Risultato della ricerca: settecento
Fabrygot
Castel Beseno (talora indicato come Schloss Pysein nei testi di lingua tedesca) è la più grande struttura fortificata del Trentino-Alto Adige. Situata nel territorio del comune di Besenello, in provincia di Trento. All\'interno si trovano ampi spazi, porte fortificate, bastioni, cortili, mura maestose, cantine e cisterne, e numerosi affreschi (in gran parte rovinati dalle intemperie); si gode una vista su tutta la Vallagarina e a strapiombo sul sottostante Rio Cavallo. Fin dall\'antichità dalla sommità della collina si poteva controllare tutta la sottostante Vallagarina e l\'accesso alla valle che conduce a Folgaria. Le prime notizie certe riguardo questa fortezza risalgono al XII secolo. Nel corso del Cinquecento a seguito di un incendio esso viene ricostruito e rinnovato, mutando il suo aspetto di castello medievale in quello di residenza, conservando però la sua identità di fortezza difensiva ben armata. Verso la fine del Settecento infatti esso fu protagonista di un sanguinoso assedio da parte delle truppe napoleoniche che, nonostante l\'ingente spiegamento, non riuscirono ad avere la meglio, venendo sconfitte dopo giorni di assedio da una colonna di truppe austriache giunte in difesa di Castel Beseno. In seguito, a causa della più tranquilla situazione politica, e quindi alla perdita di importanza di questa struttura difensiva, inizia un lungo periodo di decadenza del castello, che verrà infine abbandonato nel corso del\'Ottocento, per essere infine donato nel 1973 alla Provincia Autonoma di Trento, che ne avviò subito il restauro per farne una delle sedi distaccate del museo del Castello del Buonconsiglio. La struttura, restaurata nella seconda metà del XX secolo, ha una forma ellittica che copre tutta la sommità della collina calcarea, estendendosi in lunghezza per 250 metri e in larghezza per circa 50 metri.
en.giuliani
La cripta del duomo di Salerno è di grande valore artistico e custodisce le spoglie mortali di San Matteo. La leggenda della traslazione vuole che le reliquie siano state portate a Salerno da Gisulfo I nel X secolo ed in seguito nel 1081, quando fu costruita la nuova cattedrale dedicata all'evangelista, furono deposte nella cripta destinata a custodirle. Agli inizi del XVII secolo la cripta fu restaurata in stile barocco su progetto dell'architetto Domenico Fontana e del figlio Giulio. La cripta ospita anche i resti dei SS. Martiri Salernitani Fortunato, Gaio, Ante e Felice, e le reliquie dei Santi Confessori. Sulla tomba di san Matteo, seminterrata, troneggia una statua bronzea e bifronte del medesimo, opera del 1605 dello scultore Michelangelo Naccherino. Tutti gli affreschi del soffitto sono opera del pittore tardo-manierista Belisario Corenzio e raffigurano scene del Vangelo di Matteo, oltre ad alcuni episodi di storia salernitana (quali L'assedio della città da parte dei francesi). I marmi che racchiudono le antiche colonne e le pareti sono della metà del Settecento e sono opera del marmista napoletano Francesco Ragozzino; sulle pareti ci sono venti statue raffiguranti San Giovanni Battista e i primi santi vescovi di Salerno.
Paolo_Squizzato
"La Specola di Padova è la sede dell'antico osservatorio astronomico dell'Università di Padova: è posta sull'antica Torlonga del Castello di Padova, la maggiore delle due torri dell'antico Castello di Padova. È alta 49,59 m che con l'antenna parafulmine arriva a 53,30 m."...." La Torlonga era un'antica torre di difesa, edificata nel IX secolo d.C. Fu risistemata da Ezzelino III da Romano nel XIII secolo ed è legata alla sua fama di crudeltà: fu infatti prigione e sala di tortura per i nemici del tiranno. Caduto il tiranno, il castello fu abbandonato. Nella seconda metà del Trecento i nuovi signori di Padova, i Carraresi, edificarono il nuovo castello, sui resti del preesistente in parallelo al Bacchiglione. In una antica veduta della città di Padova è raffigurato colorato a quadri bianchi e rossi (Giusto de' Mennabuoi nella Basilica di Sant'Antonio di Padova). Con la costruzione delle mura cinquecentesche il castello e la torlonga persero la loro funzione militare e caddero in abbandono. Infatti nel Settecento l'antica fortezza, in gran parte cadente, veniva chiamata "Castel Vecchio", e da tempo era stata destinata a magazzino di granaglie, di paglia, di fieno, deposito di armi e munizioni. Nel 1761 il senato veneziano decretò l'istituzione di un osservatorio astronomico per l'Università padovana. Il progetto fu voluto dall'abate Giuseppe Toaldo che assieme all'architetto Domenico Cerato di Vicenza utilizzò l'esistente torrione, aggiungendovi alla sommità la sala di accesso alle torrette d'osservazione." - Fonte Wikipedia
Foto_Folloni
La tradizione vuole che l'Eremo sia stato fondato da Alberto Besozzi, un ricco mercante locale che, scampato ad un nubifragio durante la traversata del lago, decise di ritirarsi su quel tratto di costa e condurvi vita da eremita. Lì il Beato Alberto fece edificare una cappella dedicata a Santa Caterina d'Egitto, attualmente visibile sul fondo della chiesa. La cappella, che risale al XII° secolo, fu presto affiancata da altre due chiese, quella di San Nicola e Santa Maria Nova, la cui esistenza è certa a partire dal XIV° secolo. Dopo un primo periodo storico, durante il quale vi soggiornarono i Domenicani, dal 1314 al 1645 guidarono l'Eremo i frati del convento milanese di Sant'Ambrogio ad Nemus, sostituiti poi dai Carmelitani fino al 1770. Da sottolineare è il miracolo di inizio Settecento, quando cinque enormi massi "ballerini" precipitarono sulla chiesa, ma restarono impigliati nella volta di una cappella, senza causare gravi danni, rimanendo sospesi per quasi due secoli, fino al 1910. Questi sassi "traballanti" sembrano dare il nome all'eremo che, per esteso, è Santa Caterina del Sasso Ballaro, anche se è più probabile che l'etimologia del nome sia legata al vicino centro abitato di Ballarate. Dal 1970 l'Eremo è proprietà della Provincia di Varese. Dal 1986 al 1996 è stato retto da una comunità domenicana, sino al 2018 dagli oblati benedettini; dalla primavera 2019 la gestione religiosa dell'Eremo è affidata alla Fraternità Francescana di Betania. Fonte (www.santacaterinadelsasso.com)
mariadb
Fu costruito nello stile barocco italiano dall\'architetto Arnold Nering nel 1699 ,commissionato da Sophie Charlotte, la moglie di Federico III di Brandeburgo poi diventato Federico I di Prussia. All\' interno ospita la più importante collezione di pittura francese del Settecento al di fuori della Francia.
Menszeta
La Sala della Musica presso la chiesa dell'Ospedaletto a Venezia è solitamente nota soltanto ai musicologi, che ne apprezzano la storia legata all'attività di famosi musicisti o agli appassionati delle ariose pitture parietali del Settecento Veneziano, che ne gustano il virtuosismo decorativo di Agostino Mengozzi Colonna che fa quinta architettonica ai vivaci affreschi di Jacopo Guarana. Il nobile veneziano Girolamo Miani inaugurò qui il metodo, poi divenuto comune in città, di istruire gli orfani nelle arti e nelle lettere, introducendo l'insegnamento del canto ai giovani. Il XVII secolo vide il progressivo evolversi della scuola musicale dell'Ospedaletto, fenomeno socio-educativo ben presto diffuso anche negli altri ospedali cittadini, nei quali si accoglievano fanciulle orfane, così da creare un clima di concorrenza fra i cori.
Maricetta
Si trova sul punto più "alto" e antico della città vecchia, a ridosso delle mura punico-romane (poco più in alto il giardino difronte conserva ancora quel che resta di una villa romana) e sorge sui resti di altri siti di culto, come la Moschea della quale è rimasta solo una colonna che riporta una pagina del Corano. Ha subito un pesante restauro tra la fine del settecento e gli inizi del secolo successivo, come si può notare dal cupolone che si intravede e che (a mio avviso) non c'entra nulla con il resto della sito; posto li in sostituzione di un torrione, per via di un incendio. L'interno è decisamente (sempre a mio avviso) deludente, anche se conserva le spoglie dei Re Normanni, compreso il grande Federico II, chiamato "Stupor Mundi" non senza motivo.
AntonioLimardi
La Badia(o Abbazia) di Dulzago, situata nel Comune di Bellinzago Novarese, fu fondata all'inizio del XII secolo da alcuni canonici come luogo di culto religioso. Verso la seconda metà del Quattrocento divenne Abate commendatario Leonardo Sforza che trasformò la comunità in un importante centro agricolo. Con il passare degli anni furono bonificati i terreni circostanti rendendoli produttivi. Verso il Settecento venne introdotto l'allevamento del bestiame ed in seguito costruiti nuovi edifici per accogliere i nuovi lavoratori. La comunità divenne autosufficiente disponendo di scuola, forno per cuocere il pane, ghiacciaia interrata, lattaio e mulino. Durante il periodo napoleonico il complesso divenne proprietà della famiglia Reyner. Nel 1845 fu ceduta ai Borromeo che dal 1879 cominciarono a rivendere la struttura in vari lotti. In seguito la proprietà venne ulteriormente suddivisa dalla Società Agricola Conturbia. Interessante il campanile e la Chiesa dedicata a San Giulio con i suoi ricchi affreschi. Il 31 gennaio,(solennizzata, ormai da molti anni, l'ultima domenica di gennaio)festa patronale, si celebra la tradizionale Fagiolata di San Giulio. Notizie della fagiolata si hanno sin dal 1628, quando l'allora Vescovo Volpi, la citò in una sua lettera. La ricetta precisa è segreta, ma per prepararla si usano fagioli, lardo, cotiche, patate, carote, verze e cipolle, messe a cuocere nei calderoni di rame. Nel corso degli anni il numero dei calderoni è aumentato, per far fronte alla sempre maggiore richiesta da parte dei partecipanti alla festa. Leggende raccontano che l'anno in cui non si svolse la fagiolata, nelle campagne attorno alla Badia comparvero i serpenti.
Foto_Folloni
La tradizione vuole che l'Eremo sia stato fondato da Alberto Besozzi, un ricco mercante locale che, scampato ad un nubifragio durante la traversata del lago, decise di ritirarsi su quel tratto di costa e condurvi vita da eremita. Lì il Beato Alberto fece edificare una cappella dedicata a Santa Caterina d'Egitto, attualmente visibile sul fondo della chiesa. La cappella, che risale al XII° secolo, fu presto affiancata da altre due chiese, quella di San Nicola e Santa Maria Nova, la cui esistenza è certa a partire dal XIV° secolo. Dopo un primo periodo storico, durante il quale vi soggiornarono i Domenicani, dal 1314 al 1645 guidarono l'Eremo i frati del convento milanese di Sant'Ambrogio ad Nemus, sostituiti poi dai Carmelitani fino al 1770. Da sottolineare è il miracolo di inizio Settecento, quando cinque enormi massi "ballerini" precipitarono sulla chiesa, ma restarono impigliati nella volta di una cappella, senza causare gravi danni, rimanendo sospesi per quasi due secoli, fino al 1910. Questi sassi "traballanti" sembrano dare il nome all'eremo che, per esteso, è Santa Caterina del Sasso Ballaro, anche se è più probabile che l'etimologia del nome sia legata al vicino centro abitato di Ballarate.
alfapegaso
Il complesso di \"Villa Buonafonte\" o Villa Bentivoglio (conosciuta generalmente come \"Villa delle cento finestre\") risale alla prima metà del Settecento. Perseguendo il carattere scenografico tipico della cultura settecentesca, si accedeva al complesso mediante un cancello in ferro battuto di pregevole fattura, ora mancante perchè recentemente sottratto: oltrepassato il cancello, si accedeva ai fabbricati lungo l\'attuale viale d\'ingresso (originariamente più ampio e alberato) avente uno sviluppo di circa 140 metri, che separava un vasto prato, delimitato lungo gli estremi est ed ovest da due filari di pioppi secolari. Il volume della massa boschiva a nord, retrostante i fabbricati cui fa da fondale, completa una veduta prospettica che conferisce alla villa una maestosità  superiore alla dimensione reale. Una \"maestosità\" che forse è riflessa nello stesso termine popolare con la quale viene nominata, \"casa dalle cento finestre\", come a sottolineare una dimensione non ordinaria ed astratta.
vincenzolavorante
Il Castello di Polcenigo è una villa Veneta (in provincia di Pordenone), costruito nella seconda metà del Settecento sui resti di un fortilizio medievale, collocato sull'altura detta colle del Castello, dominando il paese da nord.
carmelo parisi
La basilica della Santissima Annunziata è una chiesa di Ispica (RG), costruita dopo il terribile terremoto del 1693 che sconvolse la Sicilia orientale. Il pregio artistico della basilica è costituito dagli stucchi del palermitano Giuseppe Gianforma, lo stuccatore più importante del Settecento siciliano. Si contano 13 grandi pannelli di stucco, in basso ed alto rilievo
carmelo parisi
Danneggiata dal sisma del 13 dicembre 1990, fu la sera del 13 marzo del 1996, che, a causa di un grave difetto costruttivo, il primo dei piloni di destra rovinò al suolo, trascinando con sé nel crollo la cupola della Cattedrale e, per effetto domino, l\'intera navata destra, la navata centrale e il transetto destro. Nel gennaio del 2000 hanno avuto inizio i lavori di ricostruzione eseguita con gli stessi materiali e con le tecniche del Settecento. A conclusione di un lungo e complesso lavoro di ricostruzione e di restauro dell\'esistente, dopo undici anni dal crollo, il 18 giugno 2007, la chiesa è stata riaperta al culto. Nel febbraio del 2011, è seguita, poi, la presentazione ufficiale degli affreschi della cupola e del nuovo altare della Cattedrale. Recentemente, nell’aprile di quest’anno, sono stati presentati gli affreschi della navata centrale.
tatarc
Campanile della Chiesa Natività di Maria Vergine in Loc. Vert - Donnas (AO) edificata tra la fine del settecento e gli inizi dell'ottocento.
sunny65
"Gli affreschi del soffitto sono opera del pittore tardo-manierista Belisario Corenzio e raffigurano scene del Vangelo di Matteo, oltre ad alcuni episodi di storia salernitana. I marmi che racchiudono le antiche colonne e le pareti sono della metà del Settecento e sono opera del marmista napoletano Francesco Ragozzino; sulle pareti ci sono venti statue raffiguranti San Giovanni Battista e i primi santi vescovi di Salerno." (fonte: Wikipedia)
tatarc
Castello di Masino - Il maniero è circondato da splendidi giardini all’inglese, concepiti tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, dove si ha l’occasione di ammirare diverse specie di piante, alcune anche secolari, come i maestosi cipressi messi a dimora dal conte Carlo Francesco I.
massimomassarenti
La basilica concattedrale di Sant'Andrea è la più grande chiesa di Mantova. Opera fondamentale di Leon Battista Alberti nello sviluppo dell'architettura rinascimentale, venne completata molti anni dopo la morte dell'architetto, con modalità non sempre conformi ai progetti originali. Edificata nel Medioevo in luogo di un monastero benedettino (i cui unici resti sono il campanile gotico e un lato del chiostro), l'edificio venne ricostruito a partire dal 1472, su progetto di Leon Battista Alberti, commissionato dal signore di Mantova, Ludovico III Gonzaga (e dal figlio Francesco, cardinale) che voleva farne un simbolo del proprio potere sulla città e del prestigio della casata. Lo scopo della nuova costruzione era quello di accogliere i pellegrini che giungevano durante la festa dell'Ascensione durante la quale veniva venerata una fiala contenente quello che si ritiene il "Preziosissimo Sangue di Cristo" portato a Mantova, secondo la tradizione, dal centurione Longino. La reliquia, molto venerata a partire dal Medioevo ma soprattutto nel XV secolo, e portata in processione per le vie della città il Venerdì Santo, è oggi conservata proprio nei Sacri Vasi custoditi all'interno dell'altare situato nella cripta della basilica. I lavori iniziarono nel 1472, lo stesso anno della morte di Alberti. La costruzione proseguì a fasi alterne e rimase a lungo incompiuta, tanto che per il completamento si dovette aspettare fino al XVIII secolo. I lavori furono interrotti intorno al 1494 e ripresero solo nel 1530. La cupola fu aggiunta nel 1732 da Filippo Juvarra, che si ispirò a quella borrominiana della basilica di Sant'Andrea delle Fratte. L'imponente campanile gotico ospita 5 campane ottocentesche, delle quali la maggiore, del peso di 2555 kg, è stata fusa dalla ditta Cavadini di Verona. L’interno è costituito da un’unica ampia navata (m.103 di lunghezza,19 di larghezza e 28 d’altezza) coperta da una volta a botte realizzata tra il 1490 e il 1495. La volta è a finti cassettoni; la decorazione come quella delle pareti, raffigura storiche bibliche in monocromo e scene evangeliche e fu realizzata tra il 1785 e il 1791 da pittori locali guidati dal veronese Paolo Pozzo. La prima cappella a sinistra entrando, intitolata a S. Giovanni Battista, è universalmente nota perché è la cappella funeraria di Andrea Mantegna che già nel 1504, due anni prima di morire, dispose di essere qui sepolto. Nella lapide inserita nel pavimento si legge che “le ossa dell’artista sono state composte con quelle dei due figli nel sepolcro costruito dal nipote Andrea”. Il busto in bronzo dell’artista è stato attribuito a Gianmarco Cavalli; l’epigrafe attesta l’autenticità del busto del Mantegna e allude inoltre alle sue capacità artistiche (“tu che vedi le sembianze di bronzo del Mantegna, saprai che questi è pari, se non superiore ad Apelle”). L'Alberti creò il suo progetto «... più capace più eterno più degno più lieto ...» ispirandosi al modello del tempio etrusco descritto da Vitruvio, un edificio cioè con pronao anteriore a colonne ben distaccate e senza peristasi. La crociera tra navata e transetto è coperta con una cupola, su pilastri raccordati con quattro pennacchi, che si è dubitato facesse parte del progetto albertiano. Tuttavia i pilastri della crociera risultano eretti durante la prima fase costruttiva quattrocentesca. Dietro l’altare si trova una profonda abside che chiude lo spazio della navata. Alla fine del XVI secolo fu realizzata una cripta con un colonnato ottagonale, destinata ad accogliere la reliquia del "Preziosissimo Sangue", posta in un altare al centro, e le sepolture dei Gonzaga, che non vennero realizzate. L’ edificio risulta regolato da un preciso rapporto proporzionale basato su un modulo quadrato di 20 braccia mantovane, che compare per quattro volte nel prospetto (se tagliato all'altezza dell'architrave) e istituisce un rapporto di 6:2 fra lunghezza e larghezza della navata venendo così a costituire l'elemento matematico di collegamento tra esterno e interno della chiesa. La limpida articolazione dell'interno, di proporzioni grandiose, prevede uno schema a croce latina con aula unica e breve, ampio transetto pure a spazio unificato; su ciascun lato della navata si aprono tre grandi cappelle quadrate ricavate in spessore di muro; navata e cappelle sono coperte da volte a botte decorate con lacunari. Il modello è quello tempio etrusco, noto attraverso la descrizione di Vitruvio. A tale riferimento vanno aggiunte le suggestioni dell'architettura termale romana e di grandiosi edifici civili di età tardoimperiale, quale per esempio la basilica di Massenzio. L'effetto di solenne spazialità dell'interno della basilica è coadiuvato dall'azione della luce naturale, che penetra dal giro dei dodici finestroni aperti nel tamburo della cupola. In posizione centrale e ben visibile a tutti grazie alla particolare concentrazione luminosa, un ampio genuflessorio segna il punto in cui, nella cripta sottostante, è custodita la reliquia, cuore dell'edificio e della devozione che lo origina. Se la zona absidale e la cupola furono affrescate solo nel Settecento e il transetto trovò il suo assetto definitivo solo nel secolo successivo con la ricollocazione di alcuni monumenti funebri provenienti da chiese soppresse o distrutte, il ricco apparato decorativo delle cappelle laterali riflette la variegata intensità della cultura figurativa del Cinquecento mantovano.
MrTozzo81
Salendo una delle scalinate più belle! La Scalinata di Trinità dei Monti, realizzata tra il 1723 e il 1726 su progetto dell’architetto romano Francesco De Sanctis. La lunga scalinata è espressione di una monumentalità tipica del settecento romano che la accomuna alle altre importanti realizzazione urbane del secolo costituite dal porto di Ripetta (il quale è stato demolito alla fine del XIX secolo) e da fontana di Trevi.
ernestospaziani
scala reggia palazzo farnese Caprarola VT
nonzo
Le barchesse di villa Valmarana sono due costruzioni secentesche (ma rimaneggiate nel Settecento) del comune di Mira, in provincia di Venezia, affacciate alla riva destra del Naviglio del Brenta. I Valmarana, famiglia vicentina aggregata al patriziato veneziano solo nel 1658, la casa padronale era un semplice edificio a tre piani e planimetria a \"T\", con ingresso al piano nobile preceduto da una scalinata. Le due barchesse la affiancavano a est e a ovest, mentre lo spazio del retro era organizzato in tre \"corti aperte, corrispondenti ai tre edifici. La casa padronale fu demolita all\'inizio del Novecento probabilmente per l\'elevata tassazione cui era soggetta. Se in origine le barchesse erano semplici edifici utilizzati, come di consueto, a fini agricoli, gli interventi del Settecento le convertirono in foresterie, acquisendo pregevoli linee architettoniche ispirate a Giorgio Massari o a Giovanni Antonio Scalfarotto. Tuttavia, il loro attuale stato di conservazione è assai differente. Quella di ponente, che si vede nella foto, utilizzata come rimessa e osteria sino al 1912, dagli anni 1960 è stata restaurata e oggi, in parte abitata, è aperta al pubblico e usata come luogo per ricevimenti. L\'altra, cui è annesso l\'oratorio privato, ha subito notevoli manomissioni (la più evidente è la parziale chiusura del portico) essendo stata adibita a casa colonica e quindi divisa in più proprietà.