Risalente al XIV secolo e conservato nell'abside del Santuario di S. Domenico a Chioggia. Molto caro ai pescatori di Chioggia. Presente a Jesi fin dal 1479, trasportato per mare probabilmente in regalo a VE, naufragato prima della destinazione e finalmente ripescato dopo circa un secolo dai pescatori di Chioggia. Sconcertante l'espressione del viso se osservato dal basso: da destra esso mostra il dramma del Cristo "patiens" ancora in agonia, mentre da sinistra appare rasserenato nel riposo della morte.
La ripresa dal basso è certamente la più forte come drammaticità considerando anche la complessa lavorazione del volto che sembra addirittura sproporzionato rispetto al tronco. Una interessante e bella ripresa che raggiunge lo scopo, complimenti Titti, Federico
Effettivamente è una singolarità dell'opera il contrasto fra la perfezione formale del capo ( attribuito alla scuola renana) e il trattamento sommario e scheletrico del corpo (attribuito invece alla scuola strasburghese). E' tuttora un'opera discussa sia dalla critica d'arte, sia dagli storiografi a riguardo della sua effettiva provenienza. Grazie per avermi permesso di aggiungere altre notizie su questo stupendo Cristo, notizie che ho evitato nella didascalia per non essere troppo prolissa. Un caro saluto, Titti
La ripresa dal basso è certamente la più forte come drammaticità considerando anche la complessa lavorazione del volto che sembra addirittura sproporzionato rispetto al tronco. Una interessante e bella ripresa che raggiunge lo scopo, complimenti Titti, Federico
Effettivamente è una singolarità dell'opera il contrasto fra la perfezione formale del capo ( attribuito alla scuola renana) e il trattamento sommario e scheletrico del corpo (attribuito invece alla scuola strasburghese). E' tuttora un'opera discussa sia dalla critica d'arte, sia dagli storiografi a riguardo della sua effettiva provenienza. Grazie per avermi permesso di aggiungere altre notizie su questo stupendo Cristo, notizie che ho evitato nella didascalia per non essere troppo prolissa. Un caro saluto, Titti