I AM | NANDOCALABRESE

I AM | NANDOCALABRESE
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Biografia
Nando Calabrese, pur seguendo altri percorsi professionali, ha portato sempre avanti la sua passione per la fotografia e molti suoi lavori sono stati pubblicati da quotidiani locali e nazionali e da testate on-line. È iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Campania. Gran parte della sua esperienza fotografica è - principalmente - maturata nel mondo dell’arte. Da anni, “racconta” con le sue immagini le mostre d’arte contemporanea che si svolgono a Napoli e dintorni, è autore di numerosi cataloghi d’arte, di foto dedicate ad eventi e la sua opera rappresenta una sorta di memoria di vernissage, finissage, visite ad esposizioni: Nando Calabrese è, in pratica, una presenza costante negli eventi artistici napoletani. Dalla prima mostra, con l’artista Tony Stefanucci al Caffè dell’Epoca nel 2008, numerose sono state le partecipazioni ad esposizioni collettive: Parigi, Roma, Napoli. Nell’ambito della rassegna “Napoli incontra il Mondo 2017”, ha tenuto una mostra personale intitolata SCATTI X L’ARTE raccontare la città e i suoi segni. Ultimamente ha aderito con un suo lavoro al progetto “SOS Partenope” a Castel dell’Ovo per sostenere la traduzione italiana di un’opera di Jean Noel Schifano dedicata a Napoli ed è tra i partecipanti all’importante collettiva “Un Eco X tutti” che dal MANN di Napoli è giunta sino a Miami in occasione della rassegna Art Basel 2017.
L'Arte e la Città ultima mostra personale svoltasi al Palazzo delle Arti Napoli dal 27 gennaio al 12 febbraio 2018.
Testo del catalogo della Critica d'Arte Antonella Nigro

L’opera nell’opera
Senso, tempo e colore nell’opera di Nando Calabrese


Nando Calabrese presenta una ricerca molto interessante che sviluppa ed approfondisce molteplici aspetti dell’arte fotografica. L’artista, innanzitutto, opta per il bianco e nero, una scelta efficace che rafforza il senso e la comunicatività dell’immagine, rendendola evocativa e sottraendola ad una lettura eccessivamente realistica. Le forme delle magnifiche architetture di alcuni tra i più bei palazzi napoletani, emergono attraverso passaggi chiaroscurali negl’intensi toni del grigio, conferendo ai volumi maggiore purezza ed una manifesta e magica tridimensionalità. In questo modo, il ritmo e le ripetizioni presenti nelle architetture appaiono ben distinte, grazie alle diverse intensità di luce che partecipano, con ombre rese vive, al pari degli oggetti e delle componenti spaziali ritratte. La profondità risulta elemento narrativo essenziale nel taglio minimalista e sobrio scelto dall’artista, conferendo completezza e pienezza anche alle composizioni più ardue. Nando Calabrese osserva intenzionalmente la realtà con la volontà di selezionarne una porzione significativa capace di comunicare qualcosa in più, propone cioè, una visione ulteriore, inedita e profonda di ciò che lo circonda. Tale procedimento è, nuovamente, arricchito dalla scelta monocromatica, poiché la fotografia in bianco e nero si distanzia dalla realtà che, per sua natura, è a colori e l’immagine assume una connotazione astratta non documentaristica, lasciando spazio all’interpretazione, peculiarità dell’opera d’arte. Fotografare la bellezza e la potenza visiva di antichi palazzi presuppone non solo una capacità tecnica da parte dell’artista, ma anche e soprattutto un’acuta sensibilità e una buona conoscenza della storia dell’arte, caratteristiche che hanno trovato nella preziosa collaborazione di Sergio Attanasio un’eccellente sinergia. Nando Calabrese, in questo modo, coglie aspetti, scorci, prospettive singolari: l’inedito nel già visto, il nuovo nel classico.
L’architettura resta un insieme di segni organizzato e strutturato per comunicare, un codice ideato e definito, quindi la sua fotografia deve necessariamente essere consapevole del linguaggio e del messaggio costruttivo per poterlo, poi, tradurre in immagini secondo una doppia, articolata visione: quella originaria che non deve essere travisata, e quella del fotografo che la reinterpreta alla luce della sua emotività e del suo sentire. Il lavoro di Nando Calabrese diviene, dunque, di grande responsabilità, ogni scatto è diverso dal precedente e si complica di senso e significato, poiché in ogni spazio, villa, reggia, corte, è protagonista un artista contemporaneo con la sua opera. Nando Calabrese entra in simbiosi, in sintonia con l’operare di ognuno cercando e trovando un legame, un’interdipendenza, tra le opere e le architetture che le ospitano, arrivando ad un’accurata e precisa fusione. Il bianco e nero è, così, impreziosito da una stilla di colore che attira l’attenzione su quell’unico elemento: l’opera d’arte, il dipinto, la scultura, l’installazione. La reinterpretazione dell’opera nell’opera, che vide nell’ambito fotografico Philippe Halsman e Salvador Dalì protagonisti di memorabili collaborazioni o Holbein il Giovane stupire con il dipinto Ambasciatori, trova compiuta manifestazione nello studio di Calabrese. L’atmosfera rarefatta ed irreale emersa con i toni del grigio, è improvvisamente disattesa da accese cromie che hanno il pregio di unire il passato al presente, la staticità al movimento, poiché se con il bianco e nero l’artista confonde volutamente la connotazione temporale astraendo dall’epoca l’ambientazione, con il tocco sapiente del colore focalizzato sulle opere d’arte, riporta l’immagine finale
in una conscia contemporaneità accompagnata dal sorriso e, a volte, dal giubilo beffardo del suo autore.
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