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Max Lucotti
Con il patrocinio del grande Enrico, sollecitato dal Mitico Mirko_nk apro questa discussione su un argomento che, per onor della verità, ho tratto da un articolo letto su una rivista di fotografia naturalistica e che è stato accennato in una altra discussione nella sezione "Paesaggi".

Si tratta di argomentare se la fotografia naturalistica, quindi di paesaggio e/o di natura in genere, è vista e vissuta da tutti noi come il mezzo per comunicare qualcosa, le nostre emozioni ad esempio, oppure se l'immagine finale deve essere il fine, e quindi la fotografia deve tendere ad essere un pezzo unico, uno scatto irripetibile, tecnicamente perfetto e che trasmetta un attimo che gli osservatori possano giudicare irripetibile.(e non necessariamente al fotografo trasmetteva qualcosa in quel momento).

Un esempio di "MEZZO" potrebbe essere uno scenario che mi emoziona mentre faccio una camminata e quindi scatto,
esempio di "FINE" potrebbe essere che ho visto un bello scorcio, ci ritorno più e più volte a scattare fino a che non trovo la situazione di luce che cercavo, e finalmente faccio la fotografia


Buona giornata
enrico
Quale "Lupus in fabula" intervengo a rispondere dal mio personale punto di vista al quesito di Max.
Se non ho capito male, con i termini "fine" e "mezzo", ti riferisci a foto comunque di tipo documentario, improvvisate o ricercate con pazienza e metodo.

Improvvisata: Vedo un bel paesaggio e scatto perchè sto passando di lì ed ho la macchina fotografica.

Ricercata: Vedo un bel paesaggio e voglio studiarlo, sentirne l'atmosfera e registrarlo nel momento e con la luce che più mi piace. Ci torno più volte, cerco il punto di vista migliore.

Nella foto, nell'un caso e nell'altro, quello che interessa è il "referente", ciò che è davanti all'obiettivo. L'autore non vi compare se non attraverso l'espressione del suo livello tecnico e delle sue scelte compositive.

Io proporrei, se Max lo permette, anche un altro tipo di indagine, dando un diverso significato ai termini "fine" e "mezzo".

La foto documentaria in cui ciò che è rappresentato è "fine" a se stesso (prevale la cosa fotografata) - ad esempio un magnifico tramonto.

La foto narrativa o tematica, nella quale ciò che è davanti all'obiettivo è solo un "mezzo" per esprimere qualcos'altro (prevale il pensiero dell'autore) - ad esempio, una immagine in cui compare la fatica e l'entusiasmo di raggiungere la vetta da parte dello scalatore.

A te Max, sei tu il pilota di questa interessante discussione. Questo è solo il mio piccolo contributo.
Enrico
nuvolarossa
QUOTE
mezzo per comunicare qualcosa, le nostre emozioni ad esempio, oppure se l'immagine finale deve essere il fine, e quindi la fotografia deve tendere ad essere un pezzo unico, uno scatto irripetibile


Non so se ho capito bene cosa vuoi dire... hmmm.gif
Quando io vedo un bel paesaggio, se mi procura emozioni (ed ho la macchina fotografica) lo fotografo, altrimenti non lo fotografo...
Raramente torno in un posto appositamente per fare una fotografia, dovrei essere commissionato o avere un buon motivo per farlo.
La fotografia è il momento, la sintesi di una situazione,
l'istante in cui tutto si amalgama, un ideale inafferrabile...
Quando la fotografia accade, succede senza sforzo...

Questo diceva Elliott Erwitt, e mi trova particolarmente d'accordo.
Ma bisogna dire che io non sono un "fotografo paesaggista" (e neanche un "fotografo"...) e quando fotografo paesaggi lo faccio solo perchè in quel momento mi sento attratto da ciò che vedo e dalla situazione che sto vivendo e cerco di amalgamare il tutto e di portarmelo a casa, in una sorta di "foto ricordo", anche perchè so che quel momento non lo vivrò più! Anche se in un posto ci torni più e più volte alla ricerca della luce giusta, le emozioni provate una volta non è detto che vengano provate ancora. Si rischia di tornare a conquistare una vetta montana o una caletta marina e poi non fotografarla nemmeno!!!
enrico
Ciao Nuvolarossa,
interessante. Si fotografa quando si provano delle emozioni. se torno e non trovo in me quelle emozioni, non fotografo nemmeno.
Quindi, in altre parole, non fotografiamo ciò che è fuori di noi, ma le nostre emozioni.
La foto diviene così un mezzo per rievocare ciò che, per un nostro particolare stato d'animo, abbiamo provato in quel momento.
Questo significa che la stessa foto che in te fa rivivere delle emozioni, può lasciare un altro del tutto indifferente.
Se non ho capito male il tuo pensiero, arriviamo così alla negazione delle possibilità comunicative della fotografia.
Sbaglio?
Enrico
Max Lucotti
I fotografi paesaggisti famosi vanno più e più volte nello stesso posto. Dopo aver individuato la migliore composizione ci ritornano fintanto che le condizioni di luce a e ambientali li soddisfano. Credo che qui l'emozione c'entri poco.
Questa la definirei fotografia come "FINE", dove l'immagine è lo scopo finale e poco importa se ha emozionato il fotografo, importa che stupisca l'osservatore.

Faccio un altro esempio: stamane mi sono svegliato alle 4, per recarmi armato di tutta l'attrezzatura e del cavalletto in cima ad una montagna che ben conosco a fare foto all'alba (che non c'è stata....) Questa la definirei "la mia fotografia come fine", l'intento di creare una immagine piacevole e che possa un poco stupire gli osservatori. La mia emozione ci sarà se quando scaricherò la memory card uscirà una buona foto, nel caso contrario.... ho perso solo ore di sonno.

Discorso diverso quando, zaino in spalla, mi avventuro per ore in escursioni dove scatto quando di fronte a me trovo un paesaggio / situazione emozionante (Esempio). Ma solitamente questo genere emoziona più me che gli osservatori. Questa per mè è la fotografia come MEZZO.
davidebaroni
QUOTE("Max Lucotti")
I fotografi paesaggisti famosi vanno più e più volte nello stesso posto. Dopo aver individuato la migliore composizione ci ritornano fintanto che le condizioni di luce a e ambientali li soddisfano. Credo che qui l'emozione c'entri poco.

Secondo me, invece, c'entra eccome. Solo che ha un orizzonte temporale diverso. smile.gif
Sospetto che, in questo caso, entri in gioco il concetto di "rappresentazione": l'immagine "finale" che il fotografo cerca, e per la quale perde ore di sonno e fa tanti sforzi, per lui rappresenta qualcosa di particolarmente significativo. Magari la sua idea di "montagna", o un "concetto naturalistico", o che ne so io.
Vale anche per i "piccoli": ad esempio, il mio concetto personale di "fotografia di paesaggio", quando posso, è la rappresentazione del mondo come sarebbe se noi umani non ci fossimo... biggrin.gif
...o almeno come IO immagino che sarebbe. messicano.gif
Ovvio che all'interno di questo concetto di rappresentazione ci possono poi essere migliaia di "sfumature", aspetti diversi della cosa tutti raccontati con uguale impegno. Ma ciò che rende "importanti" queste rappresentazioni è probabilmente che esse esprimono, o rappresentano, qualcosa che emoziona il fotografo... non necessariamente nel momento, ma magari su un piano più astratto, o più profondo.
My two cents, of course.
Ciao,
Davide
Claudio Orlando
Concordo con il Grande Capo. Alla base di questo accordo credo ci sia la stessa visione della fotografia. Conoscendolo sufficentemente bene, credo che ambedue fotografiamo innanzitutto per noi stessi. Parlando ora solo per quel che mi riguarda, posso dire che nella fotografia naturalistica in genere, quindi sia paesaggistica che di animali, quando scatto una foto lo faccio per ricordare a me stesso quel che ho visto, ciò che ho vissuto e le emozioni che questo mi ha provocato. Sono completamente disinteressato all'effetto che possa fare un mio scatto, ammesso che sarà visto, su un osservatore terzo (quindi, fine a se stessa). Stranamente in altri generi fotografici, quelli che poi personalmente più mi appagano, mi disinteresso completamente della "forma" badando "esclusivamente" alla sostanza. Eliminando senza pietà, tutti quegli scatti che, secondo il mio parere personale, non riescono a comunicare all'esterno, non solo il fatto in se stesso ma anche e soprattutto il mio pensiero sul fatto (quindi un mezzo).
nuvolarossa
QUOTE
Questo significa che la stessa foto che in te fa rivivere delle emozioni, può lasciare un altro del tutto indifferente


Certo che si!!! Se fossimo tutti uguali sai che noia!

Però se io non riesco a far provare agli altri quello che io ho provato oppure non riesco a veicolare il messaggio che intendo portare, i casi sono due: O io ho SBAGLIATO la foto (ed è l'ipotesi più plausibile) oppure l'osservatore non ha i "mezzi" per capire il messaggio che voglio dare.
I capolavori si distinguono proprio per questo, perchè riescono ad emozionare chiunque li osservi, utilizzando un codice universale comprensibile a tutti.
Non mi stancherò mai di ripetere che la fotografia è come una barzelletta: Se deve essere spiegata non ha raggiunto il suo scopo...

QUOTE
Secondo me, invece, c'entra eccome. Solo che ha un orizzonte temporale diverso. smile.gif
Sospetto che, in questo caso, entri in gioco il concetto di "rappresentazione": l'immagine "finale" che il fotografo cerca, e per la quale perde ore di sonno e fa tanti sforzi, per lui rappresenta qualcosa di particolarmente significativo. Magari la sua idea di "montagna", o un "concetto naturalistico", o che ne so io.


E ancora una volta sono d'accordo con il nostro Davide... grazie.gif
Claudio Orlando
QUOTE(nuvolarossa @ Feb 20 2010, 02:17 PM) *
.............................................
Però se io non riesco a far provare agli altri quello che io ho provato oppure non riesco a veicolare il messaggio che intendo portare, i casi sono due: O io ho SBAGLIATO la foto (ed è l'ipotesi più plausibile) oppure l'osservatore non ha i "mezzi" per capire il messaggio che voglio dare.
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.........


E questo ti preoccupa? La risposta, se vorrai darmela, serve a me solo per capire. Perchè dovrei preoccuparmi del sentire altrui in una foto paesaggistica? Non fotografo un paesaggio per farlo vedere a chicchessia, nè per confrontarmi con altri, magari anche su un forum. Se lo faccio e quando lo faccio, lo faccio per rivedere e rivivere "io", quanto ho fermato su pellicola/sensore. degl parere altrui, in tutta sincerità, non me ne frega niente.

Come accennavi nel precedente intervento, se la foto, o serie di foto, hanno un committente, allora posso trovare (e solo fino ad un certo punto) un perchè a questa tua preoccupazione, alrtrimenti non capisco.
nuvolarossa
QUOTE
E questo ti preoccupa?


Nella foto paesaggistica assolutamente NO!
Nella foto di reportage invece inevitabilmente SI!

Dipende sempre dallo scopo che la foto ha... Sempre che una fotografia possa avere uno scopo.
Sono appena andato a vedere il reportage sul Macalder, che nella "confusione" del forum mi ero perso: Ecco, quelle sono foto che non hanno bisogno di essere spiegate e che hanno uno scopo. Sono immagini che resteranno sempre scolpite nella mente di chi le ha osservate, senza bisogno di spiegazioni o di collocazione geografica... Potrebbero essere ambientate ovunque, rappresenterebbero sempre la sofferenza del mondo intero!
Scusate l'off topic, ma sto solo cercando di far capire il mio pensiero.

QUOTE
Non fotografo un paesaggio per farlo vedere a chicchessia, nè per confrontarmi con altri

Neanch'io, però un bella foto paesaggistica fa sempre bella figura appesa al muro di un appartamento o di un ufficio e se "dentro" la foto l'autore è riuscito a mettere anche un po' di se stesso e a farlo capire agli altri, tanto di guadagnato.
Claudio Orlando
QUOTE(nuvolarossa @ Feb 20 2010, 03:05 PM) *
.................
Nella foto di reportage invece inevitabilmente SI!

Dipende sempre dallo scopo che la foto ha... Sempre che una fotografia possa avere uno scopo.
Sono appena andato a vedere il reportage sul Macalder, che nella "confusione" del forum mi ero perso: Ecco, quelle sono foto che non hanno bisogno di essere spiegate e che hanno uno scopo. Sono immagini che resteranno sempre scolpite nella mente di chi le ha osservate, senza bisogno di spiegazioni o di collocazione geografica... Potrebbero essere ambientate ovunque, rappresenterebbero sempre la sofferenza del mondo intero!
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Grande!

grazie.gif
mirko_nk
Dico la mia da paesaggista ed escursionista....

Secondo me mezzo e fine dovrebbero viaggiare insieme per riuscire a fare delle foto comunicative e che stupiscano l'osservatore... Se io mi emoziono in un paesaggio durante una escursione utilizzo la fotografia come mezzo per comunicare le mie emozioni, ma la utilizzo con la mentalità del paesaggista per raggiungere il fine che è per me buono quando trasmette il mezzo che lo ha prodotto e quindi le mie emlozioni... Così facendo le nostre foto sarebbero foto che lasciano il segno e che difficilmente chi le ha osservate dimenticherà con facilità...

Ovviamente il binomio è difficile quanto raro, ma è la[i] ricerca continua che ci fa crescere fotograficamente e ci da lo stimolo perché la voglia di fotografare non si tramuti [/i]in una abitudine inespressiva e sterile...

P.S.: la foto che stupisce ma non ci trasmette altre emozioni è soltanto un riuscito esperimento tecnico...
enrico
Il problema è di quelli grossi: cosa si riesce a comunicare con la fotografia?
Quando una fotografia riesce ad esprimere emozioni?
Ed in ciò, che ruolo gioca la cosa fotografata?
E che ruolo il modo in cui è fotografata?
Quali sono gli elementi (i segni) dell'immagine che ci comunicano un qualcosa e non ce la mostrano soltanto?
Fino a che punto la fotografia è un linguaggio?
Fino a che punto questo linguaggio è universale? E fino a che punto è legato alla comunità di cultura e di mentalità?
Sarebbe interessante ragionare su foto concrete.
Buona giornata
Enrico

Gennaro Ciavarella
ma esistono anche più modi di fare fotografia

esiste chi cerca di fare la foto che ha in mente e chi cerca semplicemente di esprimere un qui ed ora senza fare altri riferimenti se non quelli propri legati ai tagli ed alle esclusioni legati alla composizione

una fotografia che non effettua revisioni alle curve e sistemazione ai livelli e che se c'è una giornata poco nitida rappresenta quello che c'è e non quello che vorrebbe che ci fosse, una fotografia che se ci sono dei pali li lascia lì e lo stesso con i fili

poi ognuno fa quello che vuole ma deve dire cosa vuole ed assumerlo (come del resto si fa) tra i propri stilemi

poi per il resto è ovviamente assodato che ognuno è portatore delle proprie sensazioni e delle proprie culture ed abiti mentali
Max Lucotti
Se facciamo riferimento ai grandi paesaggisti questi ci raccontano che, per fare uno scatto, vanno nello stesso posto più e più volte fino a che tutte le condizioni che cercavano confluiscono. Questa è la fotografia come fine, dove tutto è finalizzato all'immagine finale che il fotografo si è immaginato nella sua mente.
Il piacere e l'emozione il fotografo l'avrà solo nel momento che l'immagine sarà, perfetta, sul suo monitor e sono certo che tutti gli osservatori penseranno guardandola che trasmette una grande emozione anche se , in realtà, è stato più un lavoro di tanti tasselli uno sull'altro che combaciano perfettamente.
OT..(forse) La fotografia non è pura rappresentazione della realtà, ma è quello che il fotografo ci vuol far vedere in un tempo breve e con un angolo di campo ristretto.
Esempio... alba fantastica in paesaggio da sogno, peccato che mi trovo in un posto orribile rovinato da un insediamento industriale. Un paesaggista ci fà vedere la delicata luce dell'alba, quello che fà reportage forse ci racconta un altra storia.
nuvolarossa
Infatti la fotografia, in tutti i campi e non solo in quello naturalistico, NON ci mostra la realtà vera, ma la realtà che il fotografo ci vuole mostrare in quel momento, in pratica è quello che il fotografo vorrebbe che fosse la realtà (o pensa che sia)...
Questo (purtroppo o per fortuna) accade anche nel reportage, in misura ancor maggiore con le immagini video, infatti allo stato attuale chi di voi si fida di quello che dicono (o non dicono) i telegiornali?
mirko_nk
Il paesaggista è come un artista (o vorrebbe esserlo...): utilizza il paesaggio per creare, con la sua interpretazione, un quadro, che deve emozionare e non raccontare. Ecco perché cerca le condizioni ideali, quelle più fotogeniche...
Gennaro Ciavarella
a me pare che questa che voi rappresentate sia una vostra realtà c'è anche a chi piace fotografare la realtà per quello che è senza tanti voli e costruzioni

è vero che, facendo i sofisti, anche questa posizione è una visione particolare, ma almeno lasciatemi la possibilità di dire e fare cose diverse

che poi la realtà (ma cos'è poi sta realtà? boh) sia altra cosa questa la do' per scontato, diciamo che è un a prescindere ma almeno ho un sistema di riferimento ben chiaro
Max Lucotti
QUOTE(Gennaro Ciavarella @ Feb 22 2010, 08:56 PM) *
a me pare che questa che voi rappresentate sia una vostra realtà c'è anche a chi piace fotografare la realtà per quello che è senza tanti voli e costruzioni


ognuno rappresenta sempre la sua visione di realtà. La realtà nella fotografia non esiste come concetto, quello che vedi è quello che il fotografo ti ha voluto comunicare.
E questo vale per la fotografia naturalistica, per il reporage, glamour etc etc etc.
Gennaro Ciavarella
questo è vero ma io dicevo altro

dicevo semplicemente che la rappresentazione della realtà. oltre a scegliere il punto ed il modo ed il tempo dell'inquadratura a volte effettua lavori per evidenziare e nascondere e questo mi lascia perplesso

in questo caso, per me, andrebbe messo in evidenza il tipo di lavorazione effettuata

è come per gli interventi di restauro in cui si impone la manomissione con l'intromissione di nuovi elementi ebbene io sono per quelli che credono che la nuova intromissione sia evidente e chiara

insomma perché il paesaggio DEVE emozionare, perché DEVE stupire? questo DEVE impone scelte e visioni che provocano lavorazioni che costruiscono qualcosa che non c'è come quando si usano i livelli mentre c'è foschia ....
Max Lucotti
QUOTE(Gennaro Ciavarella @ Mar 1 2010, 07:30 AM) *
questo è vero ma io dicevo altro

dicevo semplicemente che la rappresentazione della realtà. oltre a scegliere il punto ed il modo ed il tempo dell'inquadratura a volte effettua lavori per evidenziare e nascondere e questo mi lascia perplesso

in questo caso, per me, andrebbe messo in evidenza il tipo di lavorazione effettuata

è come per gli interventi di restauro in cui si impone la manomissione con l'intromissione di nuovi elementi ebbene io sono per quelli che credono che la nuova intromissione sia evidente e chiara

insomma perché il paesaggio DEVE emozionare, perché DEVE stupire? questo DEVE impone scelte e visioni che provocano lavorazioni che costruiscono qualcosa che non c'è come quando si usano i livelli mentre c'è foschia ....


...o quando si saturano i colori, o si modifica il wb, o si cancella un palo,o si fà qualunque passaggio in pp. Ma qui ritorniamo nel solito problema fin dove è giusto correggere / ritoccare le fotografie. Faccio un esempio...che differenza fà se io fotografo un paesaggio con un palo e poi lo cancello, oppure se il palo lo tolgo prima di fotografare e poi lo rimetto a posto? Io dico che, siccome è una visione personale della realtà, e siccome anche una inquadratura particolare può far pensare a situazioni che non sono reali, dobbiamo accettare la visione del fotografo e giudicare serenamente se ci emoziona/ stupisce oppure no. ( lasciamo perdere le elaborazioni, quello è un altro settore)
Perchè deve emozionare / stupire? Perchè il paesaggio comunica attraverso questi sentimenti, e se non li tocca perde la sua efficacia. Perchè il paesaggista ti fà vedere qualcosa, anche di conosciuto, sotto una luce che magari tu non hai mai visto, e allora ti stupisci e ti emozioni.
L'emozione è la forma comunicative del paesaggio, come il racconto lo è quello del reportage.

enrico
La fotografia è un'arte visiva, come la pittura.
E quando è nata si è innestata sulla tradizione pittorica. Senza arrivare al pittorialismo, basta guardare i ritratti di Nadar.
Mettendo da parte le solite discussioni che ancora da qualche parte si tirano avanti sul fatto che possa essere o no arte, una cosa è senz'altro vera: un vantaggio sulla pittura la fotografia ce l'ha ed è apparso chiaro fin dagli inizi: la sua capacità di documentare.
Se guardiamo una nostra foto, ci accorgiamo di tanti particolari che non avevamo notato al momento dello scatto. La fotografia ritrae tutti i minimi dettagli, cosa che la pittura non fa.
Nella natura della Fotografia allora esistono due aspetti:

quello documentario

quello espressivo

Mettiamo da parte le osservazioni circa la non completa obiettività della fotografia ("La fotografia non mente, ma i bugiardi sanno fotografare") e mettiamo da parte le discussioni circa la possibilità di questo mezzo di "comunicare".

La verità è che ci sono fotografi che sono prevalentemente documentaristi e cercano di ritrarre una scena per conservarne il ricordo, e fotografi "espressionisti", che desiderano esprimere le loro sensazioni di fronte alla stessa scena.

Se si conosce l'intenzione del fotografo, allora gli interventi sull'immagine costituiscono un "inganno" da parte del documentarista, ma un mezzo espressivo lecito per l'espressionista (non ho trovato un termine migliore, ma basta capirci).

E' come quando dipingo un acquerello: se ho un palo con dei fili della luce ed una automobile parcheggiata che mi dà fastidio perché mi nasconde un particolare interessante, non li dipingo. Il mio scopo non è documentare la scena reale, ma esprimere un'atmosfera, una mia emozione.
Enrico
brata
A giudicare da quel che afferma Charlie Waite nelle parole citate sotto (Da: AA.VV., Working the light. A landscape photography masterclass, Argentum), la preparazione "militare" di una foto di paesaggio non pregiudica una estasi mistica in caso di vittoria finale, probabilmente ha ragione. Io però sono un dilettante e finisco per affidarmi al caso, cercando di fotografare ciò che mi emoziona mentre passeggio, anche se da un po' di tempo tendo a pensare le mie escursioni in termini di finalità fotografica (sono però costitutivamente refrattario alla pianificazione e alla previsione in ogni campo...).

I advocate careful planning and adopt an almost military approach to landscape photography. Plan the capture of an image with the same attention to detail as a general might plan the capture of a strongpoint. Favourable light, when it is on offer, will be short-lived and is seldom just “come across”. On some days it can be too much, too overwhelmingly bright, delivering an impossible subject brightness range. But then, on one miraculous day, it will be perfect and you are jubilant with the knowledge that you are making your image just at the right place and in the right light. It is at these moments that one experiences a kind of ecstasy as everything seems to combine in the way one wishes, with light binding all together.
nuvolarossa
Very interesting...
But next time translate in italian, please! rolleyes.gif
Some people don't understand foreign languages....
Max Lucotti
QUOTE(brata @ Mar 4 2010, 10:11 PM) *
just at the right place and in the right light


Quello che penso sempre... al momento giusto al posto giusto, più facile a dirsi che a farsi.
Ci vuole una buona dose di costanza e di c..o smile.gif

Però una cosa mi lascia perplesso... se mi organizzo "militarmente" e costantemente mi reco nello stesso posto più e più e più volte per ottenere "lo scatto", (ritorniamo alll'inizio... IL FINE)
l'estasi la toverò forse solo quando scarico il capolavoro nel pc, sul posto avrò solo speranza di esserci finalmente riuscito.

Mentre quando la fotografia è vissuta come MEZZO, l'estasi la raggiungo quando capita, e non è detto che la foto riesca a raccontarla degnamente.

ps... io fotografo sia come FINE che come MEZZO , mai sono riuscito a coniugare le due cose perfettamente, una volta mi sono avvicinato... forse.
nuvolarossa
Io sono per natura "antimilitarista", sia come coscienza che come stile di vita...
Quindi al posto giusto nel momento giusto ci posso capitare solo per caso... Ed in genere quando ci capito NON ho dietro la macchina fotografica Fulmine.gif ...

rolleyes.gif
aquila665
QUOTE(Max Lucotti @ Mar 5 2010, 10:05 AM) *
Quello che penso sempre... al momento giusto al posto giusto, più facile a dirsi che a farsi.
Ci vuole una buona dose di costanza e di c..o smile.gif


Scusate se mi intrometto in questa discussione anche se ancora non ho le tecniche e conoscenze fotografiche necessarie per definirmi un fotografo, sono semplicemente un appassionato di fotografia.

La maggior parte dei miei scatti sono degli attimi vissuti in quell'istante in cui parte il dito sul pulsante di scatto.

"Al posto giusto nel momento giusto" sono gli scatti che esprimono "l'attimo" mentre la foto che che vuole raccontare l'attimo credo sia quella che ha bisogno di giorni e giorni di appostamenti e sopralluoghi fino a quando non si riesce a convogliare "nell'attimo" tutto quello che si vuole raccontare.

Poi che sia il mezzo od il fine non so spiegarmelo/velo.

Grazie della pazienza e spero di essere stato chiaro.
Ciao

Salvatore






davidebaroni
QUOTE(Max Lucotti @ Mar 5 2010, 10:05 AM) *
Quello che penso sempre... al momento giusto al posto giusto, più facile a dirsi che a farsi.
Ci vuole una buona dose di costanza e di c..o smile.gif

Però una cosa mi lascia perplesso... se mi organizzo "militarmente" e costantemente mi reco nello stesso posto più e più e più volte per ottenere "lo scatto", (ritorniamo alll'inizio... IL FINE)
l'estasi la toverò forse solo quando scarico il capolavoro nel pc, sul posto avrò solo speranza di esserci finalmente riuscito.

Mentre quando la fotografia è vissuta come MEZZO, l'estasi la raggiungo quando capita, e non è detto che la foto riesca a raccontarla degnamente.

ps... io fotografo sia come FINE che come MEZZO , mai sono riuscito a coniugare le due cose perfettamente, una volta mi sono avvicinato... forse.


Max, my two cents...

Se sei uno di quelli che fotografa nel modo descritto, con ogni probabilità la tua padronanza della tecnica di ripresa è tale che tu SAI PERFETTAMENTE quale sarà il risultato finale... già al momento dello scatto, anzi, molto prima, in un certo senso. Ovvero, questi fotografi l'immagine la pre-visualizzano, e poi la cercano, e nel momento in cui la scattano sanno già cosa ne uscirà, con molta precisione... smile.gif

Il che, ai miei occhi, è un ottimo esempio del perché sia necessario perfezionare la tecnica fino al punto da potersene "dimenticare", o meglio da "occuparsene a livello inconscio". smile.gif

Il "fattore C", in questi casi, c'entra relativamente poco. NOI pensiamo che c'entri perché non siamo abituati a lavorare in questo modo... anzi, non lo concepiamo nemmeno. wink.gif

Ciao,
Davide
Max Lucotti
QUOTE(twinsouls @ Mar 6 2010, 11:19 AM) *
Il "fattore C", in questi casi, c'entra relativamente poco. NOI pensiamo che c'entri perché non siamo abituati a lavorare in questo modo... anzi, non lo concepiamo nemmeno. wink.gif

Ciao,
Davide


Stamane sono andato nella mia "riserva" di scatto all'alba smile.gif, cielo terso senza una nuvola, perturbazione in ritardo.
Niente di eccezionale, sinceramente.
Ma la volta scorsa, stesso posto stessa ora, il cielo mi ha regalato delle bellissime e minacciose nuvole, su due strati alto e basso.
Questo è il fattore C, per me! smile.gif (poi io cerco di "incentivarlo guardando previsioni meteo, andandoci più volte) ( scatti come FINE )
davidebaroni
QUOTE(Max Lucotti @ Mar 6 2010, 11:53 AM) *
Stamane sono andato nella mia "riserva" di scatto all'alba , cielo terso senza una nuvola, perturbazione in ritardo.
Niente di eccezionale, sinceramente.
Ma la volta scorsa, stesso posto stessa ora, il cielo mi ha regalato delle bellissime e minacciose nuvole, su due strati alto e basso.
Questo è il fattore C, per me! (poi io cerco di "incentivarlo guardando previsioni meteo, andandoci più volte) ( scatti come FINE )


Certo, ma chi ha scritto la frase citata più su, secondo me, è uno che va "sul posto" abbastanza spesso da avere una idea abbastanza precisa di cosa troverà... e soprattutto da sapere se corrisponde o meno al suo progetto. smile.gif

E, comunque, per scattare LA foto occorre essere sul posto, star "cercando" quella foto... e questo NON é "fattore C", per me. O al massimo lo è in minima parte... wink.gif

E, fra l'altro, anche quando la Natura ti offre inaspettatamente qualcosa di straordinario, occorre avere la CAPACITA' di coglierlo fotograficamente e renderlo nel modo che desideriamo... e questo NON é "Fattore C"! smile.gif

Poi se lo vogliamo chiamare "Fattore C" lo stesso, liberissimi. Ognuno ha la SUA definizione di "Fattore C". biggrin.gif

Ciao,
Davide
PAS
QUOTE(twinsouls @ Mar 6 2010, 12:01 PM) *
Certo, ma chi ha scritto la frase citata più su, secondo me, è uno che va "sul posto" abbastanza spesso da avere una idea abbastanza precisa di cosa troverà... e soprattutto da sapere se corrisponde o meno al suo progetto. smile.gif


Infatti...
Un progetto richiede le tre classiche componenti:
- la definizione di un target (cosa si vuole ottenere)
- la scelta e l’impiego dell’attrezzatura (conoscenze tecniche)
- la pianificazione dei tempi (quando le condizioni siano più propizie).
Né più né meno a quanto accade per altre nostre attività.

Aggiungo:
Progettare non significa freddo calcolo e quindi negazione della componente emotiva del fotografo.
Significa semplicemente dare “ordine e consapevolezza” al proprio intento espressivo.
Non sono d’accordo con l’affermazione che solo la fotografia istintiva o “fatta al volo” possa essere guidata dall’emozione del suo autore.
Pensiamo, per analogia, ad uno scultore che impiega mesi per realizzare la sua opera, frutto di un progetto consapevole. Non gli farà certo difetto l’emozione nel vederne il risultato attuarsi giorno dopo giorno.

Tornando al topic: la determinazione di “fine” o di “mezzo” ovvero di “documento” o di “opera” risiede solo nel target del progetto del fotografo naturalista.
Il restante flusso di attuazione (tecnica e pianificazione) ne è indipendente.

Il fattore “c” citato da Max può aiutare probabilmente la parte aleatoria che c’è in ogni nostra attività (fotografia compresa) ma a monte il nostro progetto espressivo deve sempre essere prima consolidato e poi correttamente attuato per avere buone probabilità di raggiungere il target.

Saluti
Valerio

mirko_nk
QUOTE(Max Lucotti @ Mar 6 2010, 11:53 AM) *
Stamane sono andato nella mia "riserva" di scatto all'alba smile.gif , cielo terso senza una nuvola, perturbazione in ritardo.
Niente di eccezionale, sinceramente.
Ma la volta scorsa, stesso posto stessa ora, il cielo mi ha regalato delle bellissime e minacciose nuvole, su due strati alto e basso.
Questo è il fattore C, per me! smile.gif (poi io cerco di "incentivarlo guardando previsioni meteo, andandoci più volte) ( scatti come FINE )


Secondo me il fattore C dobbiamo crearlo noi, sapendo osservare e studiare i luoghi dove andiamo a fotografare. Un paesaggista ha come scopo il "fine", cerca sempre la luce migliore e non si accontenta mai di quello che trova perché pensa che la luce perfetta deve ancora arrivare... Quindi a forza di ricercare, la situazioner buona che chiamiamo fattore C arriva....

Emotivamente per me non c'è diffrenza tra una foto fatta come mezzo (quindi imprecisa ma fortemente narrativa) da una come fine (quindi possibilmente orientata alla èerfezione compositiva e di luce, quindi artistica... Entrambi sono emotive...

Riuscire poi ad unire le due cose, sarebbe per il paesaggista, il top....
brata
Ci si potrebbe chiedere fino a che punto la previsualizzazione ferreamente "militaresca" possa essere perseguita in alta montagna, probabilmente un bel po', ma significherebbe preparare una vera e propria spedizione, vero e proprio professionismo sia alpinistico sia fotografico, anche con una componente di investimento finanziario rilevante, in ogni caso il "fattore C." qui credo sarebbe più importante e in ogni caso più frequente la necessità di accettare compromessi. Naturalmente non parlo della montagna - anche molto alta e impervia - servita dagli impianti di risalita. Vittorio Sella, che spesso partecipava a spedizioni grosse e complesse, dal luogo dell'accampamento partiva per scegliersi il luogo e il momento dello scatto ritornandoci più volte (scattava con pachidermi in legno e panno nero). A proposito di Charlie Waite in un'altro passo dice più o meno che lui le montagne è solito fotografarle dal basso... guerra sì, ma non guerra bianca...
Max Lucotti
Aggiungerei una considerazione, forse banale, sul fatto che i fotografi Pro, cioè quelli che fotografano per vivere e che DEVONO portare a casa la FOTO stupefacente, utilizzano la fotografia come FINE. Vanno e ritornano nello stesso posto fino a che il loro FINE che si sono prefissati viene realizzato, e hanno raggiunto lo scatto perfetto.
Facendo un parallelo su una famosa foto di un lupo che saltava una staccionata, eliminata da un noto concorso perchè il Lupo non era selvatico, lì per raggiungere il FINE il fotografo è stato disposto a barare sulle regole.
In questo settore il FINE deve essere raggiunto ad ogni costo, pena non avere da mangiare.
brata
Ho trovato questa considerazione assai poco "militaresca" da parte del massimo teorico della previsualizzazione delle fotografie, proprio nel commento della sua foto forse più celebre,”Clearing Winter storm” :

Weather, however spectacular to the eye, may present difficult conditions and compositions, especially when working with large cameras. Setting up the camera takes several minutes during which the first promising aspects of light and cloud may disappear. I would sometimes wait hopefully for the scene that I could visualize as an exciting image. lt was occasionally realized, but I have always been mindful of Edward Weston’s remark, “lf I wait for something here I may lose something better over there.” I have found that keeping on the move is generally more rewarding. However, it is important to say that I photographed from this particular viewpoint in Yosemite many times over many years, with widely varying results.

A. Adams, Examples: The Making of 40 Photographs, Little, Brown and Company.
nuvolarossa
Brata, ti chiedo una cortesia, io sono diplomato in lingue e non ho molti problemi... Ma c'è chi l'inglese proprio non lo capisce... Cerchiamo di non essere anglofoni a tutti i costi, nel nostro paese una delle poche cose belle che è rimasta è la lingua... rolleyes.gif
brata
QUOTE(nuvolarossa @ Mar 19 2010, 09:00 AM) *
Brata, ti chiedo una cortesia, io sono diplomato in lingue e non ho molti problemi... Ma c'è chi l'inglese proprio non lo capisce... Cerchiamo di non essere anglofoni a tutti i costi, nel nostro paese una delle poche cose belle che è rimasta è la lingua... rolleyes.gif


Caro Nuvolarossa, non è un vezzo un po' str... il mio. Non conosco la traduzione italiana di questo testo e anzi credo proprio che non esista (la cosa è abbastanza strana, ma direi che ormai con l'avvento del digitale non c'è speranza che verrà mai più tradotto, io l'ho trovato tra i libri di fotografia della libreria Rizzoli a Milano, dunque significa che si trovano lettori italiani di questi libri). Poiché non sono laureato in lingue, e tantomeno in inglese (quanto poi ad essere anglofono...) e parlo male anche l'italiano, non oso tradurlo per non incorrere in castronerie, anche se ovviamente credo di comprenderlo. Lo cito perché credo che qualcuno (ce ne sono molti su questo forum) lo possa trovare interessante. Mi pare anche ovvio che chi non lo capisce non se ne fa un problema e vive ugualmente felice, dal momento che è consapevole di capire molte altre cose. Se invece si sentisse infelice ed escluso, può mettersi a studiare l'inglese... se poi si sentisse infelice ed escluso ma non volesse imparare l'inglese... beh...



PAS
QUOTE(brata @ Mar 19 2010, 12:56 AM) *
Ho trovato questa considerazione assai poco "militaresca" da parte del massimo teorico della previsualizzazione delle fotografie, proprio nel commento della sua foto forse più celebre,”Clearing Winter storm” :


Clearing Winter storm fa parte di una serie scattata da Ansel Adams nel 1944.
La sua osservazione ha più che altro valore di testimonianza storica in quanto i “parecchi minuti” che (come afferma A.) servivano allora per il setting ora sono ridotti a pochi secondi, quindi maggiore disponibilità di tempo per cogliere situazioni di luce e di scatto favorevoli, oltre a minore ingombro dell’attrezzatura e quindi maggiore possibilità di movimento del fotografo.
Questo tralasciando i vantaggi operativi derivanti dalle implementazioni tecnologiche delle attuali fotocamere.
Il tutto nella direzione di far pesare sempre meno il fattore C nella realizzazione di un proprio progetto fotografico.

easycon69
QUOTE(PAS @ Mar 6 2010, 05:49 PM) *
Infatti...
Un progetto richiede le tre classiche componenti:
- la definizione di un target (cosa si vuole ottenere)
- la scelta e l’impiego dell’attrezzatura (conoscenze tecniche)
- la pianificazione dei tempi (quando le condizioni siano più propizie).
Né più né meno a quanto accade per altre nostre attività.

Aggiungo:
Progettare non significa freddo calcolo e quindi negazione della componente emotiva del fotografo.
Significa semplicemente dare “ordine e consapevolezza” al proprio intento espressivo.
Non sono d’accordo con l’affermazione che solo la fotografia istintiva o “fatta al volo” possa essere guidata dall’emozione del suo autore.
Pensiamo, per analogia, ad uno scultore che impiega mesi per realizzare la sua opera, frutto di un progetto consapevole. Non gli farà certo difetto l’emozione nel vederne il risultato attuarsi giorno dopo giorno.

....

Saluti
Valerio


Le parole di Valerio sono sacrosante: la progettualità e la continua ricerca fanno la differenza tra un Fotografo (professionista o amatore non fa differenza) ed un semplice 'catturatore' di istantanee (senza nulla togliere alla dignità di quest'ultimi).

Se durante le tue escursioni qualcosa ti colpisce devi essere in grado, in base alle tue conoscenze tecniche, ai mezzi che hai a disposizione, alla tua esperienza e 'storia' (fondamentale) e, soprattutto, alla tua creatività, di riuscire a racchiudere in un rettangolo bidimensionale qualcosa che abbia la capacità di toccare le corde giuste anche di chi, non essendo stato con te in quel momento, riesce comunque a captare il messaggio emotivo che volevi trasmettere.

La mia gioia più grande è quella di riuscire a fare foto che mostrino aspetti inconsueti dei luoghi che frequento abitualmente e che, una volta mostrati a persone che magari vivono in quei posti da decenni, suscitano forte interesse fino a sentirmi dire: "ma io così il posto tal dei tali non l'avevo mai visto...."

Luca
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