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Uno Spicchio Di Storia
attraverso le foto di famiglia...
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_Nico_
Messaggio: #1
Da tempo custodisco gelosamente alcune foto del ramo paterno della famiglia, che a sua volta mia zia teneva con cura. Malgrado ciò mostrano i segni del tempo, e da un po' mi son dato a una sorta di restauro elettronico.

Ringrazio Juza, che oltre a mostrarci splendide foto di farfalle ha dato utilissime indicazioni per ridurre la grana delle foto. Ne ho approfittato per sistemare la foto più conciata:

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Si tratta d'una foto scattata nel 1904, quando mia nonna -tra le gambe del padre- aveva due anni. Ormai terribilmente sbiadita, purtroppo. Ecco gli stati di lavorazione:

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La prima fascia è corrispondente allo stato originale della foto. La seconda alla restituzione dei toni, la terza restituisce quella tipica viratura d'epoca, e la quarta, poco visibile in questo formato, è di pulizia della grana (il grosso è stato fatto a 'mano'). Ecco il risultato:

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Ritrae una allora non particolarmente numerosa famiglia siciliana. La madre, la signora Alonzo seduta a sinistra, s'era fatta ritrarre il 28 luglio 1895 in un formato Margherita:

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Mentre la bimbina che tiene in grembo, venticinque anni dopo (1929, anno di grande crisi), si fa fotografare da F. Pezza in veste di bella tenebrosa e Mata Hari laugh.gif :

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Particolarmente interessanti i numerosi formati Margherita, che consentono di cogliere da un'angolazione 'locale' la storia del gusto e del ritratto d'epoca. Se v'è qualcuno interessato invierò altre immagini che nel frattempo pulisco e restituisco a maggiore leggibilità... wink.gif
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #2
Pollice.gif Pollice.gif Pollice.gif
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #3
I risultati sono davvero buoni, e la storia dietro parecchio interessante.
Continua!
Fedro
Messaggio: #4
Mi sembra che tu stia facendo un ottimo lavoro di restauro, un lavoro interessante per molti, me in testa. piacevolissime anche le storie.

continua!!!!
_Nico_
Messaggio: #5
Accidenti, vedo che riscuote interesse... wink.gif

Mi fa piacere. Comincio ad aggiungere qualche nota sul ritratto "Mata Hari". Si tratta della zia Jolanda, donna reputata bella e che di suo aggiungeva la vanità... Ancora a settant'anni suonati si truccava di tutto punto e col rossetto. Il fotografo, F. Pezza, non si è limitato ad 'ambientare' il ritratto secondo il tipico gusto degli anni ruggenti, ma ha lavorato anche per 'migliorare' il soggetto, che è tipico di tutta la storia del ritratto, pittorico e fotografico. Osservate bene gli occhi: noterete un certo strabismo di Venere. L'ambientazione sottoesposta e d'atmosfera in questo caso corregge anche questo difetto...

Sempre F. Pezza firma lo stesso anno un altro ritratto della zia Jolanda:

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Ambientazione più tradizionale, che tuttavia col tre quarti evita nuovamente lo strabismo di Venere, mi sembra d'interesse tuttavia proprio perché in questo caso il naso 'importante', diciamo così, è stato messo in risalto, invece che nascosto, ma bene. Mi sembra molto azzeccato il contrasto tra le linee del naso e quelle di collo e spalle, di grande dolcezza. Così come mi sembra eccellente il dosaggio delle luci. La foto è dedicata ai miei nonni, che si erano sposati l'anno prima: «A Maria e Mimì carissimi. Affettuosamente. Jolanda».

Sia questa foto che soprattutto la prima mostrano 'affioramenti', dai riflessi direi simili a quelli che potrebbe provocare un alogenuro d'argento. Ma non sono certo un esperto...

In effetti il nonno Mimì (tipico vezzeggiativo dell'epoca, da Domenico) e la nonna Maria s'erano sposati nel 1928, ma non avevano avuto la fortuna d'imbattersi in F. Pezza. La foto non è male, ma insomma...

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(segue)
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #6
Doppio azz... la cosa si fa vieppiù interessante... Pollice.gif Pollice.gif Pollice.gif Pollice.gif

Segui... segui...
Fedro
Messaggio: #7
Storia, fotografia, tecnica, narrazione......Slurp!!! Ancoraaaaa
botbot
Messaggio: #8
Gentile Nico,
sono veramente splendide.

Le "carte de visite", hanno costituito la premessa per la diffusione e il successo della fotografia: finalmente anche la borghesia poteva essere ritratta, possibilità questa che, prima dell'invenzione della fotografia, era appannaggio solamente degli aristocratici.

Mi raccomando, oltre al make-up digitale, conserva nel migliore dei modi anche gli originali per evitare ulteriori danni.

Bellissima idea,
ciao!
_Nico_
Messaggio: #9
Mi sono dimenticato di 'pulire' i nonni. Spero mi perdonino... biggrin.gif Eccoli 'puliti':

user posted image

Adesso comincio ad aggiungere qualche nota 'storica'. Mia nonna era molto orgogliosa d'essere un'Alonzo. Si trattava d'una famiglia d'origini spagnole trasferitasi nel Seicento in Sicilia. Molto probabilmente erano funzionari reali, e amministravano una zona nell'interno del Catanese, che gli Spagnoli avevano ripopolato per sviluppare l'agricoltura.

Gli Spagnoli avevano approfittato per esempio del disastroso terremoto del 1693, che aveva letteralmente distrutto tutta la zona orientale della Sicilia, per ritrutturare profondamente grandi città come Catania, e ricostruire più all'interno paesi come Noto. Anche Grammichele, con la sua tipica pianta perfettamente esagonale, fu costruita all'epoca.

Gli Alonzo amministravano Scordia, zona d'intensa coltura d'agrumi. Il bisnonno Gesualdo (tipico!), quello seduto nella foto del 1904, fu sempre sindaco del paese, e una volta che non si presentò -mi raccontava la nonna- i paesani se lo vennero a prendere di peso a casa e lo portarono nel municipio... laugh.gif

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Famiglia provinciale, dunque. Ma in cui si coltivavano anche grandi sogni. La zia Emilia, seconda in piedi nella foto di gruppo, scappò da Scordia e se ne andò a Roma. Grande scandalo, ma lei se ne infischiò e abitò tutta la vita nella 'capitale', che all'epoca era particolare motivo di richiamo.

Tornava a Catania per litigare con mio nonno. Lei si definiva «fascista della prima ora», mentre mio nonno era uno dei pochissimi antifascisti ben noti a Catania, e quando arrivava qualche gerarca veniva mandato via dalla città. Soprattutto dopo lo «spiacevole episodio»: Mussolini venne una sola volta a Catania, nella stagione delle «ghette», quando ancora il fascismo non aveva ancora messo gli stivali.

Mentre teneva un comizio, qualcuno s'appropriò della bombetta del duce, e la utilizzò... come vasino... laugh.gif Costernazione dei gerarchi, che mandarono subito a cercare una bombetta identica per i negozi di Catania, ma invano... Così spiegarono al duce che purtroppo la bombetta era andata smarrita. Il duce non tornò più a Catania. I fascisti cercarono di incolpare mio nonno, ma invano; non trovarono prove. Lo tartassarono un bel po' e poi lo rilasciarono. Da allora cominciò a girare col pugno di ferro, che ancora conservo...

Mia nonna sgranava i nomi di fratelli e sorelle come un rosario: «tredici figli fece mia madre. Tredici. Bianca, Maria...». «Come te, nonna?». «Morì giovane, e così mi diedero il suo nome. Elvira, Adele, Tatà, Totò...». «Chi è lo zio Totò, nonna?». «È in piedi nella foto. Ah, Totò, Totuzzo...».

Lo zio Totò non ebbe sorte, come l'altro maschio. Uno se lo portò via la «spagnola», un'epidemia influenzale che imperversò nel 1919, e l'altro morì sotto una granata. Lo zio Totò, quello in piedi, coltivava ambizioni letterarie, e questo piccolo formato margherita restituisce lo spirito un po' dandy del personaggio:

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Le sue ambizioni letterarie costarono un patrimonio... Non solo scriveva drammi teatrali, ma aveva passione soprattutto per la poesia. Volle tradurre I fiori del male di Baudelaire, ma nessun editore era intenzionato a pubblicarli. Così decise di pubblicare la raccolta a sue spese, ipotecando buona parte del terreno intorno alla casa paterna -il bisnonno, ahimè, s'era spento con un'arteriosclerosi galoppante.

Il discreto successo dell'edizione lo imbaldanzisce, e così dà alle stampe uno studio su Byron:

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Pubblica anche altri libri, ma viene il momento in cui la banca chiede la restituzione del debito. Lo zio Totò non ha liquidità, e chiede alla moglie Maria Rigano d'Acireale di coprirlo. Ma la moglie, malgrado la dedica del libro di Byron («Questo libro appartiene tutto quanto a Maria mia, che lo vide nascere nel mio spirito insieme al nostro amore») era persona molto suscettibile, e pare che non avesse gradito certe 'frequentazioni' del marito. Così, per fargli dispetto, non rileva l'ipoteca, e la banca si prende tutto il terreno.

«In casa mia solo pesce e sale entravano, tutto il resto veniva da noi...». «Da noi, nonna?». «Sì, dal terreno». Ma un giorno, per un amore spassionato per Baudelaire e Byron, e forse qualche altro meno celebre ma non meno focoso, il terreno venne a mancare. Di questa grandiosa dissipazione, a me restano due copie del Byron e una di Baudelaire... laugh.gif
Flanker78
Messaggio: #10
Stupenda storia Nico!!!! ohmy.gif
P.S. è Rigano di Acireale o Riganò?
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #11
Ho seguito il thread con interesse crescente...

GRAZIE NICO!!!
happy.gif

Franz
_Nico_
Messaggio: #12
Ringrazio tutti per l'incoraggiamento a proseguire, Botbot per le informazioni. Per Flanker: il cognome è Rigano, senz'accento.

Adesso vorrei tornare ai piccoli formati. Dei vari cartoncini che posseggo alcuni posso datarli con certezza e quindi se ne può ricavare una sorta di evoluzione. Il formato Margherita, cui ho già accennato, è sicuramente il più antico, ma direi che col tempo cade progressivamente in disuso.

Questi formati 'fototessera' nascono in seguito al congresso internazionale di fotografia del 1889, nel quale si giunse a uniformare i formati delle lastre. Partendo dal dagherrotipo, di cm. 18x24 (dunque di formato 3:4), si creò una serie di sottomoduli, dividendo progressivamente la lastra. Dunque il primo sotto formato è di 12x18 (formato 2:3), il successivo di 9x12 (nuovamente 3:4), e l'ultimo di 6x9 (nuovamente 2:3, com'è ovvio). Questa uniformazione non fu ovviamente drastica, per cui accade di trovare la mezza lastra, ufficialmente di 12x18, più grande d'un cm.: 13x18. Un utilissimo articolo al proposito, di Gabriele Chiesa, è consultabile a questa pagina.

Il formato Margherita, almeno come standard, utilizza un "calibro" (cioè una lastra) di cm. 10,5 x 7. In realtà era dedicato alla inglesissima regina Vittoria ma, importato in Italia, è stato patriotticamente dedicato alla regina nostrana... wink.gif
Ho già inserito il ritratto della signora Nedda Alonzo, mia bisnonna, datato al 28 luglio del 1895, e scattato dal «cavaliere Raimondo Palermo», specialista in ingrandimenti e ritratti su porcellana...

Il cartoncino corrisponde perfettamente alle misure standard del formato Margherita, 12,6 x 8, ma la foto risulta ridotta di qualche millimetro. Lo standard prevede 10,5 x 7, mentre questa è di 10,2 x 6,8. O si tratta di uno 'scontornamento' un po' più ampio, oppure si tratta d'un modo per guadagnare più foto dalla stessa lastra. propoendo per la prima, francamente...

Un altro formato Margherita lo posso datare al 1904:

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Si tratta d'una delle sorelle maggiori, Bianca Alonzo, che indossa la stessa veste del ritratto di famiglia; la si riconosce seduta, a destra:

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e soprattutto presentava gli stessi sbiadimenti del ritratto di famiglia. Sospetto insomma che la foto sia stata scattata nello stesso periodo, probabilmente nella stessa sessione, e dallo stesso fotografo, il cavaliere Palermo, fotografo messinese che scatta anche la foto della madre cinque anni prima: questa foto è timbrata sul retro del cartoncino, e dunque ricavo per lo sbiadimento e il soggetto che anche il ritratto di famiglia sia dello stesso fotografo. Insomma, se vi capita di chiedere agli eredi del cav. Palermo una fototessera, accertatevi che abbiano cambiato trattamento... laugh.gif

La singolarità di questa foto è che la lastra ha le perfette dimensioni del formato Margherita, ma è stata montata su un cartoncino più ampio ed elaborato: un modo per dare risalto e importanza a questo piccolo formato. Il soggetto sembra un po' altero. Credo dipenda dallo sguardo: quell'orientamento dall'alto in basso suggerisce un atteggiamento di supponenza di cui invece era priva Bianca Alonzo, nota come donna dolcissima. Probabilmente gli occhi bassi tradiscono invece un leggero imbarazzo: anche nella foto di famiglia è stata incapace d'un sorriso pieno come la sorella seduta al suo fianco, ed è l'unica di tutto il gruppo, se si esclude la sorellina più piccola, a non guardare verso l'obiettivo... A dire il vero anche Tatà Alonzo, in piedi dietro i genitori, guarda altrove, ma suppongo che già allora fosse immerso nel suo mondo poetico e letterario... wink.gif

(segue)



_Nico_
Messaggio: #13
I due formati Margherita (Nedda Alonzo, Bianca Alonzo) sono d'una certa qualità. Ne ho un terzo che mostra anche la versione popolare di questo celebre formato:

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Non è bimba della famiglia. Credo si tratti della foto d'una delle balie, da piccola. Mi stupiva questa quantità di foto di balie con dediche affettuosissime nei confronti dei pargoli, ma se si pensa a una famiglia con almeno dieci figli, si comprende facilmente quanto importanti fossero le balie, quanto stessero con i bimbi, e quali rapporti d'affetto si sviluppassero.

Il taglio 'popolare' di questo formato Margherita si ricava da alcuni fattori: La vistosità del cartoncino, caratterizzato da uno scontornamento a zig-zag, che probabilmente doveva far colpo. Tuttavia manca dei tipici bordi dorati degli altri cartoncini, che sicuramente avevano costi superiori. E l'ombreggiatura della cornicetta interna fa supporre che riceva luce dal basso; secondo me si tratta d'un errore del tipografo, che voleva suggerire l'effetto opposto, da passe-partout in rilievo...

La foto è priva di viratura seppia, tipica dell'epoca: un passaggio in meno... E per di più manca della tipica sfumatura ai bordi. Insomma la foto è stata sviluppata col minor numero di passaggi.

Lo sfondo, che quasi mai appare nei formati Margherita, è dozzinale, dipinto molto alla grossa, e anche l'inquadratura non è curata: non ci voleva molto per avere un'inquadratura parallela al fondale. Anche la posa è sbrigativa: il fotografo non ha perso molto tempo ad attendere che il soggetto assumesse una buona posa. La figura è inclinata, la bimba chiaramente imbarazzata non sa bene cosa fare e si torce un braccio, una spalla è incassata e sembra persino un po' rachitica, a dispetto del volto paffuto ma malinconico. Anche il timbro del fotografo è laconico, e non vanta alcuna specialità o titolo onorifico come i suoi colleghi: «fotografia Marino Carlo».

(segue)
Fedro
Messaggio: #14
Grande Nico, continua così che vai forte, mi sta piacendo un sacco!!!
_Nico_
Messaggio: #15
Bene... proseguo con un breve confronto che credo possa chiarire il taglio 'popolare' del precedente formato Margherita.


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Questa foto è un po' più grande del formato Margherita, ma non raggiunge, per poco, il formato album (cm. 13,7 x 10). Ritrae il figlio d'una delle sorelle Alonzo, lo zio Ciccio ( laugh.gif ). Se confrontata con la foto della bimba emergono chiaramente le differenze. Anzitutto questa, che è tuttavia più recente (più o meno del '39), ha una qualità ottica notevole, che la scansione non restituisce: grana inesistente, gamma dei grigi superba, ricca di dettaglio e calibratissima nelle luci.

Marino Carlo non ha saputo evitare una robusta bruciatura della veste della bimba, mentre il Cav. Uff. Giovanni Tudisco (che invece esibisce i suoi titoli... wink.gif ) ha buon gioco col nero. Difficile dire se abbia chiesto questa veste, ma è ovvio che il bimbo e la sua espressione risultano messi in rilievo.

La scenografia è essenziale, e tuttavia costruita appositamente per la foto di bimbi: simula una stanza, ma la decorazione in finto marmo è molto bassa, e ciò garantisce che non soverchi la piccola statura dei bimbi. Si noterà inoltre che il fondo è stato sapientemente sfocato, mentre nella foto della bimba disturba parecchio: è brutto e pr di più nitido... Anche il pavimento, in questa foto, con le sue tinte scure, mette in risalto la figura, mentre il pavimento chiaro dell'altra foto si confonde con le calzature, e per di più vi sono detriti che danno un'idea di sciatteria.

Il cavallino è calibrato sui toni della scenografia, e ovviamente ha un ruolo non secondario par mettere a suo agio il soggetto. Il bimbo è chiaramente in posa, ma risulta 'naturale': s'appoggia al dorso del cavallino, incrocia una gamba, e volge la testa verso l'obiettivo, con aria distesa, come fosse stato distolto per un secondo dai suoi giochi. Massima nitidezza sul soggetto, ma 'dolce', e sul cavallo, che però risulta in secondo piano, per i suoi toni, e non disturba dunque l'attenzione dell'osservatore.

Questa foto insomma mostra grande perizia e professionalità: la stessa inquadratura decentra il bimbo sui 5/8 (1:1,6), una proporzione prossima alla sezione aurea (1:1,618)...

(segue)
_Nico_
Messaggio: #16
Credo che il formato Margherita sia progressivamente scomparso nei primi anni del Novecento. Grande per le esigenze della fototessera, piccolo come ritratto. Comincia a competere subito con questo formato, già a fine Ottocento, il formato Visita, leggermente più piccolo.

Poiché di queste foto si facevano stampare decine d'esemplari, da distribuire appunto come biglietto da visita, la riduzione di formato portava infine a un risparmio probabilmente significativo. Dal formato di 12,6 x 8 del Margherita si scende a 10,4 x 6,2. Eccone due esempî, il primo di fine Ottocento, e il secondo dei primi Novecento:

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Salvatore Alonzo, formato visita, foto Benincasa

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Carmela Nicosia, formato visita, foto S. Grita

Singolare l'ambientazione boschiva della prima foto, che fa a pugni con la veste raffinata e molto urbana del bimbo...

Nei primi del Novecento si affermano formati più piccoli e facilmente portatili, come questi:

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Domenico Nicosia, 1908, formato Turista, foto Martinez

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Domenico Nicosia, circa 1918, formato libero, foto Martinez

Il primo s'approssima a un formato Turista (10,8 x 6,7), il secondo è del tutto fuori da qualsiasi standard: le esigenze stilistiche s'impongono sulla standardizzazione, e si direbbe voglia approssimarsi a un segnalibro...

Entrambi gli scatti sono del fotografo Martinez, che ha fotografato la mia famiglia sino al 1960... il primo è del 1908, il secondo d'un decennio successivo. Ambedue raffigurano il mio nonno paterno, Mimì Nicosia. Il primo scatto gli serve a iscriversi all'università regia, ma francamente non è all'altezza del fotografo (credo che Martinez sia l'unico studio fotografico sopravvissuto tra i tanti a Catania d'un secolo fa...): ben visibile il taglio storto dell'inquadratura che la sfumatura non riesce a coprire.

Attraverso questi scatti non solo si può osservare la crescita del soggetto, ma anche la metamorfosi del gusto: lo stemma sabaudo del primo viene soppiantato da un logo in pieno gusto Liberty. Anche il cartoncino, scuro e stretto, sottolinea la foto e le dà slancio.

Ecco un riepilogo dei vari formati e delle loro dimensioni, che mostra chiaramente il processo di riduzione che porterà alla fototessera e infine alla Polaroid

Da un lato, dunque, il formato Margherita viene incalzato da formati più piccoli, portatili ed economici, e dall'altro, invece, da formati più grandi, uno dei quali ebbe grande diffusione: il formato cartolina.

(segue)
nuvolarossa
Messaggio: #17
ohmy.gif ohmy.gif Accidenti!!! ohmy.gif ohmy.gif

Più di cento anni di storia di una famiglia....

Complimenti per le foto e le descrizioni!
Fedro
Messaggio: #18
QUOTE (nuvolarossa @ Jul 9 2004, 02:54 PM)
ohmy.gif ohmy.gif Accidenti!!! ohmy.gif ohmy.gif

Più di cento anni di storia di una famiglia....

Complimenti per le foto e le descrizioni!

.....e con questo abbiamo il nostro Gabriel Garcia Marquez.... "cent'anni di fotografia".....anzi se ricordate la storia...di dagherrotipi si parla anche lì...

Complimenti _Nico_
_Nico_
Messaggio: #19
Grazie Stefano e Fedro! Se a Stefano giungono amiche della moglie in cerca d'un 'istant portfolio' (te la sei cavata proprio bene...), con questa storia mi potrà accadere che mi giunga una vecchina con un mazzo di foto consunte... laugh.gif

Foto amatoriali di guerra e di pace

Le ultime foto che ho inserito sono di mio nonno. La prima del 1908, quando all'età di diciott'anni s'iscrive alla «Regia università» di Catania, e la seconda probabilmente scattata i primissimi anni Venti, gli anni «ruggenti».

Tra queste due foto, eventi non insignificanti. Sicuramente Domenico, detto Mimì (ah, questi vezzeggiativi... Da Totò, Mimì e così via, siamo passati a Lory, Giusi...), si laureò in giurisprudenza, e soprattutto combattè durante la «grande guerra». Ho un suo album che raccoglie foto dal fronte. Non credo abbia coltivato la fotografia amatoriale, ma in quell'occasione suppongo si sia portato una camera: appare in pochissime foto, e dunque penso fosse proprio lui a fotografare.

L'album si apre con una foto in divisa d'artigliere in formato cartolina, scattata dal torinese Cavaja:

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Il formato cartolina, come l'ho chiamato, è di 13,2 x 8,6 cm. Molto utilizzato nei primi decenni del Novecento, ha una cartonatura più sottile dei formati già visti, ma facente tutt'uno con la foto, e spesso -quasi sempre- ha il retro stampato per essere spedito come cartolina.

Questa foto, che compare in altra copia in apertura dell'album di guerra, è piuttosto malconcia perché è stata effettivamente spedita ai parenti il 14 gennaio del 1916. Laconico ed eloquente il messaggio: «Tanti saluti ai dubbi»... Probabilmente si temeva per la sua salute, e Mimì, per rassicurare tutti, si mostra sano e integro... wink.gif

La foto rappresenta una delle tipologie d'inquadratura del formato cartolina che col suo formato agile, non troppo grande ma sufficiente a mostrare anche dettagli, si prestava sia al ritratto sia alla figura intera, come in questo caso, invariabilmente 'ambientata', sia a foto di gruppo.

Le foto dell'album sono molto sbiadite e attaccate dall'umidità, piccole e addossate l'una all'altra, e mal ritagliate. Vi compaiono alcune foto di commilitoni e di gruppo, del teatro di guerra che dovrebbe essere il Carso (una panoramica avrebbe meritato, ma è quasi irrecuperabile). Eccone una pagina, con un ritratto equestre di mio nonno, un suo commilitone sopra e ai fianchi due piccoli ritagli. A destra il soggetto posa col piede su un obice di notevoli dimensioni:

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Tra quelle che meritano uno sguardo quelle che più restituiscono il dramma che si consumò tra il '14 e il '18, e sono ambedue notturne. Il riflettore che punta l'«obiettivo»,

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e il cannone che martella nella notte:

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Quest'ultima è davvero malridotta, ma non è l'unica e restituisce con icastica efficacia (semplicità di composizione, estremo contrasto tonale) la drammaticità della guerra.

Mio nonno trova un momento per fissare un paesaggio inusuale, con una prateria di nuvole ai suoi piedi:

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Se non lo era già (l'Etna domina Catania con i suoi 3360 metri...), e malgrado il momento, s'innamorò della montagna, della sua maestosa solitudine: una tessera del Club Alpino Italiano m'informa che almeno dal '24, se non prima, frequenta assiduamente i luoghi che imparò a conoscere stando dietro a un cannone. Lo fece con senso del dovere, penso, perché una tessera dell'associazione nazionale dei combattenti precisa che al tenente d'artiglieria Domenico Nicosia fu conferita una croce di guerra.

La grande guerra fu archiviata negli anni Venti, caratterizzati da una grande voglia di vivere e divertirsi. D'altronde è comprensibile: chi era sopravissuto alla grande guerra, e soprattutto alla Spagnola, l'epidemia che falcidiò un terzo degli Europei, si sentiva in diritto e forse in obbligo di godere della vita. 20 milioni d'Europei furono uccisi da questa tempesta che imperversò tra il 1818 e il '19. Al confronto la grande guerra era cosa di poco conto...

Come raccontavo, uno degli unici due maschi Alonzo non la superò, e l'altro, il 'poeta', morì sotto una granata della seconda guerra mondiale... Tra i tantissimi falcidiati il poeta francese Apollinaire: sopravvissuto alla scheggia d'una granata che gli perfora l'elmetto nel '18, morì nel '19 per la Spagnola...

E chi sopravvisse? A Catania s'andava al mare, alla Plaja, la spiaggia bonificata proprio i primi del Novecento dall'ambiente malsano e paludoso che vi regnava. Gli scampati si potevano permettere un bagno, sia pur vestiti di tutto punto, e persino di fare i bambini davanti all'obiettivo: aver superato la falce della morte equivaleva a una seconda nascita, penso... Nel gruppo anche la futura moglie di Mimì, Maria Alonzo...

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Queste foto amatoriali le possiamo definire delle vere e proprie istantanee. Inquadrature un po' improvvisate, ma certo il fotoamatore si mostrava abbastanza temerario a spingersi con la sua attrezzatura sin dove le onde avrebbero potuto danneggiarla, e dunque non penso si soffermasse troppo sui dettagli di composizione:

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Ceramente cercava di cogliere l'atmosfera festosa, e con successo, direi. Volevo scrivere «vacanziera», ma sarebbe quanto mai sbagliato: all'epoca la vacanza non esisteva. Esistevano la villeggiatura -s'andava in villa, in campagna o al mare, nel periodo calddo- o il viaggio, quello che era ancora un vero viaggio. Le frotte di turisti frettolosi che girano attoniti spandendo l'omogeneizzazione culturale del «tutto compreso» ancora non avevano preso piede. Sì, erano altri tempi. Allora una giornata al mare era motivo di godimento, momento di relax lontano dalle città, e non un esodo seguito dalla protezione civile che culmina in una distesa di corpi e lettini...

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(segue)
_Nico_
Messaggio: #20
Dimenticavo un dettaglio significativo. Queste foto di mare, già istantanee, sono stampate su carta «velox»: la corsa all'immediatezza comincia presto...
 
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