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NikonClub.it Community _ TEMI _ Il Valore Permanente Della Fotografia

Inviato da: apeiron il Mar 7 2006, 11:03 PM

Testimonianza e/o espressione? Mi interesserebbe moltissimo approfondire con voi il tema. Grazie a tutti guru.gif

Inviato da: enrico il Mar 8 2006, 07:34 AM

Ciao,
non credo ci siano dubbi: entrambe le cose. La fotografia è la risultante di due componenti: il soggetto, quindi il mondo reale che è davanti all'obiettivo, ed il fotografo, con la sua cultura, la sua storia, il suo modo di vedere e di giudicare la vita, i suoi credi politici, religiosi, morali ecc. In ogni foto c'è un po' dell'uno ed un po' dell'altro. In una foto con intenzione documentaria, la componente "soggetto" è prevalente, anche se è in ogni caso presente la componente "fotografo" che, anche inconsapevolmente, fa comunque delle scelte. Potremmo dire che forse non esiste una foto documentaria al 100 %, ma una foto realizzata in un certo modo, può fornire moltissime informazioni ed acquistare valore di documento. Oggi forse si sottovaluta questo aspetto della fotografia, come appartenente ad un livello inferiore, meccanico e quindi non artistico. Invece credo che il valore della fotografia come testimonianza è unico ed insostituibile. Se osserviamo vecchie foto, è come se ci sporgessimo su di un balcone ad osservare "il passato"; entriamo nella "macchina del tempo".
Al polo opposti ci sono poi le foto tematiche dove il sogetto è solo una scusa, un pretesto attraverso il quale l'autore esprime le proprie idee, i propri sentimenti, le proprie sensazioni. In questo caso la componente "soggetto" è minima e prevale la componente "autore". La realtà diviene come la creta per lo scultore. Il significato della foto può essere molto distante allora dal significato della cosa fotografata. Si potrebbe parlare per giorni su questo affascinante argomento, andando a rivedere la storia della fotografia e del linguaggio fotografico. In questo periodo sto proprio divorando un certo numero di testi sulla storia della fotografia, veramente ben fatti ed interessanti. Penso che un appassioanto di fotografia non debba interessarsi solo di tecnica fotografica, ma anche di linguaggio e, soprattutto di storia della fotografia, per poter collocarsi fotograficamente e fare le proprie scelte.
Scappo perchè altrimenti faccio tardi a scuola.
Buona giornata
ENrico
Ciao
Enrico

Inviato da: apeiron il Mar 8 2006, 07:34 PM

QUOTE(enrico @ Mar 8 2006, 07:34 AM)
Ciao,
non credo ci siano dubbi: entrambe le cose. La fotografia è la risultante di due componenti: il soggetto, quindi il mondo reale che è davanti all'obiettivo, ed il fotografo, con la sua cultura, la sua storia, il suo modo di vedere e di giudicare la vita, i suoi credi politici, religiosi, morali ecc. In ogni foto c'è un po' dell'uno ed un po' dell'altro. In una foto con intenzione documentaria, la componente "soggetto" è prevalente, anche se è in ogni caso presente la componente "fotografo" che, anche inconsapevolmente, fa comunque delle scelte. Potremmo dire che forse non esiste una foto documentaria al 100 %, ma una foto realizzata in un certo modo, può fornire moltissime informazioni ed acquistare valore di documento. Oggi forse si sottovaluta questo aspetto della fotografia, come appartenente ad un livello inferiore, meccanico e quindi non artistico. Invece credo che il valore della fotografia come testimonianza è unico ed insostituibile. Se osserviamo vecchie foto, è come se ci sporgessimo su di un balcone ad osservare "il passato"; entriamo nella "macchina del tempo".
Al polo opposti ci sono poi le foto tematiche dove il sogetto è solo una scusa, un pretesto attraverso il quale l'autore esprime le proprie idee, i propri sentimenti, le proprie sensazioni. In questo caso la componente "soggetto" è minima e prevale la componente "autore". La realtà diviene come la creta per lo scultore. Il significato della foto può essere molto distante allora dal significato della cosa fotografata. Si potrebbe parlare per giorni su questo affascinante argomento, andando a rivedere la storia della fotografia e del linguaggio fotografico. In questo periodo sto proprio divorando un certo numero di testi sulla storia della fotografia, veramente ben fatti ed interessanti. Penso che un appassioanto di fotografia non debba interessarsi solo di tecnica fotografica, ma anche di linguaggio e, soprattutto di storia della fotografia, per poter collocarsi fotograficamente e fare le proprie scelte.
Scappo perchè altrimenti faccio tardi a scuola.
Buona giornata
ENrico
Ciao
Enrico
*


Mi piace moltissimo quello che hai scritto, Enrico. Più tardi cerco di risponderti.Ho bisogno di rifletterci un pò su, con calma. E' un tema di grande interesse anche per me. Coltivo l'interesse per la fotografia da parecchio. Esso è nato, come penso accada spesso , non per il "medium", ma per il mezzo in quanto tale, per il fascino che questo esercita (una Nikon in mano, confesso senza pudori, è in grado di soddisfarmi ancora, spesso oltre ogni buon scatto). E' così anche per te?
Non potrei davvero separare il mio interesse per i maestri, per il linguaggio, per la storia della fotografia, dal piacere della macchina, dalla sua incredibile attrattiva.
Ci rifletto un pò.
Ciao biggrin.gif


Inviato da: enrico il Mar 8 2006, 08:01 PM

Certo la macchina ha il suo fascino. Conservo ancora il fascino della macchina a foro stenopeico che mi costruì mio padre quando ero bambino e delle carte scadute che mi regalava e con le quali ottenevo impronte di piume, sassi e bottoni, esponendole al sole.
Ma non bisogna mai dimenticare che la macchina è il mezzo e non il fine. Il fine sono le fotografie e la diversa conoscenza che esse ci danno del mondo. Purtroppo ho conosciuto gente con macchine ed attrezzature costose, ma le cui foto lasciavano molto a desiderare (quando le facevano).
Non bisogna mai lasciarsi prendere la mano dallo strumento. Ho in soffitta un vecchio obiettivo di mio padre (io non sono più tanto giovane, ho visto passare 60 primavere... e altrettanti inverni). Questa estate voglio divertirmi a costruire una cassetta e sperimentare il calotipo. Ho del nitrato d'argento.
Buona serata
Enrico

Inviato da: apeiron il Mar 8 2006, 08:44 PM

ciao enrico,
intanto ti ringrazio per aver risposto. Cominciavo a pensare che l'argomento non suscitasse alcun interesse.
Sono d'accordo con te: la macchina è il mezzo, non il fine. A me però interessa anche indagare ciò che la macchina, la tecnica più in generale, è in grado di generare. Potremmo davvero essere coinvolti, così attratti verso la fotografia, con un atteggiamento di distanza dal mezzo, che la fotografia produce? Non sarà piuttosto che l'uno è indivisibile dall'altro? Al crescere dell'interesse dell'uno cresce l'interesse dell'altro.
Il mezzo tecnico ha un'innegabile fascino, perfino un'innegabile estetica, che non possono essere sottovalutati. Ma anche dell'altro. La tecnica, la macchina, non può certo esaurirsi in se stessa, sarebbe banale e inutile. Mi pare però che non possa separarsi dal risultato, il fine, che tanto condiziona. Per andare sul concreto: non mi è indifferente, per come mi predispone, ma anche per i risultati, stampare con un Meopta o con un Durst M805.
Se stampi un calotipo fammi sapere.
Buona serata anche a te

Inviato da: enrico il Mar 9 2006, 08:59 AM

Per tornare al titolo del tread, mi vien da pormi una domanda: una volta, manipolare una fotografia era cosa da pochi eletti, che dovevano saper armeggiare bene in camera oscura ed era richiesta una non indifferente manualità. Oggi, con la diffusione dei programmi di fotoritocco, manipolare (e quindi alterare) una immagine è cosa alla portata di tutti. Questi interventi fanno perdere buona parte del valore di testimonianza alla fotografia. E mi chiedo ancora: visto che nella maggior parte dei circoli fotografici (e ciò forse è anche indotto dai concorsi) si mira alla foto "artistica", che fine sta facendo la foto documentaria? In quanti ci si dedica ancora ad una attività di documentazione?
Un'ultima riflessione: i concorsi fotografici (che comunque sono un ottimo stimolo all'attività fotografica), in che misura incidono negativamente (l'obiettivo di chi partecipa ad un concorso è quello di vincere un premio e quindi si fotografa "per la giuria") sul modo di fotografare e su di una libera ricerca di un modo vero, personale, di intendere la fotografia e quindi di fotografare?
Ciao
Enrico

Inviato da: apeiron il Mar 9 2006, 07:06 PM

E' un percorso lento di evoluzione personale, secondo me Enrico. Non scarterei nulla, né il circolo fotografico e neppure le foto fatte per la giuria. Mi sembra sempre di più che la fotografia sia quanto di più difficile da acquisire. Non parlo della tecnica, ovviamente. Si crede spesso che la grande foto dipenda dal luogo, dalla fortuna di essere nel posto giusto... Non credo sia così. Mario Giacomelli ha fotografato quasi sempre a Senigallia, e questo la dice lunga. E' un lento processo di educazione, non so dire meglio, di capacità di sintesi, di che cos'altro?
Ciao

Inviato da: apeiron il Mar 9 2006, 07:09 PM

Enrico, secondo te perché non suscita interesse questa discussione? Mi preoccupa!

Inviato da: enrico il Mar 9 2006, 07:14 PM

Sinceramente preoccupa anche me. A questo punto non vedo molta differenza fra lo scrivere sul forum ed il discuterne in privato. Mi sembra quasi il caso di chiudere il tread.
Ciao
Enrico

Inviato da: nisex il Mar 9 2006, 07:39 PM

QUOTE(enrico @ Mar 8 2006, 07:34 AM)
Ciao,
non credo ci siano dubbi: entrambe le cose. La fotografia è la risultante di due componenti: il soggetto, quindi il mondo reale che è davanti all'obiettivo, ed il fotografo, con la sua cultura, la sua storia, il suo modo di vedere e di giudicare la vita, i suoi credi politici, religiosi, morali ecc. In ogni foto c'è un po' dell'uno ed un po' dell'altro.



Permettimi, Enrico, ma secondo me hai omesso una terza componente: la fotografia nel suo intrinseco, e cioè il foglio di carta su cui è stampata la foto; oppure, meglio ancora, "i destinatari" della foto.
la fotografia è triangolare: se fosse una semiretta, come dici tu, che va da A a B, essa si esaurirebbe con lo scatto e non avrebbe più nulla da dire.
la discussione è più che interessante, così come sono di alto profilo le vostre osservazioni... il fatto è che avendo aperto la discussione in "bar", sappiate che siamo destinati all'oblio e alla deriva.
nic

speriamo che lòa si riporti in tecniche fotografiche, dove altre volte si è discusso di contenuti della fotografia, oltre che di raffinatissime tecniche.

Inviato da: apeiron il Mar 9 2006, 09:39 PM

nic, il tuo intervento mi suscita una domanda. Certo, i destinatari sono "la terza componente", come la chiami tu. Ma nello scatto, in quel momento decisivo, quanta consapevolezza c'é di questa terza componente? Voglio dire: non sara la fotografia un modo di vedere il mondo talmente intimo e personale, che, almeno nel momento dello scatto, il destinatario scompare completamente? La rivolgo anche a te Enrico.
ciao, wink.gif apeiron

Inviato da: apeiron il Mar 9 2006, 09:41 PM

A proposito, perché al bar siamo destinati alla deriva?

Inviato da: enrico il Mar 9 2006, 10:38 PM

QUOTE(apeiron @ Mar 9 2006, 09:39 PM)
nic, il tuo intervento mi suscita una domanda. Certo, i destinatari sono "la terza componente", come la chiami tu. Ma nello scatto, in quel momento decisivo, quanta consapevolezza c'é di questa terza componente? Voglio dire: non sara la fotografia un modo di vedere il mondo talmente intimo e personale, che, almeno nel momento dello scatto, il destinatario scompare completamente? La rivolgo anche a te Enrico.
ciao,  wink.gif apeiron
*



Credo che anche in quel caso, fotografare per se stessi, un destiantario comunque c'è: se stessi. Quando rivediamo le nostre foto, non siamo più gli stessi di quando le abbiamo scattate. Specie se le osserviamo dopo molto tempo, spesso le foto ci ricordano non tanto il soggetto, ma come eravamo.
Ciao Nic. Non escludo la terza componente: sono convinto che la fotografia è comunicazione.
Buona serata
Enrico

Inviato da: enrico il Mar 9 2006, 11:34 PM

L'intervento di Nic mi ha indotto ad una considerazione che mi sembra interessante. Parlando all'inizio di componente "soggetto" e componente "autore della foto", mi sono posto dalla parte del lettore (mi interesso di "lettura" della fotografia), quindi dalla parte della terza componente.
Se prendiamo come riferimento il fotografo autore, allora le componenti che vede sono "il soggetto" ed il possibile "fruitore". E, specie se spinto da motivi professionali (fotoritratto, matrimonio, reportage per un giornale ecc), costruisce il "segno" fotografico tenendo conto di queste componenti, ed in particolare delle aspettative del committente.
Se ci poniamo invece dalla parte del "soggetto" (ovviamente quando questo è una persona), questi vede il fotografo che gli è dinanzi e gli sta puntando la macchina, e pensa a chi vedrà la foto. E' per questo che si aggiusta la cravatta, si controlla la pettinatura e, più ancora, cerca di tenere un atteggiamento ed una postura tali da apparire come desidera che gli altri lo vedano.
E siccome esiste solo ciò che è visto, è percepito, in relazione al segno fotografico non ci possono essere che questi tre elementi ciascuno dei quali vede dal suo punto di vista gli altri due.
Buona notte
Enrico

Inviato da: nisex il Mar 10 2006, 01:13 AM

per deformazione mentale (non professionale) non penso mai al soggetto che si aggiusta la cravatta o si pettina, poichè nella fotografia a cui penso io, il soggetto è per l'80% dei casi è passivo, oggetto. nel senso che non è consapevole di essere "nel mirino" del fotografo, nè immagina di essere ripreso.
nic

Inviato da: enrico il Mar 10 2006, 07:24 AM

QUOTE(nisex @ Mar 10 2006, 01:13 AM)
per deformazione mentale (non professionale) non penso mai al soggetto che si aggiusta la cravatta o si pettina, poichè nella fotografia a cui penso io, il soggetto è per l'80% dei casi è passivo,  oggetto. nel senso che non è consapevole di essere "nel mirino" del fotografo, nè immagina di essere ripreso.
nic
*



Ed è l'atteggiamento giusto. E' un po' quello che accade in fisica con il principio di indeterminazione di Heisenberg: "Quando cerchiamo di misurare un sistema, siamo costretti ad interagire con esso e quindi lo alteriamo". Un soggetto che sa di essere ripreso, non è più spontaneo, è in un certo senso "alterato" dalla presenza del fotografo (pur se nel ritratto, entrano in gioco tanti fattori interessanti ed il rapporto fotografo-soggetto, se ben gestito, diventa fondamentale).
Anch'io amo fotografare cercando di non far sentire al soggetto la mia presenza.
Ciao
Enrico


 

Inviato da: apeiron il Mar 10 2006, 08:09 AM

QUOTE(enrico @ Mar 10 2006, 07:24 AM)
Ed è l'atteggiamento giusto. E' un po' quello che accade in fisica con il principio di indeterminazione di Heisenberg: "Quando cerchiamo di misurare un sistema, siamo costretti ad interagire con esso e quindi lo alteriamo". Un soggetto che sa di essere ripreso, non è più spontaneo, è in un certo senso "alterato" dalla presenza del fotografo (pur se nel ritratto, entrano in gioco tanti fattori interessanti ed il rapporto fotografo-soggetto, se ben gestito, diventa fondamentale).
Anch'io amo fotografare cercando di non far sentire al soggetto la mia presenza.
Ciao
Enrico
*


complimenti Enrico, davvero molto bella

Inviato da: apeiron il Mar 10 2006, 05:26 PM

Torno alla questione della "terza componente". Mi piace pensare che vi sia continuità solo tra fotografo e realtà, selezionata attraverso lo sguardo, la cultura ...del fotografo. Che non ci sia posto per nient'altro.Semmai il fruitore è tema d'interesse del committente, come dice Enrico.Quante immagini vengono infatti scartate dal committente in modo che vi sia perfetta aderenza con i soui obiettivi? A meno che il fotografo non intenda piegare il reale, forzandolo verso uno scopo a priori.
Una fotografia che fin dall'inizio tenga conto anche del fruitore, mi sembra "viziata" fin dall'origine, perché "al sevizio di". Non dico che non esista, esiste eccome! Mi interessa però la prima, che mi parla innanzitutto del fotografo.
Cartier-Bresson, da questo punto di vista, è stato maestro anche in questo, Smith altrettanto. Roger Fenton ritraeva i campi di battaglia in Crimea senza i cadaveri, seguendoun progetto funzionale al governo inglese, che voleva fornire all'opinione pubblica un'immagine edulcorata della guerra, senza dolore. Cosa che non fece Felice Beato in India, per esempio.
Mi sembra allora che ogni volta che uno scatto tiene conto anche del fruitore, là c'è un progetto"educativo", nel bene e nel male, che altera il contenuto della fotografia. Per questo lafotografia è mezzo delicato, affascinante, perfino pericoloso.
E' un piacere parlare con voi. biggrin.gif

Inviato da: enrico il Mar 10 2006, 06:43 PM

Condivido appieno quanto dici. Il bello del fotoamatore è di non dover sottostare a nessuna committenza. E' quindi libero di esprimersi come meglio crede.
E' anche per me un piacere questa discussione, purtroppo fra... pochi intimi.
Ciao
Enrico


Inviato da: __Claudio__ il Mar 10 2006, 07:10 PM

QUOTE(apeiron @ Mar 7 2006, 11:03 PM)
Testimonianza e/o espressione? Mi interesserebbe moltissimo approfondire con voi il tema. Grazie a tutti guru.gif
*



Mi dispiace aver scoperto solo ora questa bella e istruttiva discussione. Mi rifaccio quindi alla prima domanda lasciando a dopo la lettura approfondita dei vostri interventi.
Io penso che la fotografia sia ambedue le cose e può senz'altro essere utilizzata in ambedue gli ambiti. Certamente nata per la prima necessità, si è via via trasformata anche come necessità della seconda. Questo non eclude certo che attraverso l'esprimersi propio di ognuno, questo non possa servire anche a testimoniare, anzi credo che il coniugare la propria espressività con la testimonianza sia la summa del mezzo: fotografia.

P.S. Sposteri volentieri la discussione dal bar ma aspetto che nella sezione cultura, dove troverebbe posto adatto venga aggiunto uno spazio apposito.

Inviato da: nisex il Mar 10 2006, 08:03 PM

Cari, forse non mi sono spiegato al meglio.
non prendete troppo sul serio il concetto di terza componente.
il destinatario, che come ha detto Enrico può essere anche il fotografo stesso, è elemento essenziale ed intrinseco della fotografia stessa. è questo che volevo dire.
se fate una foto, non la guardate neanche voi e la chiudete in un cassetto, potete dire di aver fatto una foto? la foto stessa esiste? la mia modesta opinione è: no, non è in natura.
il committente è una corruzione di terza componente.
la fotografia non esiste senza il fotografo, non esiste senza il soggetto/oggetto, non esiste se un terzo (che può essere anche il fotografo dopo aver dismesso le sue vesti) non posa il suo sguardo su quel foglio di carta.
piccolo esempio. cito HCB o Eugen, cari ad aperion: tutte le foto che hanno scattato e magari messo in un cassetto, e che nessuno di noi ha visto, esistono?
nic

Inviato da: TOAD il Mar 10 2006, 09:26 PM

QUOTE(enrico @ Mar 9 2006, 07:14 PM)
Mi sembra quasi il caso di chiudere il tread.


Neanche per idea! biggrin.gif
Uno dei thread più interessanti letti ultimamente.
Fatemelo leggere bene e poi dirò la mia.

Claudio, appena puoi, spostalo dal bar.


Inviato da: TOAD il Mar 10 2006, 10:49 PM

Eccomi.

Innanzitutto è stato un piacere leggervi.
Ho letto cose interessantissime che condivido quasi in toto.
Vado a ruota libera e senza un preciso ordine.

Secondo me, sostanzialmente e parafrasando Gaber, la fotografia “è partecipazione”. In senso lato ma assoluto. E quindi è sia testimonianza che espressione. Mi spiego. Qualunque sia il genere, è indispensabile che il fotografo partecipi e sia “dentro” l’immagine nel suo percorso completo, anzi in molti casi anche prima.
Certe immagini nascono nella mente e solo dopo si cerca di realizzarle. Questo ovviamente, ma non sempre, può non valere per il reportage puro (vedi, ahimé, le foto di guerra). Il fotografo dovrebbe sempre cercare di essere un tutt’uno con il soggetto, sentirlo, cercare di capirlo e naturalmente interpretarlo secondo la propria personalità. E questo, ripeto, secondo me vale per tutti i generi. Anche in uno still-life si può comprendere bene l’approccio del fotografo verso gli oggetti fotografati, la cura nell’allestire il set, le luci, l’inquadratura e quant’altro, in sostanza la personalità del fotografo.
Questo vale ancora di più, anzi in modo totale, nel ritratto dove il rapporto fotografo-soggetto è imprescindibile per l’ottenimento del risultato desiderato. Occorre veramente conoscere il soggetto ed istaurare con lui un rapporto. E’ compito dell’autore far sentire a proprio agio il soggetto.
D’altra parte se è vero il principio di Heisenberg (quanti ricordi dei miei giovanili studi di fisica…) è anche vero che l’alterazione del sistema/soggetto inteso come persona avviene anche con una semplice conversazione o con un rapporto qualsiasi. Con la fotografia indubbiamente l’alterazione è maggiore perché comunque il soggetto si sente in qualche modo “catturato”. Da qui l’abilità della persona/fotografo nell’ottenere il risultato voluto. Generalmente, a mio avviso, il sistema migliore è l’umiltà nell’approccio. Così facendo nasce il vero ritratto che, a parità di soggetto sarà ovviamente diverso a seconda di chi fotografa. Diversamente si fa una bella istantanea che può, sia ben chiaro, essere validissima. Ma non sarà mai un ritratto, che peraltro è genere difficilissimo proprio perché in qualche modo il fotografo diventa soggetto egli stesso. Questo per prendere ad esempio il genere ritratto.

La tecnica e l’apparecchiatura. Sono il primo a sostenere a spada tratta che la macchina è solo un mezzo e detesto le discussioni tecniche (test MTF e quant’altro) fini a se stesse. Dei miei scatti ricordo a malapena la macchina e l’obiettivo usato, ma non sempre. Però indubbiamente anche io subisco il fascino dell’oggetto. Fotografando da quarant’anni ed avendo avuto anch’io questa passione in comune con mio padre, possiedo attualmente un tot di apparecchi di epoche e formati differenti. Li ho utilizzati quasi tutti arrivando alla conclusione che ciascuno ha un suo proprio e specifico “feeling”. Sono portato a pensare che, in qualche modo, la foto possa essere influenzata anche dall’apperecchio. L’approccio con il soggetto che si ha con una Rolleiflex o con una Hasselblad è diverso da quello che si ha con una telemetro o con una reflex. Prescindendo che ciascuna è tendenzialmente destinata ad uno specifico genere.

Volendo “partecipare” l’immagine nel suo percorso completo non si può prescindere dalla tecnica, intesa come conoscenza degli strumenti e non come fonte di circonvoluzioni mentali che resteranno sempre fini a se stesse impedendo di produrre immagini significative o, addirittura a non produrle. Questa nostra amata disciplina, se vuol essere compresa o almeno appresa nel suo insieme ci porta necessariamente, volendo approfondire, ad interessarci di varie branche: ottica, geometria (prospettiva e inquadratura), chimica ed oggi informatica. Orizzonti veramente vasti e affascinanti che talvolta ti permettono di entrare ancora di più dentro il soggetto ("Blow Up" docet...). Ma occorrono anche il cuore e la sensibilità. Diversamente non si va da nessuna parte.
In sostanza, fare una foto è semplicissimo, fare una bella foto richiede già un certo impegno, fare una foto significativa per noi e potendo per gli altri richiede un impegno totale. Partecipazione, appunto.

Mammamia! Solo ora mi accorgo di quanto ho scritto…! Però, però non taglio nulla.
Alla prossima puntata le mie considerazioni sulla “terza componente”.

Grazie a tutti voi per lo spunto che avete offerto e un caro saluto.

Guido

Inviato da: Renzo74 il Mar 11 2006, 12:46 AM

che dire... è un thread bellissimo, complimenti!

finalmente un po' di sane, genuine, pure, spesse disquisizioni circa la fotografia senza tirare in ballo ottiche e megapixel. Leggervi è stato un piacere che spero di avere ancora.

relativamente alla domanda concordo pienamente con quanto già scritto da voi, ma non aggiungo altro perchè non ho la vs esperienza e non vorrei essere banale.

Inviato da: apeiron il Mar 11 2006, 12:55 AM

felice che siate arrivati Claudio, Nic, Toad, Renzo. Via aspettavo.
apeiron biggrin.gif

Inviato da: Renzo74 il Mar 11 2006, 12:59 AM

grazie!
però adesso vado a dormire, a domani!

Inviato da: apeiron il Mar 11 2006, 01:15 AM

Toad, credo che anche il reportage puro, perfino la fotografia di guerra, non si sottragga da una precisa "scelta" di chi fotografa.Tale scelta è, in fondo, una scelta culturale. Anche in una situazione estrema, io credo, vi è un margine in cui operare una scelta. Dentro quel margine c'è la storia, il cuore, la profondità o la superficialità di chi fotografa. In una situazione estrema, apparentemente, non c'è il tempo di pensare, di organizzare una inquadratura, di scegliere cosa inquadrare... Si suppone che lo scatto sia quasi un automatismo, senza scelta. Una serie di frammenti in cui il tempo del pensiero si annulla. Ma sarà così?

Inviato da: nisex il Mar 11 2006, 02:14 AM

snocciolare a fondo la questione di quale sia la funzione della fotografia è dura. molto dura.
cercherò di fare un velocissimo excursus scrivendo tutto quello che la mia memoria richiamerà, quindi perdonate ogni slegatura o flash isolati.

anche Toad nel suo intervento ha dichiarato, o almeno credo di aver capito così, quali siano le proprie intenzioni fotografiche: costruire un'immagine nella mente e tentare di riprodurla attraverso il mirino.
non a caso porta come esempio ritratto e still life, generi questi che, per certi versi, hanno zone di sovrapposizione. in effetti la fotografia nasce per rendere i ritratti ad olio più realistici.
il primo esempio di fotografia è, guardate un pò, una natura morta (La tavola apparecchiata di Nicoforo Niepce, 1822 circa), le prime commercializzazioni si sono avute con ritratti collettivi di famiglia e non: costava meno di un quadro e il fotografo era molto più veloce del più rapido dei pittori. e, sempre non a caso, spesso chi sceglieva di dedicarsi alla fotografia aveva un trascorso "pittorico" alle spalle: questo è anche uno dei maggiori argomenti dei detrattori della fotografia sostenendo che ad essa si sono rivolti "artisti" falliti, per lo più paesaggisti. per costoro, i detrattori, la fotografia non può essere considerata arte, ma semplicemente un mestiere.
comunque è proprio grazie a questi pittori falliti che la fotografia ha avuto un immediato successo. tutti bene o male avevano conoscenze anatomiche, fotografiche (nel vecchio significato antesignano: conoscenza della scrittura della luce), gusto compositivo.
quindi si può dire che still, ritratto e paesaggio sono i capostipiti della fotografia vivi e vegeti a tutt'oggi.
successivamente la scienza si è rivolta alla fotografia. un immagine può dire meglio di una pagina fittamente scritta: è così che la fotografia nell'ultimo terzo del 1800, dopo appena mezzo secolo di vita, diviene ancilla e strumento essenziale per gli antropologi. non si va in Africa senza fotografo-segreatrio; qualcuno ricopre entrambi i ruoli egregiamente. si passa dalle prime fasi sperimentali ad una fase di testimonianza e archiviazione. solo testimonianza, nessuna espressione, nessun sentimento (forse giusto un pò di disprezzo i gruppi aborigeni).
un esperimento incredibilmente cinico, ma allo stesso tempo molto affascinante, fu fatto agli inizi del 1900, credo 1920, in una prigione in Congo: fu preso un prigioniero, portato in una stanza e legato ad una sedia; macchina su cavalletto di fronte ai suoi occhi. Gli fu detto che si trattava di una modernissima arma da fuoco e che lui sarebbe stato ucciso: titolo della foto "la morte negli occhi". spero di riuscire a ritrovare questa foto e a postarla. è impressionante di come sia stata costruita un'immagine così forte, neanche un attore sarebbe stato in grado di riprodurre il terrore nello sguardo di quel povero cristo.

.... adesso vado a dormire... continuo domani con la seconda parte sperando di postarvi qualche foto richiamata.
e così avrete anche ilo tempo di digerire queste mattonate che sto scrivendo.
nic

Inviato da: gianni534 il Mar 11 2006, 02:32 AM

Vorrei partecipare anch'io a questo interessante dibattito con un intervento che in parte avevo già inviato in un'altra sezione:
Vorrei aggiungere qualcosa a questo interessante dibattito..Deriva dalla filosofia ed ha a che fare con la costruzione del senso che è poi quello che facciamo nel momento in cui fotografiamo: riproduciamo un pezzo di realtà e gli diamo un significato utilizzando strumenti tecnologici (se capiterà approfondirò in seguito questa parte nel senso che occorrerà chiederci se siano solo strumenti o stiano diventando prolungamenti dei nostri sensi) e culturali. Per questi ultimi ognuno di noi possiede degli archetipi d'immagine, di struttura, di costruzione del significato a cui tende nella vita quotidiana e in particolar modo quando cerca di interpretare la realtà come nella fotografia.
Nel mondo occidentale ci portiamo dietro la nostra cultura , appunto,occidentale fatta di palazzi che abbiamo visto e studiato, di quadri, di musiche, di città, di relazioni, di legami col territorio, di odori, di sapori che utilizziamo continuamente per dare un significato a quello che ci circonda: notiamo che ve ne sono di molti particolari che attengono alla sfera individuale, ma ve ne sono altri, più importanti, che fanno parte dell'immaginario collettivo a cui tendiamo socialmente, come gruppo di individui e che attengono alla sfera sociale: insieme, l'individuale e il sociale, determinano il nostro modo di vedere e interpretare la realtà e quindi di fotografare.... ora mi fermo chè rischi di diventare noioso..,
ciao Gianni

PS: mi riservo un attimo di tempo perchè volevo sviluppare i concetti di tecnica e tecnologia che a mio avviso sono fondamentali nel rapporto persona-immagine: basta pensare a quanto ha condizionato lo sviluppo umano la tecnologia-libro; interessante anche il rapporto autore-immagine-fruitore....

Inviato da: al85 il Mar 11 2006, 05:59 AM

Mi inserisco volentieri in questa interessante discussione proponendovi un "ottica" personalissima e un po diversa su quello che è la fotografia.
L'occhio nel mirino da una sensazione al cervello che lo porta a decidere di scattare e a dar vita ad una immagine che nel momento stesso ha fine.
Indipendentemente dal fatto che finisca in un cassetto venga stracciata o finisca visionata x il mondo ha avuto x l'autore un momento particolare.
Ovviamente la tecnica, l'idea, fanno in modo che l'immagine assuma una certa importanza o un certo valore, sia che la faccia appartenere alla "foto documento" o alla "foto arte" o ad altro ma, già lo stesso autore osservando l'immagine può avere una sensazione diversa da quello che ha visto attraverso il mirino e il fatto che la chiuda in un cassetto o la stracci ne da già una certa valorizzazione.
Ma nel momento in cui decide però di renderla partecipe alle altrui sensazioni entra già in una seconda fase che, ed è questo che voglio mettere alla vostra attenzione, non riguarda + l'immagine ma le sensazioni che essa riporta, un po' come osservare una donna x la sua bellezza o eleganza o altro ma senza conoscerla.
Per finire cerco di spiegarmi meglio col classico esempio del pittore che dipinge il paesaggio e finito si domanda se al quadro non manchi qualcosa e deducendo che x essere completo manca il pittore che dipinge il quadro lo ridipinge con se stesso che sta dipingendo il paesaggio ma inevitabilmente si accorge che manca sempre qualcosa e cosi via via,x farla breve, verso una sorta di infinito.
Ovviamente il paesaggio è l'immagine e i vari pittori che si aggiungono al quadro sono i vari "osservatori" che leggono l'immagine del fotografo.
La mia osservazione finale è che il paesaggio è quello che fondamentalmente il pittore voleva realizzare e che le aggiunte dei vari pittori non sono altro che il ricercare qualcosa di approfondito perdendo di vista il paesaggio stesso.
L'immagine che l'autore mette nel cassetto straccia o rende visibile a tutti è la stessa identica immagine a prescindere dalla scelta che l'autore fa di essa il resto è la conseguenza della scelta dell'autore che esula dall'immagine stessa se non x il fatto che sia proprio il paesaggio a dover attirare l'attenzione restando soltanto un paesaggio e non aggiungendo infiniti pittori che ovviamente necessitano x rivalutare una composizione sempre + ampia ma cha hanno sempre meno a che vedere col paesaggio anche se allarga le vedute.
Tutta sta pappardella x esprimere 2 minuti di concetto su un ponto di vista di cosa sia la fotografia.
Scusandomi x l'opinione del tutto personale un saluto a tutti.



Inviato da: nuvolarossa il Mar 11 2006, 08:50 AM

Mamma mia che discussione interessante!
Ho quasi paura ad infilarmici... Ho letto tutto di un fiato!

Secondo me la fotografia è testimonianza ma anche espressione. Anche la fotografia cosiddetta "di testimonianza", ossia il reportage, alla fine non è altro che espressione del fotografo che partecipa all'evento, ma anche dell'osservatore finale.
La stessa scena di guerra, o di una manifestazione, ripresa da reporter con sensibilità diverse verrà interpretata in modi diversi. Anche nelle scene "punta e scatta", dove il tempo di pensare è ridotto al minimo, il nostro istinto ci porta a riprendere la scena con il nostro punto di vista.
Quindi, inevitabilmente, anche la fotografia di testimonianza ha una propria componente espressiva, derivata dalla cultura, dall'educazione ed in genere dalle cosiddette "sovrastrutture" del fotografo stesso...
Non dimentichiamo poi chi del messaggio fotografico ne fruisce: la stessa foto vista da persone diverse, susciterà inevitabilmente sensazioni diverse.


Inviato da: _Nico_ il Mar 11 2006, 12:16 PM

QUOTE(TOAD @ Mar 10 2006, 11:49 PM)
Secondo me, sostanzialmente e parafrasando Gaber, la fotografia “è partecipazione”. In senso lato ma assoluto. E quindi è sia testimonianza che espressione.

QUOTE(apeiron @ Mar 11 2006, 02:15 AM)
Toad, credo che anche il reportage puro, perfino la fotografia di guerra,  non si sottragga da una precisa "scelta" di chi fotografa.Tale scelta è, in fondo, una scelta culturale.

Come avete detto in molti, non v'è foto 'documentaria' che possa essere totalmente priva d'una componente 'espressiva'. Ma ciò vale anche nel caso opposto: non v'è foto 'espressiva' che possa essere totalmente priva d'una componente 'documentaria'.

Forse bisognerebbe mettere a fuoco il concetto di "realtà" e di conseguenza anche quello di "documento". Mi sembra si dia per scontato cosa sia la realtà, dimenticando che per noi -per noi uomini, intendo dire- è sempre e comunque interpretazione...

Anche la foto più "documentaria" possibile è portatrice d'una ideologia, d'una interpretazione: si dà per presupposto che la realtà sia una e oggettiva, che si possa descrivere qualcosa senza interpretarla, che l'oggetto vada fotografato «così com'è» (o come appare? E com'è l'oggetto «così com'è»? smile.gif), e così via...

QUOTE(apeiron @ Mar 8 2006, 09:44 PM)
...la macchina è il mezzo, non il fine. A me però interessa anche indagare ciò che la macchina, la tecnica più in generale, è in grado di generare. ...

Leggendo queste righe di Apeiron (un saluto, caro indefinito...) m'è venuto in mente un signore oggi un po' fuori moda: Mc Luhan. Egli sosteneva che «il mezzo è il messaggio». Qual è il messaggio intrinseco al mezzo fotografia? Lascio la risposta a Mc Luhan: «isolare nel tempo momenti singoli». E la successiva domanda che mi pongo -considerato il successo della parola "realtà"- è: «isolare nel tempo momenti singoli è "reale"?». Non è già questa, piuttosto, la prima, decisiva interpretazione? smile.gif

Insomma, il fotografo come collezionista d'istanti... smile.gif

E, forse, oggi più che mai: registrare la continuità dell'azione nel tempo è alla portata di tutti. Scegliere dunque una qualche fotocamera -rispetto a una qualche cinepresa/videocamera- è anzitutto proprio scegliere d'isolare nel tempo l'istante...

Inviato da: __Claudio__ il Mar 11 2006, 01:50 PM

QUOTE(apeiron @ Mar 11 2006, 01:15 AM)
Toad, credo che anche il reportage puro, perfino la fotografia di guerra,  non si sottragga da una precisa "scelta" di chi fotografa.Tale scelta è, in fondo, una scelta culturale. Anche in una situazione estrema, io credo, vi è un margine in cui operare una scelta. Dentro quel margine c'è la storia, il cuore, la profondità o la superficialità di chi fotografa. ...................................................................



QUOTE(nuvolarossa @ Mar 11 2006, 08:50 AM)
........Secondo me la fotografia è testimonianza ma anche espressione. Anche la fotografia cosiddetta "di testimonianza", ossia il reportage, alla fine non è altro che espressione del fotografo che partecipa all'evento, ma anche dell'osservatore finale.
La stessa scena di guerra, o di una manifestazione, ripresa da reporter con sensibilità diverse verrà interpretata in modi diversi. .....................................



QUOTE(_Nico_ @ Mar 11 2006, 12:16 PM)
........................................................................

E, forse, oggi più che mai: registrare la continuità dell'azione nel tempo è alla portata di tutti. Scegliere dunque una qualche fotocamera -rispetto a una qualche cinepresa/videocamera- è anzitutto proprio scegliere d'isolare nel tempo l'istante...
*



Da vari interventi mi sembra che si possa comunque trarne almeno un risultato che sembra accettato. La scelta di un'inquadratura invece di un'altra, la scelta addirittura se sia o no conveniente quel tipo di inquadratura e se sia funzionale alla propria visone della scena, è comandata, più o meno consapevolmente, dal retroterra culturale del soggetto primario della foto: il fotografo. Da lui parte infatti l'idea, ma la realizzazione è figlia dalla sua cultura, sensibilità e perchè no anche dalla sua appartenenza politica che comunque condiziona il suo sentire, e che condiziona, forse anche qui inconsapevolmente, la scelta non solo se valga la pena lo scattare, ma anche la scelta dell'angolazione, della parte da inserire nell'inquadratura e della finalizzazione che l'attimo fermato avrà su chi la osserva.

P.S. Sposto per ora la discussione in Tecniche, anche se qui la tecnica poco o punto ci entra...poi si vedrà.

Inviato da: enrico il Mar 11 2006, 02:12 PM

Finalmente la discussione è partita. Grazie a tutti per gli interessantissimi interventi. Apeiron, non è più una chiacchierata a due! Hai dato il via ad una bella discussione.
Poichè mi sembra in tema col discorso sulle tre componenti, allego una delle schede che preparato ed ho consegnato alla fine di un corso sulla lettura dell'immagine (secondo la metodologia della lettura strutturale) che ha per soggetto una foto tematica dove si vede (ho segnato in neretto le osservazioni in proposito) come il significato della cosa fotografata può essere nella realtà molto diverso dal significato della foto che, nella foto tematica in particolare, è l'idea dell'autore.
In questo caso la foto è osservata dalla componente "fruitore" che vede le altre due "soggetto" ed "autore" e cerca di risalire al significato della foto (il segno).
Buon pomeriggio
Enrico

 lettura_immagine.pdf ( 42.11k ) : 150
 

Inviato da: enrico il Mar 11 2006, 02:34 PM

Dopo le due pagine del pdf precedente, una immagine di Robert Doisneau dove una appropriata scelta del punto di vista e mette in relazione le due statue dando all'immagine una significazione maliziosa che è tutta e solo nella mente dell'autore.
Come altro esempio di costruzione di un significato nell'immagine, utilizzando soggetti che quel significato non hanno ma che lo acquistano ad opera del fotografo. In una foto documentaria, si cerca, per quanto possibile, di far coincidere il significato della foto con quello della foto rappresentata.
In alcuni casi invece, l'autore può cercare di ingannare il lettore (e qui entriamo nel campo "etica e fotografia") cercando di far credere che il significato della foto coincida con quello della cosa rappresentata. Argomento questo che giustifica l'importanza dell'educazione alla fotografia, purtroppo assai trascurata dalla scuola, nonostante l'immensa diffusione di essa.
Enrico


 

Inviato da: P.Pazienza il Mar 11 2006, 06:04 PM

QUOTE(apeiron @ Mar 7 2006, 11:03 PM)
Testimonianza e/o espressione? Mi interesserebbe moltissimo approfondire con voi il tema. Grazie a tutti guru.gif
*



Discussione molto interessante...

Credo che testimonianza ed espressione sono naturalmente obbligati a coesistere (a volte forzatamente) all'interno di una stessa immagine, anche se possono assumere "pesi" molto diversi a seconda del contesto specifico di produzione e di ricezione dell'immagine fotografica.

cerco di spiegarmi meglio

La fotografia è sempre una testimonianza del mondo, di una situazione o di un evento che deve essere necessariamente reale perchè per esistere non può prescindere dalla registrazione dell'impronta lumisosa emessa o riflessa dal soggetto (referente). Da questo punto di vista la fotografia può essere definita come un segno ottenuto per connessione fisica, come l'orma che un piede lascia sulla sabbia, cioè un segno generato direttamente dal suo referente e fisicamente costretto a corrispondere punto per punto ad esso. Per questo motivo il minimo che una foto può fare è testimoniarne l'esistenza, data la capacità di fornire, su di un supporto cartaceo bidimensionale, un’imitazione pressoché perfetta dell’oggetto che ha il compito di riprodurre.

Il semiologo americano Charles Pierce chiamava questa classe di segni con il nome di indice e li distingueva dalle icone e dai simboli. Per esempio, se è possibile dipingere un quadro, cioè una icona, senza essere fisicamente presenti alla scena rappresentata lo stesso non si può dire di una fotografia: posso dipingere un paesaggio esotico stando comodamente seduto nella mia stanza, basandomi sul ricordo e sulla memoria di quel luogo ma per fotografare lo stesso paesaggio devo per forza di cose esserevi presente, devo essere parte della scena. In altre parole, la fotografia è una emanazione diretta del reale, anzi citando Roland Barthes, è "una doppia posizione congiunta di realtà e di passato" perchè "l'istante decisivo" è già trascorso e non si ripresenterà mai più, questo fa si che la foto sia una rappresentazione sempre "in differita" della realtà, anche quando la rivediamo subito dopo lo scatto sul monitor di una reflex digitale!

D'altro canto, come è già stato ricordato, la fotografia per quanto sia un processo automatico ed automatizzato, non può "farsi" da sola ma dipende da precise scelte del fotografo che interpreta la realtà ed esprime, consapevolmente o meno, la sua particolare visione del mondo. Il fotografo è parte del dispositivo: la parte razionale e cosciente che assolve la funzione di operare delle scelte determinando e condizionando così l’intero atto fotografico. L'idea che l'autore vuole esprimere sarà così parte integrante del significato della fotografia e, inevitabilmente, ne indicherà una precisa modalità di interpretazione: quella più vicina alla personalità del fotografo.
Il fotografo quindi agisce sempre nei confronti della fotografia sia tecnicamente che culturalmente modificando la forma finale che questa assume attraverso la selezione dei parametri tecnici del fotografare: illuminazione, inquadratura, messa fuoco, tempo di otturazione, apertura del diaframma eccetera. Ad ogni variazione di tali parametri corrisponde una variazione dell’aspetto della struttura formale assunta dalla fotografia la quale, a sua volta, contribuisce a determinare il senso che l’osservatore autonomamente attribuirà all'immagine.
E quì finalmente il cerchio si chiude perchè sarà soprattutto chi osserva la fotografia, e si interroga criticamente cercando di attribuirle un senso, che deciderà di volta in volta se in una immagine prevale il valore di testimonianza o di espressione.

my two cents

Inviato da: walter55 il Mar 11 2006, 06:15 PM

Wooffhh...
fatemi un attimo riprendere fiato... smile.gif

Dunque.... 3 componenti! Tre componenti?
Il fotografo, il soggetto, e il "commitente/destinatario"?

Mi sa che ce n'è un'altra: la Storia.

Mi chiedo, e vi chiedo, morto il fotografro, sparito il soggetto, scomparso il committente, cosa ne è dell'immagine, cosa è diventata? Panta rei... o tutto, alla fine resta com'è? Dell' "attimo" che abbiamo "fissato" cosa è rimasto... o inneschiamo "menzogne" a miccia lunga, dandole in pasto (nel senso di "impastare") a storici, critici ed ideologi, o semplicemente alla nostalgia e al ricordo?

Per altre considerazioni (considerazioni?... diciamo "domande", che è meglio rolleyes.gif ), lasciatemi un po' di tempo... le sinapsi c'hanno ancora il fiatone biggrin.gif

P.S.

Hopps... P.Pazienza è arrivato prima di me... e mi sa che qualche risposta l'ha data smile.gif

Inviato da: apeiron il Mar 11 2006, 11:23 PM

QUOTE(nisex @ Mar 10 2006, 08:03 PM)
Cari, forse non mi sono spiegato al meglio.
non prendete troppo sul serio il concetto di terza componente.
il destinatario, che come ha detto Enrico può essere anche il fotografo stesso, è elemento essenziale ed intrinseco della fotografia stessa. è questo che volevo dire.
se fate una foto, non la guardate neanche voi e la chiudete in un cassetto, potete dire di aver fatto una foto? la foto stessa esiste? la mia modesta opinione è: no, non è in natura.
il committente è una corruzione di terza componentela fotografia non esiste senza il fotografo, non esiste senza il soggetto/oggetto, non esiste se un terzo (che può essere anche il fotografo dopo aver dismesso le sue vesti) non posa il suo sguardo su quel foglio di carta.
piccolo esempio. cito HCB o Eugen, cari ad aperion: tutte le foto che hanno scattato e magari messo in un cassetto, e che nessuno di noi ha visto, esistono?
nic
*


è così Nic. Ti va di leggere La fotografia e la storia al Bar? A pensarci forse stava bene anche qui.
Ciao

Inviato da: apeiron il Mar 12 2006, 09:01 AM

QUOTE(enrico @ Mar 11 2006, 02:12 PM)
Finalmente la discussione è partita. Grazie a tutti per gli interessantissimi interventi. Apeiron, non è più una chiacchierata a due! Hai dato il via ad una bella discussione.
Poichè mi sembra in tema col discorso sulle tre componenti, allego una delle schede che preparato ed ho consegnato alla fine di un corso sulla lettura dell'immagine (secondo la metodologia della lettura strutturale) che ha per soggetto una foto tematica dove si vede (ho segnato in neretto le osservazioni in proposito) come il significato della cosa fotografata può essere nella realtà molto diverso dal significato della foto che, nella foto tematica in particolare, è l'idea dell'autore.
In questo caso la foto è osservata dalla componente "fruitore" che vede le altre due "soggetto" ed "autore" e cerca di risalire al significato della foto (il segno).
Buon pomeriggio
Enrico
*


Non riesco ad aprire il tuo pdf Enrico. C'è qualcosa che non va.

Inviato da: enrico il Mar 12 2006, 10:04 AM

Fino a questo punto abbiamo focalizzato gli elementi fondamentali che entrano in gioco nella fotografia:
il soggetto
il fotografo
il destinatario
ha inserito la storia che a mio avviso abbraccia i tre precedenti:
- il soggetto che muta con i tempi (vedi gli abiti, le pettinature, gli atteggiamenti, le architetture ecc)
- il fotografo la cui mentalità è determinata dal tempo storico, con le ideologie, i credi, le situazioni socio-economiche che sono proprie di ciascun periodo storico
- il destinatario che, anche lui vivendo in un determinato periodo storico, ne è influenzato ed interpreta di conseguenza (legge in un certo modo) il segno fotografico
Sarà che siamo passati dal bar alla sezione “tecniche fotografiche” che mi è venuta una riflessione: della storia fa anche parte lo sviluppo tecnologico e, nello specifico, quello della fotografia. E qui mi piacerebbe che si facesse il punto proprio sul “segno fotografico” che è in fondo il centro su cui ruotano le “tre componenti” di cui si è parlato in questa discussione. In un certo senso anche i contenuti ed il linguaggio fotografico si sono evoluti e trasformati man mano che la tecnica si evolveva. Talbot faceva assumere ai suoi soggetti delle pose dinamiche per cercare di superare l’ostacolo all’istantanea che la bassa sensibilità della carta al cloruro d’argento gli impediva. I ritratti dagherrotipici non potevano avere la spontaneità e la freschezza di quelli che ”potremmo” ottenere noi oggi, in considerazione delle lunghe pose cui erano sottoposti i soggetti. Anche i primi reportage di guerra altro non erano che riprese dei campi di battaglia ad operazioni terminate. L’aumento della rapidità delle emulsioni ha consentito le istantanee e, andando oltre, ha consentito di superare l’occhio, svelando ciò che prima non si era potuto vedere (un esempio per tutti: Muybridge e le fasi del movimento animale).
Potremmo continuare con la conquista dell’ortocromatismo e quindi del pancromatismo ad opera di Vogel e cos’ via. Ed ancora, parlando sempre del segno fotografico, è forse interessante ricordare le dispute fra flouisti e nettasti (il gruppo f/64 col tutto nitido) e la Cameron con il leggero fuori fuoco delle sue foto (dovuto all’attrezzatura o volontario per avvicinarsi di più alla pittura).
Sempre con l’occhio al “segno fotografico”, all’oggetto fotografia, allego una immagine fatta tanti anni fa a mio padre utilizzando la vecchia tecnica della gomma bicromatata (emulsione realizzata con gomma arabica, tempera marrone e bicromato di potassio, stesa con un pennello su carta, esposta e sviluppata in acqua calda) , associata ad una retinatura ottenuta tramite l’uso di un retino autocostruito (allora non c’era photoshop). Stavo vivendo un periodo in cui mi aveva preso la passione di sperimentare vecchie tecniche poiché credevo che avrei conosciuto meglio la fotografia se ne avessi ripercorso le tappe, non solo leggendo libri, ma riproducendo realmente alcune tecniche del passato.
Sarebbe bello che nella discussione si inserissero delle immagini, come mi pare qualcun altro già si era proposto di fare.
Io getto il sasso perché questa discussione non si spenga. Continuiamo ad approfondire gli aspetti che abbiamo evidenziato ed anche quest’ultimo.
Le esperienze e le competenze tecniche e culturali di tutti coloro che sono intervenuti sono veramente un potente mezzo di arricchimento per tutti.
Buona domenica
Enrico



 

Inviato da: enrico il Mar 12 2006, 10:34 AM

QUOTE(apeiron @ Mar 12 2006, 09:01 AM)
Non riesco ad aprire il tuo pdf Enrico. C'è qualcosa che non va.
*



Ciao Apeiron,
probabilmente è il mio programma di conversione in formato pdf che ha dei problemi. Aggiro l'ostacolo. Allego la foto in questione a questo messaggio e ne riporto la lettura. Ho tenuto dei corsi di lettura dell'immagine e, per dare ai corsisti qualcosa di concreto da riportarsi a casa di quanto fatto, ho preparato delle schede sugli incontri e sugli esempi di lettura. La foto di Freed mi sembra emblematica della foto di genere tematico perché, attraverso l'inquadratura, vengono messi in relazione degli elementi che danno all'immagine un preciso significato che probabilmente non hanno nella realtà. E questo è emblematico del fatto che in un certo tipo di foto, il significato della cosa fotografata è altro dal significato della foto. Riporto di seguito la scheda di lettura completa (è una mia lettura, quindi può essere benissimo criticata).
Enrico

-----------------------------------------------------------------------------------------

IL COSA:
Identificazione concettuale di ciò che è rappresentato:

Due persone anziane, con cappotto e copricapo scuri, che camminano insieme. L'uomo appare curvo e la donna porta dei fiori. Una lapide con la foto di un giovane in divisa, un muretto di recinzione, un'auto parcheggiata, un alberello con poche foglie, a ridosso del muro.

IL COME:
Fattori tecnici:

Obiettivo normale. Nessuna elaborazione. Campo medio. Angolazione dall'alto e da sinistra rispetto alla linea d'azione relativa alle due persone. Inclinazione normale. Profondità di campo ampia (il leggero fuori fuoco del primo piano, può considerarsi un'imperfezione tecnica, dovuta alla forzata ricerca di un compromesso fra una messa a fuoco ampia, quindi a diaframma chiuso, e posa breve per bloccare il movimento delle due figure. Tuttavia ciò non ne compromette la lettura e dona profondità all'immagine). Illuminazione naturale, luce diffusa, B/N.

Criterio usato per la composizione:

Le due figure, la cui sagoma nera si staglia nettamente sul grigio chiaro della strada, sono poste nell'angolo superiore sinistro e la lettura inizia da loro. Tale posizione nel quadro, assieme alla direzione dello sguardo del vecchio ed all'atteggiamento, suggerisce un movimento diagonale verso l'angolo opposto. In primo piano, ha forte peso strutturale la lapide con la foto che spicca, invece, chiara su fondo scuro.
Il muretto di recinzione separa i due elementi fondamentali dell'immagine, pur senza dividerli poiché la sua tonalità di grigio non è dissimile da quella dell'esterno che gli fa da sfondo. L'auto nell'angolo a destra e l'alberello sullo stesso lato, danno equilibrio alla composizione che altrimenti risulterebbe sbilanciata e completano, sia pur marginalmente, il racconto.

Modi narrativi:

Le due figure procedono insieme sottobraccio. Sono persone avanti negli anni, che appaiono chiaramente dirigersi verso l'ingresso del cimitero, ingresso che è fuori campo, ma che si intuisce, dal bordo della stradina, essere subito a destra dell'immagine.


Modi semiologici:

La foto del giovane in divisa, è posta in primo piano e sul bordo inferiore dell'immagine, sì da raggiungere un peso strutturale pari a quello delle due figure e da apparire quale meta di queste.

Definizione del significato della cosa in sé:

Due persone anziane che si dirigono verso un cimitero, per una visita ad un defunto (potrebbe non essere quello effigiato sulla lapide in primo piano).

Definizione del significato della cosa rappresentata:

Mediante il taglio e la composizione dell'immagine, l'autore ha messo in chiaro rapporto i due anziani con il giovane in divisa. Pur se la realtà probabilmente è diversa, l'intenzione del fotografo è stata quella di rappresentare “due genitori anziani, in visita alla tomba del figlio morto in guerra”.

Lettura dell'informazione materiale:

Una coppia di anziani, che si reca al cimitero, rappresentato attraverso la lapide ed i fiori (se mancassero questi due elementi, potrebbe essere la foto di due persone che rientrano a casa).


IL PERCHE':
Lettura dell'idea:

Significazione immediata:
”Una coppia di anziani genitori, si reca a far visita alla tomba del figlio morto in guerra”

Significazione mediata:
“ La guerra stravolge l'ordine naturale delle cose, lasciando a lungo la sua dolorosa traccia”.

Classificazione dell'idea centrale: Tematica.



 

Inviato da: apeiron il Mar 13 2006, 07:58 AM

ciao Enrico,
bellissima la foto di tuo padre. L'intera discussione e la questione che tu proponi di lettura dell'immagine aprono a numerosi, altri, sguardi.
Ho riletto tutto con attenzione..., eppure mi pare che manchi qualcosa. Bello e utile scoprire passione, cultura e competenza di quanti hanno partecipato. Eppure...!
Potrebbe essere il tema di una nuova discussione: perché "quella" foto è bella? Si sono tentate infinite letture di una "grande" foto. Analisi sociologiche, geometrico-figurative, semantiche...Ma una "grande" foto, che pure sembra poter corrispondere a ciascuna di quelle analisi, sembra anche sfuggire ad ogni tentativo di completezza. Perché? Cosa manca nelle pur acute, colte analisi?
Potrà mai una "lettura", per quanto eccelsa, contenere "l'ultima verità" di una fotografia. Quella verità che, come la fotografia stessa, può essere colta in un istante, in una semplice, folgorante parola?Così Mario Giacomelli:
"Ho scoperto da un pò di anni che la poesia è il linguaggio in cui sembra di poter fuggire dalle formule della banalità quotidiane. Lo spazio non è più appiattito, le cose che vedevo sempre uguali, (...), ora sembrano modificate. (...).Sento che sto scavando in un deposito di energie che suscitano immagini dove la fotografia è come una traduzione, una ricerca dentro i territori del linguaggio. Queste ultime foto (...) vogliono sentire la nostra presenza (...), solo così si caricano di emozioni". ohmy.gif
Apeiron

Inviato da: Franco_ il Mar 13 2006, 03:25 PM

grazie.gif a tutti per aver iniziato questa bella discussione, alla quale auguro di durare ben più di quelle riguardati le solite questioni su rumore, megapixel e relative s..he mentali.

La fotografia è un potentissimo mezzo documentativo.
Forse non riflettiamo abbastanza su questo punto. Prima del suo avvento non vi erano altri sistemi, se non la pittura, per "fissare" un volto (spesso correggendone i difetti). Ma solo i volti dei potenti e dei ricchi godevano di questo privilegio, solo coloro che avevano le possiblità economiche erano in grado di tramandare ai posteri la loro immagine.
Con la fotografia tutto questo è cambiato. Dopo il costoso dagherrotipo si affermarono i più accessibili ambrotipi e ferrotipi, che avevano la caratteristica di essere un unicum, cioè non riproducibili, ma che consentivano anche alle classi sociali meno abbienti di immortalare la propria immagine. La vera rivoluzione fu dovuta a Talbot (contemporaneo di Daguerre), che percorrendo una via diversa aprì, con i suoi calotipi, la strada alla produzione di più positivi della stessa immagine. Si era aperta la via della "democrazia visiva".
La fotografia consentì finalmente di creare dei documenti di identità (che prima erano semplicemente descrittivi ...), di mostrare luoghi lontani o portare con se, magari all'altro capo del mondo, l'immagine della mamma, dei figli o della fidanzata.
Ecco, questo aggiungerei: la fotografia nacque essenzialmente per la documentazione, non solo però delle persone ma anche dei luoghi e dei monumenti. Più tardi, con il miglioramento delle tecniche e la possibilità di non dover più mantenere il soggetto immobile per molto tempo cominciò la fotografia che conosciamo oggi.

Prima di concludere il mio intervento vorrei ringraziare in particolare Enrico per l'allegato "Lettura immagine"; mi piacerebbe che questo divenisse oggetto di un altra discussione: una lettura a più voci della bellissima foto di Leonard Freed, una discussione dove, oltre ad esprimere le sensazioni che proviamo nell'osservarla, provassimo a dare la nostra chiave di lettura, spiegando (se possibile) quali sono secondo noi punti chiave dell'immagine.

Un saluto

Inviato da: enrico il Mar 13 2006, 09:52 PM

Ciao Franco,
di schede ne ho diverse. Visto che ti interessano, ne pubblico altre due, relativa la prima ad una foto di Vitaliano Bassetti, di natura tematica; l'altra ad una foto di Fulvio Roiter, di natura narrativa. Nella foto tematica, la componente "autore" è nettamente prevalente sulla componente "soggetto", mentre la foto narrativa è da questo punto di vista un gradino più su della foto documentaria, anche se è prevalente la componente "soggetto". In poche parole, il fotografo ci racconta in un certo modo il soggetto che costituisce in ogni caso il centro dell'immagine.
Provo ad inserire una immagine direttamente (ho appena imparato a farlo) e la inserisco anche come collegamento, perchè rimanga se dovessi modificare il sito al quale la prima è collegata. Se la cosa interessa (non vorrei essere noioso), posso inserire qualche altra foto perché possiate commentarla voi. E' semplicemente un discorso di lettura, cioé di interpretazione di ciò che voleva dirci l'autore. Il discorso del perché una foto è bella, proposto da Apeiron, è molto stimolante e complesso. Non credo si possano dare delle regole. Oltre all'aspetto estetico e contenutistico, credo c'entri la psicologia umana, per cui la strada diviene davvero tortuosa, ma questo non vuol dire che non valga la pena percorrerla.
Enrico

user posted image

Vitaliano Bassetti

IL COSA:
Un adulto ed un bambino in uno scompartimento ferroviario (che si tratti di vagone ferroviario lo si nota soprattutto dal tipico finestrino). L'uomo in primo piano dorme, poggiato sulla spalliera del sedile, e ciò traspare non solo dagli occhi chiusi e dalla posizione del capo, ma anche dall'atteggiamento delle labbra e dei muscoli mimici. Il bambino in secondo piano è invece intento a guardare con attenzione fuori dal finestrino, il paesaggio esterno. Lo si capisce chiaramente dall'atteggiamento, dai gomiti poggiati sul bordo del finestrino e dalla posizione del capo, leggermente ruotato a sinistra ed inclinato.

IL COME
Le due figure sono al centro della foto. La figura del bambino, ripresa di spalle, si staglia nettamente, perché scura, sullo sfondo chiaro del finestrino. Il volto dell'uomo, chiaro, risalta nel contesto scuro della parte inferiore del quadro. Sulle linee verticali del finestrino, le due teste formano una composizione diagonale. Le due figure sono state isolate volutamente dall'ambiente “scomparto ferroviario”, di cui sono stati lasciati solo gli elementi essenziali che permettono di riconoscerlo come tale. L'attenzione del lettore della foto è quindi di proposito fatta convergere sui due atteggiamenti. Il fondo che fa da contorno alle figure, è di tonalità opposta alle stesse al fine di metterle bene in evidenza, ed è inoltre indistinto e quasi privo di dettagli per non disturbarle. Il contrasto di tonalità delle due figure e l'inversione del rapporto chiaro-scuro fra le stesse e lo sfondo, non è casuale, ma ha un chiaro intento espressivo che si evidenzierà al livello successivo di lettura della foto.

IL PERCHE':
L'autore ha voluto mostrare quell'uomo e quel bambino in due atteggiamenti diversi ed opposti. Ci si accorge però che questa significazione immediata, non esaurisce tutti i "come" di questa foto, per cui la lettura va effettuata ad un livello superiore. I due soggetti della foto in realtà rappresentano non due diversi individui, ma due diverse età dell'uomo. La significazione mediata è perciò la seguente: l'uomo, quando è in giovane età, manifesta interesse e curiosità verso il mondo e la vita mentre, divenuto adulto, tale interesse viene ad attenuarsi fino a diventare indifferenza.
Si tratta di una foto tematica.





 

Inviato da: enrico il Mar 13 2006, 10:00 PM

Ed ora la foto di carattere narrativo di Fulvio Roiter. L'osservazione in rosso mette in evidenza la differenza fra l'immagine e la cosa fotografata. Alcuni elementi sono propri dell'immagine (lo stare al centro del quadro è una collocazione del soggetto nell'immagine mentre nella realtà non è al centro di nulla. Lo sfuocato è un elemento proprio dell'immagine e non ha alcun senso nella realtà ecc):

user posted image

IL COSA:

Due ragazze negre, col capo avvolto da un fazzoletto e due cesti ovali ripieni di frutta sulla testa. Hanno vestiti leggeri, maniche corte o assenti. La ragazza a sinistra nell' immagine, porta qualcosa nelle mani e sembra guardarla con attenzione.

IL COME:

Le due ragazze sono riprese da vicino (mezza figura e primo piano) e con angolazione da sinistra e dall'alto (per evidenziare i cesti ed il loro contenuto). Lo sfondo è sfuocato. Le ragazze sono riprese di profilo ed una dietro l'altra nel quadro (è l'angolazione di ripresa che le fa apparire l'una dietro l'altra, mentre nella realtà stanno probabilmente procedendo affiancate). Ciò che risalta, chiari sulla tonalità scura delle figure e dello sfondo, sono i due cesti con la frutta, oltre al vestito della prima ragazza, che fa da contrappeso ai primi. La somiglianza di forma ed atteggiamento delle due figure, crea una ripetizione ed un piacevole ritmo compositivo.

IL PERCHE':

L'autore ha evidentemente voluto mostrare l'usanza, in quella regione, di portare i cesti in equilibrio sul capo, senza l'ausilio delle mani.
L'immagine ha quindi un carattere narrativo.



 

Inviato da: Led566 il Mar 14 2006, 02:51 PM

QUOTE(enrico @ Mar 13 2006, 10:52 PM)
...Nella foto tematica, la componente "autore" è nettamente prevalente sulla componente "soggetto", mentre la foto narrativa è da questo punto di vista un gradino più su della foto documentaria, anche se è prevalente la componente "soggetto". ...

...I due soggetti della foto in realtà rappresentano non due diversi individui, ma due diverse età dell'uomo. La significazione mediata è perciò la seguente: l'uomo, quando è in giovane età, manifesta interesse e curiosità verso il mondo e la vita mentre, divenuto adulto, tale interesse viene ad attenuarsi fino a diventare indifferenza.
Si tratta di una foto tematica.
*




QUOTE(enrico @ Mar 13 2006, 11:00 PM)
Ed ora la foto di carattere narrativo di Fulvio Roiter.
...
L'autore ha evidentemente voluto mostrare l'usanza, in quella regione, di portare i cesti in equilibrio sul capo, senza l'ausilio delle mani.
L'immagine ha quindi un carattere narrativo.
*




Enrico, grazie per le belle schede che ho letto con molto interesse.

Mi chiedo però se Bassetti sia salito su "quel" treno per fare "quella" foto.

Io ho l'impressione che, stiracchiando un po' gli stessi mezzi analitici che tu hai usato per la foto di Roiter, si potrebbe dimostrare tranquillamente che anche la foto di Bassetti ha carattere narrativo e viceversa.

Bassetti sarebbe d'accordo con la tua analisi ?

Inviato da: Led566 il Mar 14 2006, 02:55 PM

QUOTE(gianni534 @ Mar 11 2006, 03:32 AM)
...(se capiterà approfondirò in seguito questa parte nel senso che occorrerà chiederci se siano solo strumenti o stiano diventando prolungamenti dei nostri sensi) ...
PS: mi riservo un attimo di tempo perchè volevo sviluppare i concetti di tecnica e tecnologia che a mio avviso sono fondamentali nel rapporto persona-immagine...
*



Sono d'accordo con te...si tratta di un aspetto sottovalutato dai più ma da discutere ampiamente: ti attendo al varco wink.gif

Inviato da: apeiron il Mar 14 2006, 05:49 PM

Mi piace "il cosa" e "il come". Meno "il perché". Scusa Enrico se mi permetto. Ma so che è solo un dialogo tra amici.
"Il cosa" e "il come" aiutano ad orientarsi, forniscono le coordinate di supporto... "Il perché" lo trovo invece un pò forzato, artificiale, forse invasivo.
Perché la fotografia dovrebbe aver bisogno del "perché"? E' chiaro che si tratta di una possibilità, spesso acuta e convincente, in grado di soddisfare un bisogno un pò intellettuale di analizzare per scomposizione un'opera.
Ma la fotografia si spiega da sé. Non ha i caratteri dell'opera pittorica o architettonica..., per le quali indagini di varia natura possono fornire ilcontesto nel quale l'opera è maturata, arrivando perfino a spiegare le scelte dell'autore.
La fotografia non chiede nulla e giunge a noi senza mediazioni. E' la sua "immediatezza" che vuole distanza dal "perché". Una fotografia si può glorificare o scartare in un istante.
Non è una delle forme di espressione più libere? La sento vicina alla poesia. Forse è anche per questo che l'amiamo in tanti.
apeiron
P.S. Fatevi sentire poeti del forum

Inviato da: enrico il Mar 14 2006, 06:04 PM

QUOTE(Led566 @ Mar 14 2006, 02:51 PM)
Enrico, grazie per le belle schede che ho letto con molto interesse.

Mi chiedo però se Bassetti sia salito su "quel" treno per fare "quella" foto.

Io ho l'impressione che, stiracchiando un po' gli stessi mezzi analitici che tu hai usato per la foto di Roiter, si potrebbe dimostrare tranquillamente che anche la foto di Bassetti ha carattere narrativo e viceversa.

Bassetti sarebbe d'accordo con la tua analisi ?
*



Ciao Led566,
nella lettura della foto seguo il metodo della lettura strutturale di Nazzareno Taddei perché, fra tutti quelli che ho conosciuto, mi sembra quello con le fondamenta più solide. Molti anni fa ho seguito un corso di più giorni tenuto da un allievo del Taddei, un certo Prof. Maccarini, persona davvero in gamba di cui ho purtroppo perso le tracce. Anche a lui ponemmo la domanda che hai posto. Il Taddei aveva fatto delle verifiche, leggendo delle foto e sottoponendone poi la lettura agli autori. Risultato: tutti gli autori si ritrovavano in quelle letture. Non so se conosci il metodo del Taddei. Mi stava venendo un mezzo pensiero di farne una specie di experience, ma non so proprio se sia il caso, visto che nel forum c'è tanta gente estremamente esperta di queste cose e non ho la presunzione di salire in cattedra.
Il metodo della lettura strutturale si basa su tre passaggi successivi:
1 - nell'esaminare il "cosa", cioè il soggetto che ha catturato l'attenzione e l'interesse del fotografo. Di esaminarlo come oggetto, cioè come ciò che era davanti alla macchina al momento dello scatto ma che ha una sua esistenza ed un suo significato, indipendentemente dall'occasionale presenza del fotografo.
2 Il secondo momento, il più importante, è quello di esaminare il "come", vale a dire tutte le scelte (tecniche ed espressive) che ha fatto il fotografo per costruirci su l'immagine fotografica. E questo è il punto fondamentale, la chiave per capire
3 - cosa vi ha visto il fotografo e cosa ci ha voluto dire ("il perchè").
Ho tenuto alcuni corsi di lettura anche ad insegnanti, ed una volta uno di questi mi disse che era un po' una presunzione pensare di poter entrare nella testa del fotografo. Ricordo che gli risposi che anche quando si legge ad esempio un brano della Divina Commedia, non è che si può essere proprio sicuri di aver centrato il pensiero di Dante, considerata anche la mole di studiosi che hanno cercato di interpretrarlo, specie in alcuni passi. Eppure a leggere i testi scritti siamo stati educati ed abituati fin dalla prima elementare, mentre non è proprio così per i testi visivi, in particolar modo per quelli fotografici.
Leggere una fotografia riuscendo a capire ciò che l'autore ha voluto dirci, non è cosa facile. La difficoltà può a volte essere colpa del lettore che non è particolarmente bravo nella lettura, o può essere dell'autore che potrebbe non essere particolarmente bravo nella scrittura (fotografica).
Durante questi corsi, mi sono reso conto che per la maggior parte della gente, la fotografia è ancora vista come uno strumento meccanico di riproduzione della realtà e non come un linguaggio, un mezzo di comunicazione di idee e di sensazioni, di emozioni.
Grazie per aver risposto. Oltre ad aver posto dei quesiti interessanti, hai permesso a questo tread di proseguire. Una discussione si ferma quando non ci sono più interventi.
Buona serata
Enrico

Inviato da: enrico il Mar 14 2006, 06:12 PM

[quote=apeiron,Mar 14 2006, 05:49 PM]
Mi piace "il cosa" e "il come". Meno "il perché". Scusa Enrico se mi permetto. Ma so che è solo un dialogo tra amici.

Ciao Apeiron,
per carità, di che devi scusarti? Si cresce proprio scambiandosi idee e facendosi critiche, cercando di capire insieme questo mondo così complesso ed affascinante che è la fotografia. Grazie anzi a te per aver avviato questa discussione!
Enrico

Inviato da: Franco_ il Mar 14 2006, 08:23 PM

Ciao Enrico e grazie per averci mostrato altre due schede; le trovo molto interessanti, sia per la qualità delle foto che per la lettura che ne viene fatta.

Ognuno di noi ha la propria chiave di lettura e sono convinto che quanto leggiamo in una foto sia mediato dalla nostra cultura, sensibilità, esperienza, stato d'animo ... che non necessariamente coincidono con quelle dell'autore; questo mi porta a pensare che non sempre sia possibile cogliere pienamente il messaggio che questi aveva in mente. E' un pò come quando si studia un'opera d'arte, per capirla appieno occorre calarsi nel periodo storico in cui ha vissuto l'autore, nella sua vita, nelle sue esperienze, nei suoi problemi, conoscere le tendenze artistiche del momento ... (la lista non finirebbe mai)
Quindi non si deve rinunciare al confronto delle letture, tutt'altro. Il confronto arricchisce la cultura e aiuta a capire meglio il pensiero altrui.
Mi piacerebbe che questa discussione andasse avanti ancora per molto, quindi ... scrivete ragazzi laugh.gif

Un saluto a tutti

P.S. Enrico, dove si possono trovare le schede ?

Inviato da: enrico il Mar 14 2006, 10:55 PM

P.S. Enrico, dove si possono trovare le schede ?

Ciao Franco,
le schede le ho fatte io, sono delle mie letture svolte in alcuni corsi di lettura dell'immagine.
Concordo con te su quanto dici. In effetti il Taddei (il suo testo base è "La lettura strutturale della fotografia" che durante il corso di cui parlavo qualche post fa, mi regalò il Prof. Maccarini che ne era appunto il docente) cerca di aggirare questo problema, mettendo in guardia il "lettore" dalle "integrazioni culturali", vale a dire che la lettura deve essere il più oggettiva possibile se si vuole cercare di arrivare a capire l'idea dell'autore. E' molto facile leggere nell'immagine altrui dei contenuti che in effetti sono dei nostri contenuti mentali, e questo svia da una corretta lettura. Mi è capitato di vedere in alcuni libri della scuola elementare dei miei figli, nelle parti dedicate all'educazione all'immagine, frasi di questo tipo: "A cosa ti fa pensare questa immagine? Quali sensazioni ti procura?". Anche se può essere un uso legittimo dell'immagine, non è certo un buon avvio alla lettura. Così non si avvicina il lettore all'autore. L'immagine diviene un pretesto per leggere "in se stessi". E' sacrosanto quello che dici a proposito del conoscere il periodo storico e tutto il resto. E' anche vero che non è facile, se non impossibile cogliere appieno il messaggio dell'autore, ma ci si può provare e, nella massima umiltà, se il processo di lettura è corretto, ci si può avvicinare molto, senza pretendere di esaurirne il significato.
Ciao
Enrico

Inviato da: apeiron il Mar 14 2006, 11:10 PM

Franco, come dicevo a Enrico, la fotografia non possiede (per fortuna?) il carattere di altre opere d'arte. La fotografia ha dovuto perfino affrontare il dibattito, mai concluso, relativo al suo riconoscimento come forma d'arte. E questo significa molto.
Essa deve poter vivere delle sue particolarissime e specifiche qualità sulle quali molto c'è ancora da scoprire, riconoscere, definire...
Se la fotografia avesse il carattere di un'opera architettonica o pittorica potremmo, e forse dovremmo, servirci obbligatoriamente di un'analisi storica per poterla conoscere e quindi amare. Ma l'immediatezza della fotografia, il suo prevalente carattere di testimonianza (e qui finalmente rivelo la mia inclinazione) non ci chiedono di compiere queste analisi per avvicinarla, per amarla.
Una fotografia la si ama, mi pare, in un tempo pari a quello di uno scatto.
apeiron


Inviato da: enrico il Mar 14 2006, 11:20 PM

Visto l'interesse per la lettura, mi permetto di inserire due immagini, entrambe con soggetti al lavoro, eppure molto diverse. La loro qualità non è elevata: sono delle riproduzioni di vecchie diapositive e non ne ricordo gli autori. Non inserisco nessuna scheda. Invito chi vuole a commentarle.
Enrico

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Inviato da: apeiron il Mar 14 2006, 11:25 PM

Ciao Enrico, non vorrei davvero perdere il filo con te. Ho però l'impressione che siamo impermeabili. Alla tua visione analitica io contrappongo la mia un pò impressionista. Voglio dirti però che il tuo modo rigoroso di vedere le cose mi garba parecchio. smile.gif
Apeiron

Inviato da: Franco_ il Mar 15 2006, 09:37 AM

QUOTE(apeiron @ Mar 14 2006, 11:10 PM)
Franco, come dicevo a Enrico, la fotografia non possiede (per fortuna?) il carattere di altre opere d'arte. La fotografia ha dovuto perfino affrontare il dibattito, mai concluso, relativo al suo riconoscimento come forma d'arte. E questo significa molto.
Essa deve poter vivere delle sue particolarissime e specifiche qualità sulle quali molto c'è ancora da scoprire, riconoscere, definire...
Se la fotografia avesse il carattere di un'opera architettonica o pittorica potremmo, e forse dovremmo, servirci obbligatoriamente di un'analisi storica per poterla conoscere e quindi amare. Ma l'immediatezza della fotografia, il suo prevalente carattere di testimonianza (e qui finalmente rivelo la mia inclinazione) non ci chiedono di compiere queste analisi per avvicinarla, per amarla.
Una fotografia la si ama, mi pare, in un tempo pari a quello di uno scatto.
apeiron
*



Ciao Apeiron, la fotografia non è nata come forma d'arte; sia Daguerre che Talbot mostrarono difatti le prime loro prime immagini a scienziati e non ad artisti. E neanche la pittura nacque come forma d'arte (mi riferisco ai primi graffiti lasciati nella notte dei tempi sui muri delle caverne).
La fotografia è nata per documentare, fissare un qualcosa che è accaduto nella storia e conservalo nel tempo. Ma la documentazione è sempre soggettiva, dipende da ciò che includi o escludi dall'inquadratura, da ciò che vuoi enfatizzare, da ciò che vuoi minimizzare, quindi, volente o nolente è sempre mediata dall'autore: è per questo che secondo me è importante la conoscenza "del contorno". So che questo è difficile, se non impossibile, ma certamente aiuta molto a capire.

Un saluto

Inviato da: Led566 il Mar 15 2006, 09:57 AM

QUOTE(enrico @ Mar 15 2006, 12:20 AM)
Visto l'interesse per la lettura, mi permetto di inserire due immagini, entrambe con soggetti al lavoro, eppure molto diverse. La loro qualità non è elevata: sono delle riproduzioni di vecchie diapositive e non ne ricordo gli autori. Non inserisco nessuna scheda. Invito chi vuole a commentarle.
Enrico

...
*



Sto cercando di prepararmi per affrontare questo esercizio appena ho un po' di tempo.
Enrico tu potresti essere così gentile da condividere una tua lettura di http://www.nital.it/forum/index.php?showtopic=30778 postata da Claudio senza avere letto i commenti degli altri (che per inciso sono tutti più o meno concordanti)?
Ho idea che ne nascerebbe qualcosa di interessante.

Ciao.

P.S. abruzzese di dove?

Inviato da: enrico il Mar 15 2006, 03:14 PM

QUOTE(Led566 @ Mar 15 2006, 09:57 AM)
Sto cercando di prepararmi per affrontare questo esercizio appena ho un po' di tempo.
Enrico tu potresti essere così gentile da condividere una tua lettura di http://www.nital.it/forum/index.php?showtopic=30778 postata da Claudio senza avere letto i commenti degli altri (che per inciso sono tutti più o meno concordanti)?
Ho idea che ne nascerebbe qualcosa di interessante.

Ciao.

P.S. abruzzese di dove?
*



Ciao,
ci provo volentieri:

Seguo sempre la scaletta: cosa – come – perché

Il cosa:
una persona accovacciata, alle prese con qualcosa che, data la risoluzione della foto, non si capisce bene cosa sia. L’atteggiamento e la borsa di carta lasciano però intendere il consumo di un pranzo. Che si tratti pranzo lo si capisce dall’illuminazione che rivela un sole prossimo allo zenit, quindi a metà giornata. La persona è appoggiata nell’angolo di un muro alto. Oltre il muro spuntano parti di tetti e di vegetazione. Più lontano ci sono dei fabbricati condominiali a più piani di una edilizia intensiva. Sullo sfondo del cielo si staglia una imponente gru e sullo sfondo a sinistra, dei fabbricati che sembrano ancora in costruzione.
Il come:
La foto è praticamente tagliata orizzontalmente in due metà di pari superficie. La zona inferiore è quasi nuda, essendo costituita da un muro spoglio che mette in risalto l’unico elemento, l’uomo seduto, che è anche l’unico elemento animato, umano della foto. L’uniformità, di superficie e cromatica, del muro, accentua la solitudine, l’isolamento del soggetto che è posto in evidenza dalla sua collocazione al centro dell’immagine e quasi alla convergenza delle linee prospettiche del muro stesso.
La metà superiore della foto è invece più vivamente strutturata, vibrante di contrasti chiaroscurali. I colori sono poco enfatizzati e predominano tonalità quasi neutre.
Il perché
Anche se nella realtà “potrebbe” trattarsi di un operaio che sta vivendo la pausa pranzo su di un altro edificio in costruzione, il fotografo, con le sue scelte compositive, mette in contrapposizione le due zone, a mio avviso, per accentuare una sensazione di solitudine e di isolamento. Oltre non vado perché altrimenti rischierei delle “integrazioni culturali”, cioè di leggere quello che, più che nella foto, è nella mia mente e nella mia cultura.
Si potrebbe dire qualcosa di più, se si conoscesse il luogo, il tempo, l’autore e, magari, le altre foto nel caso si trattasse di un reportage, o comunque, altre foto dell’autore.
In ogni caso, se ci fermiamo nella lettura agli elementi che abbiamo, credo possiamo avvicinarci con onestà all’intenzione dell’autore.
Enrico


Inviato da: apeiron il Mar 15 2006, 11:24 PM

Elogio del forum
Questo forum, questa discussione, è davvero una grande ricchezza. Mi invita a riflettere sul mio interesse per la fotografia e mi insegna a condividerlo. Scrivere, e ancor più leggere i vostri contributi, arricchisce il mio sguardo di infinite sfumature. Una carta di gradazione "0".
Mi invita ad essere autentico, a dare il meglio di me, per incontrare l'interesse di qualcuno di voi.
La fotografia continua a stupirmi. ohmy.gif

Inviato da: Led566 il Mar 16 2006, 09:55 AM

QUOTE(enrico @ Mar 15 2006, 04:14 PM)
Ciao,
ci provo volentieri:

... il fotografo, con le sue scelte compositive, mette in contrapposizione le due zone, a mio avviso, per accentuare una sensazione di solitudine e di isolamento. Oltre non vado perché altrimenti rischierei delle “integrazioni culturali”, cioè di leggere quello che, più che nella foto, è nella mia mente e nella mia cultura.
...
*



Beh, direi ... perfetto, nel senso che poi, secondo me, la maggior parte dei commenti sono partiti da questa base e, come dici tu, l'hanno "integrata".

In questo caso la nostra integrazione culturale ci porta più o meno tutti al concetto di "alienazione" legato allo sviluppo della società capitalistica postindustriale, il sentire l'uomo diverso ed estraneo alle "cose" che ha creato, l'umanità che rigetta la "reificazione".
Questi concetti sono ormai entrati nel DNA dell'uomo occidentale, ce li insegnano anche alla scuola media...

Sarebbe curioso chiedere ad un cinese (perché la foto è stata fatta in Cina) qual'é invece la sua lettura.

Comunque la tecnica di lettura che ci hai illustrato mi sta appassionando, mi sembra che fermandosi al punto giusto riesca a dare degli spunti molto validi.
Vedrò di procurarmi il libro del Taddei...

Inviato da: enrico il Mar 16 2006, 03:15 PM

QUOTE(Led566 @ Mar 16 2006, 09:55 AM)
Beh, direi ... perfetto, nel senso che poi, secondo me, la maggior parte dei commenti sono partiti da questa base e, come dici tu, l'hanno "integrata".

In questo caso la nostra integrazione culturale ci porta più o meno tutti al concetto di "alienazione" legato allo sviluppo della società capitalistica postindustriale, il sentire l'uomo diverso ed estraneo alle "cose" che ha creato, l'umanità che rigetta la "reificazione".
Questi concetti sono ormai entrati nel DNA dell'uomo occidentale, ce li insegnano anche alla scuola media...

Sarebbe curioso chiedere ad un cinese (perché la foto è stata fatta in Cina) qual'é invece la sua lettura.

Comunque la tecnica di lettura che ci hai illustrato mi sta appassionando, mi sembra che fermandosi al punto giusto riesca a dare degli spunti molto validi.
Vedrò di procurarmi il libro del Taddei...
*



Dopo aver scritto la mia lettura dell’immagine che mi hai proposto, sono andato a leggermi i post dei partecipanti a quella discussione. Vi ho respirato un po’ l’aria di alcuni corsi di lettura dell’immagine e mi sono venute alcune riflessioni che ritengo importanti.
Una fotografia la si può esaminare in due modi diversi, entrambi legittimi:

1 - "Interpretare la fotografia". La nostra intenzione è allora quella di rispondere alla domanda: “Cosa mi dice questa immagine? A che mi fa pensare?”. Accanto ad osservazioni oggettive, ci si lascia andare alle sensazioni e si apre la strada alle “integrazioni culturali”. Ne vengono fuori interpretazioni a volte simili, a volte diverse, a volte addirittura opposte, così come ho potuto leggere nei vari interventi. Ciascuno legge l’immagine alla luce della propria cultura, della propria storia, del proprio credo, della propria esperienza, dello stato d’animo del momento. In questo tipo di approccio c’è più del lettore che dell’autore della foto.

2 – “Leggere la fotografia”. In questo caso l’intenzione è quella di cercare di risalire a ciò che l’autore ha voluto comunicarci. E’ allora essenziale pulire la nostra analisi da qualunque integrazione culturale che, naturalmente ed inevitabilmente, tende ad affiorare. In questa operazione è cruciale la prima fase della lettura, quella del “cosa”. Fase che a prima vista potrebbe apparire banale e superabile. Per fare un esempio concreto, allego una immagine di Giuseppe Alario, immagine che spesso mostro nei corsi nel momento in cui, dopo aver eseguito io alcune letture, invito i partecipanti a provare. Invariabilmente sento dire: “Una bambina che si appoggia alla madre”.

user posted image

Non c’è nulla nella foto che ci dice che la persona cui si poggia la piccola creatura sia la mamma. Potrebbe essere la nonna o la zia o chiunque altro. Questa è appunto una integrazione culturale o psicologica. Alcuni vedono addirittura una donna incinta. Potrebbe trattarsi di una persona semplicemente obesa. Quello di spogliare la lettura da queste integrazioni, è proprio il lavoro più duro che mi è sempre toccato fare. Ma è proprio la presenza di queste “integrazioni” che rischia di allontanarci dal pensiero vero dell’autore. Che poi arrivare a capire cosa l’autore voleva dirci non sia cosa semplice, siamo d’accordo, ma questa è la strada più sicura per avere delle buone probabilità.
Un’altra foto che mi viene in mente (ma che non sono riuscito a ritrovare), è quella di un gruppo di bambini che stanno guardando qualcosa che è al di fuori dell’inquadratura. Il taglio pone al centro un bambino con la testa rivolta leggermente verso l’alto, con la bocca atteggiata a stupore e con un’aria di forte interesse. L’inquadratura taglia gli altri bambini che sono accanto al primo e che quindi si vedono solo in parte, ma tutti manifestano lo stesso identico atteggiamento. La foto è in B/N ed è ripresa col teleobiettivo. La lettura della foto ci porta a capire che il fotografo ha voluto porre in evidenza quell’aria di interesse e meraviglia intensi verso un qualcosa che è fuori del quadro. E questa è la lettura corretta. Se si legge poi la didascalia, si vede che si tratta di bambini russi che stanno vedendo tutti insieme in una piazza, uno dei primi televisori (si tratta di una immagine di tantissimi anni fa). Letta la didascalia, la foto ci appare sotto una luce diversa. In ogni caso, la lettura fatta precedentemente continua ad essere corretta.

Questa discussione sta volgendo verso il tema della lettura della fotografia, argomento assai affascinante. Non credo comunque che stiamo uscendo fuori dal tema iniziale. Credo che proprio provando a leggere delle fotografie ben precise, ci possiamo rendere conto del fatto che la fotografia può essere, oltre che documentazione, anche espressione.
Enrico




 

Inviato da: apeiron il Mar 19 2006, 11:35 PM

Ancora una riflessione sul "perché" in fotografia.
Enrico propone un metodo che distingue, correttamente, fra interpretazione e lettura dell'immagine.
Il metodo, certamente rigoroso, porta alla ragione ciò che, per il carattere proprio della fotografia, deve restare allo stupore.
Il "perché" a volte parte dal presupposto che il fotografo nel rivelarci qualcosa del mondo, voglia indicarci qualcos'altro, al di là della testimonianza. Ci inviti a riconoscere un messaggio dissimulato, il cui significato sta oltre l'immediatezza, oltre quell'istante. Di quell'istante ilfotografo si servirebbe per indicarci una riflessione da fare, che rimanda a significati altri, ben presenti nelle intenzioni dell'autore addirittura primadello scatto. Come se il fotografo cercasse la prova delle sue intenzioni attraverso la realtà.
Mi pare che questo sottragga allafotografia il valore di "quell'istante", della irripetibile compresenza di segni, dell'unicità di "quel" momento...
La macchina fotografia rende la realtà atomica, maneggevole, opaca. E' una visione del mondo che nega la connessione e la continuità, ma che conferisce ad ogni momento il carattere di un mistero. ohmy.gif Susan Sontag
Un saluto

Inviato da: apeiron il Mar 30 2006, 10:04 AM

Peccato che questa discussione si sia esaurita! Molti visitatori ma pochi interventi.Perchè?
La fotografia ha bisogno di essere continuamente pensata. Ha ancora bisogno che venga pensata la sua funzione, il suo ruolo... Il suo orizzonte culturale non è stato ancora tracciato, forse solo sfiorato. La sua poetica non ancora definita.
Se questo non viene fatto, la fotografia continuerà ad occupare il suo posto "marginale".
Non ha mai conquistato una posizione riconosciuta come arte. Non ha mai convinto tutti. Eppure molte e rilevanti sono le espressioni artistiche della fotografia. Sono forse meno artistiche di altre? Nemmeno il suo ruolo educativo, di educazione visiva, progettuale, è stato esplorato fino in fondo.
Ma forse non è questa la strada. Probabilmente il suo riconoscimento non passa per questa via.
Forse bisogna guardare nella direzione che le è propria, vale a dire di insostituibile testimone.La sua bellezza sta (anche) in questo. Una foto è bella anche quando testimonia un orrore, una disperazione...Penso alla straordinaria bellezza delle foto di David Turney, Nick Ut, Ghaith Abdul Ahad...
Possiamo pensare di esaurire il tutto nel compiacimento delle nostre attrezzature (sono il primo a compiacermi!), dello scatto postato e acclamato dal forum...? hmmm.gif
Apeiron

Inviato da: PAS il Mar 30 2006, 03:23 PM

QUOTE(apeiron @ Mar 30 2006, 11:04 AM)
Peccato che questa discussione si sia esaurita! Molti visitatori ma pochi interventi.Perchè?
.....
Possiamo pensare di esaurire il tutto nel compiacimento delle nostre attrezzature (sono il primo a compiacermi!), dello scatto postato e acclamato dal forum...?


Non penso sia questo il punto, anche se girovagando per i vicoli del Forum a volte se ne ha l'impressione, bensì, probabilmente, il fatto che il tema (o il complesso di temi) che hai proposto nel tuo bel thread abbia già in passato dato spunto ad http://www.nital.it/forum/index.php?showtopic=24792&hl=leggere+la+fotografia
Ovviamente non significa che sia già stato detto tutto, ma si può comprendere una certa inerzia a riproporre le proprie medesime considerazioni.
Esiste inoltre la scuola del fotoamatore “pragmatico” più sensibile alla tecnica fotografica ed all’estetica dell’immagine piuttosto che alle sue chiavi di lettura.

Personalmente essendo intervenuto in altri thread su temi affini, anziché proseguire nel dibattito sul filo di chi mi ha preceduto preferisco ritornare al tuo quesito iniziale:

QUOTE
Testimonianza e/o espressione?


A mio parere le due alternative che proponi non sono su un piano omogeneo:
Espressione è un mezzo, testimonianza è un "prodotto".
Ritengo che la fotografia sia innanzitutto un mezzo espressivo.
Da un mezzo espressivo (qualunque mezzo espressivo) deriva una summa di “prodotti” (orribile ma efficace) offerti consapevolmente o a volte inconsapevolmente dall’autore a chi ne fruisce: piacere estetico, emozione, testimonianza (appunto).
Quindi per rispondere: la fotografia può anche essere testimonianza ma sicuramente è espressione.

Proseguo con una provocazione:
dici:

QUOTE
.....
Non ha mai conquistato una posizione riconosciuta come arte. Non ha mai convinto tutti. Eppure molte e rilevanti sono le espressioni artistiche della fotografia.....


Spesso, anche nel nostro forum leggiamo il vocabolo “arte” associato alla fotografia.
Attenzione ad inflazionare i concetti.

Oggi quando si dice arte generalmente la si intende in senso estetico moderno.
Qualche tempo fa “arte” era il sapere unito all’abilità nel produrre oggetti. Quindi riportando ad oggi questo concetto primigenio, un abile fotografo che produce una fotografia tecnicamente ineccepibile utilizzando tutte le risorse tecnologiche a disposizione ha prodotto “arte”, infatti ha unito il sapere all’abilità.

Quindi cosa intendiamo per “arte” nell’ambito della fotografia?
hmmm.gif hmmm.gif





Inviato da: apeiron il Apr 4 2006, 09:26 PM

Ciao Valerio.
Ho letto solo adesso il tuo Life Una sola foto. Grazie per quello che hai saputo trasmettermi. E' una sensibilità che amo incontrare, bellisssima, non certo rara in questo forum. Questo mi dispone con un'altra, diversa, attenzione. Grazie anche per questo.
Non so se una testimonianza è un prodotto, per quanto tra virgolette. Forse si, ma allora non ne potremmo percepire il valore.Non potremmo provare quell'emozione che sentiamo proprio perché quella testimonianza "ci chiama".
Nel momento in cui diventa testimonianza, cessa di essere "prodotto", perché in quel "documento" riconosciamo qualcosa, nel senso che c'è qualcosa di noi. Siamo tutti perfettamente in grado, anche i più sprovveduti culturalmente,di riconoscere il valore di un documento fotografico. Quel documento è tale quando è in grado di raccontarci in un istante, senza mediazioni, un frammento di vita, di esperienza, di cui però già possediamo traccia. Quando è in grado di portare in superficie una emozione che già ci appartiene, anche se mai vissuta. E' testimonianza quando ci mostra qualcosa che non abbiamo mai visto con gli occhi ma che è già dentro di noi.
Alla tua domanda è davvero difficile rispondere, almeno per me.
Non c'è un'arte propria della fotografia. O meglio, come in tutte le altre forme espressive, le fotografie raggiungono le opere d'arte ogni volta che, con Rilke, "solo l'amore le può abbracciare e tenere ed esser giusto verso di esse". E ancora: "Tutto è portare a termine e poi generare. Lasciar compiersi ogni impressione e ogni germe d'un sentimento dentro di sé, nel buio nell'indicibile, nell'inconscio irraggiungibile alla propria ragione, e attendere con profonda umiltà e pazienza l'ora del parto d'una nuova chiarezza..." Mi pare questo il percorso dell'arte, anche in fotografia.
Con affetto, apeiron

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