Risultato della ricerca: inondazione
sinclair_gio
Rivisitazione dello sviluppo di una foto già presentata relativa al lago di Braies
nerocorso
Islanda, zona devastata nel 1996, la grande alluvione provocata dall’eruzione del vulcano Grimsvötn che si trova sotto il ghiacciaio Vatnajokull: il magma incandescente sciolse il ghiaccio e provocò un'enorme alluvione che devastò un'area vastissima, circa 50 chilometri di larghezza e fino al mare furono invasi da acqua, ghiaccio, fango e detriti. Oggi ad occhio non se ne vede la fine. Si percepisce però tutta la potenza dell’evento, la zona è desolata, appiattita dalla forza della natura. Ci sono i resti di quello che era un ponte in ferro, completamente distrutto, strappato via della forza dell’inondazione. I resti sono quelli che vedete, a monito e richiamo al rispetto della natura.
ashbydelazouch
...un fiore è ormai arrivato al suo tramonto, ma un'improvvisa inondazione di luce può regalargli ancora un' effimera illusione….
Elisa_Pancaldi
Il Campanile di Durazzo, nella campagna bolognese, è l'unico testimone di un borgo che nel 1823 fu spazzato via da un'inondazione.
leonanna
Una giovane meraviglia naturale, nata nel 1834 a causa di un'inondazione
maria.sal
Si trova nel cuore del Rione Sanità, uno dei quartieri di Napoli più ricchi di storia e tradizioni. Il sito conserva da almeno quattro secoli i resti di chi non poteva permettersi una degna sepoltura e, soprattutto, delle vittime delle grandi epidemie che hanno più volte colpito la città. Il canonico Antonino De Jorio, nel 1851 direttore del ritiro di San Raffaele a Materdei, racconta che verso la fine del Settecento tutti quelli che avevano i mezzi lasciavano disposizioni per farsi seppellire nelle chiese. Qui però spesso non vi era più spazio sufficiente; accadeva, allora, che i becchini, dopo aver finto di aderire alle richieste ed aver effettuato la sepoltura, a notte alta, posto il morto in un sacco, se lo caricavano su una spalla ed andavano a riporlo in una delle tante cave di tufo. Tuttavia, in seguito alla improvvisa inondazione di una di queste gallerie, i resti vennero trascinati all\'aperto trascinando le ossa per le strade. Allora le ossa furono ricomposte nelle grotte, furono costruiti un muro ed un altare ed il luogo restò destinato ad ossario della città.Wikipedia
ROBERT59
La Chiesa vecchia di Macugnaga Quando il 7 giugno 1317 un notaio eregistrava un atto di compra vendita, fatto “sub tus porticum ecclesie sancte Marie de Macugnaga”, la comunità presente nel luogo doveva avere una certa consistenza. Non esisteva però ancora un parroco ma si parla, secondo il Bianchetti, di presbiteri beneficiati eiusdem ecclesie. A quel tempo dai documenti giunti, si può considerare che la chiesa di Macugnaga era stata una cappella, dipendente dalla Pieve di Vergonte e poi con la costituzione della chiesa di Bannio, la prima che si è costituita autonoma nella Valle Anzasca, anche da questa chiesa. Non mervigli il fatto che Macugnaga fosse sottoposta a due chiese, l’antica chiesa pievana comune di Vergonte e la chiesa di Bannio, a cui dalla metà del sec. XIII era unita per la cura animarum. Nel 1433 il vescovo Bartolomeo Visconti separa da Bannio le parrocchie di Vanzone e di Calasca, Macugnaga però non ebbe mai nessun collegamento di decime con queste parrocchie, segna che a quel tempo era già parrocchia autonoma staccata da Bannio. Solo il 12 dicembre 1488 il Vescovo Gerolamo Pallavicino concede alla comunità di Macugnaga il privilegio di poter eleggere un sacerdote idoneo da presentare al vicario di Domodossola per essere approvato quale curato ad tempus, con la possibilità di confermarlo o rimuoverlo liberamente. Nel 1582 nella visita pastorale si dichiara che la parrocchia ha un sacerdote mercenario Francesco Corpastor di Friburgo di anni 45 con lo stipendio di 55 scudi. La licenza gli venne confermata il 14 ottobre 1591. Il motivo è che questo prete conosceva la lingua tedesca. Dopo il Concilio di Trento il privilegio della nomina del parroco scomparve. Un soo curato mercenario, don Cristoforo Grolli, originario di Macugnaga, tenne la cura d’anime, dal 1 ottobre 1553 al 16 marzo 1591. Non ha nessuna rilevanza storica la tradizione che afferma la presenza di san Giulio a Macugnaga. Fu un certo Carlo Zambonini, detto Cerina di Anzino che nel 1830 scrisse che il 22 settembre 344 san Giulio avrebbe celebrato a Pecetto. A Macugnaga però la tradizione è legata alla cappella dei frassini. Attualmente la cappella ha un dipinto che può rimandare ad un antico affresco con la Madonna e il Bambino ed ai lati san Giovanni Battista e san Bernardo di Aosta. La prima immagine di culto, presente oranella chiesa vecchia, è quella di una Madonna con il bambino sulle ginocchia ed in mano uno scettro o un fiore, poi sostituito con la corona del rosario. La statua in legno è alta 88 cm. dai tratti che si ispirano ancora al romanico, ma con movenze che risentono del gotico internazionale, potrebbe risalire al sec. XIV e quindi potrebbe essere l’immagine presente nella chiesa di santa Maria del 1317. Gli inventari del sec. XVII la definiscono “Madonna con il fanciullo in brazzo sopra indorata, all’anticha nella schienale è stata successivamente scolpita la memoria della grande inondazione del 20 settembre 1640: nel tempo della grande inondazione, seguita l’anno 1640, alli 20 settembre fu ingerata questa chiesa con altezza dell’acqua sin a mezza chiesa, ed innondato il tabernacolo con la presente et altre figure riposte sopra gli altari, essendosi però ritrovate tutte le figure salve abbenchè ingerate et fangate fossero. La chiesa vecchia Una chiesa come edificio dovette esistere sin dagli inizi del sec. XIV quando nel 1520 fu demolito l’altare maggiore si rinvennero alcune reliquie provenienti dall’area milanese: i santi Gervaso e Protaso, Zaccaria profeta, Bonifacio e compagni martiri. Come fosse l’antica chiesa del sec. XIV è difficile ricostruirlo. Abbiamo invece motivo per collocare al sec. XVI l’attuale struttura della chiesa vecchia. Il 2 febbraio 1476 compaiono in un documento Pietro fu Agostino del Pizo (Pecetto) e Jano Fu Jano di Flechen, curatori della chiesa di Macugnaga con Giacomo fu Angelino della Villa, che funge da custode. In queste riunioni non è presente il parroco o curato. All’inizio del ‘500 c’erano stati grandi danni a Macugnaga dovuti alla grandine che distruggeva i raccolti di segale e del fieno. Gli abitanti fecero voto di costruire un altare dedicato a san Teodulo o Teodoro e lebrarvi ogni anno la messa in suo onore. Si rivolsero al rettore della chiesa di san Barolomeo di Bannio don Josto Albasini, che nel 1501 era vicario di tutta l’Ossola a nome del vescovo Gerolamo Pallavicini. Il vicario concede che si celebri al nuovo altare di san Teodulo e concede anche l’indulgenza perpetua di 40 giorni. L’atto è redatto nella casa parrocchiale il 16 agosto 1501. L’intervento ad ampliare la chiesa iniziato nel 1501 doveva essere completato nel 1513 come mostra la data nel soffitto dipinto. Vennero recuperate le reliquie dell’antico altare. Si costruì anche all’esterno una cappella dedicata a san Michele Arcangelo per riporvi i cadaveri che non potevano essere sepolti nel cimiero se non dopo il disgelo primaverile. La cappella di san Michele era di fronte alla porta maggiore. Per la consacrazione del nuovo altare si fece richiesta al vescovo di Novara da parte dei fabbricieri Gaspare fu Alberto Jachini, Hans fu Agostino della Creta e Alberto fu Antonio della Fontana. Per incarico del canonico Donato Vicomercato, vicario generale del vescovo di Novara salì a Macugnaga il vescovo ausiliare Michele Jorba che il 17 giugno 1523 accompagnato dal vicario episcopale in Ossola, a quel tempo don Antonio fu Alberto Degli Scolari di Rimella, parroco di Vogogna, il quale in funzione di notaio stese l’atto solenne a perpetua memoria. Il vescovo iniziò con la riconciliazione del cimitero, poi della chiesa, consacrò la cappella ossario con l’altare di san Michele Arcangelo e quella dell’altare maggiore con le reliquie di san Floriano martire e di san Sisinio martire della Valle di Non. La dedicazione della chiesa venne fissata nella prima domenica di maggio. Nel maggio 1642 mons. Tornielli vescovo di Novara fece scolpire l’iscrizione a fianco dell’Altare maggiore che dice che l’anniversario della chiesa si celebra la prima domenica di maggio. L’altare di san Teodulo fu sostituito da quello di santa Caterina d’Alessandria. A metà ‘500 il corpo della chiesa fu allargato verso nord e si costruirono tre cappelle. Dove c’è la porta del campanile l’altare di santa Caterina, distrutto nel 1580 per la costruzione del campanile. Il vicario generale permise la demolizione dell’altare di santa Caterina con l’obbligo di porlo nella cappella che diventerà del Rosario. Nel 1560 fu fatto il portone de’entrata. La data 1561 appare su una trave del soffitto della navata. Il nuovo campanile fu iniziato il 7 giugno 1580, completato già il 4 luglio 1582 quando Giovanni Ambrogio Caccia delegato del vescovo Francesco Bossi annota che ci sono due campane, ma la maggiore si era rotta.
NicoloBeardo
Vík í Mýrdal è una località islandese lungo la Hringvegur nella regione di Suðurland. Qui si trova una stazione di servizio ed un piccolo ristorante, abbastanza popolati data la distanza dagli altri centri della zona. Vík si trova ai piedi del ghiacciaio Mýrdalsjökull, che copre la cima del vulcano Katla, il che la espone a rischi di inondazione nel caso di ripresa dell’attività eruttiva da parte del vulcano. Nei pressi di Vík si trovano importanti attrazioni turistiche, come Dyrhólaey e l’area ai piedi del monte Reynisfjall. The village of Vík (About this sound pronunciation (help·info); or Vík í Mýrdal in full) is the southernmost village in Iceland, located on the main ring road around the island, around 180 km (110 mi) by road southeast of Reykjavík. Despite its small size (291 inhabitants as of January 2011) it is the largest settlement for some 70 km (43 mi) around and is an important staging post, thus it is indicated on road signs from a long distance away. It is an important service center for the inhabitants and visitors to the coastal strip between Skógar and the west edge of the Mýrdalssandur glacial outwash plain.
f.pelizza
Piccolo Santuario ubicato vicino a Velezzo Lom. in Prov. di Pavia, circondato dalle risaie lomelline, denominato "Màdona dal sòc" in quanto la Madonna fu trovata su un ceppo di legno portato dalla corrente durante un'inondazione del vicino fiume Agogna.