Savogno e Dasile
25 04 2020
Savogno si trova lassù a m 932 di quota sul lato orografico destro della verde Val Bregaglia. Per chi viene da Milano l’accesso è praticamente obbligato per la S.S. 36 dello Spluga fino a Chiavenna. Seguiremo poi la Statale 37 del Maloja in direzione del confine Svizzero sino a Borgonuovo (m 400 ), lasciando l’auto in una delle aree adibite a parcheggio presso le cascate. Questa escursione, adatta a tutti, offre diverse varianti anche nell’accesso. Noi percorreremo una sorta di anello che ci porterà sino a Dasile partendo dal parcheggio nei pressi di un chiosco della frazione di Serlone, proprio sulla destra delle magnifiche cascate dell’Acqua Fraggia .Al cartello indicatore, opteremo per il sentiero di sinistra ignorando per il momento l’alternativo che sale a destra. Lo incroceremo più tardi e comunque lo percorreremo integralmente in discesa al rientro. Ci inoltriamo nel bosco di castagni sull’evidente sentiero che sale con agevoli tornanti. In circa dieci minuti raggiungiamo una deviazione che adduce in breve ad una piazzuola adiacente la cascata. Con un po’ di fortuna , oltre alla vista sulla Val Bregaglia e Chiavenna, potremo godere anche dell’arcobaleno prodotto dalla nebulizzazione dell’acqua che si infrange sulle rocce. Ritornati al sentiero, raggiungiamo in breve una incredibile scalinata in ferro che supera un’altrimenti inagibile gola. Proseguiamo nel bosco, caratterizzato dal persistente e piacevole profumo di funghi, sulla bella mulattiera che per lunghi tratti costeggia il torrente. Avremo modo di attraversarlo in un paio di occasioni tramite ondeggianti e caratteristici ponticelli. Bellissima, nei pressi del secondo ponte, la spumeggiante cascata che alimenta una pozza naturale. A quota m 800 circa incrociamo il sentiero classico, ignorato all’inizio, proveniente dalla nostra destra. Camminiamo ora più agevolmente su questa bella mulattiera costituita da circa 3000 gradini. Un’opera veramente grandiosa, eseguita a suo tempo dai Valligiani per agevolare il transito del bestiame verso gli alpeggi più alti. Superiamo una croce di legno e in pochi minuti arriviamo ad un bivio con l’indicazione a sinistra per Dasile. In realtà uno vale l’altro poiché entrambi conducono a Savogno. Proseguiamo per Dasile, rimandando la visita a Savogno per il ritorno. Superato il cimitero e il lavatoio attraversiamo il ponte in muratura sulla profonda forra scavata dal torrente. Da qui in breve sul comodo sentiero panoramico, ( imperativa una breve sosta all’altezza della cappelletta dedicata alla Madonna, da cui si gode una suggestiva vista su Savogno) al pianoro che ospita Dasile. Rigenerante la vista sulla valle e sul versante opposto con il Pizzo di Prata e il monte Gruf in primo Piano. Più lontano a est l’inconfondibile profilo del Badile. Una simpatica famigliola di asinelli ci accompagna nella breve visita nel paese caratterizzato da sobrie case interamente in pietra e con una curiosa chiesetta riconoscibile dalla minuscola torre campanaria. Ritornando sui nostri passi a Savogno, vedremo subito che la costruzione più recente è la vecchia scuola elementare ora ristrutturata e adibita a rifugio. Di rigore per chi non dovesse proseguire, fermarsi ad apprezzare la cucina presso questa accogliente struttura e godere degli aneddoti del simpatico gestore, il signor Luigi. Da notare la particolare disposizione delle case, con le stalle a monte, nettamente separate dalle abitazioni. Particolari la Chiesetta dedicata a San Bernardino e il magnifico campanile risalenti all’anno 1465. Il sagrato della stessa è un autentico terrazzo con vista sulla valle e antistanti montagne. Sembra giocare la luce del sole, infiltrandosi tra vicoli e viuzze, tra splendidi balconi di legno e scalinate di pietra, illuminando magnifici scorci architettonici. Ed è bello, anche se un poco triste, indugiare nelle piazzuole, immaginando le persone affaccendate, gli schiamazzi dei bambini, il passaggio del bestiame verso i pascoli alti. Il silenzio seppur piacevole è innaturale, non consono ad un villaggio, rurale si, ma ben conservato e perfettamente vivibile. Eppure, già dagli anni cinquanta, gli abitanti hanno lasciato man mano questo gioiello, preferendo i maggior agi del fondovalle. Ora qui risiede solo la famiglia del signor Luigi gestore del rifugio. Terminata la visita del villaggio possiamo scendere utilizzando il sentiero adiacente al piazzale della chiesetta. Percorriamo questa volta integralmente la via classica, tutta a gradini, molto agevole e sempre nel bosco, con poche radure a concedere piacevoli vedute sul fondovalle. A quota m 590 nei pressi di una fontana, con una breve deviazione è possibile visitare il nucleo delle Stalle dei Ronchi, edifici allora adibiti a deposito e stalle. Qui è ancora possibile ammirare un antico torchio da vino risalente al 1700. La stessa fontana merita la nostra attenzione, interamente scavata nel granito e divisa in sezioni ben distinte per gli animali e uomini. Lasciato l’abbeveratoio, in pochi minuti ritroviamo il bivio da cui siamo partiti, nei pressi di Serlone. Difficoltà: (E) escursione adatta a tutti Dislivello: m 488 dalla frazione di Serlone (m 444) a Savogno (m 932) m 100 da Savogno a dasile (m 1032) Tempo : da Serlone a Savogno ore 1,30 da Savogno a Dasile 30 minuti Cartografia: Compass n.92 Chiavenna -Val Bregaglia Punti di appoggio: Rifugio Savogno Stucchi Luigi Antonio 23020 Savogno di PiuroTel. +39 0343 34699 rifugio@savogno.it
Le Foppe, l'alpe di Fiori
05 04 2020
Nessun visitatore può rimanere deluso, tante e tali sono le attrattive che la valle Spluga può offrire. Paesaggi, animali selvatici e boschi, api, cicale, cavallette e grilli che si odono cantare nei mesi estivi. Alle affascinanti bellezze naturali si affiancano le particolari caratteristiche architettoniche di borghi antichi, mulattiere e sentieri magnificamente acciottolati. Un vero patrimonio storico, culturale ambientale di enorme valore. Questo idillio, per l’uomo del terzo millennio, spesso costretto a spazi minimali, al frastuono e al caos delle città, può diventare facilmente realtà. Pochi sanno, infatti, che ad un’ora di cammino da Fraciscio qualcuno ha dato corpo ad un sogno; l’alpe delle Foppe. Se amate luoghi antichi e solitari, allora una visita alle “Foppe “ è d’obbligo. L’escursione può iniziare a piedi dal parcheggio presso il cimitero di Fraciscio oppure più facilmente da Motta con un semplice traverso a mezza costa in 30 minuti. Dalla Casa Alpina di Motta è visibile a sud la pista pianeggiante che taglia i prati lungo la sponda occidentale del pizzo Groppera, la percorriamo sino ad un bivio dove teniamo la destra in discesa. In breve incrociamo la ciclabile recentemente realizzata che arriva da Fraciscio e poco oltre, dopo un breve tratto nel bosco, eccoci nella bella e ordinata radura ove sorgono le baite dell’alpe. Salendo da Fraciscio, lasciato il parcheggio, camminiamo in via delle Soste sino ad incontrare la palina segnavia e la stradina che volge a sinistra. In sostanza andiamo a percorre la “nuova”e comoda pista ciclabile che, con una lunga serie di tornanti su pendenze a volte piuttosto impegnative, si snoda attraverso un magnifico bosco di larici e abeti. Godendo di spettacolari vedute, quando il bosco dirada, sul pizzo Stella, la valle della Rabbiosa, il Calcagnolo e le più lontane cime delle alpi Lepontine, raggiungiamo in un’ora circa il sentiero che viene da Motta. Lo seguiamo svoltando a destra per raggiungere le Foppe. Il bosco dirada e lo sguardo può abbracciare la radura e le vette circostanti. E’ un incanto, è l’alpe perfetta! I prati d’intorno ben rasati, un ordinato orticello, una moltitudine di coloratissimi fiori che adornano alcune baite finemente ristrutturate. Nell’aria un gradevole aroma di legna che arde si confonde con il profumo del fieno sotto il sole, la risata argentina di una bimba, un’ascia che batte sul ceppo, tutto concorre ad evocare il piacere della quiete e ritmi di vita ormai appartenenti al passato. Una sosta è imperativa. E’un piacere indugiare sul bel prato, inondati dalla luce del sole che sembra giocare infiltrandosi fra le baite illuminandone le strutture e i balconi splendidamente fioriti. Lontano, con i suoi scintillanti canaloni ancora innevati, il pizzo Stella sembra sorridere. *** Mi avvicino un poco titubante, non voglio interrompere la tranquilla quotidianità di queste persone. Un bel cagnone viene ad annusarmi, un signore mi osserva …, un buongiorno, un sorriso, alcuni convenevoli ed è subito sintonia. Diego e sua moglie Valentina chiacchierano volentieri e io piacevolmente incuriosito li incoraggio a raccontare. … Tutto ha inizio quasi casualmente negli anni 90 quando Valentina, giovane sposina, mostra al marito la radura e i ruderi delle baite appartenenti ai suoi avi. In famiglia se ne discute da qualche tempo, hanno delle offerte e si tratta di vendere ad imprese foreste oppure di impegnarsi a recuperare la radura e inizialmente almeno una baita. Dopo una serie di sopralluoghi Diego ne vede le potenzialità e apprezza la tranquilla bellezza del luogo. Sbrigate le opportune pratiche burocratiche iniziano i lavori. Fatica e sudore per liberare la radura da piante infestanti, erbacce e macerie, tutto forza di braccia e carriola. Solo per il tetto e la sabbia si utilizza l’elicottero, tutto il resto viene trasportato con infinite “carriolate” dalla fine della pista proveniente da Motta alle Foppe. Si ricorda ancora Diego, dei passi necessari,aggravato dal peso, per arrivare alla baita. Ben 8oo passi da “alpino” in forma, altrimenti circa mille quando sfiatato. Dalla fontanella 150 passi precisi. Cosi come ricorda sorridendo compiaciuto la moglie Valentina, >, che con innata abilità e destrezza si improvvisava pavimentatrice utilizzando pesantissime piotte. >, le diceva. E gli amici che nel tempo libero hanno fattivamente aiutato. Ci vuole anche fantasia, per trasformare in un gioco di rapidità (con tanto di cronometro), la monotona fatica dell’andirivieni con le carriole cariche di materiali. Sacrifici, impegno, denari, amore per le proprie origini hanno contribuito alla realizzazione di un sogno. Sogno che è fruibile, in tutta la sua bellezza, anche per i viandanti che hanno la fortuna di passare dalle Foppe, l’alpe dei fiori.
Bondeno con le ciaspole
02 04 2020
Percorrendo nel corso degli anni gli innumerevoli sentieri che la valle Spluga offre agli escursionisti, sono giunto alla conclusione che questa è una valle per intenditori dal fine palato. L’avveduto viandante, alla ricerca di ampi orizzonti e di qualche momento di riflessione lontano dai frastuoni della città, avrà l’opportunità di camminare in ambienti solitari quanto affascinanti, immerso nei silenzi di una natura ancora incontaminata. Dalle impegnative vie in alta quota ai più elementari sentieri, sempre fra suggestivi scorci panoramici potrà esplorare in tutte le stagioni, utilizzando le fide pedule o le ciaspole, le numerose valli laterali che compongono il bacino della stupenda valle Spluga. Una piccola splendida perla, fra le tante disponibili, è la facile escursione invernale che da Fraciscio conduce all’abitato di Bondeno e all’omonimo motto panoramico posto sul lato orientale della valle. La gita ha inizio dal comodo parcheggio nella caratteristica piazza di Fraciscio raggiungibile lasciando la SS36 all’altezza della chiesa di Campodolcino, appena prima del ponte sul torrente Rabbiosa. Lasciata l’auto, una stradetta di fronte alla chiesa ci invita in discesa verso il negozio di alimentari che lasceremo alla nostra destra e poi verso un lavatoio recentemente ristrutturato. Seguiamo l’evidente traccia che adduce al fondo della valle e a due ponticelli sulla Rabbiosa, quindi ci dirigiamo a sud in leggera salita, costeggiando e attraversando un bel bosco di larici, sino a raggiungere le case di Mottala. Poco oltre, se non coperto completamente dalla neve occhieggia il laghetto della “Palu del fen”, antica torbiera interratasi nel tempo e ora riportata alla precedente condizione con un estetico laghetto. Incrociamo qui la strada proveniente da Campodolcino, percorribile in inverno sino a Gualdera. Nel periodo estivo la stessa prosegue divenendo “consortile” sino a Bondeno. Eventuali permessi sono disponibili presso il ristorante Montanina o il Miramonti di Gualdera. Raggiunta la bella piana di Gualdera, la attraversiamo e sempre in direzione sud imbocchiamo la “consortile” per Bondeno. Consiglio a chi fosse dotato di una minima capacità di orientamento di evitare la comododità della strada e di salire per dossi, così da assaporare la sensazione di “montagna” che il silenzio, il magnifico bosco di larici e la neve scintillante, ci trasmettono. L’orizzonte, prima nascosto dai larici, lentamente si apre sull’ampio e assolato dosso ove sorge Bondeno di dentro. L’alpe, ancora abitata nel periodo estivo, è costituita da bellissime baite interamente in pietra, alcune delle quali ben ristrutturate, nel pieno rispetto della tradizione ed esempio di un patrimonio rurale da conservare a tutti i costi. Proseguiamo raggiungendo in breve Bondeno di mezzo, la cui singolare chiesetta risalente al 1805 e dedicata a San Giacomo il Maggiore, è ulteriore testimonianza della grande fede religiosa che caratterizza nei secoli la popolazione valtellinese e trova espressione in una incredibile quantità di chiesette, cappelle, immagini sacre, edificate anche ad alte quote. Risaliamo ora un bel dosso che adduce alle baite di Bondeno di fuori in un ambiente molto rilassante, godendoci senza preoccupazioni l’aria tersa, il tepore del sole, ma sopratutto la strepitosa vista offerta a occidente dal gruppo delle Camosciere e a nord-ovest dalle più alte cime della valle, dal pizzo Quadro al pizzo Tambò. Con un ultimo sforzo, attraversando una pineta guadagnamo il panoramico Motto di Bondeno, prestando però attenzione all’evidente canalone sul versante est del Calcagnolo che periodicamente scarica gli accumuli di neve in eccesso. Il A est immersa nella neve, l’idilliaca visione dell’alpe Avero, sovrastata dal pizzo Alto, e a sud la Valchiavenna, il monte Legnone e le cime dell’alto Lario. Il rientro per la stessa via, variando a piacere il percorso alla ricerca di nuovi ed ameni panorami.