Biografia
Ogni immagine appare, si mostra, “è”.
Alcune si impongono allo sguardo, non pretendono altro che esser guardate,
senz'altra azione.
Altre, invece, piantano un seme di riflessione che è diverso per chiunque osservi.
Altre ancora impongono allo spettatore di percepirne l'ingresso, semplicemente si devono penetrare i confini cromatici e luminosi, di quell'immagine.
La fotografia non è mai l'Oggetto, ma una sua visione distorta, necessariamente.
Poiché mancherà sempre un elemento, una dimensione, e comunque non si osserverà mai l'oggetto come-lo-osserviamo nella realtà.
Questa esclusione dal concetto esteriore della fotografia ci rende perpetui spettatori, capaci soltanto di Guardare e di ritagliarci un piccolo spazio, all'interno di quel concetto-immagine, che diventa Nostro, immancabilmente. Dobbiamo entrare in profondità, “ad-dentrarci” (entrare, restando distanti) tra le forme, i colori, l'Idea.
Ogni fotografia non rappresenta il Presente, ma è una proiezione presente di un momento che è “già stato”. Attimo unico che è morto ancora prima del momento in cui la luce prende forma sulla carta.
Quello che vediamo, in ogni immagine, è un frammento irripetibile di un attimo.
Anche l'atto del fotografare, in sé, è l'impressione di un'idea appena trascorsa. Fulgida come un lampo, o tenue come un'aurora ma è un “già” che tendiamo a fermare, sospeso nel Tempo che ci scorre attorno.
L'esperienza del Guardare, quindi, arricchisce il Tempo. Lo rende vissuto, pieno, gli conferisce Valore.
L'immediatezza mortale dell'immagine dev'essere compensata dal ricordo. Fermare l'attimo che ha formato un'emozione, un'àncora che contrasti la corrente vorticosa dei Rumori.
Rumori dell'Anima.