma di tutto rispetto come L'illustrazione italiana sono morte e sepolte.

In Italia il giornalismo d'inchiesta piace poco, che scriva o fotografi... Ma piacciono poco le inchieste in genere. ................................................................................
......... essi tendono a chiedere la foto della domenica o del lunedì ai propri lettori anzitutto per aumentare l'accesso alle pagine e dunque per motivi anzitutto commerciali...  rolleyes.gif
*



Vorrei davvero che la morte delle riviste che si occupavano di fotogiornalismo fosse stata decretata dall'immediatezza e della completezza dei reportage televisivi, Nico. unsure.gif
Purtroppo credo non sia così e per due motivi principali, oltre ad altri secondari, che vado ad esporre:
1°. La televisione, soprattutto per quanto riguarda il fotogiornalismo d'inchiesta, è sicuramente, a parer mio, quanto di più asservito ci sia al potere dominante o a quello dell' opposizione istituzionale , salvo alcune sporadiche eccezioni che vanno comunque, in fatto di share, desolatamente deserte. Tanto per fare nomi e cognomi come giusto, basta prendere i dati d'ascolto di una trasmissione del valore di "Report". I suoi dati d'ascolto non superano mai il 10% a favore dello sceneggiato di turno. Tutto il resto, anche quello formalmente "contro", è di fatto incluso in un gioco di parti preordinate e precostituite a tal punto da far sorgere il sospetto che siano addirittura concordate.
Mi confermi che anche all'estero l'andazzo non è diverso e questo conferma a me che la cultura dominante ha teso alla perfezione la sua tela. Le priorità date per ordine d'importanza, dal comune cittadino, sono altre. Tutt'al più ci si sofferma su rari scoop in cui ci si imbatte quasi per caso stando seduti in una sala d'aspetto, per dimenticarcene subito dopo, quando arriva il nostro turno.
2°. La commercializzazione dell'immagine affidata ai lettori non fa leva sulla coscenza civile e personale del reporter ma, anche in questo caso, alla civiltà della celluloide che premia. Non si spedisce la foto, fatta da compatta o da telefonino non è importante, per denunciare ma per apparire. Poter dire, questa foto è mia, è molto più importante del suo contenuto, ammesso che ne abbia. D'altro canto non si può chiedere al comune mortale di fare del reportage d'inchiesta! Non è suo compito e soprattutto non è preparato per questo compito che, come sai, impone preparazione mentale e pianificazione, oltre che spostamenti e tempo.
Per dirla tutta: reporter non ci si improvvisa. E' un mestiere duro, pericoloso e di poche soddisfazioni economiche: una missione che si deve avvertire dentro, come impegno civile e personale.
Con buona pace di chi si bea dei suoi prodotti di scarso o nullo interesse sociale e civile.

E mi si parla di ricerca....

P.S. felice di poter di nuovo incrociare qualche argomento con te.
_Nico_
Messaggio: #6
QUOTE(__Claudio__ @ Jun 2 2006, 03:58 PM)
Vorrei davvero che la morte delle riviste che si occupavano di fotogiornalismo  fosse stata decretata dall'immediatezza e della completezza dei reportage televisivi, Nico.

Infatti mi son guardato dal dire così, Claudio... smile.gif
Anzi, la tv munnizza -in Siciliano rende meglio di trash TV smile.gif - ha fagocitato anche programmi come TV7, che rappresentava una sorta d'eccezione nel mondo della melassa TV. Ricordo una mia battuta di più di vent'anni fa: «stasera TGX e TGY (allora ce n'erano solo due...) si esibiranno nella danza delle sette veline»... smile.gif
Effettivamente Report costituisce un'eccezione, e ricorda un po' le riserve indiane: concessione d'uno spazietto tollerato per quelli che ancora rompono con le inchieste...

Piuttosto assistiamo alla moltiplicazione dei cloni televisivi di rotocalchi rosa (quei programmi che hanno eletto Novella 2000, Gente e Oggi a proprio modello...), e di giornali di cronaca nera. Tu forse non conosci La notte, giornale pomeridiano milanese "gridato". Ricordo che una volta lo acquistai, perché riportava a tutta pagina un titolone a proposito d'un grave episodio di cronaca. Al titolone corpo 986 seguivano cinque righe cinque: la notizia finiva prima di cominciare. E comunque quelle cinque righe erano sempre dedicate a parlare di cronaca nera. Adesso abbiamo anche i TG specializzati in questo filone: grandi titoli e nessuna notizia...

QUOTE(__Claudio__ @ Jun 2 2006, 03:58 PM)
Mi confermi che anche all'estero l'andazzo non è diverso e questo conferma a me che la cultura dominante ha teso alla perfezione la sua tela.

A ulteriore conferma, m'hai fatto venire in mente che ormai siamo talmente distanti dall'epoca del Watergate, cioè delle inchieste pronte a inchiodare anche i presidenti, quand'era necessario, che lo stesso giornale ha dovuto scusarsi con i lettori per aver scoperto che un proprio giornalista s'era letteralmente inventato una notizia. E il caso dell'Iraq ha fatto scoprire come alcune testate un tempo prestigiose abbiano celato alcune importanti notizie che avrebbero smentito quanto si strombazzava ufficialmente. E chiudo qui, ahimè, il cahier de doleance, per opportunità...

Il punto, secondo me, è questo: il giornalismo d'inchiesta muore sotto l'onda della tv perché la caratteristica del mezzo è tale da indurre a rinunciare ad approfondire. Non che non avvenga, ovvio, ma la TV che s'impone è fondata sull'assaggio, diciamo così, e i grandi numeri che vuol raggiungere mal sopportano l'approfondimento.

Continua il silenzio sulla prima domanda di Francesco... rolleyes.gif
Io personalmente non so rispondergli ph34r.gif, ma sono anch'io lieto, molto lieto che torniamo a discutere, Claudio.

Francesco T
Messaggio: #7
QUOTE(__Claudio__ @ Jun 2 2006, 02:58 PM)
....
D'altro canto non si può chiedere al comune mortale di fare del reportage d'inchiesta! Non è suo compito e soprattutto non è preparato per questo compito che, come sai, impone preparazione mentale e pianificazione, oltre che spostamenti e tempo.
Per dirla tutta: reporter non ci si improvvisa. E' un mestiere duro, pericoloso e di poche soddisfazioni economiche: una missione che si deve avvertire dentro, come impegno civile e personale.
Con buona pace di chi si bea dei suoi prodotti di scarso o nullo interesse sociale e civile.

E mi si parla di ricerca....

P.S. felice di poter di nuovo incrociare qualche argomento con te.
*




QUOTE(_Nico_ @ Jun 2 2006, 04:06 PM)
...
Continua il silenzio sulla prima domanda di Francesco...  rolleyes.gif
Io personalmente non so rispondergli ph34r.gif, ma sono anch'io lieto, molto lieto che torniamo a discutere, Claudio.
*



Il silenzio è segno dei tempi Nico, ed è una risposta netta, precisa.
Non è una non risposta.
E' evdiente che siamo orfani di una rivista di riferimento. Semmai sfogliando qualche rivista - accuratamente evito il verbo leggere - ti puoi imbattere in qualcosa di passabile. Faccio riferimento ai numeri ultimi monografici de L' Europeo, ma poi finisci per chiederti se non è tutta una mera proposta commerciale.
Perchè ormai questa sembra essere l' unica ragione di tutto. Ovvero mi chiedo,
e mi collego a quanto detto da Claudio, esiste ancora il fotoreporter che lo fa perchè crede nel suo lavoro?
Lasciamo da parte i miti che sapevano di giornalismo e di fotografia (ovvero saper scriver e saper fotografare insieme), ma oggi anche i fotoreporter, lo fanno davvero perchè ci credono?
Poche sere orsono mi sono imbattuto in un documentario riguardante un fotoreporter operativo in Israele / Palestina. La cosa che mi ha lasciato perplesso è che operava come un matrimonialista a Napoli.
Aveva una squadra di free-lance ( ma forse sarebbe meglio dire co.co.pro, co.co.co... insomma precari) che essendo sparsi sul territorio potevano meglio coprirlo con l' istantanea shock al primo attentato da kamikaze. Ovviamente poi la cf veniva ceduta al fotoreporter che vi apponeva il proprio sigillo.


Analogamente si sente la mancanza dei loro datori di lavoro.
Per dirla con le parole di Massimo Caprara, direttore de L' illustrazione italiana (n° 55 anno 116):
"In genere, preferiamo avere un contatto diretto con i fotoreporter con i quali stabiliamo in anticipo stile, contenuto, ambiente del servizio da effettuare. Il lavoro viene da noi acquistato tenendo conto di vari fattori, partendo dalla qualità dei risultati.
....
Il servizio fotografico è frutto, cioè, di un lavoro che combina gli aspetti visivi con quelli scritti, dando, ad entrambe le componenti, pari dignità.
Non esiste, per noi, un servizio fotografico che sia mero supporto subalterno di un articolo scritto, nè d'altra parte, un articolo che sia semplice traduzione verbale delle immagini. La ricerca redazionale è, perciò assai complessa. esige tempo, riflessione, mobilitazione del gusto, impegno culturale. E' qullo, appunto, che direttore responsabile, art director, ricercatrice iconografica s'impegnano specificatamente a produrre in ogni numero, con il contenuto determinante dell' intero nostro gruppo di lavoro: un concentrato di immaginazione e decisioni pensate e adottate sul tavolo luminoso o nell' esame del bianco e nero.
Contestualmente, s'intende, alla lettura degli scritti degli autori.
"

Sarà cambiata la stampa, o saremo cambiati noi?

E’ la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente. Niente
Humphrey Bogart, nei panni del giornalista idealista Ed Hutchinson - "L'ultima minaccia" (1952)


Saluti
Francesco


PS Sono contento che dopo un periodo di sonno, questa discussione si sia svegliata.
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #8
La crisi del fotogiornalismo, a mio avviso, va di pari passo con la crisi galoppante del giornalismo d'inchiesta. L'editoria trova più semplice farsi concorrenza a colpi di gadget (compra il quotidiano o il settimanale e ti regalo l'enciclopedia, il cd o il set da giardinaggio) piuttosto che sulla qualità e la quantità dell'informazione. Lo scoop ormai è la velina di turno col calciatore (categoria, questa, nelle ultime settimane un po' passata di moda).
Purtroppo, oggi una percentuale variante fra il 40 e il 70 per cento del contenuto informativo d'una testata è realizzata con materiale (testi e immagini) d'agenzia: l'inviato è una figura in via d'estinzione, salvo alcuni "grandi" superstiti che danno lustro alla categoria come, ad esempio, Ettore Mo. Molto spesso, l'inviato, oggi, è il giovane coraggioso e volenteroso che - sperando di farsi notare - accetta o chiede d'andare nelle zone "calde" non solo senza le indennità e le contropartite economiche che l'invio richiederebbero, ma soprattutto senza la preparazione (e per preparazione intendo la conoscenza approfondita dei luoghi e delle problematiche, oltre ad una buona "capacità di sopravvivenza") indispensabili. Indispensabili sia a far sì che il suo sia un prodotto di qualità (foto o testo che sia), ma anche a rendere almeno "probabile" la sua incolumità.
Conseguenza: gran parte del materiale che arriva è frutto dell'opera di inviati "embedded" - parlo di teatri di guerra - che operano "incorporati" nelle unità militari e sotto il loro controllo. Fosse vissuto oggi forse Robert capa non sarebbe saltato su una mina in Indocina, ma non ci avrebbe lasciato neppure molte delle immagini (lasciamo perdere la polemica sulla Spagna, parliamo delle più recenti) che lo hanno collocato nella storia.
Diego
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #9
Mi rendo conto che non ho però risposto al quesito principale: "Quale rivista?".
Forse perchè la risposta rischia d'essere sconsolante. Non esiste più nulla che possa paragonarsi a "Life" o, per restare in Italia, all'"Europeo" o a "Epoca". NGM è un esempio d'ottimo giornalismo "documentario" - quando non deve trattare temi che toccano troppo da vicino la politica del governo Usa - ma non può essere paragonato, appunto, a "quel" genere di rivista che giocava tutte le sue carte sul fotogiornalismo d'attualità. NGM per scelta editoriale non rincorre l'attualità, salvo casi eccezionali, ma punta molto su un minuzioso lavoro che può durare anche mesi per la realizzazione d'un singolo servizio.
Devo dire che anche andando "a monte", ossia scorrendo quotidianamente l'offerta di immagini proposte dalle agenzie internazionali, risulta difficile trovare qualcosa che rimandi a "quel" fotogiornalismo che ha fatto la storia. Foto magari tecnicamente ineccepibili, ma nulla più. Soprattutto sembra mancare quel "progetto di ricerca" che era alla base del lavoro dei grandi di questo mestiere.
Diego
Francesco T
Messaggio: #10
Diego & Co.,
se usciamo dalla carta stampata - che rimane lo scopo principale - avete in mente anche dei siti?

Io sto guardando questo:

http://www.digitaljournalist.org/

Saluti
Francesco
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #11
Con lo scorrere della discussione noto che ancora tra noi, che siamo appassionati del tema, si pensa al fotogiornalista come a quella figura che segue nei teatri più terribili, in cui ci sono guerre, guerre civili, e ogni malanno che l'umanità sa autoinfliggersi, fatti e accadimenti che riportino sulle pagine dei quotidiani ciò cui hanno assistito. Ovvio che le notizie di questo genere siano le più "appetibili ed appetite" sia dai giornali che dal publico ma temi da sviluppare e su cui ricercare da parte dei fotogiornaliosti sarebbero molti e anche di diverso tenore.
Penso ad esempio ai temi ambientali o a quelli a sfondo sociale. Sia per i primi che per i secondi ci sarebbe molto su cui scrivere e fotografare, sia in paesi lontani che dietro l'angolo di casa nostra. Temi che andrebbero, prima di essere affrontati, studiati e pianificati.
Studiarne le cause, significa fare indagine sociologica, prima a tavolino e poi sul campo. Richiede certamente tempo, passione, spirito di indagine e asetticità (per quanto umanamente possibile), che possano portare a conclusioni il più possibile estranee da condizionamenti.
Ora la domanda da prosi è secondo me questa: visto che sono arciconvinto che questi temi siano importantissimi e sono altrettanto arciconvinto che molti fra i fotogiornalisti sia nazionali che esteri, abbiano pensato ben prima di me ad affrontarli. Chi o cosa li frena? Perchè pochissimi se ne occupano? Lo hanno fatto e le loro ricerche ed indagini sono finite in un cassetto con buona pace di chi crede in una stampa periodica libera, o, convinti di quanto accadrebbe alle loro fatiche, hanno rinunciato?
Nuova carne al fuoco delle vostre riflessioni.
Io ho un'idea ben precisa di cosa gli editori chiedono e anche sul perchè. Non faccio parte (purtroppo) di quel mondo ma mi rifiuto di credere che certi argomenti non trovino posto sulle riviste perchè non interessanti per la maggior parte delle persone ( e quand'anche fosse, non sarebbe giusto risvegliarne l'interesse?). Non sarà forse perchè ci sono "ordini" precisi per cui il mondo deve apparire in un certo modo DI QUA e tutt'altro DI LA'?. Perchè ci riempiono la testa con una visione distorta e priva di fondamento su quanto invece vediamo solo andando al lavoro ogni mattina?
L'Editoria è scevra da condizionamento politico? (Di ogni parte e colore?). Segue le tematiche attuali o solo quelle comandate?

Infine una riflessione: sarà per questo che le riviste sono scomparse o non sarà per questo che nessuno le compra più? E ancora: con l'aumentata coscienza ambientale e civile, oggi avrebbero maggior fortuna e potrebbero riprender fiato o la mia è solo una pia illusione?
Francesco T
Messaggio: #12
A questo punto allora, chiediamoci - almeno noi che rispondiamo qui - perchè mai non compriamo più una rivista, o comunque se lo facciamo, lo facciamo per abitudine, tradizione, collezione o forse vaga speranza che quello che compriamo sia il numero buono, come quelli di una volta.

Io sono uno che compra tante riviste, anche perchè fino a qualche anno fa collezionavo i numeri "zero". Questa abitudine mi porta a comprare delle riviste, scegliendo un pò a caso, talvolta perchè posso sfogliarle un pò, talvolta per sentito dire.

Ma quando l' apro, cos'è che vorrei trovare?
Il punto è che fino a poco tempo fa, credevamo. Credevamo nella verità, che ognuno vedeva almeno dalla propria parte. Non importa di che si parlasse, ma avevamo tutti un pò più di fiducia in quello che ci dicevano i nostri leader (ovvero coloro i quali rappresentavano per noi una guida).

Abbiamo poi scoperto, quasi d'improvviso che non era così. Che il falso, la menzogna, il non dire, l' omettere esistevano da tutte le parti e per tutte le parti.
Abbiamo così cominciato pian piano a credere meno, a mettere in dubbio tutto.
Anche ciò che vedevamo con i nostri occhi. Ed allora oggi, qualsiasi cosa vediamo,
non abbiamo mai la ragionevole certezza che sia vera aldilà di ogni dubbio.

Se a questo smarrimento ci aggiungi che il motivo di tutto sembra essere solo il denaro, allora torniamo al punto primo che esponevo, e che in parte è una risposta alla tua domanda sull' editoria.
Potra mai pubblicare un magazine, un articolo sulle precarie condizioni di lavoro degli operai pellettieri dell' estremo oriente, se uno dei suoi principali clienti di pubblicità è la famosa casa francese dal monogramma più famoso del mondo?

Se gli introiti di una rivista sono per almeno il 60-70% derivati dalla pubblicità, a quale voce devo conseguentemente prestare il 60-70% delle mie attenzioni, risorse, tempo e qualità?


Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #13
QUOTE(Francesco T @ Jun 4 2006, 12:21 PM)
......Se gli introiti di una rivista sono per almeno il 60-70% derivati dalla pubblicità, a quale voce devo conseguentemente prestare il 60-70% delle mie attenzioni, risorse, tempo e qualità?
*



A questo tipo di domanda, se vogliamo essere pragmatici e non sognatori, non si può risponedere che in modo univoco. Ma...ma a noi non piace forse sognare ogni tanto?

QUOTE
....mi rifiuto di credere che certi argomenti non trovino posto sulle riviste perchè non interessanti per la maggior parte delle persone ( e quand'anche fosse, non sarebbe giusto risvegliarne l'interesse?).


QUOTE
Infine una riflessione: sarà per questo che le riviste sono scomparse o non sarà per questo che nessuno le compra più? E ancora: con l'aumentata coscienza ambientale e civile, oggi avrebbero maggior fortuna e potrebbero riprender fiato o la mia è solo una pia illusione?


E' possibile pensare che una rivista di un certo genere e con un certo taglio abbia una tiratura tale da essere indipendente proprio per l'interesse suscitato e vivere quindi "solo" delle vendite?
A Diego, il più addentro di noi in questo settore, la risposta.
havana59
Messaggio: #14
QUOTE(Francesco T @ Jun 4 2006, 12:21 PM)
....
Ma quando l' apro, cos'è che vorrei trovare?
Il punto è che fino a poco tempo fa, credevamo. Credevamo nella verità, che ognuno vedeva almeno dalla propria parte. Non importa di che si parlasse, ma avevamo tutti un pò più di fiducia in quello che ci dicevano i nostri leader (ovvero coloro i quali rappresentavano per noi una guida).

Abbiamo poi scoperto, quasi d'improvviso che non era così. Che il falso, la menzogna, il non dire, l' omettere esistevano da tutte le parti e per tutte le parti.
Abbiamo così cominciato pian piano a credere meno, a mettere in dubbio tutto.
Anche ciò che vedevamo con i nostri occhi. Ed allora oggi, qualsiasi cosa vediamo,
non abbiamo mai la ragionevole certezza che sia vera aldilà di ogni dubbio.
......
*



Trovo particolarmente interessante questa tua riflessione. Credo che racchiuda in poche parole l'evoluzione (???) del brodo sociale e culturale in cui stanno cercando di cuocerci.
Io credo che si debba però scindere la capacità di credere in ciò che ci veniva detto dalla capacità di credere in ciò che è più profondo in noi, le nostre idee.
Se sulla prima parte concordo in pieno - ovvero abbiamo perso quell'entusiastica ingenuità che ci faceva fare nostre le parole di quelli che sentivamo come leaders - non credo assolutamente che si sia anche solo smorzata la capacità di credere nelle nostre idee e nella nostra capacità di formarci un giudizio (sulla capacità di formarsi un giudizio sarei tentato di approfondire, poichè secondo me è l'unica vera condizione di una democrazia: i popoli che non hanno questa condizione non sono, secondo me, in regime democratico, sia che votino a suffragio universale o no).

Proprio perchè abbiamo intatte queste capacità, secondo me, sarebbe oggi ancora più necessario trovare quelle fonti di informazione che non troviamo più, o, meglio, che raramente troviamo (ovviamente anch'io citerei "Report").
Sono personalmente convinto che questo sia uno dei nodi del discorso. L'informazione, sempre intesa come supporto alla capacità di propria elaborazione e giudizio, non fa grossi volumi di consumo. E' un po' come le patatine fritte: una volta mia nonna andava nel campo, prendeva le patate, le sbucciava, le tagliava e poi mi faceva contento facendomele trovare in tavola; ora le nonne (spero non tutte...) vanno al supermercato dove le trovano già bell'e pronte...Allo stesso modo, il giudizio è una confezione precotta che puoi trovare un tanto al chilo al mercato delle idee e degli slogan.
In questo contesto, fino a che punto e a chi può interessare davvero degli operai pellettieri schiavizzati dell'estremo oriente, o delle tante stragi dimenticate, o delle condizioni di povertà anche della nostra ricca Italia moggizzata, quando il tuo pensiero lo puoi "acquisire" solo accendendo la televisione o "leggendo" la stampa ad alta diffusione (prendete il caso della free press...)?

Rassegnamoci. Non facciamo audience e non siamo di moda, la massa è ciò che condiziona anche le nostre possibilità. Ma non disperiamo...

ciao
margior
Messaggio: #15
Scusate, mi permetto di riesumare questa interessante discussione per segnalare la mostra "Il fotogiornalismo in Italia 1945-2005" a cura di Uliano Lucas.

La segnalo qui in quanto intende porsi, parole di Uliano Lucas, "non come un insieme di belle figurine o di belle foto, ma come un invito a ragionare", perché "il fotogiornalismo, nei suoi intenti e nelle sue formule originarie, è morto da lungo tempo, e tuttavia mai c'è stata un'epoca in cui la retorica dell'informazione è stata più grande".

Allego un jpg ipercompresso ma spero leggibile della pagina di Tabloid (Odg Lombardia) che riporta una breve intervista a Uliano Lucas.
Anteprima(e) allegate
Immagine Allegata

 
Giuseppe78
Messaggio: #16
Rimanendo in Italia, direi assolutamente:

1)Private

2)Internazionale

wink.gif G.

Messaggio modificato da Giuseppe78 il Nov 10 2006, 01:14 PM
 
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