Le reflex digitali
La fenomenale diffusione della fotografia digitale e l'offerta quasi giornaliera di nuovi modelli, porta come conseguenza
una forte crescita del mercato dell'usato. È
facile quindi fare buoni affari a condizione
di adottare alcune precauzioni dettate dal
buon senso.
Le reflex digitali presentano
molti componenti comuni alle reflex
analogiche. In realtà una camera digitale è un mix di parti analogiche e parti digitali.
C’è la presenza dello specchio, del vetrino
di messa a fuoco, hanno il pentaprisma ed
anche l’otturatore. Ovviamente non hanno
il vano pellicola per cui il supporto di
registrazione dell’immagine non sarà la
pellicola ma una scheda di memoria. Non
hanno il dorso intercambiabile ma
mantengono gli stessi principi funzionali
delle SLR. Quindi, parte di ciò che è stato
detto sulle reflex analogiche riguardo la
valutazione dell’usato, può essere
tranquillamente applicato alle DSLR.
In
questo capitolo di conseguenza si farà
riferimento solamente a quei componenti
che non sono comuni con le reflex
analogiche come, per esempio, il sensore,
gli alloggiamenti per le schede di memorie
e così via.
Il sensore
Figura 26 - Il sensore della
Nikon D200 |
Dopo aver controllato la carrozzeria,
iniziamo a dare uno sguardo all’interno.
Il componente che viene percepito da molti
come il più a rischio è sicuramente il
sensore (v. figura 26).
In realtà si tratta di un elemento prodotto
ogni anno in molti milioni di pezzi,
impiegando tecnologie ampiamente
consolidate, e che dovrebbe durare per
molto tempo, ma tutto dipende da come la
fotocamera è stata utilizzata. È facile per
chiunque capire che continuare a
fotografare il sole a mezzogiorno può
rendere la vita difficile al CCD, mentre
ritrarre il gatto di casa non provocherà alcun danno o usura.
Nelle DSLR la prima
cosa da fare per verificare la “salubrità” del
sensore è di scattare alcune foto,
preferibilmente salvandole su una nostra
scheda di memoria per controllare sul nostro computer (in alternativa potrà essere utilizzata la revisione nel display della fotocamera stessa avvalendoci della funzione zoom sull'immagine) che le immagini non presentino difetti evidenti.
Figura 27 - Si può notare a sinistra l'erosione provocata da parte di un solvente troppo “aggressivo”,
mentre a destra si possono notare
le abrasioni causate dalla pulizia effettuata con materiali
poco morbidi |
Il fotografo in generalmente ad un esame
visivo superficiale, nota peli e pilucchi, e
talvolta anche graffi o striature dovuti il
più delle volte ad un’operazione pulizia
eseguita in modo improprio (v. figura 27),
difficilmente però riesce a notare le particelle di polvere (a meno che queste
non abbiano dimensioni macroscopiche) o
addirittura la presenza di eventuali microschegge
di metallo, nella parte bassa del
box specchio, create dall'erosione
dell'innesto a baionetta dell'obbiettivo,
questa polvere depositata sul sensore
immagine e sul sensore autofocus, può
rendere le immagini poco nitide, piene di
puntini neri, e nei casi peggiori può
causare problemi al sistema di messa a
fuoco automatico (ghiera del fuoco che
passa da un fine corsa all'altro, senza
completare la messa a fuoco), o se si
riuscirà a focheggiare, si avrà un’immagine
con una messa a fuoco imperfetta. Ma
esiste uno sporco assai più fine,
paragonabile per dimensioni a quelle
minuscole dei pixel del sensore e che solo
un esame approfondito può evidenziare.
Figura 28 – Si noti nella foto come la polvere si manifesta nell'immagine
|
Per verificare la presenza di sporco basta
scattare verso una superficie bianca
uniforme o verso il cielo con un’ottica
preferibilmente di lunga focale e con valori
di diaframma molto chiusi (f/11 – f/22).
La presenza di polvere o altri corpi estranei
risulterà evidente osservando l'immagine a
video (v. figura 28). Rimuovere tali nefaste
presenze non è mai un operazione
elementare, data la difficoltà di
raggiungere il sensore e la sua delicatezza,
inoltre non sempre si riesce a pulire il
sensore in modo completo e talvolta è
necessario mandare la macchina in
assistenza per una pulizia approfondita.
Va ribadito comunque che qualora il
sensore venisse danneggiato va
inevitabilmente sostituito ad un costo
decisamente elevato. La presenza di sporco sul sensore purtroppo è inevitabile data la natura stessa delle reflex, ed è un fattore con cui occorre convivere, da limitare coi mezzi a disposizione, ma di certo non drammatico nella scelta di una DSLR.
La
presenza di polvere ci da soltanto
un’indicazione di come è stata utilizzata la
macchina. Una fotocamera posseduta da
un professionista, che quasi certamente ne
ha fatto un uso intenso con frequenti cambi
di ottica, è più probabile che sia affetta
dalla presenza di polvere sul sensore.
Viceversa, il classico amatore che la tiene
bella lucida sullo scaffale e la usa una volta
alla settimana è meno probabile che abbia
il sensore sporco. Finora abbiamo parlato
di polvere sul sensore, in realtà va
precisato che l’elemento su cui si deposita
la polvere o le impurità, non è il sensore
stesso ma il filtro cosiddetto low-pass,
ovvero il filtro che si trova a protezione del
sensore.
Il monitor e gli sportellini
Il monitor (v. figura 29) è il vero centro di controllo delle DSLR, ed anche se non è
indispensabile ai fini della realizzazione e
memorizzazione della foto, lo è certamente
per quanto riguarda i settagli della
macchina. Quasi tutte le impostazioni
vanno effettuate tramite menu visibili a
monitor. Occorre quindi accertarci che
questo si illumini regolarmente in tutta la
sua superficie, che tutte le informazioni siano ben visibili ed i cristalli liquidi
integri. Proviamo a visualizzare i vari
menù e se disponibile l’opzione proviamo
a variare anche la sua luminosità per
vedere come rispondono i cristalli liquidi.
Può capitare che in certe condizioni
ambientali i cristalli liquidi appaiono
temporaneamente scuri, ma questo è normale e non deve farci allarmare. Non
considerate fotocamere che abbiano
monitor danneggiati (lesioni, graffi
profondi, ecc..) (v. figura 30).
Figura 29 – Il monitor della
Nikon D200 perfettamente integro |
Figura 30 – In questo caso la rottura
del proteggi LCD ha graffiato
anche lo schermo (Nikon D100) |
Altro aspetto non meno importante a cui a
volte i possibili acquirenti non prestano
molta attenzione sono le condizioni degli
sportellini a protezione delle connessioni
(v. figura 31) e del vano di alloggiamento delle schede di memoria (v. figura 32).
Controllate che le cerniere degli sportellini
siano in buone condizioni e tutti gli innesti
(del cavetto USB, delle memory card,
ecc..) siano integri.
Non di rado capita che dopo un incauto
acquisto ci si accorge che gli sportellini
non si chiudono perfettamente a causa del
cedimento delle cerniere o peggio ancora
che il cavetto USB non si innesta poiché
l’attacco è danneggiato o la memory card
non rimane ferma a causa della rottura del
fermo di aggancio. Provate ad inserire ed
estrarre le schede di memoria, i cavetti, la
batteria e se avete un PC a portata di mano
potete anche provare a collegarla e
verificare che le interfacce di connessione
funzionano correttamente. Il fatto che le
connessioni siano in buono stato non vuol
dire che non vi siano difetti celati ed una
volta ritornati a casa col tanto agognato
acquisto, ci si ritrova a non poter scaricare
le foto perché la porta USB non funziona.
Figura 31 – Vano connessioni
della Nikon D200 |
Figura 32 – Vano di alloggiamento della scheda
di memoria (Nikon D200) |
L’otturatore
L’otturatore, come il sensore, è l’elemento
più critico e delicato in una DSLR,
parimenti alle fotocamere analogiche
andrebbe verificato il suo corretto
controlliamo. Anche se in linea generale
valgono i principi esposti al capitolo
precedente, in questo caso una sua verifica,
quanto meno visiva, è molto più difficile poiché com’è noto in queste macchine il
dorso non è apribile ed possibile fare una
sua ispezione solamente accedendo dal
bocchettone anteriore. Questo componente
(come le batterie, le schede di memoria,
ecc..) ha ciclo di durata, seppur notevole,
comunque limitato. Fortunatamente le
DSLR hanno il vantaggio di poter
visualizzare subito lo scatto, così è
possibile fare delle prove per vedere se
esso funziona correttamente, inoltre è
buona regola accertarsi del numero di
scatti che la macchina ha eseguito fino a
quel momento in modo da sapere quanto
l’otturatore (e gli altri componenti) sono
stati sottoposti ad usura. Se non ci fidiamo delle parole del venditore, in rete è
possibile reperire dei software che
analizzando i dati di scatto riescono, con
buona approssimazione, a darci il numero
complessivo di scatti effettuati dalla
fotocamera fino a quel momento.
Hot pixel, Dead pixel
Fra le varie prove che si possono effettuare
per verificare la corretta funzionalità del
sensore, c’è anche quella degli hot pixel
e/o dead pixel. Bisogna però distinguere gli
hot pixel dai dead pixel, entrambi
comunque normali sui sensori.
I primi,
tipicamente di colore rosso, si presentano
normalmente in modo esponenziale in
forma direttamente proporzionale al tempo
di posa elevato alla sensibilità e non sono
controllabili via software proprio perchè
cambiano il comportamento in base a
tempo di posa, sensibilità e temperatura.
I
dead pixel sono invece pixel sempre accesi o sempre spenti (diciamo sempre bianchi o
sempre neri) indifferentemente dalle
variabili sopra descritte. Bisogna oltretutto
tenere in considerazione che quanto sopra
detto varia nel tempo. Un sensore potrebbe
infatti manifestare degli hot pixel che con
l'utilizzo divengono “dead”. I primi ci
saranno sempre, è praticamente
impossibile avere una fotocamera senza
hot pixel. I secondi invece possono essere
rimappati, cioè in assistenza vengono
disabilitati e gli viene “clonato” il valore di
un pixel vicino. Normalmente quando ad
essere interessato è un singolo pixel è
preferibile evitare l'invio della fotocamera
in assistenza per una immediata rimappatura, perchè con il tempo potrebbe
ripresentarsi. Con ciò non significa che
bisogna tenersi un pixel “dead” ma,
riscontrato ciò, si potrà decidere se inviare
la fotocamera immediatamente per un
intervento oppure rimandare la cosa più
avanti. L’importante è mettere in conto la
eventuale spesa necessaria.
Figura 33 – Presenza
di due hot pixel |
Detto ciò, per
verificare la presenza degli hot pixel basta
porre il tappo davanti all’obiettivo, settare
gli iso a valori alti (diciamo da 800 in su) e
scattare con un tempo di posa lungo (da 1 a
20 secondi). Si può ripetere la prova senza
tappo davanti l’ottica inquadrando un
foglio di carta bianco. In figura 33 è
possibile notare, ad esempio, la presenza di
due hot pixel. Ovviamente non bisogna
esagerare con i tempi di esposizione poiché
il circuito di amplificazione del segnale
potrebbe produrre un elevato rumore da
far apparire i pixel come difettosi.