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mariomc2
Messaggio: #1
riporto la notizia integrale dell'ANSA, con Lei se ne va parte della nostra vita

MILANO - La poetessa Alda Merini, 78 anni, é morta oggi pomeriggio alle 17.30 nel reparto di oncologia dell'Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano, "nosocomio - informa una nota - che da anni l'ha avuta in cura e a cui ha dedicato profonde riflessioni poetiche oltre a una scultura di forte richiamo a un periodo travagliato della sua vita". "Il suo atteggiamento e la sua sensibilità - si legge nel comunicato dell'ospedale - hanno lasciato un profondo ricordo negli operatori sanitari del reparto di cura di Oncologia e cure palliative al quale si è rivolta nella consapevolezza di un supporto al disagio fisico e psicologico che la malattia le ha riservato nell'ultimo periodo della sua esistenza".

LA POETESSA DELL'ALTRA VERITA' - Nata a Milano il 21 marzo 1931, Alda Merini ha iniziato a comporre le prime liriche giovanissima, a 16 anni. Il suo primo incontro con il mondo letterario avvenne quando Silvana Rovelli, cugina di Ada Negri, sottopose alcune delle sue poesie ad Angelo Romanò che, a sua volta, le fece leggere a Giacinto Spagnoletti, considerato lo scopritore della poetessa.

La prima raccolta di poesie di Alda Merini: 'La presenza di Orfeo', pubblicata nel 1953, ebbe subito un grande successo di critica. Il suo capolavoro è però considerato 'La Terra Santa' che le è valso, nel 1993, il Premio Librex-Guggenheim 'Eugenio Montale' per la Poesia. Altre sue raccolte di versi sono 'Testamento', 'Vuoto d'amore', 'Ballate non pagate', 'Fiore di poesia 1951-1997', 'Superba e' la notte', 'L'anima innamorata, 'Corpo d'amore', 'Un incontro con Gesù', 'Magnificat. Un incontro con Maria', 'La carne degli Angeli', 'Piu' bella della poesia è stata la mia vita', 'Clinica dell'abbandonò e 'Folle, folle, folle d'amore per te. Poesie per giovani innamorati'.

Nella sua carriera artistica, Alda Merini si è cimentata anche con la prosa in 'L'altra verità. Diario di una diversa', 'Delirio amoroso', 'Il tormento delle figure', 'Le parole di Alda Merini', 'La pazza della porta accanto' (con il quale vinse il Premio Latina 1995 e fu finalista al Premio Rapallo 1996), 'La vita facile', 'Lettere a un racconto. Prose lunghe e brevi' e 'Il ladro Giuseppe. Racconti degli anni Sessanta' e con gli aforismi 'Aforismi e magie'. Nel 1996 era stata proposta per il Premio Nobel per la Letteratura dall'Academie Francaise e ha vinto il Premio Viareggio. Nel 1997 le è stato assegnato il Premio Procida-Elsa Morante e nel 1999 il Premio della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Settore Poesia.


Qui la recensione del suo libro più triste, racconta la parte buia della sua vita

Alda merini: in un diario il microcosmo del manicomio


Copertina del libro
Fonte: Rizzoli Edizioni

I reparti maschili e femminili, il ricovero delle cavie, la stanza dell’elettroshock con la sua terribile anticamera. E poi il giardino con lo spaccio dove i ricoverati, non più segregati, potevano accedere.


Dieci anni, dal '61 al '72 che la poetessa Alda Merini trascorre nella clinica psichiatrica milanese Paolo Pini e che riaffiorano a posteriori (scriverà l’opera un decennio dopo la sua dimissione) nella sua prima opera in prosa “L’altra verità – Diario di una diversa”. Abbandonata dal marito e lontana dai figli, riuscirà, grazie alla sua sensibilità, a rifarsi una vita e a ritagliarsi momenti di amore e felicità anche nello spazio alienante del manicomio.


L’orrore e la paura del primo impatto con la struttura, il rapporto con medici e infermieri, ma anche con gli altri pazienti, la disperazione, gli interminabili silenzi e la solitudine di un microcosmo fatto di regole ferree e orari cadenzati, che ricordano il sanatorio Berghof, sulle Alpi Svizzere, della “Montagna incantata” di Thomas Mann: si susseguono e si affastellano i ricordi della scrittrice e si impongono sulla pagina in un ordine dettato solo dalla coscienza. Ma anche dall’urgenza di comunicare e raccontare la triste esperienza dell’internamento, da un lato, e l’ancor più doloroso ritorno alla vita di tutti i giorni, ormai segnata dal marchio indelebile del manicomio: “Il manicomio che ho vissuto fuori – scrive nel suo zibaldone – e che sto vivendo non è paragonabile a quell’altro supplizio che però lasciava la speranza della parola”.


Un gioco di rimandi tra dentro e fuori la clinica che colora le sue pagine di attesa prima, durante l’internamento, e di malinconia in seguito. Ma in tutta l’opera non c’è solo questo dualismo spazio–temporale: altre opposizioni quasi manichee di bene e male, salvezza e dannazione si susseguono e si rincorrono dalla prima all’ultima parola. La stessa fede della scrittrice convive e si intreccia con la sua fiducia nella psicanalisi.


L’opera della Merini, per sua stessa ammissione, non è un diario: “Il vero Diario non è mai stato scritto e io sola, la mia anima, ne è l’unica depositaria”. Somiglia più al riflesso scritto di una memoria: prosa, versi e infine epistole scritte all’uomo conosciuto e amato in manicomio. Con un linguaggio limpido e semplice l’autrice ci sbatte in faccia il suo vissuto. E parola dopo parola, frase dopo frase ci proietta in quello che per un decennio è stato il suo mondo e che la Merini stessa ora paragona ai gironi danteschi, ora alla Terra Santa.


Ci fa avvertire gli odori forti, vedere le vestaglie blu dei malati e sentire il rumore del carrello delle medicine che attraversa i corridoi e le stanze della clinica. Nessun sentimento di condanna accompagna la sua penna, ma solo una semplice constatazione dei fatti. Ed ecco che con estrema lucidità, Alda prende le distanze dai principi basagliani che si imponevano in quell’ultimo scorcio degli anni ’70 e si interroga su quanto di giusto e sbagliato si celi dietro la realtà dei manicomi e sui suoi metodi di cura.


Non senza una certa vena critica: l’autrice sembra quasi indossare il camice, augurandosi “che la malattia di mente venga finalmente sfatata e ricondotta alla sua vera base, che è un disturbo dell’emotività” e ammettendo di non essere “psichiatra, ma avrei voluto fare questo. Perché avrei visto molto più chiaro di certi dottori. Forse, proprio grazie alle mie piccole conoscenze mediche in proposito sono riuscita a salvarmi”. Nelle 156 pagine del suo libro non ci sono però solo parole disperate e angosciate, ma anche momenti di gioia primitiva, speranza e fiducia, soprattutto nelle giovani generazioni, che rendono il diario una poesia di vita.

Qui la cana Roberto Vecchioni

http://www.youtube.com/watch?v=lh3SS3jf53M

Da oggi la vita ha perso una sua voce. Oggi mi sento un po' più solo.
Alessandro Battista
Messaggio: #2
Un angelo ci ha lasciati per reacarsi in un luogo fatto di luce, la stessa luce di cui sono fatte le sue poesie......ciao Alda.

Messaggio modificato da Alessandro Battista il Nov 1 2009, 07:13 PM
dario-
Messaggio: #3
Chi l'ha considerata la più grande in Italia sicuramente non si sbagliava.

Ciao Alda
maurizioricceri
Messaggio: #4
Una grande persita per la prosa non solo italiana. CIAO ALDA.
ravecca
Messaggio: #5
Ho avuto la fortuna di conoscerla, di intervistarla. Era veramente una donna straordinaria, cioè fuori dall'ordinario. Parlando con lei avevo la sensazione di essere piccola piccola. Piccola come i miei piccoli problemi quotidiani. Dove è, ovunque sia, sarà certamente più felice di quanto sia stata su questa terra. Il genere umano è davvero una brutta bestia. Ora la osannano. L'hanno massacrata...
nuvolarossa
Messaggio: #6
Ciao Alda!...

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bix74
Messaggio: #7
Piano piano se ne stanno andando tutti coloro che veramente hanno dato qual'cosa all'Italia ed al mondo.
Io spero molto che tra le generazioni future verrà fuori qualcuno del loro calibro, ma se ci lasceremo allevare dal consumismo e dalle TV...
credo che purtroppo sarà molto arduo.
toad
Messaggio: #8
Il mio contributo.
 
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