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ZoSo74
Copio & incollo da un POST su Flickr... io me lo sono letto tutto di un fiato, IMHO interessantissimo... sarà che io amo Kubrick alla follia... ma credo che meriti di essere letto anche da chi solo ama la fotografia e la tecnologia che ci sta dietro... smile.gif

Estratto da un articolo di Marco Cavina e Lucio Lepri sui Gauss super luminosi, una storia vera di sofisticatiisimi virtuosismi tecnici, genio e poesia che è già nella storia dell' Arte. (2005 – WWW.LUCIOLEPRI.IT/LC2/MARCOCAVINA)

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Alla Photokina 1966, la Zeiss presento’ – assieme a grossi calibri per il sistema Contarex come il 18mm f/4 Distagon – un obiettivo di luminosità assoluta, ovvero il Planar 50mm f/0,7; l'obiettivo a lenti per uso fotografico più luminoso mai prodotto al mondo fu commissionato alla Carl Zeiss di Oberkochen dalla NASA ad inizio anni '60; il programma spaziale americano aveva già pianificato il Moon man landing e per le imminenti missioni del programma Apollo era prevista un'accurata mappatura della superficie lunare, ivi compresa la fino ad allora sconosciuta faccia nascosta.
Lo Zeiss Planar 50mm f/0,7 fu realizzato proprio e principalmente per le riprese del lato oscuro del nostro satellite, prevedendo situazioni di esposizione molto critica aggravate dal movimento sulla traiettoria orbitale; l'ente spaziale americano ordinò 10 esemplari di obiettivo con queste specifiche di eccezionale luminosità relativa e la Carl Zeiss si mobilitò per assecondare la richiesta; il Dr. Erhard Glatzel coadiuvato dal collega Dr. Sauer lavorò sulla base degli schemi doppio Gauss tipo Planar, gli unici che all'epoca permettessero di ipotizzare simili luminosità relative.
La disponibilità di moderni vetri al Lantanio ad alto indice di rifrazione consentì di calcolare un obiettivo da 50mm di focale ed apertura massima f/0,7, ovvero quasi uno stop più luminoso del Canon 50mm f/0,95; non sappiamo se assecondando le specifiche NASA o accettandolo come sacrificio all'arditezza del progetto si decise di limitare la diagonale del formato coperto a circa 27mm, consentendo di impressionare un fotogramma di appena 18x24mm, coincidente col formato cinematografico 35mm e metà esatta del classico 24x36.
Questo fattore lascerebbe supporre che l'obiettivo sia stato in realtà concepito per riprese cinematografiche su speciali apparecchi ma la presenza di un grosso otturatore centrale della Deckel Munchen fa rapidamente cadere questa ipotesi: l'obiettivo è nato per fotografie statiche.
Naturalmente alla luce del formato coperto la focale 50mm si connota come un medio-tele, pari ad un angolo di campo di circa 30°; l'obiettivo è costituito da 8 lenti suddivise in 6 gruppi e nello schema ottico sono facilmente individuabili due sottogruppi distinti: il primo è un classico Gauss con 6 lenti in 4 gruppi disposte simmetricamente attorno al diaframma, con i due menischi collati posti all'interno; il secondo è costituito da un gruppo di 2 lenti separate che si allungano verso il piano pellicola, la prima delle quali molto spessa e la seconda in funzione di lente di campo posta ad appena 4 millimetri dal film.
Questo ultimo fattore preclude l'impiego del Planar 0,7 su apparecchi reflex (limitazione ininfluente per la primaria destinazione d'uso prevista) ma anche l'utilizzo di un otturatore a tendina sul piano focale che non troverebbe spazio sufficiente fra l'ultima lente e la pellicola, praticamente a contatto: infatti l'obiettivo è dotato di un otturatore centrale Compur Electronic # 3 montato in maniera in coincidenza con la parte centrale del gauss anteriore e che incorpora anche il diaframma di servizio e consente esposizioni fino ad 1/200".
Naturalmente le eccezionali caratteristiche di questo autentico ordigno si riflettono su pesi ed ingombri, davvero inusitati per un 50mm: la lente anteriore ha un diametro di 76mm ed uno spessore massimo di 5,27mm mentre il peso - o forse dovrei dire il dislocamento - si attesta su 1,85 kg.
Completato il calcolo si montarono i 10 esemplari richiesti; ovviamente realizzare un simile progetto per piazzarne una manciata di pezzi è un autentico nonsenso sul piano commerciale, ma evidentemente alla Zeiss consideravano - giustamente - anche il prestigio di condividere col loro marchio il mito dei conquistatori di stelle; del resto - qualche anno più tardi - lo Zeiss Stiftung avrebbe azzerato il celeberrimo settore fotocamere Zeiss Ikon - Stuttgart proprio per il suo totale distacco dalle vili questioni terrene di natura economica e commerciale, teso qual era alla pura ricerca della perfezione, struggente contraddizione comune a tutta la saga Zeiss Ikon e volano stesso del suo mito immortale.
Dati ufficiali sull'impiego del Planar 50mm f/0,7 non sono stati divulgati; pare che sia stato messo in servizio sull'Apollo 8 che - nel corso della sua missione compiuta fra il 21 ed il 27 Dicembre 1968 - compì 10 orbite attorno alla Luna per raccogliere ingente materiale fotografico della sua superficie e pianificare la zona più adatta allo storico "Eagle landing" dell'anno seguente; per questo impiego erano previste due Hasselblad 500EL70 dotate, fra l'altro, anche di uno Zeiss da 500mm per dettagli ravvicinati; questa missione riportò sulla Terra - per la prima volta - anche eccezionali immagini della faccia nascosta del satellite, riprese dall'esperto di bordo William Anders.
A questo punto la storia si stempera col mito ed il mistero: esistono immagini del Planar 50mm f/0,7 montato all’uopo su uno speciale corpo macchina simile alla Contarex Spezialkamera del 1965 per uso scientifico: non era una novità, dato che una Contarex Special senza mirino e dotata di Planar 50mm f/2 era già stata a bordo della capsula Gemini 4 nel Giugno 1965; tuttavia è assai improbabile che il Planar 50mm f/0,7 sia stato realmente utilizzato per riprese fotogrammetriche della faccia nascosta del satellite: troppo piccolo il formato e troppo aberrato – evidentemente - l’obiettivo; fatto sta che tutte le immagini del lato oscuro giunte sulla Terra sono state evidentemente realizzate col certo più adatto Biogon 38mm su SW e non c’è alcuna prova o testimonianza di un utilizzo reale del superluminoso; del resto l’obiettivo era stato commissionato nei primi anni ’60 quando il programma Moon landing era appena impostato e probabilmente l’ottica fu richiesta ipotizzando particolari e non meglio precisate situazioni di luce imprevedibili.
Le modalità operative di questo obiettivo nello spazio restano dunque un mistero, e del resto – esaurita la missione Apollo 8 - il Planar f/0,7 fu rapidamente pensionato: le foto della "dark side of the Moon" erano in archivio ed ora un nuovo Biogon 60mm f/5,6 fotogrammetrico scalpitava per immortalare la superficie lunare...
E qui comincia la sua seconda, imprevista e meravigliosa vita, destinata a trasformare un misconosciuto ordigno classificato (lasciato ad ammuffire in uno scatolone pieno di codici astrusi in qualche magazzino di Houston) in mito immortale dell'arte visiva e della poesia.
Metà anni 70': il regista Stanley Kubrick, immenso e visionario cacciatore di sogni ed emozioni, da anni cercava il modo per realizzare riprese d'interni a lume di candela, ma i più luminosi obiettivi cinematografici dell'epoca, come i Panavision T=1,1 o l'Angenieux f/0,95 non consentivano ancora di esporre alla normale cadenza cine le pellicole d'epoca, limitate ad una sensibilità di 100° ISO o al massimo 200° ISO con trattamento push.
Nelle fasi preliminari della realizzazione di Barry Lyndon, film in costume e d'atmosfera dove si prevedevano numerose riprese d'interni sfruttando un'available light ai limiti dell'impossibile, Kubrick scoprì che, sul lotto di dieci Planar 50mm f/0,7 prodotti, non tutti gli esemplari erano stati effettivamente ritirati dalla NASA: infatti per colmo di fortuna si era imbattuto in tre esemplari residui ed il grandissimo regista intuì le potenzialità cinematografiche di questi speciali obiettivi (che, fra l'altro, impressionavano di misura il fotogramma cine) e li acquistò in blocco.
Calcoli alla mano, capì che le sue riprese a lume di candela potevano materializzarsi in concreto e contattò subito il suo partner tecnico di mille avventure, quel mitico Ed Di Giulio titolare della Cinema Products Co., chiedendo senza possibilità di replica di adattare questi Zeiss f/0,7 alle necessità delle riprese cinematografiche; Ed era un grande esperto e si rese conto delle estreme difficoltà rappresentate dalla lente posteriore a contatto con la pellicola, dal diametro dell'obiettivo e dall'ingombro dell'otturatore centrale #3; partendo da una cinepresa Mitchell BNC, un vecchio modello non reflex, riuscì dopo molti sforzi ad adattare lo Zeiss "spaziale", modificando pesantemente l'obiettivo (eliminando l'otturatore e creando un comando tradizionale per il diaframma) e la cinepresa (dotandola di un sistema di messa fuoco elicoidale a passo ridottissimo).
Il vero problema nell'impiego senza visione reflex era costituito dalla messa a fuoco: un obiettivo impiegato ad f/0.7 presenta una profondità di campo pressochè nulla e si rese necessario effettuare numerosissimi test di ripresa diretta per realizzare i punti di fede e le calibrature della scala di messa a fuoco a stima; il direttore della fotografia di Barry Lyndon, John Alcott, rilasciò nel Marzo 1976 un'intervista alla rivista "American cinematographer" dal titolo "Photographing Stanley Kubrick's Barry Lyndon" nella quale descrive le difficoltà di questa operazione, aggravate da un'interessante ed unica caratteristica ottica di questo straordinario obiettivo: mentre ottiche come i già citati Panavision T=1,1 od Angenieux f/0,95 permettevano di visualizzare molto bene il piano di fuoco, lo Zeiss f/0,7 osservato attraverso un mirino a visione diretta TTL palesava un'impressione di profondità di campo estremamente ampia anche ad f/0.7, davvero unica.
Purtroppo il riscontro sulla pellicola sviluppata era ben diverso: in realtà la profondità di campo era nulla e la messa a fuoco impostata sovente errata, quindi in questa complessa e noiosa fase di calibratura preliminare occorreva di volta in volta filmare, sviluppare lo spezzone, misurare la distanza dal punto oggetto effettivamente a fuoco sulla pellicola e calibrare la tacca sulla ghiera; probabilmente l'ampio diametro delle lenti porta ad una notevole quantità di aberrazione sferica sottocorretta il cui andamento è simile a quello di certi obiettivi soft focus, come il tripletto Fujinon da banco ottico da 180 e 250mm f/5,6, la cui immagine sul vetro smerigliato palesa un andamento dell'aberrazione sferica tale per cui il piano di messa a fuoco è indistinto e distribuito lungo l'asse di ripresa dando l'idea di una profondità di campo molto estesa.
Per garantire al regista una gamma di steps sufficienti alle critiche riprese in interni si limitò la messa a fuoco fra 200 e 5 piedi, cioè fra circa 60 ed 1,5 metri, limite minimo considerato accettabile dallo stesso Kubrick per le scene che aveva in mente, e si distribuì questo ristretto range su ben due giri completi dell'elicoide di messa a fuoco; le distanze più ravvicinate furono campionate e riportate come punti di fede sulla ghiera letteralmente pollice per pollice.
Kubrick testò la Mitchell BNC così modificata assieme allo Zeiss f/0,7 e ne fu entusiasta, le atmosfere il luce ambiente erano finalmente rese in maniera vivida e reale, senza fill-in aggiunti ma si rese conto che l'angolo di campo del 50mm era un tantino troppo ristretto per certe scene d'interni ad ampio respiro previste per Barry Lyndon e sentì il bisogno di un aggiuntivo ottico che riducesse la focale senza penalizzare la luminosità.
ED Di Giulio, nuovamente invocato per un miracolo, attivò l'amico ed esperto di ottica Dr. Richard Vetter che procurò un aggiuntivo Kollmorgen nato obiettivi cinematografici 70mm; Ed Di Giulio lo adattò al secondo esemplare di Planar 50mm f/0,7 in possesso di Kubrick ottenendo un complesso che fu misurato come 36,5mm f/0,7 (sempre un leggerissimo tele sul formato 18x24mm con maschere per il formato 1,85:1).
Stanley Kubrick testò anche questo sistema e ne fu altrettanto entusiasta; sull'onda dell'esaltazione chiese un ultimo sforzo per ridurre ulteriormente la focale e nuovamente il Dr. Richard Vetter estrasse il coniglio dal cilindro sotto le spoglie di un aggiuntivo "dimension 150" adapter che, montato da Di Giulio sul terzo ed ultimo Planar, lo trasformò in un incredibile 24mm f/0,7 che però non lasciò soddisfatto il meticolosissimo regista per via di una vistosa distorsione a barilotto che sarebbe stata fastidiosamente evidente intercalando le riprese effettuate con quest'accoppiata a quelle ottenute con gli altri Planar da 50mm e 36,5mm, decidendo pertanto di non utilizzarlo.
Del resto già nella versione con adattatore Kollmorgen da 36,5mm è presente un visibile residuo di distorsione a barilotto come si evidenzia in certe scene d'insieme nelle riprese di gioco in interni che inquadrano elementi architettonici.
I tre esemplari di Planar 50mm f/0,7 di proprietà di Stanley Kubrick sono dunque modificati in questa guisa: tutti sono stati adattati per l'uso sulla Mitchell BNC non reflex eliminando l'otturatore centrale, ricreando il comando del diaframma e modificando il barilotto per applicarlo alla cinepresa con l'elicoide di messa a fuoco a stima calibrato; il primo va utilizzato talis qualis come 50mm f/0,7, il secondo con applicato l'adattatore Kollmorgen lavora come 36,5mm f/0,7 e l'ultimo con l'aggiuntivo dimension 150 è convertito a 24mm f/0,7; ad una recente mostra su Stanley Kubrick organizzata in Germania il terzo obiettivo veniva esposto con un aggiuntivo dichiarato come prodotto dalla Zeiss per una focale di 25 (SIC)mm; posso ipotizzare che la Zeiss stessa abbia continuato a sperimentare vari aggiuntivi per ottenere la fatidica focale corta f/0,7 senza la tara di una distorsione fastidiosa.
Gli obiettivi fecero bene il loro lavoro e Kubrick sparse a piene mani il suo allure sovrumano: le riprese a luce di candela di Barry Lyndon sono una delle più straordinarie e commoventi esperienze visive cui possiamo avere la buona sorte di assistere; in particolare, la saga di questi Zeiss Planar 50mm f/0,7 assume i contorni romanzati di una fiaba: nati per riprendere il volto mai visto della Luna a grandi distanze dallo spazio hanno terminato la carriera in mano ad un guru del cinema trasfigurando i volti di ispirati attori a distanza molto ravvicinata, fuori da ogni registro e schema logico del progetto originale, palesando comunque doti di plasticità, resa tonale e sfuocato assolutamente uniche, straordinarie, dove l'aberrazione sferica a tutta apertura fornisce uno stacco tridimensionale alle figure in penombra davvero emozionante.
Le riprese di interni furono effettuate con una luminosità media di 3 foot/candles, davvero modesta avvalendosi di un esposimetro Gossen Panalux; la messa a fuoco a stima su scala metrica era così critica e comunque necessaria ad ogni minimo spostamento del soggetto che Doug Milsome, operatore di fuoco ed assistente alla camera di Kubrick ed Alcott, utilizzava un escamotage estremo per visualizzare le variazioni di fuoco: posizionava una videocamera a circuito chiuso lateralmente al set, a 90° rispetto alla cinepresa, che inquadrava la scena di profilo, nel senso della profondità, rimandando l'immagine ad un monitor posto sopra la scala di messa a fuoco del Planar; sul monitor era applicata una griglia i cui listelli verticali corrispondevano a varie distanze di messa a fuoco, identificate sul monitor e sulla scala dell'ottica da codici a colore; quando l'attore si avvicinava od allontanava dalla cinepresa passava da un listello all'altro della griglia e Milsome prontamente provvedeva a regolare lo f/0,7 sulla corrispondente distanza, agevolato dalla corrispondenza cromatica fra listelli e relativi punti di fede calibrati sulla scala....virtuosismi all'ordine del giorno per un maestro come Kubrick, per il quale era routine normale anche filmare con cielo nuvoloso ed il sole che andava e veniva a sprazzi, regolando il diaframma di conseguenza in tempo reale con un comando elettrico a rapporto di corsa 4:1…
Pochissimi sono a conoscenza del fatto che l’assoluto non-senso commerciale Planar 50mm f/0,7 ebbe un seguito concettuale: in una memoria interna Walter Woeltche accenna in modo vago ad una evoluzione del progetto ottenuta aggiungendo una ulteriore lente anteriore per ridurre la curvatura di campo, un progetto preliminare ancora più luminoso, addirittura 50mm f/0,63 !

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IPB Immagine

guru.gif


kogaku
...mitico!

...grazie per la condivisione!
ANTERIORECHIUSO
E si', Kubrick e' stato un Dio
pentanik
Stupenda lettura ... pc_scrive.gif
Grazie
Fabio_Porcelli
Pollice.gif
Grazie.
alexdelarge77
se mi chiamo alexdelarge77 ci sarà un motivo..heheheh(protagonista di arancia meccanica)

è sempre stato troppo avanti con i tempi stanley....

piacevolissima lettura....

anche se devo dire che avendo letto diversi libri su kubrick alcune cose mi risultavano differenti

...però la sostanza non cambia.....

kubrick sarà sempre il più grande...

alex
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