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[TECNICA] - Principi dell'ottica: Profondità di Campo
...Iperfocale e tanto altro ancora
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Giallo
Messaggio: #51
Ringrazio Tramonto, sempre ultracompetente e puntuale nei suoi interventi.

In sintesi credo che un po' di confusione nasca sempre dal fatto che, sulle riviste e nel parlar diffuso, la pdc viene considerata su tre variabili apparenti (diaframma, lunghezza focale, distanza) mentre i parametri in realtà sono due, ossia il diaframma ed il rapporto di ingrandimento: quest'ultimo, infatti, è il risultato di distanza e lunghezza focale.
E' la stessa cosa, in realtà, ma tenendo presente il R/R le idee si confondono meno, a mio parere; altrimenti, all'approssimarsi di R/R elevati, come in macro, sembra che la regola debba cambiare, mentre in realtà si tratta sempre del medesimo concetto.

Spero di non aver confuso ulteriormente le idee... smile.gif

3rdokkio
Messaggio: #52
Non ho capito come funzioni la distanza iperfocale, vi riporto quanto letto su un libro:

QUOTE

L'impostazione di messa a fuoco sulla distanza iperfocale garantisce la massima profondità di campo disponibile alle diverse aperture. La distanza iperfocale è la minima a cui un oggetto risulta ancora nitido con l'obbiettivo regolato su infinito. Più il diaframma è aperto, più la distanza focale aumenta.
Con la fotocamera con messa a fuoco solo automatica non si può intervenire manualmente, mentre una fotocamera manuale impostata sulla distanza iperfocale garantisce di avere tutto a fuoco nella fascia + ampia consentita dall'obbiettivo



ciò significa che per sfruttare la distanza iperfocale bisogna disattivare l'af ed operare in manuale ?
Lucabeer
Messaggio: #53
QUOTE(3rdokkio @ Mar 11 2007, 12:37 PM) *


ciò significa che per sfruttare la distanza iperfocale bisogna disattivare l'af ed operare in manuale ?


Sì, diciamo che è decisamente consigliabile.

In pratica imposti una distanza manualmente, poi chiudi il diaframma al valore desiderato per ottenere a fuoco da una certa distanza all'infinito.

Su pellicola usavo una regoletta:

Distanza in metri=0.03333*((focale obiettivo in millimetri)^2)/diaframma

La distanza così ottenuta era la distanza iperfocale a cui focheggiare (ovviamente con il diaframma impostato al valore utilizzato nella formula).

Due piccole "difficoltà": non sempre le distanze sul barilotto sono molto affidabili (specialmente sugli obiettivi moderni pensati per l'uso in AF), e in digitale formato DX ovviamente la regoletta cambia.

Sperimentando un po' si ottengono buoni risultati: consiglierei comunque di abbondare e chiudere il diaframma di uno stop rispetto al valore usato per la formuletta...


Messaggio modificato da Lucabeer il Mar 11 2007, 01:02 PM
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #54
QUOTE(3rdokkio @ Mar 11 2007, 12:37 PM) *

ciò significa che per sfruttare la distanza iperfocale bisogna disattivare l'af ed operare in manuale ?

Non è necessario. Puoi anche focheggiare in AF su un soggetto che si trovi non all'infinito, ma alla distanza iperfocale. In MF rischi meno di sbagliare e dunque è preferibile (ma non obbligatorio wink.gif ).
Per capire cosa sia la distanza iperfocale, che chiameremo H, ti allego la seguente figura:



Focheggiando su H, avrai in campo nitido tutto tra una distanza pari ad H/2 e l'infinito (ma il piano di messa a fuoco è sempre uno solo).
H (in mm) è calcolabile dalla seguente formula:



in cui F è la focale (in mm), f il diaframma e delta il diametro del cerchio di confusione (0,03 mm per il FF e 0,02 per l'APS-C delle digitali Nikon).

Riccardo
www.naturephoto.it
Lucabeer
Messaggio: #55
QUOTE(Tramonto @ Mar 11 2007, 12:53 PM) *

in cui F è la focale (in mm), f il diaframma e delta il diametro del cerchio di confusione (0,03 mm per il FF e 0,02 per l'APS-C delle digitali Nikon).


Ottimo, preciso e prezioso come sempre... Adesso abbiamo anche la formuletta esplicita per il DX, quindi! Pollice.gif


Mirto Luigi
Messaggio: #56
L'iperfocale o meglio "DISTANZA IPERFOCALE" sta in stretta relazione con la "PROFONDITA' DI CAMPO"

Quello che seguiva è stato copiato ed incollato da QUESTO SITO cui rimando per onestà intellettuale e per rispetto nei riguardi dell'autore...quello "vero" .

Carlo Macinai



Salute Gigiclick texano.gif

Messaggio modificato da Carlo Macinai il Mar 19 2007, 06:00 PM
Lucabeer
Messaggio: #57
QUOTE(gigiclik @ Mar 11 2007, 01:40 PM) *
E se l'obiettivo non ha la scala delle profondità di campo?


Ahimè, questo è il caso di TUTTI gli zoom moderni.

Per i fissi, inoltre, anche se tale scala c'è, di solito essa è valida per il formato 35mm e non per il formato DX... e quindi dobbiamo usare "la formuletta".

Bella e dettagliata spiegazione, comunque!
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #58
QUOTE(gigiclik @ Mar 11 2007, 01:40 PM) *

un 28mm avrà, a parità di diaframma, una profondità di campo maggiore di un 50mm, e quella di quest'ultimo sarà maggiore di quella di un 200mm ...

A parità di distanza di ripresa, a parità di distanza di ripresa, a parità di distanza di ripresa, a parità di distanza di ripresa, a parità di ...
Omettere questa informazione può essere fuorviante, e vorrei evitare di ripeterlo all'infinito.
La PDC dipende dal diaframma, f, dal rapporto di ingrandimento R (che ha sempre un suo valore, anche all'infinito, dove il suo valore è minimo e uguale a zero), dal diaframma, e dal valore che adottiamo per il diametro del cerchio di confusione:

Come già fu detto in una discussione che Giallo, a suo tempo, mise in evidenza in questa medesima sezione del Forum.
L'unica cosa che è determinata "veramente" dalla lunghezza focale è la PROSPETTIVA.
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #59
QUOTE(Tramonto @ Mar 11 2007, 02:45 PM) *

L'unica cosa che è determinata "veramente" dalla lunghezza focale è la PROSPETTIVA.

A parità di inquadratura, a parità di inquadratura, a parità di inquadratura, a parità di inquadratura, a parità di ...
A volte dimentico anch'io particolari importanti biggrin.gif
Infatti, a rigore, la prospettiva e' determinata dalla distanza di ripresa ... (e quindi varia con la focale se mantengo invariata l'inquadratura, ad es. un mezzo busto ...).
cashcb
Messaggio: #60
se posso permettermi......

suggerisco un software molto intuitivo (ne son venuto a capo anche io da niubbone) per creare dischi per la profondità di campo.....

Lo uso da motlo, è immediato e comodissimo!

DOFMASTER

spero sia utile a tutti! Pollice.gif
riccardo.p
Messaggio: #61
Diciamocelo: sulla nitidezza dell'immagine se ne sentono di tutti i colori. Quando poi ci si addentra in concetti che attengono all'ottica geometrica, allora il pressapochismo e il pregiudizio la fanno da padroni: gli orecchianti si trasformano in tuttologi e fanno a gara a chi spara le panzane più colossali...
...per cui, alquanto depresso per la lettera appena ricevuta, che mi spiega con dovizia di argomentazioni che gli obiettivi "x" hanno una profondità di campo maggiore di quelli di altre marche, ho deciso che forse è il caso di offrire un modesto quanto (ne sono convinto) inascoltato contributo volto a sgombrare il campo da idee tanto sballate quanto perniciose (nonché dannose per il mio equilibrio nervoso).



PROFONDITA' DI CAMPO: CHE COS'E'


La profondità di campo, che d'ora in avanti abbrevieremo in pdc e che va distinta dalla profondità di fuoco, è un'illusione. Un'illusione che entro certi limiti funziona, ma pur sempre un'illusione. Perché? Perché la messa a fuoco vera, perfetta, unica, si verifica solo e sempre su un piano geometrico. E se non avete rimosso i concetti base della geometria appresi in prima media, ricorderete che il piano non ha profondità. Tutto ciò che non giace su quel piano è fuori fuoco.


MA ALLORA?

Perché allora continuiamo a parlare di profondità di campo? Perché il nostro occhio è imperfetto e percepisce come punti anche i cerchietti, a patto che questi siano inferiori a un certo valore. Questo valore è il limite del circolo di confusione.


Perché le immagini scattate col grandangolo sembrano avere tutto a fuoco? Semplicemente perché la sensazione di profondità di campo è inversamente proporzionale all'ingrandimento: oggetti più piccoli (quali quelli che appaiono in una fotografia grandangolare) appariranno più nitidi di oggetti più grandi.


Facciamo un esperimento dividendolo in due fasi. Prima fase: proviamo a riprendere lo stesso soggetto e lo stesso sfondo con un grandangolo (negativo A) e con un teleobiettivo (negativo cool.gif, dalla stessa posizione e con lo stesso diaframma. Ingrandiamo i due negativi dello stesso fattore. Otterremo due stampe diverse: in quella tratta dal negativo scattato col grandangolo (A) il soggetto e gli elementi di sfondo appariranno più piccoli di quanto non appaiano nella fotografia scattata con il tele (cool.gif. Inoltre la stampa tratta dal negativo A apparirà generalmente più nitida, con tutti gli elementi a fuoco. Seconda fase: ingrandiamo le due immagini in modo che gli oggetti rappresentati abbiano le stesse dimensioni (per farlo, occorrerà ingrandire il negativo A più del negativo cool.gif. A questo punto la pdc apparente sarà la stessa nelle due immagini.


DUNQUE, CHE FARE?


Se la pdc è un'illusione, noi possiamo trasformarci in illusionisti e farla lavorare per noi. Se non ne saremo capaci, essa lavorerà automaticamente contro di noi.


Gli obiettivi destinati alle reflex di piccolo e medio formato possiedono di solito una scala delle pdc basata sul calcolo dell'iperfocale. Ma attenzione! L'uso della scala non garantisce automaticamente che a quel dato diaframma e a quella data distanza di messa a fuoco voi avrete tutto nitido da un tot di metri all'infinito! Tutto dipende dal formato a cui ingrandirete l'immagine. Gli indici della profondità di campo forniti dai fabbricanti sono tarati considerando un ingrandimento lineare di circa 4 volte. Ciò significa, nel piccolo formato, una stampa di 10x15 cm, che diventa di 24x30 cm se si usa un negativo 6x7 cm. Un po' poco, soprattutto se si considera l'uso di diapositive destinate alla proiezione su grande schermo.


Come rimediare? Semplice: conoscendo in anticipo l'ingrandimento al quale verrà sottoposto il negativo, sarà sufficiente chiudere il diaframma di uno stop per ogni formato maggiore. Esempio: stiamo lavorando in piccolo formato. La scala ci dice che a f/8 la profondità di campo apparente si estenderà da 3 metri all'infinito. Noi sappiamo che questo vale per una stampa standard di 10x15 cm. Se vogliamo ingrandire l'immagine fino al formato 13x18 cm, bisognerà impostare f/11 per avere la stessa pdc apparente, ed f/16 se l'ingrandimento sarà 20x25. Si tratta di un metodo del tutto empirico che però in genere funziona.


GRANDE FORMATO, ANCORA PIU' COMPLESSO


Con il grande formato le cose si complicano. Gli obiettivi non hanno la scala della pdc. Esistono dei "depth-of-field calculators" basati sul metodo Sinar, oggi non più coperto da brevetto e pertanto utilizzabile e divulgabile liberamente. Il problema è che la Sinar aveva ideato questo sistema essenzialmente per destinarlo alle riprese in studio, cioè in un luogo chiuso dove le distanze non superano mai le poche manciate di metri. Se si prende questo sistema e lo si utilizza all'aperto, coinvolgendo distanze che arrivano fino all'infinito fotografico, il sistema perde efficacia. Inoltre il sistema proposto da Sinar funziona nel caso che non si ingrandisca troppo il negativo: chi lavora in studio per cataloghi, pieghevoli pubblicitari o per l'editoria sa che il negativo non verrà ingrandito oltre il formato 20x25 (per il formato 4x5", questo implica un ingrandimento lineare pari a 2x); ma nella fotografia di paesaggio (finalizzata per esempio alla realizzazione di poster) sono piuttosto comuni ingrandimenti che raggiungono e superano i 30x40 cm. Anche in questo caso occorre prevedere un'apertura relativa inferiore a quella suggerita dal calcolatore della pdc.


INDULGENTI E PIGNOLI


Abbiamo poco fa parlato del diametro del circolo di confusione, che è un dato matematico. Il nostro occhio "si accontenta" ed è disposto a percepire come puntiformi i cerchietti di luce inferiori a un certo diametro, calcolabile con precisione in base a formule (vedi articolo "Nitidezza a tutti i costi"). Ma occorre considerare che l'essere disposti ad "accontentarsi" dipende in gran parte dal cervello. Indipendentemente dalla capacità di risoluzione del nostro occhio, il decidere che un'immagine è nitida oppure no dipende molto anche da fattori psicologici. E' noto come le persone inesperte siano disposte a sorvolare su errori di nitidezza che certo non sfuggirebbero all'occhio critico di un fotografo. Mi succede spesso di stroncare senza appello immagini che i miei allievi ritengono più che accettabili. E guai quando mia moglie assiste alle periodiche revisioni cui sottopongo il mio archivio personale: "Ma come! Butti via una diapositiva così bella?" Questo perché il concetto del "bello" (per chi non è un fanatico della nitidezza) coinvolge elementi che non sono strettamente fotografici ma anche psicologici ed emozionali. Lo so anch'io che l'immagine che sto eliminando è evocativa e gradevole, ma so anche che nessuna agenzia seria me la comprerà mai (e se anche lo facesse, non vorrei mai sentir dire che Michele Vacchiano pubblica fotografie sfocate).


INFINITO CRITICO


Nella fotografia di paesaggio, la nitidezza all'infinito è generalmente più critica di quella degli oggetti vicini. Se è ammesso (o almeno tollerato) un primo piano non perfettamente a fuoco, soprattutto se la sua funzione è semplicemente quella di "quinta naturale" (tipo un ramo o una roccia), non è assolutamente accettabile una perdita di nitidezza dei piani lontani, che spesso sono il vero soggetto della fotografia (come accade per le montagne). Detto per inciso: io comunque elimino anche le fotografie che presentano un primo piano fuori fuoco, anche se fa da quinta naturale.


Un metodo empirico, attribuito al matematico e fotografo John Ward, consiste nel misurare la distanza del punto più vicino e la distanza del punto più lontano, dividere la differenza per tre e mettere a fuoco fra il primo e il secondo terzo. Esempio: l'oggetto più vicino si trova a due metri; l'oggetto più lontano si trova a venti metri. La differenza è diciotto metri, cioè tre terzi di sei metri ciascuno. La pdc ottimale si avrà mettendo a fuoco a otto metri, cioè i due metri dell'oggetto più vicino più i sei metri del primo terzo. Dopodiché si applica la regola vista prima, cioè chiudere il diaframma di tanti stop quanti sono gli ingrandimenti che eccedono le quattro volte. Con le reflex dotate di scala metrica l'operazione è agevole; con le macchine di grande formato occorrerebbe misurare l'allungamento del soffietto, cosa che in realtà tutti dicono di fare ma nessuno fa mai, soprattutto all'aperto. Questo spiega perché chi fotografa paesaggi in grande formato adopera sempre diaframmi incredibili, tipo f/64 o f/90, mandando a quel paese le chiacchiere sulla diffrazione e sui rischi che ne derivano (vedremo dopo perché). Ovviamente tutto si complica quando si devono basculare la piastra portaottica o il dorso: ma in questa sede non stiamo ad approfondire, dato che parliamo genericamente di profondità di campo e non di tecniche del grande formato.


CHI HA PAURA DELLA DIFFRAZIONE?


Insomma, un gran pasticcio! Roba da convincersi a fotografare quadri e francobolli, che almeno sono piatti e non pongono problemi di sorta. Se invece abbiamo a che fare con un primo piano, un piano intermedio e uno sfondo allora son dolori. Se si utilizza il grande formato e le condizioni di ripresa lo consentono (cosa che non sempre avviene) si può utilizzare la regola di Scheimpflug, di cui abbiamo già parlato in altre occasioni (v. Arrivano i giganti, parte terza, qui; non potendo utilizzare questo espediente o con macchine di piccolo e medio formato non resta altro che affidarsi al diaframma, che dovrà essere il più chiuso possibile.


A questo punto la perdita di nitidezza, cacciata dalla porta (o per lo meno tenuta lontana) grazie alla chiusura del diaframma, rischia di rientrare dalla finestra a causa della diffrazione. Il rischio è reale e non va sottovalutato. Tuttavia occorre considerare un fatto incontrovertibile, e cioè che la perdita di nitidezza dovuta alla sfocatura è molto più evidente dell'eventuale perdita di qualità dovuta alla diffrazione. Questo è un fatto incontrovertibile che rende la scelta obbligata. Anzi, di fatto non abbiamo altra scelta. Per cui mettiamoci il cuore in pace e non pretendiamo la perfezione. Una fotografia riuscita non è altro che il compromesso tra situazioni estreme. Il sapersi mantenere in funambolico equilibrio tra diversi fattori critici costituisce la competenza tecnica del fotografo.


Grazie a tutti
Riccardo

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buzz
Staff
Messaggio: #62
Grande Riccardo.

hai chiarito un dubbio che molti avevano

hai però dimenticato un piccolo particolare:

Citare la fonte da dove si copiano pari pari i concetti è d'obbligo, quando si riporta una pubblicazione altrui, specialmente se coperta da copyright

(Michele Vacchiano © 10/2000.)

Per questa volta lo faccio io.

http://www.nadir.it/tec-crea/te_pdc.htm

Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #63
Nel proprio sito, Paul van Walree (link) ha inserito delle pagine di ottica veramente ben fatte in cui descrive concetti fondamentali spaziando dalle aberrazioni cromatiche al concetto di profondità di campo. Paul ha anche inserito una pagina molto interessante, intitolata “Misconceptions in photographic optics”, in cui elenca una serie di luoghi comuni e affermazioni che sono così spesso riportati in riviste di fotografia, libri e siti web da esser divenuti “verità” acquisite da molti fotografi a appassionati. Ma sono luoghi comuni sbagliati e smentiti dall’esperienza e da fonti più autorevoli (e competenti) di certi redattori di riviste specializzate, nonché dalla corretta applicazione delle leggi dell’ottica.
Ho chiesto a Paul l’autorizzazione a tradurre e inserire nel Forum i suoi “misconceptions” (il testo è protetto da copyright) e lo ringrazio per il permesso accordatomi. Per brevità ne ho scelti 7 su 10 (quelli che mi sembravano più rilevanti).
La mia traduzione non è letterale, in quanto io parlo (e scrivo) italiano differentemente da come egli scriva in inglese.
Ai suoi commenti ho aggiunto delle mie osservazioni personali (NdT, Nota del Traduttore/Tramonto).
Veniamo dunque a elencare i luoghi comuni che occorre sfatare.

1. I teleobiettivi hanno una minore profondità di campo (PDC)

Affermare che un tele ha meno PDC di un grandangolo ha poco senso se non si specificano le condizioni in cui effettuiamo il confronto. E’ un errore comune giudicare la PDC dall’entità di sfocatura dello sfondo. Sì, un teleobiettivo dà luogo a una notevole sfocatura dello sfondo, ma ciò non dipende dalla PDC. Proprio per la definizione di PDC, questa va valutata osservando le zone che percepiamo nitide nell’immagine indipendentemente da come appaiono le zone palesemente fuori fuoco.
NdT: Paul non dice come fare “il confronto”. Se il confronto si fa a parità di distanza dal soggetto, l’affermazione 1 è corretta. Se lo si fa a parità di inquadratura (e quindi con un grandangolo mi dovrò avvicinare molto al soggetto), l’affermazione 1 non è più esatta. Di certo cambia la “prospettiva” e quindi il rapporto tra soggetto e sfondo. Ma anche questa è cosa diversa dalla PDC.

2. La profondità di campo (PDC) dietro il soggetto è doppia di quella di fronte al soggetto


Questa è un’affermazione sciocca. In condizioni di ripresa macro la distribuzione della PDC (avanti:dietro) è 1:1 (NdT: la PDC si estende tanto avanti quanto dietro il soggetto); nei ritratti è ancora circa 1:1 e nei paesaggi ripresi focheggiando sulla distanza iperfocale la distribuzione della PDC è 1:infinito. Da qualche parte nel mezzo ci può essere una situazione di ripresa in cui la PDC si estende per 1/3 avanti e 2/3 dietro il soggetto (rapporto avanti:dietro = 1:2), ma questo va controllato. Il luogo comune discende dal fatto che la distribuzione 1:2 è comune in molte situazioni di ripresa. Ad ogni modo ogni situazione di ripresa andrebbe considerata a sé.
NdT: la ripartizione della PDC 1/3 avanti e 2/3 dietro il piano di messa a fuoco (che è e rimane sempre uno solo ad una ben definita distanza: quella indicata dalla scala delle distanze sull’obiettivo) è una “buona” approssimazione per riprese alle medie distanze. La matematica per il calcolo della DOF è ben più complicata di quanto lasci trapelare questa approssimazione (si vedi qui) e infatti la ripartizione avanti:dietro passa, come giustamente osservato da Paul, da 1:1 a 1:infinito. Attenzione dunque a non generalizzare …

3. La profondità di campo (PDC) dipende dall’ingrandimento e dall’apertura (f)

Dato un valore del cerchio di confusione (CDC), la PDC dipende in via del tutto generale dalla lunghezza focale, dall’apertura (f) e dalla distanza del soggetto. L’affermazione 3 rappresenta una approssimazione molto buona in certe condizioni, ma non è una verità universale. L’approssimazione acquista maggiore validità al diminuire della distanza del soggetto ripreso, a maggiori aperture e a valori più piccoli del CDC. In particolare, quando la distanza soggetto-pellicola/sensore non è piccola rispetto alla distanza iperfocale, un obiettivo di corta focale darà più PDC di un tele a parità di apertura (f) e ingrandimento. Ad un più alto livello di approfondimento, occorre considerare l’asimmetria degli schemi ottici e introdurre il rapporto tra pupilla d’entrata e pupilla d’uscita (il “fattore pupillare”) nella teoria della PDC. In questi casi (frequenti! NdT) l’affermazione 3 si dimostra non corretta anche (anzi: soprattutto) nelle riprese macro. Un teleobiettivo impiegato ad ingrandimenti 1X dà più profondità di campo – a parità di apertura relativa (f) - di un grandangolo retrofocus utilizzato per avere lo stesso ingrandimento (NdT: lo schema retrofocus è necessario per i grandangoli impiegati sulle reflex, onde impedire che la lente posteriore urti con lo specchio reflex).
NdT: in macro la PDC è data – per obiettivi con schemi ottici simmetrici - dalla relazione
PDC = [2 x CDC x f x (R+1)]/(R x R)
dove f è l’apertura relativa e R il rapporto di ingrandimento.
L’applicazione di questa relazione porta inequivocabilmente a calcolare valori di PDC indipendenti dalla lunghezza focale e dall’asimmetria eventuale dello schema ottico. E’ interessante ciò che ci fa notare Paul: con i grandangoli in macro si ha meno PDC che con i tele. Tutto all’opposto di quanto ci porterebbe a concludere la pedissequa applicazione dei luoghi comuni!

4. I tele schiacciano la prospettiva mentre i grandangoli danno profondità


Un obiettivo non offre alcuna prospettiva. La prospettiva è unicamente determinata dal punto di osservazione scelto dal fotografo, non dalla scelta di un obiettivo piuttosto che un altro. In termini ottici il punto di osservazione del fotografo è situato al centro della pupilla di entrata dell’obiettivo. Se questo punto è tenuto costante, la lunghezza focale ha una influenza nulla sulla prospettiva. I fotografi possono ricercare “effetti grandangolari drammatici” scegliendo un punto di ripresa vicino in modo da esagerare il rapporto soggetto-sfondo. Ma questo effetto è connesso ad un punto di ripresa volutamente ravvicinato. Ad accrescere la confusione contribuisce anche il modo scorretto di osservare le stampe o una proiezione fotografica. Un’immagine grandangolare andrebbe osservata da vicino mentre un’immagine ripresa con un tele va vista da distanza maggiore. Di fatto però le persone ammirano le stampe o la proiezione stando alla stessa distanza di osservazione, più o meno giusta per riprese fate con obiettivi normali, ma che comporta effetti prospettici apparenti per immagini riprese con obiettivi di corta o lunga focale.

5. I grandangoli danno luogo al fenomeno delle linee convergenti

Le linee convergenti si hanno solo quando la fotocamera è inclinata. In pratica, con un grandangolo il fotografo viene a trovarsi vicino all’edificio che vuole riprendere e inclina la fotocamera molto di più di quello che farebbe se si trovasse sufficientemente distante per riprendere lo steso palazzo con un obiettivo di maggior lunghezza focale. Le linee convergenti non sono mai causate dall’obiettivo, ma dall’inclinazione della fotocamera.
NdT: per convincervi di quanto sostiene Paul provate a fotografare un edificio con un tele ma da breve distanza e inclinando la fotocamera verso l’alto: le finestre saranno trapezi e avrete scoperto che anche i tele possono soffrire del problema delle linee convergenti …

6. Nella ripresa di più foto per fare una panoramica mediante rotazione di fotocamera e obiettivo, l’asse di rotazione deve passare per il punto nodale dell’obiettivo.

Chi scrive ciò non specifica se il punto nodale sia quello anteriore o posteriore, ma in entrambi i casi l’affermazione è errata. Per mantenere la prospettiva durante la rotazione, onde prevenire uno spostamento degli oggetti vicini rispetto allo sfondo (parallasse), l’asse di rotazione deve passare attraverso la pupilla di entrata, che è il centro di prospettiva de un obiettivo (NdT: vedi punto 4). Senza alcun dubbio le istruzioni che vengono date per trovare la posizione dell’asse di rotazione portano alla corretta individuazione del punto cercato; è solo la denominazione di detto punto che è errata. Può far comodo sapere che, a differenza dei punti nodali, la posizione della pupilla di entrata può essere approssimativamente individuata ad occhio. Quando guardate dentro un obiettivo dalla lente anteriore, la pupilla di entrata è l’immagine dell’apertura del diaframma.

7. Quando un obiettivo è montato su una fotocamera con sensore più piccolo, la lunghezza focale aumenta.

Con la diffusione delle fotocamere digitali dotate di sensori piccoli l’ “aumento della lunghezza focale” sembra essere ormai diventata una affermazione diffusa. Però la lunghezza focale è una proprietà intrinseca di un obiettivo e non dipende in alcun modo dalle dimensioni della pellicola o del sensore. Ciò che viene influenzato dalle dimensioni del sensore è l’angolo di campo, non la lunghezza focale.
NdT: l’estremizzazione di questa inesattezza porta alcuni a dire che se una compatta digitale inquadra un’area di 24x36 mm il rapporto di ingrandimento che quella compatta consente è 1:1. Dal momento che il sensore CCD di una compatta digitale è molto più piccolo (circa 5 volte) del formato 24x36, queste affermazioni sono del tutto sbagliate e portano a considerazioni errate sulla PDC che si ha nelle riprese macro con le compatte (che è ben maggiore – a parità di area inquadrata – di quella che si ha con una reflex).
alcarbo
Messaggio: #64
QUOTE(Tramonto @ Sep 9 2007, 12:15 PM) *
7. Quando un obiettivo è montato su una fotocamera con sensore più piccolo, la lunghezza focale aumenta.

Con la diffusione delle fotocamere digitali dotate di sensori piccoli l’ “aumento della lunghezza focale” sembra essere ormai diventata una affermazione diffusa. Però la lunghezza focale è una proprietà intrinseca di un obiettivo e non dipende in alcun modo dalle dimensioni della pellicola o del sensore. Ciò che viene influenzato dalle dimensioni del sensore è l’angolo di campo, non la lunghezza focale.



http://www.nital.it/forum/index.php?s=&...st&p=991837

Sono ovviamente d'accordo con il maestro.
Però, pur variando solo l'angolo di campo e non la lunghezza focale, non di meno l'angolo di campo pur ridotto, siccome il fotogramma viene comunque poi "riempito" al 100%, provoca una croppatura che ha l'effetto virtuale seppur non effettivo della variazione della focale es. da 300 a 450 sul sensore 1,5.

Lo dice anche ing. Maio nel suo libro.


La differenza del sensore (più piccolo di 1,5) del sensore (digitale) rispetto alla pellicola 24x36, comporta una riduzione dell'angolo di campo effettivo dell'obiettivo impiegato sulla digitale, che andrà comunque ricalcolato - nelle Nikon con sensore DX (digitali finché non saranno FF) - considerando la focole moltiplicata per 1,5-.
Un 20 mm diverrà equivalente a un 30 mm, mentre un 300 mm diverrà equivalente a un 450 mm
.

Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #65
QUOTE(alcarbo @ Sep 12 2007, 05:19 AM) *
La differenza del sensore (più piccolo di 1,5) del sensore (digitale) rispetto alla pellicola 24x36, comporta una riduzione dell'angolo di campo effettivo dell'obiettivo impiegato sulla digitale, che andrà comunque ricalcolato - nelle Nikon con sensore DX (digitali finché non saranno FF) - considerando la focale moltiplicata per 1,5-.
Un 20 mm diverrà equivalente a un 30 mm, mentre un 300 mm diverrà equivalente a un 450 mm

Questo è ancora più evidente per le compatte dove un obiettivo zoom di lunghezza focale 7.5-26.3 mm (quale quello della recente Coolpix P5100) fornisce immagini con angolo di campo equivalente a quello che fornirebbe uno zoom 35-123 mm su formato 24x36. Ciò non toglie che i valori di lunghezza focale dell'obiettivo della P5100 sono, e saranno sempre, compresi tra 7.5 e 26.3 mm.

Il fatto di affermare che la focale 20 mm su APS-C diventa equivalente a un 30 mm rappresenta una "comodità", ma non è rigorosamente esatto. L'equivalenza si ha tra angoli di campo, non tra focali. E' questo il senso del "luogo comune" riportato dal Paul van Walree.
Allo stesso modo, un 300 mm per il medio formato (mi vengono in mente i Pentax 645 e 67), montato su una reflex 24x36 (ad es. su Pentax LX tramite adattatore), non aumenta la propria focale. Negli anni della pellicola, nessuno avrebbe mai affermato ciò. Viceversa, il Micro-Nikkor AI 105 mm f/2.8 può essere usato su formato 6x4,5 cm. Alle corte distanze il cerchio immagine copre bene quel formato. Che ne sarà della sua lunghezza focale? Assolutamente nulla! rimane sempre la stessa (che alle corte distanze è un po' meno di 105 mm per via delle lenti flottanti, ma questa è un'altra storia e capita anche su 24x36 ...).
L'avvento del digitale ha portato ad una proliferazione di formati dei sensori, e si è scelta la via più "comoda" (forse dovrei dire "banale") per far capire a chi veniva dal mondo del 24x36 quale tipo di riprese si potessero fare con determinati obiettivi (uno zoom 7.5-26.3 mm sembrerebbe sempre grandangolare e invece corrisponde, sul sensore di una compatta, a uno zoom che va da un leggero grandangolo sino al medio tele).
Se però prendiamo il libro "Gli obiettivi fotografici" di J. Meehan (Ed. Reflex, 1993) ci accorgiamo che pure la pellicola, da sempre, è esistita in diversi formati. A pag. 20 del libro citato c'è una tabella che dà le corrispondenze tra lunghezza focale, angolo di campo e formato pellicola (sono riportati ben 7 formati di pellicola!). Quel libro riporta la seguente affermazione: "Per descrivere in che misura un'ottica è grandangolare o è un teleobiettivo si utilizzano molti termini ... I fotografi dovrebbero utilizzare dei valori di angolo di campo in relazione al formato della pellicola, ma spesso non lo fanno. Anzi finiscono a volte per stabilire categorie che sono più o meno inadeguate."
Questo si scriveva nel 1991 (anno dell'edizione originale americana). Dopo sedici anni si insiste nell'usare categorie inadeguate ... Si faccia, ma nella consapevolezza dell'inadeguatezza.

Messaggio modificato da Lucabeer il Sep 28 2007, 09:09 PM
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Messaggio: #66
QUOTE(Tramonto @ Sep 9 2007, 12:15 PM) *
6. Nella ripresa di più foto per fare una panoramica mediante rotazione di fotocamera e obiettivo, l’asse di rotazione deve passare per il punto nodale dell’obiettivo.


Innanzitutto GRAZIE per la segnalazione e la traduzione, sono argomenti molto interessanti, che sfatano qualche falso mito...

Riguardo alla fotografia panoramica, quoto, spesso il punto nodale viene erroneamente definito, quando già la semplice logica fa capire che per evitare errori, basta far ruotare la fotocamera nel punto virtuale in cui i raggi si concentrano per poi essere proiettati sul piano sensibile.

Sebbene in quasi tutte le ottiche detto punto si trovi in corrispondenza del diaframma, ciò non accade con i fisheye, che, credo per il particolare schema ottico, identificano tale punto di convergenza in prossimità della lente frontale, di norma appena dietro la lente più curva dello schema ottico.

Ci tenevo a specificarlo visto che ad esempio il 10.5, molto usato per le pano VR, ha il diaframma un po più indietro del punto dove è bene fare la rotazione, che cade approssimativamente in corrsipondenza della linea dorata sul barilotto.
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Messaggio: #67
QUOTE(matteoganora @ Sep 12 2007, 10:43 AM) *
Sebbene in quasi tutte le ottiche detto punto si trovi in corrispondenza del diaframma, ciò non accade con i fisheye, che, credo per il particolare schema ottico, identificano tale punto di convergenza in prossimità della lente frontale, di norma appena dietro la lente più curva dello schema ottico.

Pollice.gif

QUOTE
Ci tenevo a specificarlo visto che ad esempio il 10.5, molto usato per le pano VR, ha il diaframma un po più indietro del punto dove è bene fare la rotazione, che cade approssimativamente in corrispondenza della linea dorata sul barilotto.

Grazie per la precisazione. Il 10,5 VR funziona anche su FF ... (ma dobbiamo "segare" il paraluce per non farlo vedere/vignettare su 24x36). Con due scatti si fanno 360° sull'orizzontale (link).

Messaggio modificato da Tramonto il Sep 12 2007, 10:01 AM
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Messaggio: #68
QUOTE(Tramonto @ Sep 12 2007, 10:59 AM) *
Pollice.gif
Grazie per la precisazione. Il 10,5 VR funziona anche su FF ... (ma dobbiamo "segare" il paraluce per non farlo vedere/vignettare su 24x36). Con due scatti si fanno 360° sull'orizzontale (link).

Wow, diventa quasi un circolare... ecco perchè in Nikon stanno lavorando all'ormai già famoso 10/16, così da poter avere un unico vetro per FX e DX, da circolare a diagonale su FX e diagonale su DX...
Sono molto ansioso di vedere come si comporterà... quel vetro, insieme al 14-24, decideranno o meno il mio passaggio eventuale all'FX...

Inoltre, la qualità ai bordi del 10.5 (davvero strepitosa!) garantirà senza dubbi risultati favolosi...
gianlucaf
Nikonista
Messaggio: #69
complessa questa cosa.
vi chiedo. mettiamo che io abbia una DX e una FX e due obbiettivi uguali per esempio il 70-300.
Metto le due macchine con i 2 obbiettivi alla stessa distanza dal soggetto che inquadrano.
Nella dx imposto lo zoom a 200mm mentre nella FX lo imposto a 300mm.
L'angolo di campo è il medesimo. Giusto? Quindi anche il rapporto di ingrandimento...
E la profondità di campo? è la stessa?

se porto a 300mm anche il dx invece?
el_gato75
Messaggio: #70
Salve, un piccolo contributo per il calcolo delle grandezze di interesse, sperando che possa essere utile.
Il file allegato è un workbook Excel, le impostazioni si inseriscono nelle caselle blu, i risultati sono mostrati nelle caselle gialle e anche in formato grafico. In basso le formule utilizzate.

File allegati
File Allegato  ottica.zip ( 72.63k ) Numero di download: 31
 
Lutz!
Messaggio: #71
Mi sembra che su questo argomento ci sia una confusione estrema. Bravi Buzz e MaxiClimb per aver spiegato tante cose fondamentali.

In rete ci sono una MAREA di errori, e quasi tutti confondono prospettiva, l-area inquadrata, la profondita' di campo etc.

Vedo di riassumere (e spero di non fare confusione anche io!)

- La prospettiva dipende solo dal punto di osservazione.
- La profondita' di campo dipende solo dalla apertura.

Con la stessa apertura, nella stessa area, avremo circa la stessa immagine, che essa sia fatta con un 50mm o un 200. E' ovvio che il confronto va fatto nel crop della foto 50mm con il 200mm.

Tutta la confusione deriva dal fatto che cambiando focale, per inquadrare la stessa scena, noi ci spostiamo e dunque, cambiamo la prospettiva perche cambia il nostro punto di osservazione.
Cos78
Iscritto
Messaggio: #72
Nel calcolo della PDC un fattore importante è il fattore pupillare di un ottica.
quindi se il fattore pupillare è unitario vale quanto hai detto e solitamente si usa questa semplificazione (vero per obiettivi perfettamente simmetrici).

Nel mondo reale però il fattore pupillare varia e con esso le formule usate solitamente non hanno più valore senza modificarle.
Ecco che al RR 1:1 (esempio) e a parità di tutto un supertele può avere una PDC maggiore di un normale.... e non la stessa PDC a parità del resto come si tende a dire, erroneamente, sempre! ;-)
 
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