Delle foto pubblicate mi attraggono in primo luogo quelle di Venezia - Burano; in particolare nell'immagine n. 27 l'inversione dei colori fa sì che le case sembrino galleggiare sospese sopra un mare irreale dove l'orizzonte è quasi scomparso; mi ricorda le piazze di De Chirico.
Nell'immagine n. 29 l'inversione delle luci fa sì che le ombre (traccia del "vero" fotografico) vengano eliminate, enfatizzando ancora un senso di sogno e di fuga dalla realtà.

Quindi, pur conservandosi in un certo senso "fedele" rispetto allo scatto originario, contemporaneamente Sebastiani se ne distacca. Tanto che la temporalità appare fissata e sostanzialmente eliminata (lontano è l'istante decisivo di Cartier Bresson), cosicchè la fotografia si fa memoria di se stessa e conduce chi osserva verso una quiete quasi magica.

Ancora due scatti mi hanno colpito:
- l'immagine n. 8 dove una Milano d'antan si oppone all'architettura avveniristica che nel nostro immaginario caratterizza una metropoli proiettata verso l'Expò 2015; ricorda anche graficamente le vecchie copertine della "Domenica del Corriere";
- l'immagine n. 15 dove ancora una volta la luce appare elaborata in positivo le ombre in negativo col risultato di eliminarle; nel manichino torna in mente la metafisica di De Chirico.

Mi sembra in sostanza che Sebastiani rispetti la realtà e contemporaneamente la trasfiguri.
Si è molto parlato di sudditanza della fotografia rispetto alla pittura; al contrario mi avvincono queste opere che sembrano attestare una piena autonomia del mezzo fotografico il quale offre anzi(grazie anche ovviamente ai programmi di fotoritocco) possibilità in più rispetto a matita e pennello.

Ringraziando per avermi accolto, distintamente saluto

Guido Alimento