Risultato della ricerca: tremo
lexio
Storia di un momento magico, una di quelle volte in cui Dio ci prepara la scena e a noi non resta che premere il pulsante di scatto. Vedo che si sta preparando un temporalone in lontananza, con fulmini continui. Sto mangiando cena, corro alla finestra e dico a mia moglie "vado. Voglio vedere se stavolta riesco a beccare il fronte del temporale". Prendo fotocamera e cavalletto e corro in macchina, e per una volta ci riesco davvero a trovare il fronte temporalesco. Mi sistemo a lato strada con il cavalletto, un po' di prove per trovare il giusto settaggio, e via a scattare (non avevo un comando remoto, un intervallometro, una maglia, niente, ero partito di corsa) in modalità autoscatto a 9 frame, ripetizioni di scatti da 30 secondi ciascuno. Una sfilza di fulmini che è una goduria. Sarebbe un sogno se nel frattempo passasse anche una macchina, come se fossimo in un film.. ed ecco che la macchina arriva, anzi ne arrivano una decina in tutto il tempo che resto lì. Sbavo, letteralmente, tremo dalla gioia e dal freddo (vento forte e io senza maglia). Ma godo. Santo cielo quanto godo. E' stato il momento fotograficamente più bello da quando è iniziata la mia avventura con la fotografia, e spero che questo scatto piaccia a voi come piace a me. Grazie
MARINOF55
Il centro storico esiste fin dal I millennio a.C. quando fu un'importante luogo di culto per i Druidi - sacerdoti celti - e sono tuttora presenti alcuni obelischi di pietra. Nel VII-VI secolo a.C. l'area era popolata da Celti e Liguri, uniti in una vera e propria simbiosi economico-religiosa, a cui si aggiunsero presto Greci e Iberici che introdussero la coltivazione dell'ulivo e della vite. I Romani giunsero ad incontrare le varie popolazioni del luogo nel III secolo a.C. e provvedettero innanzi tutto a trasformare l'originario scrigno druidico in una fortezza, tuttora parzialmente visibile............. Nel 1887 il paese venne semidistrutto e gli abitanti decimati: il 27 febbraio la terra tremò ed il tetto della chiesa di San Nicolò (edificata sulle vestigia di un antico tempio pagano sacro al dio Abelio) crollò sui fedeli, riunitisi per il mercoledì delle ceneri: morirono 226 abitanti. A seguito del terremoto e conseguente al crollo del tetto della chiesa, vennero alla luce alcune colonne e reperti del tempio pagano su cui era stata edificata . Sui capitelli, fanno mostra alcune figure di volti che hanno tratti somatici che ricordano popolazioni mongole. Fonte Comune di http://www.comunebajardo.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=2010
LU.PETTI
Trent’anni fa in Armenia quattrocento centri abitati furono rasi al suolo dal terremoto più devastante del dopoguerra. Il 7 dicembre 1988 alle 11:41 del mattino la terra tremò come mai successo prima nel nord dell’Armenia. L’epicentro del terremoto, di magnitudine 6,8, fu localizzato nella città di Spitak, che venne completamente rasa al suolo in meno di 30 secondi. In totale furono 21 le città del nord dell’ Armenia colpite dai danni provocati dal sisma, il cui bilancio in termini di vite umane fu impressionante: 25 mila vittime accertate, 140 mila invalidi, più di mezzo milione di sfollati. Grazie all’intervento italiano, nel 1989 venne costruito un centro abitativo chiamato VILLAGGIO ITALIA, con 204 case-container dotate di confort di base per accogliere altrettante famiglie sfollate. Oggi, dopo più di 30 anni, oltre 4000 famiglie vivono ancora in condizioni estreme all’interno dei container, sopportando il rigido inverno armeno nelle piccole case ormai fatiscenti. La speranza di poter finalmente avere la loro “casa” e di poterci “migrare” entro un futuro prossimo è l’unica cosa che riesce a dare un senso alla loro vita precaria di disagio e di instabilità .
pescopagano
Chi volesse osservare oggi il castello, vedrebbe un mucchio di neri macigni, coperti di edere e di rovi, senza una via praticabile. La tradizione racconta che qui, invece, vi era il ricco Pietro Pagano, nemico di Dio e degli uomini. Avvenne però che, verso la mezzanotte di un giorno di un anno ignoto, la gallina cantò tre volte di notte, e subitamente si udì uno rimbombo, un boato sotterraneo e più volte si scosse e tremò la terra. Allora rovinò il castello e si videro quei dirupi che prima non erano. E così fu che il paese, dal nome di quel signore, rimasto sepolto sotto quelle rovine, si chiamò Pescopagano o Petra Pagana. Indubbiamente questo aneddoto ricorda i tristi tempi del feudalesimo e il terremoto del 1466, riportato da Lodovico di I Raimo nei suoi annali: "Ai 14 gennaio 1466 ad hora nona fu un gran terremoto e durò più d’un miserere dicendosi ben per agio; e per la virtù di Dio nullo male successe a Napoli, ma nella Provincia di Principato Citra più e più terre foro guaste vidilicet Buccino, Pascopagano, Consa et altre Terre". E l’altro più funesto ancora dell'8 settembre 1694 che distrusse quasi interamente l’abitato e fece rimaner sepolte sotto le macerie più di seicento persone.