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Pagine: 1, 2
enrico
Cari amici,
in Australia questa foto ha vinto il primo premio.
Un colpo di fortuna per la fotografa: la leonessa dorme ed un uccellino le saltella addosso senza alcun timore. L'immagine è significativa per il contrasto fra i due soggetti.
D'altra parte, da un punto di vista prettamente fotografico, l'immagine non ha nulla di eccezionale: chiunque fosse stato lì avrebbe potuto scattarla.
Ed ora la domanda:
"Quanto conta in una foto il cosa e quanto il come?"
Un saluto
Enrico
marcelus
a supporto di questa discussione mi permetto di aggiungere questo ritratto di arnold newman che ritrae marilyn monroe

IPB Immagine
vittorinobonfa
Fotogenicità(si dice?) del soggetto = 35%
Fortuna=40%
Bravura=25%

E' brutto da ammettere ma se si sta fotografando un paesaggio brutto o un soggetto non fotogenico (genericamente parlando), puoi essere bravo quanto vuoi ma la foto difficilmente verrà bella (almeno che non si trovi un compromesso originale che la renda interessante).
Se il paesaggio o soggetto sono fotogenici ma si ha la sfortuna di trovare brutto tempo o altre rotture simili, il problema si ripropone.
Se le condizioni sono ottimali ma si è scarsi, meglio tornare a casa e leggersi un libro di fotografia =)


Niccolò
buzz
Enrico, sei meglio di me che il discorso è molto complesso.
Dipende dal grado di cultura di chi guarda la foto.
Un tecnico controlla la messa a fuoco, il mosso, la nitidezza generale, i colori, l'equilibrio della composizione e quello cromatico.
L'artista invece guarda il messaggio.
Non importa sela foto è sfocata, storta, mossa, con colori falsati. E' importante il messaggio che invia a chi la guarda.

Nel caso della leonessa e l'uccello, è il famoso colpo di fortuna a trovarsi nel posto giusto al momento giusto.
Se capita ad un fotografo con cellulare di immortalare l'attentato alle torri gemelle, o peggio qualcosa di isolato, diventa famoso e vince qualche premio, pur non essendo mai stato fotografo.
Però questo non vuol dire che è bravo.
enrico
Non credo che la fotogenicità del soggetto (il cosa) sia fondamentale.
In questa foto, non si può dire che il soggetto sia bello, eppure la foto lo è.
Enrico
enrico
Ciao Buzz e ben risentito.
Sì. è complesso, ma riflettere più in profondità sulla Fotografia non può che far bene. Per questo, fra le tante sezioni del forum, è Temi quella che amo di più.
E' vero, il discorso porta su di un terreno scivoloso. Il come può essere inteso nel senso negativo di pittorialismo, il cosa di documentarismo. In ogni immagine c'è un cosa ed un come. Il soggetto e l'autore. Una foto riuscita perchè ha colto un "cosa" interessante può portare a credere che in fondo la fotografia sia un atto meccanico e ciò che conti è l'avvenimento, quindi il cosa.
Un soggetto banale, insignificante, può dare origine ad un capolavoro fotografico? Credo che l'argomento possa essere stimolante.
Buona serata
Enrico
botbot
la questione è semplice...
direi che il "cosa" è senz'altro più importante.... senza dubbio.
il "come" deve essere solo funzionale al "cosa".
cosa ce ne facciamo di foto tecnicamente perfette ma che non comunicano niente?
A.Adams (che di "come" se ne intendeva parecchio) diceva: non c'è niente di più irritante di una fotografia perfettamente a fuoco di un concetto sfocato... - cito a memoria.

ciao!


enrico
Ciao BotBot.
Bella la citazione di Adams. Sicuro però che la cosa più importante sia il cosa?
L'oggetto (gli oggetti) fotografato può essere come la creta nelle mani dello scultore. Può assumere un significato che in sè non ha. Diamo una occhiata a queste immagini:



Clicca per vedere gli allegatiClicca per vedere gli allegati

Clicca per vedere gli allegati

Il significato di queste due immagini non è quello delle cose rappresentate. E' altro e dipende dal "come" il fotografo le ha messe in relazione. Una relazione che nella realtà esse non hanno.
I rispettivi titoli sono, mi pare, "Innesto" e "Malizia".

Ancora più interessante è quest'altra:

Clicca per vedere gli allegati

L'immagine ci parla di due anziani genitori in visita alla tomba del figlio. Ma siamo sicuri che la tomba in primo piano sia la meta dei due? Nella realtà magari i due signori (che potrebbero non aver avuto figli) stanno recandosi altrove. Ma è il fotografo che ha messo in relazione gli elementi della foto per dar loro un preciso significato. Il "come" fa dire al "cosa" ciò che vuole il fotografo, anche se il "cosa" molto probabilmente è diverso. Ma conta il "cosa?" o il messaggio che l'autore, attraverso il "come" ci ha voluto lasciare?
Enrico
P.Pazienza
QUOTE(enrico @ Oct 26 2008, 09:26 PM) *
Non credo che la fotogenicità del soggetto (il cosa) sia fondamentale.
In questa foto, non si può dire che il soggetto sia bello, eppure la foto lo è.
Enrico


sono daccordo ma non si deve confondere la fotogenicità con la bellezza, almeno non con il concetto convenzionale di bellezza, e i relativi canoni e stereotipi...

infatti, credo che uno dei meriti più grandi della fotografia è stato proprio quello di averci permesso di guardare il mondo con occhi nuovi: di mostrare a tutti come appare la realtà una volta fotografata... e i risultati non smetteranno mai di sorprenderci.
Questo dipende sia dal come che dal cosa che devono coesistere nella foto e trovare il giusto equilibrio ma sono più propenso a credere che l'apporto del fotografo (il genio? ) spesso sia determinante.

Non sono pochi i casi in cui un soggetto insignificante e banale ha dato vita a veri e proprio capolavori indiscussi della fotografia, sto pensando a tantissime foto di Atget oppure ai famosissimi mazziconi di sigaretta di Irving Penn ad esempio...

discussione molto interessante wink.gif
UmbertoBellitto
QUOTE(enrico @ Oct 26 2008, 11:23 PM) *
Ciao BotBot.
Bella la citazione di Adams. Sicuro però che la cosa più importante sia il cosa?
L'oggetto (gli oggetti) fotografato può essere come la creta nelle mani dello scultore. Può assumere un significato che in sè non ha. Diamo una occhiata a queste immagini:
Clicca per vedere gli allegatiClicca per vedere gli allegati

Clicca per vedere gli allegati

Il significato di queste due immagini non è quello delle cose rappresentate. E' altro e dipende dal "come" il fotografo le ha messe in relazione. Una relazione che nella realtà esse non hanno.
I rispettivi titoli sono, mi pare, "Innesto" e "Malizia".

Ancora più interessante è quest'altra:

Clicca per vedere gli allegati

L'immagine ci parla di due anziani genitori in visita alla tomba del figlio. Ma siamo sicuri che la tomba in primo piano sia la meta dei due? Nella realtà magari i due signori (che potrebbero non aver avuto figli) stanno recandosi altrove. Ma è il fotografo che ha messo in relazione gli elementi della foto per dar loro un preciso significato. Il "come" fa dire al "cosa" ciò che vuole il fotografo, anche se il "cosa" molto probabilmente è diverso. Ma conta il "cosa?" o il messaggio che l'autore, attraverso il "come" ci ha voluto lasciare?
Enrico


Piccola divagazione.

Molto bello questo esempio,l'ultimo in particolar modo, aperta parentesi :( complimenti per i post che apri sempre MOLTO interessanti) .
Mi è sorta una domanda vedendolo.
secondo te un fotoreporter, che fa fotoreportage......dovrebbe rappresentare gli eventi nella loro realtà, e quindi fare lavoro da buon documentarista, oppure (come nell'ultimo caso che hai postato) reinterpetarle secondo le sue intenzioni comunicative, e quindi creative?
cito l'esempio di chi fa reportage non a caso.
E l'artista fotografo invece, che con la sua arte vuole comunicare qualcosa?
ma allora il fotoreporter "documentarista" per definizione, può avere ambizioni artistiche?

Citazionen° 1: " Io sono uno che dice sempre la verità, anche a costo di mentire"
citazione n° 2 "Tutti i libri di storia che non contengono menzogne sono mortalmente noiosi"
Citazione n°3 "Ama l'arte; fra tutte le menzogne è quella che ancora mente di meno"


Gustave Flaubert



enrico
Ciao P. Pazienza, ciao Deadstar,
il fotoreporter deve produrre dei documenti nel senso che non deve alterare la realtà, non deve falsificarla. Allora il fotoreporter non può essere artista? Io penso che possa comunque esserlo, pur mostrandoci la verità. Non credo che esista un fotografo che sia in grado di dipingere asetticamente il vero e poi, che cos'è il vero? Quello che a noi pare tale in tutta onestà. Quindi è vera la visione che di un evento ha chi lo ritrae.
Più che foto solamente documentaria, chi ha , dietro il mirino della macchina, personalità ed un cervello ed un cuore che funzionano, più che foto documentaria fa foto narrativa. Ci racconta cioè un evento, filtrato dalla sua personalità, come lui lo ha visto e sentito. Grandi personalità di questo spessore si sono trovati però spesso in contrasto col giornale da cui dipendevano, giornale che imponeva le sue linee guida. Ma anche attraverso questi lacci, chi ha personalità riesce a raccontare in maniera efficace ed originale.
Questo il mio pensiero.
Grazie a tutti per il contributo.
Enrico
vittorinobonfa
Ma infatti io intendevo la fotogenicita, non la bellezza in se'.
Nel senso, la signora anziana della foto non è bella, ma è molto fotogenica, poichè esprime emozioni forti.
Io per fotogenicità intendevo questo!

Se stai facendo una foto di paesaggio e ti trovi in un campo di grano tutto sporco e pieno di immondizia e con magari i fili dell'alta tensione, puoi essere bravo quanto vuoi ma la foto non sarà minimamente compraabile con una foto di un paesaggio mozzafiato!
UmbertoBellitto
QUOTE(enrico @ Oct 27 2008, 03:28 PM) *
Ciao P. Pazienza, ciao Deadstar,
il fotoreporter deve produrre dei documenti nel senso che non deve alterare la realtà, non deve falsificarla. Allora il fotoreporter non può essere artista? Io penso che possa comunque esserlo, pur mostrandoci la verità. Non credo che esista un fotografo che sia in grado di dipingere asetticamente il vero e poi, che cos'è il vero? Quello che a noi pare tale in tutta onestà. Quindi è vera la visione che di un evento ha chi lo ritrae.
Più che foto solamente documentaria, chi ha , dietro il mirino della macchina, personalità ed un cervello ed un cuore che funzionano, più che foto documentaria fa foto narrativa. Ci racconta cioè un evento, filtrato dalla sua personalità, come lui lo ha visto e sentito. Grandi personalità di questo spessore si sono trovati però spesso in contrasto col giornale da cui dipendevano, giornale che imponeva le sue linee guida. Ma anche attraverso questi lacci, chi ha personalità riesce a raccontare in maniera efficace ed originale.
Questo il mio pensiero.
Grazie a tutti per il contributo.
Enrico


Grazie, spiegazione molto esaustiva, sono d'accordo con te.
Tornando in linea con il tema da te proposto, Io credo che si debba prima di tutto studiare per imparare ad utilizzare "il come" nel migliore dei modi e in tutte le sue varianti.........dopodichè , all'atto pratico e a buon bisogno dimenticarsi del "come" per privilegiare il "cosa" si vuole rappresentare.......
tu hai detto: "Non credo che esista un fotografo che sia in grado di dipingere esatticamente il vero e poi, che cos'è il vero? Quello che a noi pare tale in tutta onestà. Quindi è vera la visione che di un evento ha chi lo ritrae.
Allora a questo punto secondo me subentra "la sensibilità" di ogni fotografo che forse è più corretto chiamare stile e che contraddistingue ogni singola foto rilegandola allo stile del fotografo.
C'è chi privilegia il come, chi il cosa....chi entrambi in diverse percentuali....
Ci sono foto fatte da grandi nomi della fotograqfia che anche tra un milione ne sapresti subito riconoscere l'autore......quanto conta il cosa e quanto il come?....mi verrebbe da pensare che più che il cosa o il come quello che conta è la diversa sensibilità che contraddistingue ognuno di noi.
Tutti possiamo essere degli ottimi documentaristi ma per essere artisti bisogna avere una sensibilità fuori dal comune...
Riassumendo "il come" possiamo apprenderlo tutti.......il cosa invece non è sempre sotto gli occhi di tutti.
Alessandro Casalini
L'argomento è molto interessante.

A mio avviso quello che conta in ogni foto è l'emozione trasmessa, punto.

Che poi lo si faccia tramite un bel soggetto, una composizione perfetta, una scena rara, un colore insolito o una luce fuori dal comune il fine ultimo della foto è il trasmettere una emozione.

Per questo trovo che si possa, al limite, discutere sui motivi che ci fanno apparire una determinata fotografia bella o brutta, studiando di volta in volta quali cose il fotografo ha sfruttato per rendere quella immagine talmente particolare da essere "degna di nota".

Ciao, Alessandro.
Manuela Innocenti
Il "cosa" fa certamente la sua parte, come del resto la fortuna di trovarsi in quell'istante in quel luogo e poter catturare quella situazione, ma il "come" secondo il mio parere ha molto più peso sull'esito finale.
In poche parole:

"meglio un bel come su un cosa così e così
che viceversa.*
enrico
Ciao Urania, Alebao, Deadstar,
grazie per gli interessanti contributi.
Deadstar, lo stile ha certamente a che fare con il "come", ma credo sia relativo ai modi particolarissimi, ai "gusti tecnici", alle scelte compositive che si ripetono e che rendono riconoscibile una foto come "di quell'autore". Sono riconoscibili senza eccessiva fatica le foto degli Alinari, quelle di Hansel Adams, di Capa perchè hanno tutte un loro stile ben riconoscibile.
Ma forse, il vero senso del "come" in una foto è dato dal "significato" che vi sa trovare l'autore e che sa trasmettere, facendoci vedere quel "cosa" in un certo modo, non banale, nuovo. Non ricordo chi diceva che un Fotografo (la F maiuscola è intenzionale) è colui che riesce a mostrarci ciò che è consueto in maniera nuova, facendocelo così riscoprire, mostrandocene un aspetto che ci era sfuggito.
Enrico
P.Pazienza
QUOTE(enrico @ Oct 26 2008, 11:23 PM) *
(...)
Il significato di queste due immagini non è quello delle cose rappresentate. E' altro e dipende dal "come" il fotografo le ha messe in relazione. Una relazione che nella realtà esse non hanno.
I rispettivi titoli sono, mi pare, "Innesto" e "Malizia".
(...)

ecco è proprio questo che non mi va giù di Doisneau... i titoli sono sempre così inutilmente ridondanti!

questo risponde ad un atteggiamento ben preciso del fotografo che impone il suo punto di vista in maniera molto forte attraverso l' immagine (il come), e sottolinearlo anche con il titolo conduce ad una interpretazione della fotografia a senso unico... una forzatura al limite dell'imposizione del significato, per questo le sue sono state giustamente definite fotografie "chiuse"!

Contrariamente, il come può manifestarsi anche in maniera meno invadente semplicemente suggerendo "stimoli" visivi che agiscono a livelli di senso differenti (è questo il caso della foto di Freed ma anche di grandissimi autori come Frank o Klein...). Sta allora allo spettatore il "gusto" di ricercare la sfumatura di significato più vicina alla propria sensibilità...

sto divagando...

in ogni modo nella fotografia "artistica" il valore aggiunto consiste proprio nella prevalenza del come rispetto al cosa e l'autore ci propone sempre una realtà filtrata dala sua sensibilità e dalle sue intenzioni comunicative...
enrico
Condivido la ridondanza del titolo per certe foto che parlano da sole. Ridicole sono poi quelle foto che spesso si vedono nelle mostre di tramonti con sotto scritto "tramonto". Però, il tuo punto di vista dell'imposizione del significato, mi lascia un po' perplesso e mi induce a riflettere. Se si intende la fotografia come "linguaggio", il significato di una immagine è quello e solo quello che ha voluto dargli l'autore. Se poi c'è riuscito più o meno bene, è un altro discorso. Se si pensa all'immagine come ad un oggetto visivo capace di suscitare delle emozioni diverse da lettore a lettore (ed anche questo avviene), in dipendenza della particolare personalità e delle esperienze pregresse, del tipo di cultura ecc., non la si vede più come segno, cioè come oggetto portante dei significati che l'autore ha inteso dargli. Ci si allontana insomma dalla fotografia come "linguaggio".
Enrico
UmbertoBellitto
QUOTE(enrico @ Oct 27 2008, 05:26 PM) *
Ciao Urania, Alebao, Deadstar,
grazie per gli interessanti contributi.
Deadstar, lo stile ha certamente a che fare con il "come", ma credo sia relativo ai modi particolarissimi, ai "gusti tecnici", alle scelte compositive che si ripetono e che rendono riconoscibile una foto come "di quell'autore". Sono riconoscibili senza eccessiva fatica le foto degli Alinari, quelle di Hansel Adams, di Capa perchè hanno tutte un loro stile ben riconoscibile.
Ma forse, il vero senso del "come" in una foto è dato dal "significato" che vi sa trovare l'autore e che sa trasmettere, facendoci vedere quel "cosa" in un certo modo, non banale, nuovo. Non ricordo chi diceva che un Fotografo (la F maiuscola è intenzionale) è colui che riesce a mostrarci ciò che è consueto in maniera nuova, facendocelo così riscoprire, mostrandocene un aspetto che ci era sfuggito.
Enrico

Ciao Enrico,
credo di aver detto la stessa cosa nel mio post, ma forse non s'era capito; ad ogni modo mi fa piacere che la pensiamo allo stesso modo. rolleyes.gif
ti auguro una buona serata.
Umberto


ecco è proprio questo che non mi va giù di Doisneau... i titoli sono sempre così inutilmente ridondanti!
Quanto hai ragione.
I TITOLI SONO SEMPRE RIDONTANTI.
Una foto non ha bisogno di titoli.
enrico
Ciao Umberto,
tempo fa ho aperto una discussione in proposito (L'immagine e il titolo). La penso come te anche se ultimamente mi sono un po' ammorbidito e penso che in alcuni casi il titolo può costituire una chiave di lettura. Insomma, lo vedo ora come un peccato veniale...

La discussione è qui: L'immagine e il titolo
Buona serata
Enrico
UmbertoBellitto
QUOTE(Urania @ Oct 27 2008, 05:13 PM) *
Il "cosa" fa certamente la sua parte, come del resto la fortuna di trovarsi in quell'istante in quel luogo e poter catturare quella situazione, ma il "come" secondo il mio parere ha molto più peso sull'esito finale.
In poche parole:

"meglio un bel come su un cosa così e così
che viceversa.*



Sono d'accordo sul fatto che il come sia FONDAMENTALE. ma non sono d'accordo sulla tua affermazione :
".. come del resto la fortuna di trovarsi in quell'istante in quel luogo e poter catturare quella situazione.."
Spesso non si tratta di fortuna, la verità è che tante di quelle situazioni sono sotto i nostri occhi e noi non siamo in gradi di coglierle , di accorgercene.
Ci vuole una sensibilità particolare per il cosa ( alcuni la chiamano volgarmente "ispirazione") e non è una dote comune a tutti, ed è proprio questa particolarità secondo me che fa grande un fotografo.
Per il come invece basta impegnarsi e studiare.

QUOTE(enrico @ Oct 27 2008, 07:39 PM) *
Ciao Umberto,
tempo fa ho aperto una discussione in proposito (L'immagine e il titolo). La penso come te anche se ultimamente mi sono un po' ammorbidito e penso che in alcuni casi il titolo può costituire una chiave di lettura. Insomma, lo vedo ora come un peccato veniale...

La discussione è qui: L'immagine e il titolo
Buona serata
Enrico


grazie Enrico, vado a leggere. grazie.gif
enrico
E' vero quanto dici. Molte cose ci sono sotto gli occhi, ma spesso non riusciamo a vederle.
Una foto di qualche anno fa (è un soggetto come un altro). Ho visto la scena e mi ha ricordato la tenerezza di una mamma, di un papà verso il suo piccolo.

Clicca per vedere gli allegati

Un saluto
Enrico
P.Pazienza
QUOTE(enrico @ Oct 27 2008, 06:51 PM) *
Condivido la ridondanza del titolo per certe foto che parlano da sole. Ridicole sono poi quelle foto che spesso si vedono nelle mostre di tramonti con sotto scritto "tramonto". Però, il tuo punto di vista dell'imposizione del significato, mi lascia un po' perplesso e mi induce a riflettere. Se si intende la fotografia come "linguaggio", il significato di una immagine è quello e solo quello che ha voluto dargli l'autore. Se poi c'è riuscito più o meno bene, è un altro discorso. Se si pensa all'immagine come ad un oggetto visivo capace di suscitare delle emozioni diverse da lettore a lettore (ed anche questo avviene), in dipendenza della particolare personalità e delle esperienze pregresse, del tipo di cultura ecc., non la si vede più come segno, cioè come oggetto portante dei significati che l'autore ha inteso dargli. Ci si allontana insomma dalla fotografia come "linguaggio".
Enrico


la fotografia come linguaggio... altra annosa questione...
semplificando posso dire che personalmente mi ritrovo di più nella seconda ipotesi che hai descritto

il punto è che, paradossalmente, il linguaggio, o meglio il messaggio della fotografia è poco o per niente codificato (vedi R. Barthes) quindi se è vero che il punto di vista dell'autore ha una importanza privilegiata, è vero anche che le innumerevoli interpretazioni possibili e altamente soggettive dovrebbero avere pari dignità... un po' troppo ambiguo ed aleatorio per rientrare tra le categorie del un linguaggio non trovi?

Per questo preferisco andarci cauto con gli accostamenti linguistici e semantici; non sempre le stesse "strutture" sono applicabili senza probemi... bisogna tenere conto soprattutto del legame particolare che la fotografia (in quanto segno) ha con il reale... la faccenda è più complessa di quel che sembra... ma comunque molto interessante

UmbertoBellitto
QUOTE(enrico @ Oct 27 2008, 08:25 PM) *
E' vero quanto dici. Molte cose ci sono sotto gli occhi, ma spesso non riusciamo a vederle.
Una foto di qualche anno fa (è un soggetto come un altro). Ho visto la scena e mi ha ricordato la tenerezza di una mamma, di un papà verso il suo piccolo.

Clicca per vedere gli allegati

Un saluto
Enrico


semplicemente geniale!
....fa tanta tenerezza.!
enrico
Certo è un "linguaggio" particolare, contornuale e non concettuale, per dirla con il Taddei. Non facilissimo da "scrivere" e da "leggere", considerato soprattutto che nelle scuole non è prevista nessuna educazione alla fotografia. Cosa per me assurda, visto che viviamo in un mondo di immagini. Ho seguito molti anni fa un corso di Nazzareno Taddei sulla "Lettura strutturale della fotografia" ed ho riletto più volte il suo libro, uno dei più belli ed interessanti che ho avuto la fortuna di avere. Il Taddei definisce "integrazioni psicologiche" i significati che ciascuno attribuisce ad una immagine, significati che non sono nella foto ma nel fruitore dell'immagine e che da questa possono venir suscitati. Il Taddei li vede come un ostacolo alla lettura.
Certo una immagine contiene al suo primo livello il "cosa", cioè tutto ciò che era davanti all'obiettivo al momento dello scatto. Ed è perfettamente legittimo concentrarsi su questo cosa e trarne delle informazioni che possono stimolare la nostra emotività.
Ma esaminando attentamente il "come", cioè le scelte tecnico-espressive che il fotografo ha fatto, esaminando cioé il come l'autore ha ripreso quel "cosa", è possibile risalire al pensiero dell'autore ed a ciò che ha voluto, consciamento od inconsciamente, dirci.
Senza nulla togliere a Barthes che è un classico.
Ciao
Enrico
Manuela Innocenti
QUOTE(deadstar @ Oct 27 2008, 07:45 PM) *
Sono d'accordo sul fatto che il come sia FONDAMENTALE. ma non sono d'accordo sulla tua affermazione :
".. come del resto la fortuna di trovarsi in quell'istante in quel luogo e poter catturare quella situazione.."
Spesso non si tratta di fortuna, la verità è che tante di quelle situazioni sono sotto i nostri occhi e noi non siamo in gradi di coglierle , di accorgercene.
Ci vuole una sensibilità particolare per il cosa ( alcuni la chiamano volgarmente "ispirazione") e non è una dote comune a tutti, ed è proprio questa particolarità secondo me che fa grande un fotografo.
Per il come invece basta impegnarsi e studiare.
grazie Enrico, vado a leggere. grazie.gif



Infatti parlavo di determinate situazioni di cui gli esempi sopra citati.
Ti trovi vicino all'etna mentre erutta, non serve sensibilità, serve la macchina fotografica.
La sensibilità di cogliere o vedere dove altri non vedono nulla è un'altra cosa, la più importante... per come vivo io la fotografia. Anche interpretare l'immagine è importante che rende magari uno scatto banale, che tutti hanno fatto, in qualcosa di più originale.
Sui titoli non sono troppo d'accordo invece. Mi pare che il titolo non distolga molto dall'emozione che si puo' provare o meno guardando una fotografia; ci puoi scrivere una meravigliosa poesia, ma se lo scatto non dice nulla... non sarà la poesia a migliorarlo.
Il titolo (che io amo dare) è la "mia" visione della cosa, che proposta ad altri puo' riscontrare lo stesso messaggio oppure no, non è certo una imposizione.
Queste sono belle discussioni, assai interessanti! rolleyes.gif


Anche io ho uno scatto intitolato : l'abbraccio

Immagine ridimensionata: clicca sull'immagine per vederla con le dimensioni originali.
UmbertoBellitto
QUOTE(Urania @ Oct 27 2008, 09:11 PM) *
Infatti parlavo di determinate situazioni di cui gli esempi sopra citati.
Ti trovi vicino all'etna mentre erutta, non serve sensibilità, serve la macchina fotografica.
La sensibilità di cogliere o vedere dove altri non vedono nulla è un'altra cosa, la più importante... per come vivo io la fotografia. Anche interpretare l'immagine è importante che rende magari uno scatto banale, che tutti hanno fatto, in qualcosa di più originale.
Sui titoli non sono troppo d'accordo invece. Mi pare che il titolo non distolga molto dall'emozione che si puo' provare o meno guardando una fotografia; ci puoi scrivere una meravigliosa poesia, ma se lo scatto non dice nulla... non sarà la poesia a migliorarlo.
Il titolo (che io amo dare) è la "mia" visione della cosa, che proposta ad altri puo' riscontrare lo stesso messaggio oppure no, non è certo una imposizione.
Queste sono belle discussioni, assai interessanti! rolleyes.gif
Anche io ho uno scatto intitolato : l'abbraccio

Immagine ridimensionata: clicca sull'immagine per vederla con le dimensioni originali.

Ti trovi vicino all'etna mentre erutta, non serve sensibilità, serve la macchina fotografica.

Sicuramente per prima cosa serve una macchina fotografica, se no la foto come la fai? dry.gif , ma poi pensi davvero che basti solo quello?
allora, tanto per fare un esempio pensi che un qualsiasi fotografo che sa "come"(ecco il come) fare una foto sarebbe in grado di fare una foto emozionante come che so, per fare un nome a caso paul nicklen o un qualsiasi "grande" della fotografia solo perchè per fortuna si trova lì?. Secondo me la sensibilità c'entra e come.
Anche l'interpretare una foto come tu stessa hai detto fa parte della sensibilità del fotografo...

Per quanto riguarda il titolo, , secondo me non è tanto il fatto che distoglie dall'emozione, quanto il fatto che una foto che emoziona non ne ha bisogno... come scritto prima è ridondante, superfluo perchè già è la foto a parlare di se. Ammetto però che tal volta il titolo può essere esplicativo.

Ti auguro una buona serata.
Umberto



davidebaroni
QUOTE(enrico @ Oct 27 2008, 08:53 PM) *
Certo è un "linguaggio" particolare, contornuale e non concettuale, per dirla con il Taddei. Non facilissimo da "scrivere" e da "leggere", considerato soprattutto che nelle scuole non è prevista nessuna educazione alla fotografia. Cosa per me assurda, visto che viviamo in un mondo di immagini. Ho seguito molti anni fa un corso di Nazzareno Taddei sulla "Lettura strutturale della fotografia" ed ho riletto più volte il suo libro, uno dei più belli ed interessanti che ho avuto la fortuna di avere. Il Taddei definisce "integrazioni psicologiche" i significati che ciascuno attribuisce ad una immagine, significati che non sono nella foto ma nel fruitore dell'immagine e che da questa possono venir suscitati. Il Taddei li vede come un ostacolo alla lettura.
Certo una immagine contiene al suo primo livello il "cosa", cioè tutto ciò che era davanti all'obiettivo al momento dello scatto. Ed è perfettamente legittimo concentrarsi su questo cosa e trarne delle informazioni che possono stimolare la nostra emotività.
Ma esaminando attentamente il "come", cioè le scelte tecnico-espressive che il fotografo ha fatto, esaminando cioé il come l'autore ha ripreso quel "cosa", è possibile risalire al pensiero dell'autore ed a ciò che ha voluto, consciamento od inconsciamente, dirci.
Senza nulla togliere a Barthes che è un classico.
Ciao
Enrico


Ciao Enrico!
Altro tema stimolante, come tutti i "tuoi"... smile.gif
Non ho letto il Taddei, eppure ne condivido l'approccio. Quando guardo una fotografia, mi chiedo cosa volesse dire il fotografo... cosa avesse in mente, cosa lo ha spinto a scattare, che associazioni abbia fatto, che sensazioni volesse suscitare.
In questo, il titolo diventa per me la cornice del messaggio, che fornisce al fruitore una chiave di lettura e riduce l'ambiguità di significato dovuta proprio ai diversissimi contesti ed associazioni che fruitori diversi "leggerebbero" in quell'immagine. E questo è perfettamente normale, OGNI linguaggio è soggetto a questo... anche quello verbale. Watzlawick insegna... L'autore mette un titolo proprio per delimitare il contesto in cui leggere la propria opera, e ne determina così la chiave di lettura e quindi, in una certa misura, il significato.
E lo trovo assolutamente normale e legittimo.
In tutto questo dovrebbe essere ovvio che anche per me la fotografia è un linguaggio, o meglio un media di comunicazione che "funziona" attraverso un vero e proprio linguaggio, che in realtà é molto più codificato di quel che sembra... solo che é stato codificato in altri ambiti (vedi la Psicologia della Gestalt e altri studi sulla percezione e molto altro). smile.gif

QUOTE(deadstar @ Oct 27 2008, 10:30 PM) *
Ti trovi vicino all'etna mentre erutta, non serve sensibilità, serve la macchina fotografica.

Sicuramente per prima cosa serve una macchina fotografica, se no la foto come la fai? dry.gif , ma poi pensi davvero che basti solo quello?
allora, tanto per fare un esempio pensi che un qualsiasi fotografo che sa "come"(ecco il come) fare una foto sarebbe in grado di fare una foto emozionante come che so, per fare un nome a caso paul nicklen o un qualsiasi "grande" della fotografia solo perchè per fortuna si trova lì?. Secondo me la sensibilità c'entra e come.
Anche l'interpretare una foto come tu stessa hai detto fa parte della sensibilità del fotografo...

Per quanto riguarda il titolo, , secondo me non è tanto il fatto che distoglie dall'emozione, quanto il fatto che una foto che emoziona non ne ha bisogno... come scritto prima è ridondante, superfluo perchè già è la foto a parlare di se. Ammetto però che tal volta il titolo può essere esplicativo.

Ti auguro una buona serata.
Umberto


Ciao Umberto,
mi par di capire, dalle frasi che ho evidenziato, che per te una fotografia "debba emozionare", e forse in un certo senso "sia" emozione.
Ma se il suo compito è suscitare un'emozione nel "fruitore" (e, su questo, permettimi di non essere affatto d'accordo), non è forse proprio questo a definirla un atto di comunicazione? E la comunicazione non è forse PER DEFINIZIONE mediata da un linguaggio? smile.gif
E mi trattengo dal cercare di definire cosa significhi "emozionare", per te... nel mio lavoro, ho da tempo scoperto che "emozione" è una parola vuota, che ognuno riempie di significati personalissimi.
Personalmente, preferisco parlare di "impressioni e sensazioni", di cui le emozioni sono un effetto collaterale. L'effetto che mi fa una fotografia dipende dal "cosa" e dal "come" in misura difficilmente definibile... ma si può provare a fare un esperimento.
Riprendere lo stesso soggetto, lo stesso "cosa" qualsiasi esso sia, in un sacco di "come" diversi.
E vedere di nascosto l'effetto che fa... smile.gif
Ciao,
Davide
UmbertoBellitto
QUOTE(twinsouls @ Oct 27 2008, 11:00 PM) *
Ciao Enrico!
Altro tema stimolante, come tutti i "tuoi"... smile.gif
Non ho letto il Taddei, eppure ne condivido l'approccio. Quando guardo una fotografia, mi chiedo cosa volesse dire il fotografo... cosa avesse in mente, cosa lo ha spinto a scattare, che associazioni abbia fatto, che sensazioni volesse suscitare.
In questo, il titolo diventa per me la cornice del messaggio, che fornisce al fruitore una chiave di lettura e riduce l'ambiguità di significato dovuta proprio ai diversissimi contesti ed associazioni che fruitori diversi "leggerebbero" in quell'immagine. E questo è perfettamente normale, OGNI linguaggio è soggetto a questo... anche quello verbale. Watzlawick insegna... L'autore mette un titolo proprio per delimitare il contesto in cui leggere la propria opera, e ne determina così la chiave di lettura e quindi, in una certa misura, il significato.
E lo trovo assolutamente normale e legittimo.
In tutto questo dovrebbe essere ovvio che anche per me la fotografia è un linguaggio, o meglio un media di comunicazione che "funziona" attraverso un vero e proprio linguaggio, che in realtà é molto più codificato di quel che sembra... solo che é stato codificato in altri ambiti (vedi la Psicologia della Gestalt e altri studi sulla percezione e molto altro). smile.gif
Ciao Umberto,
mi par di capire, dalle frasi che ho evidenziato, che per te una fotografia "debba emozionare", e forse in un certo senso "sia" emozione.
Ma se il suo compito è suscitare un'emozione nel "fruitore" (e, su questo, permettimi di non essere affatto d'accordo), non è forse proprio questo a definirla un atto di comunicazione? E la comunicazione non è forse PER DEFINIZIONE mediata da un linguaggio? smile.gif
E mi trattengo dal cercare di definire cosa significhi "emozionare", per te... nel mio lavoro, ho da tempo scoperto che "emozione" è una parola vuota, che ognuno riempie di significati personalissimi.
Personalmente, preferisco parlare di "impressioni e sensazioni", di cui le emozioni sono un effetto collaterale. L'effetto che mi fa una fotografia dipende dal "cosa" e dal "come" in misura difficilmente definibile... ma si può provare a fare un esperimento.
Riprendere lo stesso soggetto, lo stesso "cosa" qualsiasi esso sia, in un sacco di "come" diversi.
E vedere di nascosto l'effetto che fa... smile.gif
Ciao,
Davide


Ciao Davide.
Hai ragione! A me una foto deve emozionare ( e per emozione, intendo la stessa cosa che intendi tu , cioe suscitarmi un qualche sentimento, o sensazioneo impressione; chiamala come vuoi. forse sono stato poco preciso). Queste emozioni o sensazioni , possono essere belle o brutte. hai mai visto il film "Blade Runner? dove i replicanti amavano collezionare foto perchè , non avendo un passato proprio e vivevano di quello impresso nelle foto.....ecco un esempio di sentimento. Ma lo stesso discorso, oltre che per la fotografia , vale in generale per tutte le attività che si svolgono.
Hai ragione nel dire che l'emozione è soggettiva, ed infatti ognuno di noi ha una reazioe uguale e contraria di fronte a un a un quadro,una foto, la lettura di un libro, un film.............ma una qualche emozione o sensazione o sentimento, o TENTATIVO DI COMUNICAZIONE ci deve sempre essere.
tornando a quanto da te citato:

L'effetto che mi fa una fotografia dipende dal "cosa" e dal "come" in misura difficilmente definibile... ma si può provare a fare un esperimento.
Riprendere lo stesso soggetto, lo stesso "cosa" qualsiasi esso sia, in un sacco di "come" diversi.
E vedere di nascosto l'effetto che fa...

sicuramente farà tanti effetti diversi.
Io ho esordito in questo post dicendo bisogna imparare il come e dopodichè , all'atto pratico e a buon bisogno dimenticarsi del "come" per privilegiare il "cosa" si vuole rappresentare.
Intendevo dire che il come è sempre funzionale al cosa.. in alcuni casi per raggiungere il cosa desiderato si può anche andare contro le regole del come cioè le regole tecniche,per dare priorità a quelle creative.
enrico
Ciao Davide,
ben risentito e grazie per il tuo intervento, sempre prezioso.
Ciao Umberto.
Tu scrivi:
"Io ho esordito in questo post dicendo bisogna imparare il come e dopodichè , all'atto pratico e a buon bisogno dimenticarsi del "come" per privilegiare il "cosa" si vuole rappresentare.
Intendevo dire che il come è sempre funzionale al cosa.. in alcuni casi per raggiungere il cosa desiderato si può anche andare contro le regole del come cioè le regole tecniche,per dare priorità a quelle creative."
Sono in linea con il tuo pensiero se per "cosa" vuoi intendere il pensiero dell'autore su un certo soggetto o avvenimento. Per "cosa", intendo abitualmente l'oggetto, la scena che è stata fotografata, ciò che era davanti all'obiettivo e che comiunque sarabba stata lì, anche se nessuno l'avesse fotografata. Ora la percezione di un qualunque "cosa" è sempre parziale e soggettiva e suscita in ciascuno di noi visioni e sensazioni diverse. Quindi il fotografo ci comunica non il "cosa" nella sua oggettività, ma il suo modo di vedere e di sentire quel "cosa". Quindi, in ogni immagine, accanto al "cosa", sempre parziale, c'è soprattutto lui, l'autore.
Buona giornata
Enrico


Ma vi leggo in linea. Caspita, già in piedi anche voi?
UmbertoBellitto
QUOTE(enrico @ Oct 28 2008, 05:47 AM) *
Ciao Davide,
ben risentito e grazie per il tuo intervento, sempre prezioso.
Ciao Umberto.
Tu scrivi:
"Io ho esordito in questo post dicendo bisogna imparare il come e dopodichè , all'atto pratico e a buon bisogno dimenticarsi del "come" per privilegiare il "cosa" si vuole rappresentare.
Intendevo dire che il come è sempre funzionale al cosa.. in alcuni casi per raggiungere il cosa desiderato si può anche andare contro le regole del come cioè le regole tecniche,per dare priorità a quelle creative."
Sono in linea con il tuo pensiero se per "cosa" vuoi intendere il pensiero dell'autore su un certo soggetto o avvenimento. Per "cosa", intendo abitualmente l'oggetto, la scena che è stata fotografata, ciò che era davanti all'obiettivo e che comiunque sarabba stata lì, anche se nessuno l'avesse fotografata. Ora la percezione di un qualunque "cosa" è sempre parziale e soggettiva e suscita in ciascuno di noi visioni e sensazioni diverse. Quindi il fotografo ci comunica non il "cosa" nella sua oggettività, ma il suo modo di vedere e di sentire quel "cosa". Quindi, in ogni immagine, accanto al "cosa", sempre parziale, c'è soprattutto lui, l'autore.
Buona giornata
Enrico
Ma vi leggo in linea. Caspita, già in piedi anche voi?


Buon giorno !!
ESATTTO!!
" Quindi, in ogni immagine, accanto al "cosa", sempre parziale, c'è soprattutto lui, l'autore."
ed è per questo che ho parlato di sensibilità diverse.
UmbertoBellitto
QUOTE(enrico @ Oct 28 2008, 05:47 AM) *
Ma vi leggo in linea. Caspita, già in piedi anche voi?

Buon giorno Enrico, Davide:-)
La mattina mi piace alzarmi presto per dedicarmi alle mie cose prima di prepararmi per andare a lavoro. texano.gif
Manuela Innocenti
QUOTE(deadstar @ Oct 27 2008, 10:30 PM) *
Ti trovi vicino all'etna mentre erutta, non serve sensibilità, serve la macchina fotografica.

Sicuramente per prima cosa serve una macchina fotografica, se no la foto come la fai? dry.gif , ma poi pensi davvero che basti solo quello?
allora, tanto per fare un esempio pensi che un qualsiasi fotografo che sa "come"(ecco il come) fare una foto sarebbe in grado di fare una foto emozionante come che so, per fare un nome a caso paul nicklen o un qualsiasi "grande" della fotografia solo perchè per fortuna si trova lì?. Secondo me la sensibilità c'entra e come.
Anche l'interpretare una foto come tu stessa hai detto fa parte della sensibilità del fotografo...

Per quanto riguarda il titolo, , secondo me non è tanto il fatto che distoglie dall'emozione, quanto il fatto che una foto che emoziona non ne ha bisogno... come scritto prima è ridondante, superfluo perchè già è la foto a parlare di se. Ammetto però che tal volta il titolo può essere esplicativo.

Ti auguro una buona serata.
Umberto



MI sono espressa male,,, per "come" intendevo non dal punto di vista strettamente tecnico, ma interpretativo ed artistico. Quello è il mio "come". E se non c'è questo tipo di come, il "cosa" non verrà ben catturato perchè possa trasmettere emozione. Il "come" tecnico è molto importante ma a me. ad esempio, non interessa molto.
La prima cosa che cerco in una fotografia è il messaggio, l'emozione, qualcosa che parli, che vibri. Se poi dal lato tecnico è ottima, ancora meglio. Il soggetto ripreso ha un'importanza relativa, appunto dipende dal "come".
Non è un soggetto bello a fare bella la foto!
Questo è il mio modesto parere. rolleyes.gif
UmbertoBellitto
QUOTE(Urania @ Oct 28 2008, 10:33 AM) *
MI sono espressa male,,, per "come" intendevo non dal punto di vista strettamente tecnico, ma interpretativo ed artistico. Quello è il mio "come". E se non c'è questo tipo di come, il "cosa" non verrà ben catturato perchè possa trasmettere emozione. Il "come" tecnico è molto importante ma a me. ad esempio, non interessa molto.
La prima cosa che cerco in una fotografia è il messaggio, l'emozione, qualcosa che parli, che vibri. Se poi dal lato tecnico è ottima, ancora meglio. Il soggetto ripreso ha un'importanza relativa, appunto dipende dal "come".
Non è un soggetto bello a fare bella la foto!
Questo è il mio modesto parere. rolleyes.gif


effettivamente i temini "come" e "cosa" sono un po' generici, ognuno di noi può affibiargli un significato diverso.
Io per come ad esempio intendevo l'aspetto tecnico
per cosa invece quello intenzionale di quel che si vuole rappresentare in una foto.
enrico
allora dobbiamo chiarirci sui termini. A quanto pare anche il linguaggio "concettuale" può essere equivoco tanto quanto quello "contornuale" :-)

Io ho usato quei termini nell'accezione del Taddei:

Il cosa: il soggetto, il fatto, ciò che era realmente davanti all'obiettivo al momento della ripresa e che ha permesso di impressionare la pellicola. Nel caso della leonessa e dell'uccellino sono i due animali, l'erba, e quant'altro esisteva indipendentemente dal fatto che sia stato fotografato e che l'inquadratura ci rivela.

Il come: le scelte tecniche ed espressive del fotografo, scelte che non esistono nel pezzo di mondo ripreso, ma che esistono unicamente nell'immagine: il particolare taglio, la posizione degli elementi all'interno del quadro, il punto di vista, l'estensione della nitidezza ecc.

Integrando il cosa con il come si può arrivare a comprendere l'idea dell'autore, il "perchè". Ho ripreso quella figura con angolazione dal basso per enfatizzarla. Ho usato un diaframma ampio per limitare la profondità di campo al soggetto e concentrare su di esso l'attenzione. Oppure ho usato una profondità di campo elevata per inserire anche l'ambiente perché ci parla anch'esso del soggetto ecc.
Era questo che intendevo. Nel caso della leonessa e dell'uccellino è preponderante il cosa, l'evento. Il come è nella scelta dell'autore di isolare i due personaggi dall'ambiente mediante l'uso di un tele e dell'inquadratura. La foto è di tipo documentario-narrativo. D'altra parte non c'era molto da scegliere. L'evento andava ripreso rapidamente prima che la situazione mutasse.
La foto è curiosa e simpatica per l'evento in sè. Il fotografo non ha fatto altro che registrarla.
Nel caso delle due foto di Doisneau, ciò che colpisce è un significato che non è delle cose che erano davanti all'obiettivo, significato che ha dato loro l'autore attaverso delle scelte tecniche, soprattutto la scelta del punto di vista. Per alcuni autori, grandi, il "cosa" è come il marmo per lo scultore che si serve della materia per esprimere un suo significato.
Un saluto
Enrico
davidebaroni
QUOTE(Urania @ Oct 28 2008, 10:33 AM) *
MI sono espressa male,,, per "come" intendevo non dal punto di vista strettamente tecnico, ma interpretativo ed artistico. Quello è il mio "come". E se non c'è questo tipo di come, il "cosa" non verrà ben catturato perchè possa trasmettere emozione. Il "come" tecnico è molto importante ma a me. ad esempio, non interessa molto.
La prima cosa che cerco in una fotografia è il messaggio, l'emozione, qualcosa che parli, che vibri. Se poi dal lato tecnico è ottima, ancora meglio. Il soggetto ripreso ha un'importanza relativa, appunto dipende dal "come".
Non è un soggetto bello a fare bella la foto!
Questo è il mio modesto parere.


Ciao Manu!
Prendo il tuo post come esempio, ma quello che sto per dire è estendibile a quasi tutte le discussioni di questo tipo...
Dal mio punto di vista professionale, come "studioso della comunicazione", noto (in tutti i fora fotografici, e non solo nei fora...) una confusione tra "la comunicazione" e "il suo effetto". Molti, soprattutto coloro che hanno una visione "romantica" ed "artistica" della fotografia e dell'arte, sostengono che il "messaggio" che una fotografia veicola sia di tipo emozionale... sia "un'emozione". Niente di più sbagliato, dal punto di vista delle dinamiche e dei processi di comunicazione... L'emozione è la nostra risposta al messaggio ricevuto. smile.gif
In altre parole, l'immagine contiene un "cosa" (ciò che stava davanti all'obiettivo), ma anche, e, almeno per ciò che attiene la produzione di significato, soprattutto una rappresentazione delle relazioni fra quegli elementi, stabilita tramite il "come".
QUESTO é il "messaggio". smile.gif
Questo "riceviamo", e immediatamente, più che altro inconsciamente, filtriamo, sulla base della nostra "mappa" interna del mondo. Facciamo associazioni con le nostre esperienze, e con i nostri sistemi di valori e di convinzioni. Mettiamo in relazione il "messaggio" ricevuto con queste cose, e questa relazione determina la nostra risposta emozionale... che tende ad essere unica ed idiosincratica, anche se magari apparentemente simile.
Questo per dire che buona parte del processo di attribuzione di significato che porta alla risposta emotiva avviene nell'osservatore stesso, e su questa parte l'autore ha poco o punto controllo... e quindi, per definizione, non può essere il suo "obiettivo comunicativo". Quello che l'autore può darsi come obiettivo è produrre un'immagine che contenga gli elementi a-b-c-d...n, rappresentati in modo da indicare che sono in relazione fra loro nel modo x-y-z, in modo che questo tenda a produrre il tipo di effetto (emozione, in questo caso) tale e tal altro. smile.gif
I vari approcci alla fotografia implicano, a quanto pare, diversi tipi di obiettivi comunicativi, e diversi sistemi di valori e convinzioni. Questo fa sì che, alla vista di una foto, consideriamo "bella" quella che sollecita in noi il tipo di risposta che consideriamo "valida". Ma questo è un modo di "leggere" l'immagine che non ci porta mai, o quasi, ad uscire dai confini della nostra "mappa del mondo" personale... smile.gif
Per questo, da sempre, porto avanti il discorso della "lettura consapevole", in un certo senso "distaccata", che ci permetta di sospendere il giudizio ed entrare nel punto di vista dell'autore... wink.gif
Ciao,
Davide
PAS
Sempre interessante Davide Pollice.gif

Ma su questo punto ho qualche perplessità:
QUOTE(twinsouls @ Oct 28 2008, 03:34 PM) *

Questo per dire che buona parte del processo di attribuzione di significato che porta alla risposta emotiva avviene nell'osservatore stesso, e su questa parte l'autore ha poco o punto controllo... e quindi, per definizione, non può essere il suo "obiettivo comunicativo". Quello che l'autore può darsi come obiettivo è produrre un'immagine che contenga gli elementi a-b-c-d...n, rappresentati in modo da indicare che sono in relazione fra loro nel modo x-y-z, in modo che questo tenda a produrre il tipo di effetto (emozione, in questo caso) tale e tal altro. smile.gif


La perplessità che l'autore non abbia obiettivo comunicativo.
A volte può essere, ma può anche accadere che l’autore, conoscendo il tipo di risposta di una determinata platea di fruitori orienta il cosa, come, quanto in modo da sollecitare tale tipo di risposta e magari trarre lui stesso gratificazione da essa.
In questo caso l’obiettivo comunicativo sarebbe consapevolmente dell’autore che conosce il suo target.
La fotografia pubblicitaria né è probabilmente un esempio, ma non solo, frequentando fora è spesso individuabile un filo rosso sul quale si muovono proposte fotografiche che tendono a divenire sempre più ripetitive ed omogenee.

Ciao
davidebaroni
QUOTE(PAS @ Oct 31 2008, 06:38 PM) *
Sempre interessante Davide Pollice.gif

Ma su questo punto ho qualche perplessità:


La perplessità che l'autore non abbia obiettivo comunicativo.
A volte può essere, ma può anche accadere che l'autore, conoscendo il tipo di risposta di una determinata platea di fruitori orienta il cosa, come, quanto in modo da sollecitare tale tipo di risposta e magari trarre lui stesso gratificazione da essa.
In questo caso l'obiettivo comunicativo sarebbe consapevolmente dell'autore che conosce il suo target.
La fotografia pubblicitaria né è probabilmente un esempio, ma non solo, frequentando fora è spesso individuabile un filo rosso sul quale si muovono proposte fotografiche che tendono a divenire sempre più ripetitive ed omogenee.

Ciao

Ciao Valerio!
Mi devo essere spiegato male... Non intendo che l'autore "non abbia" un obiettivo comunicativo, bensì che esso non può essere, per definizione, che qualcun altro "abbia determinate sensazioni e/o emozioni". Queste sono l'effetto che la comunicazione ha, e possono essere solo una "tendenza": di fronte al tale tipo di immagini, il target dell'autore (anche se "in senso lato", allargato) tende ad avere il tale tipo di risposta emotiva.
Un obiettivo, per essere "valido", deve essere sotto il controllo di chi lo ha. Quindi l'autore può avere un obiettivo "comunicativo" nel senso di "riprendere il tale cosa nel tale come", con la consapevolezza magari che questo tenderà a suscitare nei fruitori della sua opera un certo tipo di risposta.
La risposta dei fruitori, a sua volta, sarà per l'autore una retroazione, un feedback sulla sua comunicazione. smile.gif
E' un po' più chiaro, così?

Il fatto é che una fotografia é una comunicazione "one shot". Se stai discorrendo, o tenendo una conferenza, puoi osservare la retroazione nel momento stesso in cui avviene, in tempo reale, mentre stai comunicando... ed aggiustare il tiro "in corso d'opera". In fotografia, al massimo puoi utilizzare la retroazione alla tua foto di oggi per realizzare la foto che scatterai domani, o la settimana prossima... Quindi il "controllo" sulla risposta dell'interlocutore è molto, molto minore. smile.gif

L'esempio che fai, della fotografia pubblicitaria, è perfetto: lì, il target è conosciuto (più o meno) e l'obiettivo pure... fare sì che l'osservatore medio che appartiene a quel target recepisca un "cosa" e una serie di relazioni fra gli elementi di quel "cosa" (determinate dal come quei cosa vengono ripresi...) che gli susciti tendenzialmente un certo tipo di associazioni e le risposte emotive conseguenti. Ma spesso la fotografia pubblicitaria "si nutre" di simboli ed archetipi molto più di quella "normale"... smile.gif E non a caso le campagne pubblicitarie vengono poi "monitorate" per avere il feedback più immediato possibile... Se "funzionano" vengono mantenute, sennò si usano i dati raccolti (i feedback) per fare variazioni a quella in corso (o progettarne un'altra) che si avvicinino di più al risultato "medio" che si voleva produrre. smile.gif

Mi spiego?

Ciao,
Davide
daniele.arconti
Ciao Enrico, e ciao a tutti, (Twinsoul per gli amici Davide hai risolto con la D2x? :-) )
Enrico come al solito le tue discussioni vanno nel profondo, ti ammiro molto per la tua capacità di andare a scavare il come e il perché delle cose!
Ho letto ogni risposta e tutte sono state davvero interessantissime, magari un pò troppo filosofiche e poco pratiche, ma comunque profonde.
Non so se ho interpretato bene il soggetto, ma voglio dire la mia citando una frase di Mike Yamashita, fotografo giapponese molto bravo.

"Sono pagato per essere fortunato e ciò significa costruirsi la propria fortuna: trovarsi nella posizione giusta al momento giusto e con la giusta luce".

L'unica differenza tra lui che è un fotografo e insegnante affermato e il comune fotografo è il "sono pagato"
Per il resto credo che la fortuna uno se la debba cercare, e una volta avvistata bisogna sapere quali attrezzature usare per catturarla.
Secondo me non esiste un concetto assoluto che valga per ogni situazione, che possa essere usato come metro di giudizio. Il cosa e il come sono funzionali ad un progetto ed il progetto parte dalla mente.

La creatività, che è così ben rappresentata dalla nostra Urania, parte sempre da una zona ben precisa del cervello.
Per riagganciarmi al primo post di Enrico, penso che fotografie banali possano vincere primi premi, non è la prima volta che succede, ma questo non dipende ne dal come e ne dal cosa. Ci sono tante altre situazioni dietro ad un concorso...

La botta di fortuna può capitare, ma...
davidebaroni
QUOTE(daniele.arconti @ Nov 1 2008, 02:49 PM) *
Ciao Enrico, e ciao a tutti, (Twinsoul per gli amici Davide hai risolto con la D2x? :-) )
Enrico come al solito le tue discussioni vanno nel profondo, ti ammiro molto per la tua capacità di andare a scavare il come e il perché delle cose!
Ho letto ogni risposta e tutte sono state davvero interessantissime, magari un pò troppo filosofiche e poco pratiche, ma comunque profonde.
Non so se ho interpretato bene il soggetto, ma voglio dire la mia citando una frase di Mike Yamashita, fotografo giapponese molto bravo.

"Sono pagato per essere fortunato e ciò significa costruirsi la propria fortuna: trovarsi nella posizione giusta al momento giusto e con la giusta luce".

L'unica differenza tra lui che è un fotografo e insegnante affermato e il comune fotografo è il "sono pagato"
Per il resto credo che la fortuna uno se la debba cercare, e una volta avvistata bisogna sapere quali attrezzature usare per catturarla.
Secondo me non esiste un concetto assoluto che valga per ogni situazione, che possa essere usato come metro di giudizio. Il cosa e il come sono funzionali ad un progetto ed il progetto parte dalla mente.

La creatività, che è così ben rappresentata dalla nostra Urania, parte sempre da una zona ben precisa del cervello.
Per riagganciarmi al primo post di Enrico, penso che fotografie banali possano vincere primi premi, non è la prima volta che succede, ma questo non dipende ne dal come e ne dal cosa. Ci sono tante altre situazioni dietro ad un concorso...

La botta di fortuna può capitare, ma...


Ciao Daniele! (sì, ho risolto... wink.gif )
Mi permetto di dire una cosa che viene dalla mia esperienza personale.
Una cosa è quello che DICONO di fare, un'altra è quello che FANNO EFFETTIVAMENTE. smile.gif
Qui non si parla di "creatività" o di "arte". Non nel senso "usuale", almeno.
Immagina di fare una foto pubblicitaria, su layout. Su un layout estremamente preciso. Ti garantisco che avrai bisogno di estrema creatività, per riuscire a fotografare quel "cosa" in quel "come". E, per me almeno, è arte, esattamente come è arte recitare l'Amleto anche se non lo hai scritto tu...
...perché comunque il TUO Amleto sarà diverso dal MIO. smile.gif
Il problema, come ho cercato di evidenziare più sopra, è che prima di affrontare una discussione di questo tipo, occorrerebbe mettersi d'accordo su "di cosa stiamo veramente parlando?". Perché qui stiamo parlando su almeno tre o quattro livelli diversi, che non potranno MAI incontrarsi...
Prendi quello che dice Urania più su...
QUOTE("Urania")
...Il "come" tecnico è molto importante ma a me. ad esempio, non interessa molto.
La prima cosa che cerco in una fotografia è il messaggio, l'emozione, qualcosa che parli, che vibri.

Come se non ci fosse legame indissolubile fra la perfezione tecnica e l'efficacia del messaggio... Per fare un'analogia, prova a leggere una lettera d'amore appassionato con la voce di una centralinista scocciata e frettolosa... biggrin.gif
Senza il "come" appropriato, non ci può essere "messaggio efficacemente trasmesso".
Certo, il "cosa" senza il "come" appropriato è altrettanto vuoto ed inefficace quanto il "come" perfetto senza un "cosa" corrispondente...

Ah, a proposito. Se c'è UN livello a cui NON stiamo parlando, è quello "filosofico"... non confondere le "istruzioni" con la "logica operativa"! smile.gif

Ciao,
Davide
Manuela Innocenti
Vi seguo con molto interesse cercando di apprendere quello che non so wink.gif
daniele.arconti
OT (Davide, Io devo aspettare ancora per prendere un nuovo corpo, cmq com'è la D2x?)

Beh caro Davide, sul fatto che stiamo parlando su diversi livelli hai proprio ragione! wacko.gif

Rileggendo il post introduttivo, Enrico prende spunto dal suo stupore davanti al primo posto in un concorso fotografico per una foto decisamente banale e ci presenta la domanda dividendo in modo non esplicito i due concetti:
"Botta di fortuna" e "Il cosa e il come".

I concetti possone essere divisi ed è proprio da questa divisione che è nata questa interessantissima discussione.
Io invece le vedo due cose legate, altrimenti sarebbe una discussione che prende spunto da una foto banale, ma che immediatamente se ne allontana.

Solo Enrico ci può illuminare...
enrico
Ciao Daniele, ciao a tutti.
Estremamente interessanti le vostre osservazioni.
Al contrario del disegno e della pittura che no ha bisogno di un soggetto reale per produrre una immagine, in fotografia ci deve essere qualcosa davanti all'obiettivo perchè l'immagine si produca.
Questa ovvia considerazione ha indotto a credere nel passato (oggi la cosa "dovrebbe" essere superata) che il disegno e la pittura siano un atto creativo, frutto di una mente che muove in un certo modo la mano, creando dei segni sul foglio e sulla tela, e che la fotografia sia invece un atto meccanico: schiaccio un bottone e l'immagine si produce da sola. Partendo da questo punto di vista (erroneo ed ingenuo), ciò che conta in fotografia è il cosa. Dunque il fotografo è un artigiano ed il pittore/disegnatore un artista. Per fare buone foto basta conoscere bene il mezzo meccanico e saperne usare le regolazioni in maniera da esporre correttamente, curare con scrupolo la messa a fuoco ecc.
Ieri ho partecipato ad una giuria fotografica. Un giurato si è portato dietro una lente da ingrandimento per controllare la messa a fuoco delle foto in concorso...
Sappiamo invece che anche con la macchina fotografica possiamo rendere lo stesso soggetto in mille modi diversi per raccontare, per esprimere idee. La fotocamera è in fondo una specie di pennello, anche se più complesso (e costoso smile.gif ).
In molte giurie ancora c'è chi confonde la fotografia con il soggetto fotografato.
E' la straordinaria verosimiglianza della fotografia che induce spesso a questo equivoco.
E' comunque un aspetto del mezzo che merita di essere indagato.
Grazie a tutti per il prezioso contributo.
Enrico
PAS
QUOTE(twinsouls @ Oct 31 2008, 07:30 PM) *
Mi spiego?


Pollice.gif

Chiarito il busillis torno sul tema di Enrico

Cosa e come. Quanto contano?

Sono due aspetti, due ingredienti della comunicazione che concorrono alla sua efficacia.
Il cosa è l’oggetto della comunicazione, il come è la sua correttezza sintattica e formale.
Analogamente ad altre forme comunicative.

Entrambi sono indispensabili anche se a volte è d’uso attribuire più o meno importanza al “come” in funzione del “cosa”.
Tento di spiegarmi con due esempi:
Uno stillaifista affermerà sempre che la perfezione tecnica formale di una fotografia del suo “genere” è un must, ovvero l’importanza del “come” è prioritaria.
Un reportagista affermerà che il “cosa” è essenziale. Se l’attimo è stato colto, anche se l’immagine è sfocata e mal composta importa relativamente.

Tra questi due estremi c’è sempre l’interpretazione del fotografo della sua realtà percepita, ovvero utilizzare il “come” per raccontare efficacemente il “cosa” ha visto di tanto significativo da fargli decidere di premere il pulsante.

Mi piace sempre fare il parallelo tra fotografia e narrativa. Se ci pensiamo anche là il “cosa” ed il “come” giocano gli stessi ruoli concorrenti all’efficacia della comunicazione.

Mi piace meno invece l’accostamento tra fotografia e pittura, nell’accezione artistica della prima.
E quindi in disaccordo con chi definisce la fotografia come una forma d’arte.
La fotografia è innanzitutto una forma di comunicazione.

My two cents

davidebaroni
QUOTE(PAS @ Nov 1 2008, 05:56 PM) *
...cut...
Mi piace meno invece l'accostamento tra fotografia e pittura, nell'accezione artistica della prima.
E quindi in disaccordo con chi definisce la fotografia come una forma d'arte.
La fotografia è innanzitutto una forma di comunicazione.

My two cents


...perché, la pittura no? smile.gif

...ci vorrebbe Nico... rolleyes.gif

My two cents: OGNI "arte" è primariamente una forma di comunicazione. Se così non fosse, non verrebbe mostrata... wink.gif
Ma non entriamo nella diatriba secolare di "cosa sia arte e cosa no"...

Immagine ridimensionata: clicca sull'immagine per vederla con le dimensioni originali.

Ciao,
Davide
PAS
QUOTE(twinsouls @ Nov 1 2008, 06:14 PM) *
...perché, la pittura no? smile.gif

...ci vorrebbe Nico... rolleyes.gif

My two cents: OGNI "arte" è primariamente una forma di comunicazione. Se così non fosse, non verrebbe mostrata... wink.gif
Ma non entriamo nella diatriba secolare di "cosa sia arte e cosa no"...


Ciao,
Davide


Infatti non ho detto ( e non mi sogno di dire) che l’arte non sia una forma di comunicazione.
Non vale il principio di reciprocità! wink.gif

Bensì che personalmente non generalizzo: fotografia = arte. Inflazionando l’accezione di quest’ultima.
Altrimenti qualunque nostra comunicazione sarebbe tale.

La fotografia PUO' essere arte.
La fotografia NON SEMPRE è arte.

Non mi avventuro certo nel terreno minato di cosa sia o non sia arte, non ne ho titolo, ma definire arte la foto di famiglia che sto attaccando all’album (Scianna non me ne voglia) mi sembra quantomeno azzardato.

My two cents more.
smile.gif

Ciao!
davidebaroni
QUOTE(PAS @ Nov 1 2008, 06:41 PM) *
Infatti non ho detto ( e non mi sogno di dire) che l'arte non sia una forma di comunicazione.
Non vale il principio di reciprocità!

Bensì che personalmente non generalizzo: fotografia = arte. Inflazionando l'accezione di quest'ultima.
Altrimenti qualunque nostra comunicazione sarebbe tale.

La fotografia PUO' essere arte.
La fotografia NON SEMPRE è arte.

Non mi avventuro certo nel terreno minato di cosa sia o non sia arte, non ne ho titolo, ma definire arte la foto di famiglia che sto attaccando all'album (Scianna non me ne voglia) mi sembra quantomeno azzardato.

My two cents more.


Ciao!


...e su tutto questo concordo pienamente. smile.gif
D'altra parte, nemmeno la pittura, o la musica, o la letteratura sono SEMPRE "arte". biggrin.gif
E' per questo che sono un po' "refrattario" all'uso di questa parola. smile.gif

Ciao,
Davide
daniele.arconti
QUOTE(enrico @ Nov 1 2008, 05:26 PM) *
Ciao Daniele, ciao a tutti.
Estremamente interessanti le vostre osservazioni.
Al contrario del disegno e della pittura che no ha bisogno di un soggetto reale per produrre una immagine, in fotografia ci deve essere qualcosa davanti all'obiettivo perchè l'immagine si produca.
Questa ovvia considerazione ha indotto a credere nel passato (oggi la cosa "dovrebbe" essere superata) che il disegno e la pittura siano un atto creativo, frutto di una mente che muove in un certo modo la mano, creando dei segni sul foglio e sulla tela, e che la fotografia sia invece un atto meccanico: schiaccio un bottone e l'immagine si produce da sola. Partendo da questo punto di vista (erroneo ed ingenuo), ciò che conta in fotografia è il cosa. Dunque il fotografo è un artigiano ed il pittore/disegnatore un artista. Per fare buone foto basta conoscere bene il mezzo meccanico e saperne usare le regolazioni in maniera da esporre correttamente, curare con scrupolo la messa a fuoco ecc.
Ieri ho partecipato ad una giuria fotografica. Un giurato si è portato dietro una lente da ingrandimento per controllare la messa a fuoco delle foto in concorso...
Sappiamo invece che anche con la macchina fotografica possiamo rendere lo stesso soggetto in mille modi diversi per raccontare, per esprimere idee. La fotocamera è in fondo una specie di pennello, anche se più complesso (e costoso smile.gif ).
In molte giurie ancora c'è chi confonde la fotografia con il soggetto fotografato.
E' la straordinaria verosimiglianza della fotografia che induce spesso a questo equivoco.
E' comunque un aspetto del mezzo che merita di essere indagato.
Grazie a tutti per il prezioso contributo.
Enrico


Ciao Enrico, come al solito concreto e profondo allo stesso tempo!

Il dizionario etimologico alla parola "arte" dice: "Metodo o maestria nell'operare secondo certe regole"
Da qui deduco che non esiste "L'ARTE" in senso assoluto. Esistono varie forme d'arte ed ogni genere di arte ha le sue regole, ed anche quando queste vengono infrante, in realtà si sfocia in altre forme d'arte. Contaminazioni su contaminazioni, nascono nuovi generi....e così via.

Quindi secondo me il cosa ed il come non possono essere divisi, ogni cosa ha il suo come. Se in una foto ci soffermiamo ad analizzare od il cosa od il come, vuol dire che è una foto sbagliata dal punto di vista comunicativo.

Gli errori tecnici possono rovinare un'idea di base vincente, ed una mancanza di idee può rovinare una foto tecnicamente perfetta. So che sono tutte cose risapute e rilette, ma tante volte ce ne dimentichiamo, io il primo...

Il parallelo pittura/fotografia è sempre esistito ed in effetti la fotografia segue determinate regole che sono state studiate ed usate dai pittori per secoli, vedi regola dei terzi o sezione aurea.
Negli ultimi decenni però, la pittura si è trasformata in maniera colossale, producendo tante buone opere, ma anche tante schifezze che vengono vendute a prezzi incredibili.

Qui si aggiungono altri due parametri ai tanti già in questione "IL GUSTO PERSONALE" e "LA POPOLARITA". Sul gusto non si discute, quella che io giudico una foto scura, al fotografo che mi stampa le foto sembra perfetta etc.
La popolarità è il valore aggiunto ad una foto o ad una tela. Tante opere vengono definite "d'arte solamente perché la firma è di un certo pinco pallino.
Anche se di arte non ha assolutamente niente, dietro uno scatto si sprecano le recensioni, si cominciano a leggere stati d'animo, interpretazioni assurde....

Comunque grazie ad Enrico che sempre ci fa usare il cervello invece del dito
Ludovico Fossà
QUOTE(PAS @ Nov 1 2008, 06:41 PM) *
La fotografia PUO' essere arte.
La fotografia NON SEMPRE è arte.

Così come la Pittura o la Narrativa che hai evocato...

E' l'annoso dualismo tra tecnica ed emozione... messe in contrapposizione per chissà quale motivo.

La tecnica (il come) è necessaria per riuscire a trasmettere un'emozione (il cosa) ed è ciò che rende possibile la concretizzazione delle idee.
Dunque i due aspetti non sono slegati o alternativi.

Chiunque potrebbe avere in testa una storia emozionante da scrivere.
E' necessario essere padroni della lingua, della sintassi e della grammatica per poterla scrivere in modo che quell'emozione possa essere trasmessa. Ed essere trasmessa esattamente come l'autore si è prefisso di fare.
Così accade per la Pittura, per la Musica, e per tutte le forme di comunicazione ... artistica o no.
La Fotografia non fa eccezione.

Si può semmai dire che la tecnica è condizione necessaria ma non sufficiente.
Occorre, per giunta, cautela nel definire genericamente l'emozione poiché si tratta di sentimento estremamente soggettivo.
Per molti, una foto di still life (un esempio a caso...), potrà sembrare solo tecnica senza emozione... Personalmente, invece, un bello still life mi emoziona; altrimenti non farei il mestiere che faccio.
Ho inoltre il fondato sospetto che con il termine tecnica si voglia intendere una foto perfettamente a fuoco, non mossa, nitida, con una estesa gamma dinamica, ecc...
Ossia una definizione di tecnica piuttosto riduttiva e forse anche fuorviante.
Vi è poi un aspetto che spesso viene sottovalutato: la valenza privata e quella pubblica di un'immagine.
Una foto può essere emozionante per l'autore poiché gli ricorda il sentimento provato nell'istante dello scatto. Ma è quel ricordo che lo emoziona, non l'immagine in sé; un osservatore che non abbia vissuto quell'esperienza, non viene minimamente coinvolto...
Questa confusione ha una conseguenza che tutti, prima o poi, abbiamo provato: le soporifere serate a casa di amici, a guardare le foto delle loro vacanze...

Porto un esempio eclatante cosicché si possa capire meglio ciò che voglio dire.

La famosissima foto di Huynh Cong Ut che ritrae i bambini vietnamiti straziati dal napalm è entrata giustamente nella storia, nella memoria e direi nella coscienza.
Suscita una fortissima emozione a prescindere dal fatto di essere stati presenti in quella circostanza.

IPB Immagine

E' una foto mossa, un po' sfocata, ma è diventata un documento immortale. Certamente per la forte denuncia veicolata con essa ma anche perché è "raccontata" con la sintassi giusta.
Non credo sia l'unica immagine del genere; quella guerra è stata forse la prima veramente documentata a suon d'immagini prodotte dai fotoreporter.
Questa fotografia, però, è emersa prepotentemente rispetto ad altre.

1) - L'orizzonte posto a due terzi del fotogramma rende al soggetto la giusta dose di importanza, di forza.

2) - La prospettiva conduce l'occhio alla causa di quella devastazione.

Questi due punti appena descritti, che altro sono se non tecnica?
Quella storia, se non fosse stata raccontata anche con accorgimenti tecnici ben precisi (il come), non avrebbe avuto la capacità di "penetrazione" che invece tutti le tributano.
PAS
QUOTE(Ludovico Fossà @ Nov 3 2008, 05:55 PM) *
...
E' una foto mossa, un po' sfocata, ma è diventata un documento immortale. Certamente per la forte denuncia veicolata con essa ma anche perché è "raccontata" con la sintassi giusta.
Non credo sia l'unica immagine del genere; quella guerra è stata forse la prima veramente documentata a suon d'immagini prodotte dai fotoreporter.
Questa fotografia, però, è emersa prepotentemente rispetto ad altre.

1) - L'orizzonte posto a due terzi del fotogramma rende al soggetto la giusta dose di importanza, di forza.

2) - La prospettiva conduce l'occhio alla causa di quella devastazione.

Questi due punti appena descritti, che altro sono se non tecnica?
Quella storia, se non fosse stata raccontata anche con accorgimenti tecnici ben precisi (il come), non avrebbe avuto la capacità di "penetrazione" che invece tutti le tributano.


Infatti:

Mosso, sfocato e composizione sono parametri del “come”

Ma mentre mosso e sfocato risentono probabilmente dei limiti tecnologici oggettivi degli anni sessanta nel riprendere con rapidità un attimo estremamente fuggevole, la composizione è la parte sintattica. La consuetudine, l’esercizio e la consapevolezza ne rendono istintivo l’uso corretto.

Analogamente a chi è avvezzo a scrivere e parlare correttamente (da qui il mio parallelo con la narrativa) diventa istintivo utilizzare i vocaboli e le locuzioni più appropriate ed efficaci per rendere al meglio un pensiero.

Molto probabilmente Huynh Cong Ut non pensava al “come”, ovvero alla regola dei terzi, mentre inquadrava e scattava, semplicemente gli è venuto istintivo, perché era IL MODO per esprimere la realtà percepita in quel momento.

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