Tempo fa, alcuni eoni fa, si pensò di creare una sorta di manuale fotografico in rete. Per parte mia mi ritagliai il compito di esaminare i criteri compositivi, campo in cui ho qualche esperienza, e soprattutto poco trattato a parte le solite raccomandazioni e formulette, come per esempio di seguire la "regola dei terzi"...
Mi sono concentrato sulla fotografia di paesaggio per una ragione semplice: è un soggetto statico su cui è più probabile si applichino dei criteri compositivi, che passano in secondo piano nel caso del reportage, per esempio. Inoltre la varietà dei climi, degli habitat, delle stagioni e dei momenti, garantisce anche una varietà di forme pressoché infinita.
Disclaimer
Questa discussione l'ho intenzionalmente aperta nella sezione Cultura, Temi perché non è esclusivamente una questione tecnica, e tanto meno solo fotografica. La sezione di tecniche fotografiche imporrebbe un taglio completamente diverso. Io non desidero dare istruzioni su come comporre il soggetto vattelapesca, ma riflettere sugli strumenti compositivi adottati nella fotografia, e ciò implica anche considerazioni 'filosofiche': visioni del mondo, e non solo impostazioni del tempo e del diaframma. Questa riflessione è naturalmente aperta ai vostri contributi.
Premessa
Preferisco esaminare direttamente le immagini, piuttosto che teorizzare e formulare, ma una breve premessa va fatta, a partire dai principali formati fotografici.
Il più noto e usato è il 35 mm., modo abbreviato di indicare la pellicola 24 x 36. La scelta di queste proporzioni tra lato maggiore e minore dipende dal plurimillenario uso delle proporzioni armoniche, ovvero i rapporti numerici su cui si fondano gli accordi musicali antichi -e moderni. Le principali proporzioni armoniche mettono in rapporto i primi quattro numeri. La prima, 1:2, è nota come in Greco come http://www.demauroparavia.it/32503, termine ancora in uso; la seconda, 2:3, è il http://www.demauroparavia.it/32506 (o intervallo di quinta); la terza, 3:4, è il diatessaron (o intervallo di quarta).
Basterà dividere 24 e 36 per 12 per rendersi conto che la pellicola 35 mm. è nelle proporzioni armoniche di diapente, o 2:3, come il piccolo dei grandi formati, il 6:9 (in questo caso basterà dividere per 2). Mentre è altrettanto evidente che il monitor televisivo e i sensori delle compatte sono impostati sulla proporzione di diatessaron o 3:4 (provate a dividere 800x600 per 200...).
Insomma, circa tremila anni dopo il tetracordo di Filolao, cioè la cetra, con quattro corde accordate secondo le proporzioni armoniche, la civiltà occidentale usa ancora gli stessi criteri. Ecco il tetracordo:
Ha quattro corde, con lunghezze pari a 6, 8, 9, e 12 unità. I rapporti 6:8 e 9:12 sono multipli del 3:4. I rapporti 6:9 e 8:12 sono multipli del 2:3. 6:12 è un rapporto di diapason, multiplo di 1:2.
Dunque molti formati fotografici sottendono già determinate proporzioni, che a loro volta implicano delle suddivisioni 'naturali'. Per esempio nel caso del formato 24x36, il rettangolo può essere suddiviso in sei quadrati regolari:
Dunque, prima d'applicare altri sistemi proporzionali (come la sezione aurea, o la tripartizione, nota come nel mondo della fotografia come "regola dei terzi"), è bene sapere e conoscere le suddivisioni sottese ai principali formati delle pellicole e dei sensori (per esempio il 4x5" è impostato sempre su un rapporto armonico...).
Ci sarà modo d'approfondire le implicazioni cosmogoniche e pratiche sottese alle proporzioni armoniche (o ad altri sistemi compositivi, che sono sempre e comunque processi d'ordinamento del mondo). Per il momento partirei con questa foto di Cartier Bresson:
Le ragioni della scelta? Molto pratici: non ho trovato molti paesaggi di HCB in rete, è di dimensioni ampie, è impostata sulla "regola dei terzi": cominciamo quindi da composizioni 'canoniche'...
Anzitutto noterete che, sebbene non sia una delle foto migliori di HCB, è stata stampata senza badare troppo a certi aspetti che oggi, nell'era digitale, stanno diventando persino fisime. Il formato globale non è proprio regolare, e si vede bene che il lato superiore non è parallelo alla base. Si vedono bene anche pelucchi di discrete dimensioni e granelli di polvere...
HCB non si è preoccupato di saturare in particolar modo il cielo, anzi. Il grigio chiaro gli è giovato a mettere in risalto il soggetto, cioè la coppia di filari d'alberi che scorciano verso l'orizzonte dopo una curva. Tutta la composizione si basa sull'impostazione di due assi: l'orizzonte (che è un po' storto... ) e i filari d'alberi.
Il filare di sinistra si appoggia sul primo terzo del formato (cioè sulla prima suddivisione naturale del formato 24x36), mentre l'orizzonte coincide -inclinazione a parte- col primo terzo dal basso. In altre parole i due assi determinanti della composizione sono ricavati da una suddivisione in terzi. Ecco un esempio semplice, direi lineare, della regola dei terzi...
La foto di Cartier Bresson è un caso d'impostazione assiale della regola dei terzi. Ma una qualsiasi tripartizione d'un quadrilatero non necessariamente comporta di comporre allineando gli assi dei soggetti su quelli del formato. Faccio un solo esempio, che traggo al volo dalla rete, di Joel Smith (era studente nel '99), che ha seguito una diversa modalità di composizione tramite la regola dei terzi:
In questo caso il fotografo ha impostato la composizione su uno zig zag che però ha come assi portanti proprio quelli di tripartizione del formato:
Questo possiamo descriverlo come uno dei modi dinamici di composizione sulla reagola dei terzi...
c'è un seguito?
leggo sempre con attenzione i tuoi interventi e credo che per adesso il tempo non ti manchi
Il tema è interessante, e spazia molto al di là delle discussioni che si sono fatte sulla sezione aurea ed altro, la seguo con interesse, e spero in un seguito e in una altrettanto bella discussione. Grazie.
salvo
Discorso interessantissimo e, fin qui, molto chiaro.
Non vorrei banalizzare e semplificare troppo, ma mi pare di capire che il rispetto delle proporzioni armoniche renda quindi più "gradevole" un'immagine, tant'è che anche il formato del fotogramma si basa su di esse.
E questo avviene anche se l'osservatore non ha coscienza di questo aspetto. Praticamente ci piace "per istinto".
E' così?
[OT]
Approfitto dell'occasione per ringraziarti per il tuo contributo a questo Forum e per complimentarmi per gli scatti del tuo portfolio!
[/OT]
Resto "sintonizzato" su questo thread!
Bruno.
se inquinano questo 3D li uccido!!!
Molto interessante questo thread, chiarissimo grazie.
chiarendo il senso della mia domanda (retorica, ma si è qua per parlare no?), credo si possa parlare di abitudini percettive più che di norme, giusto?
ecco, le abitudini scaturiscono da qualcosa, in questo caso cosa? ma soprattutto, all'inizio cosa ha fatto decidere per questo benedetto rettangolo aureo?
Il http://www.naturacquario.net/foto/composizione/cartier-bressonAn3-800.jpg di Cartier Bresson è in fondo un caso di enfatizzazione del formato 24x36 o, ancor meglio, di "concordanza"... In che senso? Che questo formato, basato sul lato minore pari a 2 e il maggiore pari a 3, viene scandito proprio sull'asse di suddivisione dei 2:3. Insisto sul termine asse, perché si tratta di una composizione che privilegia i valori lineari-assiali. Un caso ancor più netto è questo paesaggio:
In sostanza un elemento viene 'appoggiato' sulla linea di scansione dei 2:3 del formato. Una composizione del genere è semplice: basta guardare, anche a occhio, l'area quadrata del formato. Salgado ha molto probabilmente fatto riferimento allo spazio quadrato a sinistra per dare rilievo al suo soggetto:
finalmente.
grazie nico x aver dato il LA a questa discussione.
Non sono mai stato una cima in matematica ma sto discorso mi prende...
Una cosa mi chiedevo, pensate veramente che all'atto dello scatto l'autore di paesaggi si metta davanti a tutti questi ragionamenti, oppure sia l'istinto e il colpo d'occhio che gli permetta di arrivare in automatico alla composizione giusta?
continuate
gaetano
Le composizioni possibili, basandosi sulle linee strutturali (o di tensione) d'un formato, sono ovviamente molteplici. Provo a fare una breve carrellata, che certamente potrà essere accresciuta e commentata con calma... Una delle più semplici, ed efficaci, è d'usare una delle diagonali come asse di composizione. Ecco una foto di Salgado
e una di Ansel Adams
Le due foto hanno la stessa impostazione lineare: dalla diagonale ascendente (questa diagonale si chiama così per ragioni percettive e culturali: poiché scriviamo da sinistra a destra, abbiamo l'impressione che la diagonale salga) parte un'altra linea obliqua, più semplice nella foto di Salgado, più articolata e modulata in quella di Adams.
Le due foto hanno in comune la stessa impostazione lineare, e in questo caso ambedue esaltano la diagonale ascendente con un soggetto che effettivamente ascende. mentre il sistema tonale è praticamente rovesciato: scuro ciò ch'è sotto la diagonale nel caso di Salgado, chiaro nel caso di Adams. La foto di Salgado è impostata, dal punto di vista tonale su una scala anch'essa "ascendente", con i grigi che vanno a schiarire. Mentre la foto di Adams è più complessa, con le sue quattro aree: la sabbia ondulata e la sabbia perfettamente liscia; le dune in ombra e in luce.
In ambedue i casi, tuttavia, è evidente che la diagonale è solo l'asse d'impostazione per una dinamica tonale più articolata...
Ecco anche qualche esempio di composizione impostata sulla diagonale discendente. Comincio con una foto celeberrima, scattata da Lewis Hine nel '31:
La diagonale è detta "discendente" perché la nostra consuetudine a scrivere da sinistra a destra e dell'alto al basso ci porta a vederla in questi termini.
In questo caso la posizione dell'operaio è contro la direzione della diagonale, e cioò esalta ulteriormente -se fosse necessario- la sua acrobazia.
In questo caso, invece, usare la diagonale discendente 'aumenta' la velocità del treno (foto di Libsohn):
Ma il fotografo credo conoscesse questo quadro dell'Inglese Turner, uno dei pilastri del Romanticismo. Ha cercato proprio un ponte, e un punto di ripresa del tutto analogo:
La diagonale discendente torna in un'altra foto delle stesso autore, Libsohn, nello stesso anno (1945):
Il tema è analogo a quello di Hine: l'eroicità dell'operaio, e Libsohn lo imposta in maniera analoga: la diagonale discendente come asse che vede l'operario sormontare le difficoltà. Tuttavia Libsohn ha usato anche la diagonale opposta, che dà slancio alla sua figura... Qualcosa di simile lo propone nel campo architettonico Andreas Feininger:
Sempre restando su sistemi compositivi lineari, semplice quanto la diagonale, ma ancor più noto e usato è l'asse di simmetria speculare, orizzontale o verticale.
Cartier Bresson ha voluto mettere in assoluto risalto non l'ile de la cité parigina, ma la simmetria dei due ponti che la collegano alle rive della Senna. Per questa ragione ha scelto una giornata di foschia, che rarefacesse il paesaggio retrostante, e una pellicola granulosa. L'asse di simmetria verticale coincide con la mediana del formato e i ponti si collocano anch'essi nella fascia mediana orizzontale: una sorta di crociera (non per viaggiare, però... ).
Molto frequente nella fotografia di paesaggio è il ricorso all'asse di simmetria orizzontale, quando i riflessi sull'acqua permettono di raddoppiare il paesaggio... Ansel Adams tiene in questo caso l'asse alto, e dà spazio ai toni scuri del primo piano:
Possiamo considerare una variante dell'asse di simmetria speculare la composizione costruita sulla colonna centrale. La foto seguente, di Watkins, è stata scattata nello Yosemite, e credo sia stata meditata da Adams. Watkins estende in questo caso il motivo della "quinta" tipico della pittura di paesaggio, in genere costituito da fronde scure che incorniciano e mettono in risalto l'area centrale e luminosa del paesaggio.
Watkins però lo varia abbondantemente. Non solo perché il soggetto gl'impone la verticale, ma anche perché alla fine la "quinta" assume pari rilevanza del soggetto...
Se è probabile, molto probabile che Adams abbia meditato le foto scattate da Watkins allo Yosemite, mi sembra quasi certo che lo abbia fatto Andreas Feininger, che ha sposato la composizione alla "foresta" d'acciaio e calcestruzzo di New York...
Ecco una variante, sempre di Feininger...
E una sorta di calco complementare, di Ansel Adams... Complementare perché resta invariato il sistema tonale -scuro nelle due colonne laterali, chiaro nella centrale- ma il soggetto chiaro, in luogo d'essere sullo sfondo, indietro, è in primo piano...
Un intervento che merita di essere letto, analizzato con cura e salvato come documento di grande interesse.
GRAZIE Nico.
Un caro saluto
Carissimo Nico, sai quanto questo tema sia per me interessante e al tempo stesso complesso ed inesauribile... E sai anche che il mio "punto di vista" sulla questione passa anche dal mio approccio professionale, non-fotografico.
Andiamo ad esaminare un attimo quello che dici sulle proporzioni armoniche.
La tua disamina prende in considerazione il sistema musicale "occidentale". Ma esiste una ricerca di qualche anno fa, una ricerca incentrata sul concetto di "bellezza" e sul tentativo di scoprire se questo concetto astratto fosse in qualche modo codificato in natura, poi estesa alla bellezza non visiva, che ha scoperto che quelle proporzioni sono riconosciute come "belle" e utilizzate per le loro melodie anche da uccelli, anfibi, primati, cetacei e chi più ne ha più ne metta. Non solo, ma la bellezza visiva stessa veniva identificata in natura da una serie di "codici" (primo fra tutti la simmetria) che, per una fortuita quanto sospetta coincidenza, seguono esattamente le proporzioni da te enunciate.
Sorge allora un piccolo sospetto (almeno nella mia mente malata e paranoica): sarà mica che queste proporzioni, questi rapporti numerici, sono comuni a tutte queste forme espressive e a queste specie così diverse fra loro, e nel caso umano sono state codificate e condivise per millenni anche da culture lontane e diversissime, perché sono costituzionalmente inscritte nella nostra struttura neurologica?
Ed ecco che mi vengono in aiuto studi che non hanno apparentemente nulla a che fare con la fotografia, e cioé quelli di psicologia generale... e in particolare di psicologia della forma, o Gestalt, che si occupano appunto di percezione e dei suoi schemi.
Attraverso questi scopriamo che le suddette proporzioni "descrivono" la distribuzione dei centri neurologici di attenzione visiva, e le posizioni e proporzioni dei centri di aggregazione percettiva neurologica. Insomma, le proporzioni armoniche sono codificate nella nostra neurologia. Al punto che esistono intere famiglie (colonne) di neuroni della via visiva superiore che sono deputati a riconoscerle e a raggrupparle... e altre delle vie visive inferiori che "riconoscono" tali raggruppamenti e li "trasformano" in "categorie di immagini", come ad esempio "visi"... ne abbiamo persino una per la categoria "case"!
Rimane pur vero che alcune cose, come il fatto che una diagonale sia percepita come ascendente o discendente, sono influenzate da fattori culturali... Ma le regole base sono, e restano, le stesse, almeno per quello che ne so io, che certamente non è molto.
La cosa che è per me importante è il modo in cui, neurologicamente e culturalmente, vengono percepite le espressioni di queste "regole".
Cosa succede se prendo un determinato soggetto e comincio, a parità di tutte le altre condizioni, a modificare solo i parametri della composizione? In che modo cambia la mia percezione del soggetto? Come si trasformano le mie sensazioni? In cosa cambia la "storia" che quell'immagine mi racconta?
Ecco, questo è qualcosa che mi piacerebbe fare, magari con qualcun altro: un thread "sperimentale" in cui ci sia un solo soggetto fotografato con tante "regole compositive" diverse... per vedere di nascosto l'effetto che fa!
Davide
E' un 3d molto interessante da seguire con attenzione complimenti Nico
interessante e utilissimo, ottimi gli esempi ,
ciao
Jò
Mi rendo conto di essere OT ma l’intervento di Davide mi ricorda un "esperimento" fatto qualche tempo fa e che non aveva come oggetto la composizione, bensì i parametri tonali di un’immagine.
Lo racconto brevemente, scusandomi per il fuori tema.
L’immagine era il volto di una bambina che stavo convertendo in b/n con PS utilizzando la funzione “color mixer”.
Dopo la conversione, intervenendo selettivamente sulla saturazione e luminosità dei colori primari originali, l’espressione del volto veniva via via percepita dai presenti in modo completamente diverso, da dolce a severa a dura a..ecc.
L’interessante era che le percezioni indotte, dichiarate dai presenti, erano grosso modo le stesse e che per modificarle era sufficienti interventi minimi.
Da qui il dubbio che la composizione sia solo uno dei parametri che influenzano la nostra percezione del soggetto.
Infatti il mio dubbio è proprio questo:
I valori tonali fanno parte della composizione, ovvero sono un altro parametro distinto che si combina con la geometria della composizione per determinare la nostra percezione?
Per me la questione è semplice: "composizione" significa mettere insieme. Capisco che tu, ingegnere, possa considerare la composizione come esclusivamente geometrica, Valerio. Ma nell'architettura, nella pittura, insomma nelle arti visive ciò sarebbe impossibile: come fai a "mettere insieme" senza considerare luci e ombre?
I valori plastici sono anzitutto valori tonali: con le linee non è impossibile, ma certo è molto arduo restituire valori plastici...
In un certo senso Maurizio hai colto nel segno, la visione ingegneristica del mondo tende a separare i parametri per meglio modellare ed analizzare l’insieme.
Io sarei portato a studiare un’immagine variandone i toni, a parità di geometrie, o viceversa, per attribuire a ciascun di essi quella che viene definita “sensibilità parametrica” ovvero il ruolo che ciascuno di essi gioca nella percezione del soggetto.
Valerio, ecco un esempio elementare: la struttura semplicissima delle diagonali d'un quadrato, nota come croce di S. Andrea. Sono i toni, sia pure ridotti anch'essi all'osso, a due, a connotarla e darle impronta:
La geometria, in termini compositivi è corrispondente all'ossatura - e al sistema nervoso. Ma ci vuole anche la muscolatura. I toni danno plasticità alle strutture lineari...
Non sapete quanto è bello potervi leggere, apprendere e meditare.
Grazie.
Mi rendo conto adesso che rispondendoti ho anticipato quanto intendevo scrivere oggi, in merito alle composizioni a piramide e a clessidra...
La composizione a piramide è stata ed è di uso frequente.
Mi viene in mente questo se non erro.
La Vergine delle Rocce
1483-86
Ma di composizione a clessidra non ricordo molto.
E allora comincio alla rovescia, dalla composizione a clessidra. Ripropongo lo schema elementare:
E faccio un esempio dello schema 1.A con un francobollo (ahimè) di Feininger:
Francobollo ma eloquente... Feininger pensava esattamente a questo schema, e quando l'ha trovato nella sopraelevata e nella sua ombra l'ha ripetuto dove poteva, cercando ogni variazione:
Però, quando c'è da decidere la copertina del libro, opta per la prima (il francobollo): quella che con più nitidezza esempla lo schema a clessidra.
Prendo Adams per illustrare un esempio dello schema 1.B (le masse scure sui lati verticali):
È sfumato, non aderisce pienamente allo schema, ma sostanzialmente i profili montuosi che si rispecchiano nel lago, disposti ai due estremi, rovesciano lo schema verticale (delle aree in ombra) in un schema orizzontale.
Interessante…ma sai l’appetito vien mangiando!
Nella prima parte del tuo topic hai trattato in particolare gli aspetti geometrici della composizione.
Riprendo questa immagine di HCB da te portata come esempio di applicazione canonica della regola dei terzi.
Cosa percepisco:
Il decentramento dell’albero e l’altezza dell’orizzonte mi rendono decisamente gradevole l’immagine, ma il forte contrasto ne aumenta la drammaticità
Ergo: efficace ed inquietante.
Se a parità di composizione i passaggi tonali fossero stati meno decisi, l’immagine avrebbe probabilmente trasmesso sensazioni più tipiche del paesaggio agreste.
Ergo: efficace e rilassante.
In questo esempio, (ma potrebbe essere un caso particolare) la mia deformazione tecnico-scientifica riesce a separare in modo elementare, ma nettamente, i due parametri (geometria e toni) ed attribuire loro uno specifico ruolo nella mia percezione dell’immagine.
Un esempio del tipo di lavoro che ho proposto ieri: cosa cambierebbe nella "lettura" della foto se il viale fosse, con lo stesso orientamento, sul terzo di DESTRA?
Comunque il fatto che tu scindi dice chiaramente che non si può prescindere dai valori tonali: hai spiegato bene come muterebbe il significato, e quanto...
Così modificata mi da una sensazione più di spazio e come se i filari fuggissero via.
Ancora un'altra, dai...
Questo quadro mi sembra interessante perché -oltre a riprendere le variazioni sulla clessidra di Van Dyck- e a renderle straordinariamente essenziali, prosegue un po' il discorso sviluppato con Valerio sui valori tonali: in questo caso la struttura è ottenuta più che con assi lineari, con le dominanti tonali: si tratta sostanzialmente di due triangoli/coni di luce...
Accenno alle composizioni a piramide. Non sarebbe necessario, tanto sono note e comprensibili. Ovviamente una vetta si presta bene, e anche un albero, talvolta.
Piuttosto v'è da considerare che tra le ragioni dell'eclissi delle composizioni a piramide v'è la forte connotazione simbolica che ne fa un condesato di gerarchia e autorità. Probabilmente comincia a svanire dopo la rivoluzione francese.
L'imponenza che la composizione offre tuttavia resta, e infatti si adatta bene a certi motivi paesistici...
Per concludere gli esempi delle composizioni assiali resta da parlare di quelle a file o a fasce. Ecco subito un semplice esempio di composizione a file (sempre di Adams):
E alcuni esempi di composizioni a fasce, ovviamente più frequenti nella foto di paesaggio (la prima è di Adams, la seconda di Haas):
Questi tre esempî mostrano molto bene che l'uso di composizioni assiali molto semplici, come quelle a file o fasce, viene utilizzato sia da Adams che Haas come base per modulazioni tonali o cromatiche. Certamente senza l'albero in luce questa foto perderebbe parecchia forza e attrattiva:
Adams in questo caso ha fatto del piccolo albero luminoso il perno della composizione, letteralmente funge da raggio in tutti i sensi (luminoso e geometrico):
Nel campo della musica sono una vera ciofeca, ma questa foto funziona come una piccola orchestra che ha due suoni: un fondo ritmico di bassi a fiati o percussioni, e una dominante acuta -i grappoli di foglie in luce- che trova eco nel secondo, leggero, vaporoso e più rado punteggiato di foglie più a destra.
Anche nel caso dei due paesaggi a fasce la modulazione tonale e cromatica è decisiva. Non ci vuole molto per accorgersi che per quanto l'ondulazione ripetuta introduca varietà al motivo a fasce, la foto risulterebbe abbastanza piatta senza il gioco di forti contrasti tonali:
Decisivo il passaggio di nubi, e la sapiente, sapientissima attesa: la lama di luce che crea una fascia in più e dà vita alla composizione snudando la silhouette d'un cavallo. Se attribiuiamo alla fascia scura la lettera A, e alla chiara la lettera B, allora dal basso all'alto (o al contrario) abbiamo un ritmo nitidissimo: ABABA. Il contrasto nelle due fasce mediane è anche di "tessitura": immaginiamo le colline dal dolce profilo morbide, e vediamo i grandi contrasti dei profili spigolosi delle montagne in fondo. Anche qui una sorta di partitura musicale per contrasti e dissonanze...
Non contrasti, ma nuances nel caso di Haas...
Nuances cromo-tonali, direi, rigorosamente orizzontali, ma accese agli estremi. Ed è proprio nella finta simmetria degli estremi che la composizione si anima: il motivo dell'onda, che sembra rispecchiare in basso le nubi immote ma frange, dona vita alla composizione, altrimenti immobile e statica. È proprio nell'onda che frange e riprende rovesciato il profilo screziato delle nubi la molla della composizione: una sorta d'interpretazione paesistica dell'attimo decisivo di cui parlava Cartier Bresson.
direi caro Nico che è pronto un tutorial ... che ne dici?
Splendido 3d Nico! Di grande interesse e, come sempre, con spiegazioni affascinanti e riccamente corredate.
Il tutto mi è stato da sprono per preparare quest'altra discussione: http://www.nital.it/forum/index.php?showtopic=42954
saluti
Bruno
Vi ringrazio!
Sinora abbiamo visto esempî di composizioni assiali (sì, insisto a scriverlo in neretto), cioè impostate su uno o più segmenti che derivano dalla suddivisione del formato quadrangolare, ma è tempo di di dare spazio a composizioni non assiali. Le più ovvie si basano dunque non su linee rette, ma curve... La serpentina è una delle composizioni più tipiche di questo gruppo. Ne mostro una di Adams...
...e una di Berengo Gardin:
Linea retta e curva sono profondamente diverse. Si sa, ma non sempre si considera cosa veicolino... L'architettura greca sconosce la curva, per esempio, che diviene centrale nell'architettura romana. E non è un caso che l'architettura sacra dei paesi cattolici abbia come fulcro la cupola, quintessenza della curva che ruota su se stessa, mentre nei paesi protestanti la cupola è assente, e predomina piuttosto la guglia, cioè l'apoteosi della linea retta...
La questione è ben più antica, e di mezzo vi troveremmo il culto mediterraneo della dea madre -che poi diviene madonna-, culto assente nell'Europa del nord.
Certo dove si scava ritualmente il labirinto -piuttosto curvo - con uno strumento rituale curvo come il Labrys (da cui Labrynthos, labirinto)
si trovano dee come questa:
Una civiltà, la minoica, che nella curva trova la propria massima espressione. Ecco che un polipo diviene un perfetto soggetto per esaltare con le curve un oggetto curvo come il vaso:
Il primato della curve scompare quasi del tutto per secoli, o diviene marginale (per esempio nella cultura celtica) sinché non riemerge prepotente a fine Ottocento, con l'Art nouveau... Basti come esempio vedere come l'Art nouveau tratta oggetti tipicamente quadrangolari come una porta...
o dei mobili...
Da questa angolazione, anzi curvatura... , il lavoro fotografico di Edward Weston è esemplare... Che si occupi di peperoni
conchiglie
radici
gambe
è evidente che si interessi abbastanza di forme curve, non d'oggetti...
Questo celebre nudo è piuttosto articolato, e le triangolazioni complesse, ma in definitiva -considerando la testa e le braccia- non è difficile cogliere che la composizione punta alla figura archetipica dell'uovo:
Weston tratta il corpo come fosse un paesaggio:
E il paesaggio come corpo sinuoso:
È probabile che insista sulla metafora corpo <-> paesaggio fondando proprio sull'archetipo della dea madre, o comunque della terra come corpo vivo, come organismo e non solo oggetto. In fondo Weston insiste sulla curva come paradigma della vita, della sua sinuosità, della sua eleganza, della sua varietà...
Interessante questa faccenda delle forme curve...
Da un punto di vista altro, rispetto alla fotografia, sappiamo che le forme curve sono da sempre associate alla sensualità, alla femminilità, alla morbidezza (altro attributo femminile)...
Quello che forse non tutti sanno è che, come dimostrato da ricerche scientifiche soprattutto dell'ultimo decennio, esiste un intero "range" di forme curve che (come le regole di suddivisione dello spazio) è profondamente inscritto nella nostra neurologia...
Queste forme sono di particolare interesse per le aree "sessuali" del cervello. Ad esempio, il profilo del seno, e ancor più la curva dei fianchi (che non a caso tanto si cerca di riprodurre con ogni possibile artificio nelle foto "glamour") e la... serpentina vita/fianco/bacino sono talmente "potenti" neurologicamente che è sufficiente mostrare un disegno che ne riproduca la forma (e specialmente se rispetta certe proporzioni...) per scatenare una (del tutto inconsapevole) risposta persino a livello ormonale in tutti i maschi di qualsiasi razza e cultura...
Credo che Weston, come molti altri, a un certo livello ne fosse consapevole. Come tu stesso fai notare, Nico, in queste sue opere il parallelismo corpo/sinuosità paesaggistiche è evidente...
L'effetto delle forme curve pare essere, neurologicamente, l'attivazione dei recettori endorfinici del cervello, con conseguente sensazione di piacere e rilassatezza. Ovviamente questo non è l'unico effetto, ma diciamo che pare essere il principale...
Continua, Nico, sono molto curioso. QUesto thread si fa ogni giorno più interessante!
Interessante Davide
Mi ricorda un passaggio di una discussione fatta recentemente, nella quale si attribuiva proprio alla modifica delle forme del nostro corpo in età avanzata la funzione di inibizione dell’altrui desiderio e di una istintiva ripulsione del corpo dell’anziano.
Maurizio continua!
Grazie!
Mi dispiace inquinare questo thread con un intervento banale come il mio, ma mi sembra doveroso ringraziare per queste opportunita' di arricchimento culturale. Grazie, vi seguo con molta attenzione...
Stefano
Ho scoperto solo ora questa discussione. Stupenda!
Enrico
a questo punto mi domando cosa succede al fotografo con il contato?
guardare(fotografare) <=> contato
contato <=> comunicazione
comunicazione <=> spresione umana afetiva? sentimenti ?
so che e molto stretto queste commento pero, e difficile per me scrivere
Se io non toco, litteralmente al altro, al di là della sua forma, se io non entro in relazione con il altro sia che lo poso toccare con le mani o la con il sguardo, a volte dolce, a volte curioso, a volte tenero, a volte violento, a volte agresivo, a volte con paura e tutte le possibile emozioni umane
tutte la marea di forme e tecnica fotografica non potranno mostrare nulla di me
prima sento dopo guardo e torno a sentire e guardo ancora
Umberto Maturana e Gerda Verden Zoller in la decada del 90 anno publicato un lavoro chiamato
Amore e Gioco, la fundamenta dimenticata dello umano
Dal Ptriarcado alla Democracia
in spagnolo:
Amor y Juego, Fundamentos Olvidados de lo Humano
Desde el patriarcado a la democracia
In generale Maturana define a una cultura come una rete die azioni e emozioni che la definisce come tale. e che ogni cultura a una emozione prevalente che orienta le nostre azioni. di qua che fa una lunga reflesione su la cultura Patrircal e la Matristica, che non e sinonimo di Matriarcal.
E sopratuto la nostra cultura ocidentale...
Quindi per me tutti queli grandi maestri dell arte in generale al di la di una grande tecnica anno prima, un collegamento al Istinto e una intuizione della emozione che e prevalente en la propia cultura, dopo il analisis... dopo la tecnica...
Mi viene in mente una possibile "Fotografia Istintiva" e propio li che io trovo la Belleza...
forse...
Forse voleva finire, Fotografia(sguardo) , Istinto e esprezione , fanno forse una Composizione che per la sua propria forza danno una certa bellezza
Water
domani un paio di esempi
Wow...
Wal, il tuo intervento apre una parentesi che meriterebbe un thread a parte.
Per ora, mi limiterò a dire che quello di cui stiamo parlando è, in un certo senso, il "meccanismo" che permette ciò che dici... il "come funziona", almeno su questi piani.
Ma l'emozione... Beh, l'emozione è una cosa interessante.
Psicologicamente, l'emozione è il risultato della relazione fra uno stimolo (semplice o complesso che sia) e le associazioni che a quello stimolo sono correlate, e che vengono sia dalla nostra esperienza (e cultura) che dalla nostra neurologia.
Quando si guarda una foto (o un quadro, o un paesaggio naturale, o un viso, o quello che volete), così come quando si ascolta una musica, la risposta emotiva che abbiamo deriva in buona parte dall'effetto, programmato neurologicamente (e in parte culturalmente), che gli schemi compositivi ed espressivi usati hanno sulla nostra attività cerebrale. Infatti, lo stesso "contenuto", rappresentato secondo schemi compositivi diversi, produce un effetto diverso e scatena una risposta emotiva differente...
La Composizione di cui parla Nico ha a che fare con entrambi gli aspetti; gli interventi che ho fatto io finora riguardano essenzialmente la parte neurologica della questione. Il risultato di questa (peraltro non programmata) interazione è che sta emergendo pian piano il modo in cui si correlano certi schemi compositivi e l'espressione di certe emozioni/impressioni/rappresentazioni.
Dal mio, personalissimo, punto di vista, quello che chiami "istinto" è semplicemente la conoscenza "neurologica", innata, della composizione e dei suoi effetti... anche se mi rendo conto che quella che stiamo facendo è una ipersemplificazione.
Sono curioso di vedere come andrà avanti questo thread...
Davide
Caro Walter, vuoi farli diventare tutti uguali a te!
Dire "tutti" è in questo caso piuttosto ardito... Vai a sapere te se seguono l'istinto o lo hanno represso, e vai a sappere anzitutto se e come comunica l'istinto in ogni essere umano...
Caro Nico, si,
tutti avviamo un collegamento al istinto, in che misura non lo so
se si segue o meno L'istinto no penso sia una elezione del tutto razionale
L'istinto e una condotta innata, ereditaria,che non richiede apprendimento e che si manifesta davanti a stimoli specifici. La sua finalità biologica e l'adattamento all'ambiente, indispensabile alla sopravvivenza della specie.
Etologi come Eibl-Eibesfeldt e K. Lorenz, hanno chiarito, che gli istinti possiedono una potente influenza sul comportamento e per tanto il la espressione.
C' l'abitudine culturale di associare l'istinto all'irrazionale, nostante la funzione istintiva riveli una forma di intellighenzia che possiede una sua propria Logica.Il comportamento istintivo possiede una infrastruttura neuro-endocrina di grande precisione.
Autori di studio:
Darwin, Mac Dugall, Skinner, M. Mead, Droscher, Eibl-Eibesfeldt, K. Lorenz
Van Gogh era un pittore d'istinto, e piace anzitutto la sua vita tarvagliata, in virtù della quale le sue quotazioni sono salite ben oltre il suo valore. Ed esistono pittori -o artisti- metodici, razionali -talvolta persino razionalisti, che dell'istinto swi vogliono liberare. Un solo esempio: Mondrian...
Me dispiace e impossibile liberarsi del istinto, la parte istintiva dell essere umano e stata frequentemente repressa atraverso la storia, delle religione e dalle ideologie, Tuttavia, gli istinti hanno la funzione di conservare la vita e di permettere il sviluppo.
Non mi piace quando si vuole ridure l'arte solo a istinto e a emozioni. Non mi piace perché significa che abbiamo già messo la ragione dalla parte della scienza, e abbiamo creato una sorta di "riserva indiana" per tutto ciò che razionale non è, e lo affibbiamo all'arte...
E sorprendente anche linsensibilita dei sistemi di educazione che invece di restaurare gli istinti, sono preoccupati nel riforzare le abilita cognitive e la percezione simbolica e astratta.
Non mi piace perché vedo ancora gli effetti d'una logica razionalista che spacca il mondo a metà. Non bastano le emozioni per fare arte. E non basta nemmeno l'istinto. E non basta nemmeno volersi esprimere. Ci vogliono tantissime altre cose. Per esempio le conoscenze tecniche. Perché l'arte implica il fare, e non solo l'avere emozioni.
eee... si,
poso aggiungere che anche la divisione del corporeo e dello spirituale non a ragione di essere, forse questa indicherebbe una catastrofe antropologica, la prima grande dissociazione...
sono anche di accordo che l opera di arte significativa si forma di una ascesi (o scritto bene?) della sensibilita, da un apprendistato tecnico e da una esigenza personale di selezionare forme espressive, (fotografia).
Noi abbiamo una duplice componente, logica e analogica (che vuol dire diversa da quella logica). Questa duplice componente è del tutto equivalente alle nostre gambe. Pensare che l'arte sia solo emozione, istinto ha fatto sì che svanisse nel nostro mondo d'oggetti e consumi, che se ne parli sempre di più e se ne faccia sempre meno. Se ho due gambe cerco d'usarle ambedue, e non peserei mai di tagliarmene una credendo di poter andare più veloce...
Scuasa pero, forse la caratteristica intrinseca di una opera d arte e quella di "rimanere viva", la vitalita delle forme penso che si nutre sempre dell emozione, vaste per esempio guardare un dettagio del dipinto Gernica di Picasso e come esprime la disperazione durante il bombardamento della citta spagnola
L'istinto può essere una delle componenti dell'arte, come le emozioni (a proposito, c'è qualcosa di più duraturo delle fuggevolissime emozioni: i sentimenti), le intuizioni, le volizioni, i pensieri. E tanto altro ancora. Non va bene quando riduciamo l'arte alla nostra modesta piccolezza. L'arte ci comprende, e noi fatichiamo a comprenderla.
L istinto è, una componenti dell arte
mi a scritto un amico:
Anche quando lartista e affeto da qualche malattia, come nel caso di Chopin, Hoelderlin e Dylan Thomas, Limpulso vitale che deriva dall emozione conferisce all0opera d0arte la sua consistenza e la sua Universalita.
Nico:, grazie per la spinta
walter
Una Idea:
Davide, tu che sei capace, potresti parlare de
Istinto,Identità e composizione?
Salve a tutti, bella discussione, che si muove su vari fronti.
Volevo far presente che tutti questi temi sono discussi su un libro di Richard Zakia, http://www.amazon.co.uk/gp/product/024080466X, che studia la relazione tra media visuali (al 90% la fotografia) e percezione. Collega temi della fotografia con quelli della psicologia. Parla per esempio di composizione, e motiva le scelte della composizione con quella che poi sarà la percezione dell'immagine.
Per esempio, prova a "motivare" l'emozione delle immagini di Weston in termini di "messaggio subliminale" e "archetipi" (anche se non è una figura umana io vedo qualcosa che mi ricorda una figura umana e ciò mi emoziona).
E discute di istinto e razionalità facendo riferimento del concetto Jung-iano di personalità (combinazione di Feeling Intuition Sensing Thinking, con un tipo predominante), illustrando esempi di fotografi significativi in ciascuna delle tipologie.
Non ricordo bene, ma Adams potrebbe essere un Thinking (razionale) mentre Bresson potrebbe essere un Intuition o un Sensing.
Insomma, la presenza/assenza di istinto e/o razionalità non ci favorisce o preclude nell'essere buoni fotografi; semplicemente, possiamo essere buoni fotografi in modi diversi.
Libro non banale, ma sicuramente consigliato per chi vuole veramente approfondire questi temi.
Lui è fotografo e insegnante di fotografia, ed ha scritto anche un libro sull'insegnamento della fotografia (insieme ad una psicologa).
Con riferimento a http://www.nital.it/forum/index.php?showtopic=39827, Zakia ha anche scritto un libro di citazioni sulla fotografia, ed i suoi libri sono comunque pieni di citazioni.
Buona luce e buona "percezione" a tutti
Luca
Bene bene... Thread sempre più interessante!
Prima di cominciare, ringrazio anche Cabibbo per il suo intervento e la sua segnalazione, che, alla luce dell'ultimo chiarimento, condivido in buona parte nell'approccio, che sembra principalmente incentrato (come si evinceva anche dal titolo del libro) sulla Psicologia della Gestalt, o Psicologia della Forma, che appunto si occupa (pragmaticamente) della percezione e dei suoi aspetti. Io stesso avevo in passato invitato ad approfondire la conoscenza di questi aspetti...
Ora, negli ultimi post sono venuti allo scoperto alcuni temi molto interessanti, anche se personalmente li considero in un certo senso complementari a quello della composizione in sé.
Wal mi ha chiesto di parlare di Istinto, Identità e Composizione... Robetta da poco, leggera leggera. In un paio di centinaia di pagine dovremmo potercela cavare, facendo una sintesi...
Comunque, vediamo un po' cosa posso dire che includa questo tema in quello più generale del thread...
Probabilmente devo iniziare con una premessa. E questa premessa, altrettanto probabilmente, NON è quella che ci si potrebbe aspettare da uno psicologo...
Io non credo nelle psicologie interpretative. Quello che dicono zio Sigmund, Jung, Adler e tutti gli psicodinamici, così come tutti coloro che fanno capo a una "scuola di pensiero" psicologica che cerchi di spiegare i comportamenti e sentimenti umani (sì, anche Skinner e i Comportamentisti), è, appunto, soltanto un modo di spiegare, una metafora, una interpretazione, di un processo di cui non sappiamo una beatissima fava. O meglio, sappiamo alcune cose, soprattutto in termini di processo, ma sono tutte verità parziali, sguardi fugaci su processi di estrema complessità, che semplifichiamo per amor di comunicazione, per renderli "gestibili", per comodità... salvo poi dimenticarci di aver fatto la semplificazione e dichiarare "questa è la verità!".
Soltanto di recente, con l'avvento delle neuroscienze e dei moderni sistemi di brain imaging, si é cominciato a capire di più di questi processi... ma ancora a un livello molto grezzo. Dire che nel linguaggio è coinvolta l'area di Broca, e che essa ha certe funzioni, senza sapere esattamente come queste funzioni vengano svolte, è come dire che sappiamo che i pesci abitano il mare, ma senza sapere cosa ci facciano e come. Il livello di dettaglio delle nostre conoscenze sulle aree complesse del cervello, soprattutto (ma non solo) quello neocorticale, è ridicolmente basso, checché ci raccontino gli scienziati che lo studiano.
Detto questo, veniamo al primo tema: l'Istinto...
L'istinto, come giustamente detto da Wal, possiamo definirlo come un insieme di "conoscenze innate" indipendenti dall'apprendimento e dalla cultura, che "governa" una certa gamma di azioni e risposte comportamentali. Ed è esattamente di questo che parlo io stesso quando dico che le regole di composizione, o la risposta a determinate forme, sono inscritte nella nostra neurologia... Ma questo non ha nulla a che vedere con le emozioni, che invece sembrano essere tanto valutate, anche in questo ambiente della fotografia. Un pulcino appena uscito dall'uovo, a cui venga mostrata (in cielo) la sagoma di un falco, fugge e si nasconde... ma non perché abbia provato l'emozione "paura". Questa è una antropomorfizzazione, una proiezione di un'emozione (o sentimento) "umano" su un animale. Il pulcino si nasconde perché la sua neurologia gli dice di farlo. Punto. Come ben sanno i comportamentisti, si può addestrare un pulcino a una diversa risposta, che contraddica il suo "istinto". E questo è ciò che, sistematicamente, facciamo noi umani con noi stessi: ci addestriamo a "riconoscere", ad identificarci con, una serie di "risposte" che NON sono istintive, ma che diventano automatiche. La maggior parte dei comportamenti che chiamiamo istintivi dovremmo in realtà chiamarli automatici... cioé appresi e ripetuti fino al punto da essere eseguiti automaticamente, senza pensarci, come se fossero istintivi.
Vi chiederete cosa piffero c'entri tutto questo con la composizione, o con questo thread...
C'entra eccome, e ci arriviamo fra poco.
Intanto, affrontiamo il tema dell'Identità... Cioé il "Chi sono io?". E con questo tocchiamo un altro punto dolentissimo...
Per la stragrande maggioranza delle persone, c'è (dal mio punto di vista) in atto un equivoco che fa più danni di quasi qualsiasi altra cosa, e cioé si confonde l'Identità con l'Immagine di sé. Mi spiego: Identità è "ciò che siamo", e cioé la somma di tutti i nostri potenziali, il nostro Essere. L'Immagine di sé é quella rappresentazione di noi stessi in cui ci identifichiamo, nella quale ci riconosciamo, e che è spesso definita attraverso una serie di comportamenti... che NON sono ciò che siamo, ma il modo in cui esprimiamo ciò che siamo. E poiché ci riconosciamo solo in una parte minima dei nostri potenziali, ecco che tendiamo a considerare "valide" solo le espressioni di quella parte. Salvo poi, quando ci capita di agire comportamenti al di fuori di quella parte (e nei quali non ci riconosciamo), dire "Ero fuori di me!"
Perché questo è importante? Perché nel momento in cui ci identifichiamo in una immagine di noi stessi, selezioniamo una serie di comportamenti che la esprimano e ci "alleniamo" inconsapevolmente ad agirli fino a che ci diventano così familiari ed automatici da essere definiti "istintivi"... e a quel punto li subiamo anziché agirli. Se invece siamo aperti a una definizione "mobile", in evoluzione, della nostra identità ecco che ci apriamo anche a nuovi comportamenti e scelte, che agiamo attivamente anziché subirle passivamente. La differenza è fondamentale. Infatti è nel secondo caso che ci apriamo maggiormante all'apprendimento, al "come si fa", mentre nel primo "le cose accadono" e siamo "vittime" dell'emozione. Per inciso, questa "fame" di emozioni senza controllo viene proprio dalla "distanza" che ci separa dalla totalità della nostra Identità, e che ci siamo costruiti noi stessi. E noi usiamo queste emozioni per "sentirci vivi", perché dentro di noi "sappiamo" (anche se inconsciamente) che una grossa parte di noi è, se non morta, certamente bloccata, imprigionata, limitata... Lo sappiamo per forza: l'abbiamo rinchiusa NOI, nella prigione della nostra Immagine di sé.
Confondiamo il "provare emozioni" con l'essere vivi e il "riuscire a trasmettere le nostre emozioni" con il "comunicare"... ma non vogliamo imparare il linguaggio di questa comunicazione.
E qui faccio una dichiarazione che immagino impopolare.
C'è una enorme distanza fra il provare un'emozione (processo interno) e l'esprimerla e comunicarla efficacemente (processo esterno).
Per spiegarmi farò una citazione.
Anni fa, su una rivista fotografica ancora in commercio, scriveva un tizio sotto lo pseudonimo di Chenz. Ancora ricordo a memoria linizio di uno dei suoi articoli: "Siete 'il' fotoamatore evoluto medio. E siete nello studio medio del fotoamatore medio: 18m x 12 x 6, nel quale 8 banchi ottici Balcar illuminano la modella media: 18 anni, bionda, statuaria, completamente nuda e totalmente priva di inibizioni nei confronti del fotografo. Avvicinate l'occhio al mirino della vostra macchina fotografica... ed ecco che davanti a voi non avete più la modella, ma un cartoncino grigio medio Kodak 18% e una griglia di composizione. Perché se non è così, la foto non vi viene!".
Per dirla con altre parole: se quel cantante così ricco di pathos e che tanto vi emoziona provasse veramente le emozioni che descrive e trasmette mentre canta, NON POTREBBE CANTARE. Non ci riuscirebbe: le emozioni lo travolgerebbero e glie lo impedirebbero, "spezzandogli" la voce e strozzandogli la gola.
Quindi, una cosa è provare l'emozione o il sentimento. E tutta un'altra è trasformare questo in una comunicazione efficace. Per arrivare a questo risultato occorre conoscere e sperimentare tutto un "come si fa", un linguaggio con i suoi segni, le sue "parole", la sua sintassi e grammatica, e i suoi aspetti non-verbali.
E' di questo che si tratta in questo thread. Del "come si fa" e delle sue radici fisiologiche e culturali.
Certamente NON delle emozioni in sé, o del sesso degli angeli, né di filosofia. Ma, pragmaticamente, di segni, parole, grammatica e sintassi, ed elementi non-verbali del LINGUAGGIO fotografico, e cioé di COMPOSIZIONE, e , a volte, di come funziona.
Insomma, dell'equivalente fotografico di una nobile arte letteraria: la retorica.
Davide
Davide sei un mito, riesci a rendere comprensibile le cose complicate che richiedono tanto studio e lavoro introspettivo. In questo tuo discorso rivedo tanti tuoi interventi che erano solo la parte di un tutto che qui a preso forma.
E' impossibile essere spettatore di un evento e essere reporter di quell'evento. Per riuscire a avere delle performance che da un punto di vista emotivo sconvolgerebbero bisogna inevitabilmente distaccarsene, come in sala operatoria. Forse mi sono un po' allontanato, ma era per vedere se avevo capito.
Noi nasciamo con un istinto e tutta la vita non facciamo altro con l'educazione e con le "sovrastutture" a sipprimenre l'istinto per formarcene un altro a nostro uso e consumo.
Ma allora le regole compositive sono frutto dell'istinto o sono sovrastrutture?
Grazie Nico, grazie Davide e bellissimo leggere le vostre risposte
Nico,Me viene una parola della matematica che si applica oggi in tanti campi diversi, INTEGRAZIONE, e che in La composizione (fotografica) non e per me dll tutto chiara...
Walter
Ho introdotto le composizioni curve facendo ricorso al lavoro di http://www.edward-weston.com/edward_weston_biography.htm, centrato su una ricerca formale che ha nelle combinazioni di curve il proprio principio. Nato nel 1886, è evidentemente stato influenzato dall'http://it.wikipedia.org/wiki/Art_nouveau, ma chi davvero dà fondamento documentario (e fotografico) all'Art nouveau è Blossfeldt, che fotografa sistematicamente le origini delle curve dell'Art Nouveau, ovvero i viluppi vegetali, componendoli proprio come ornamenti Art Nouveau:
Nella concezione che conduce all'Art nouveau la linea non è un contorno, ma l'espressione d'una forza, e la curva -in particolare- esprime una forza vitale. Un artista come Severini -vicino al dinamismo futurista e alle composizioni cubiste- chiarisce quale possa essere la funzione della linea curva:
Anche la Cunningham va in cerca di spirali, e ne trova di ben più eleganti del suo torso maschile:
Inutile dire che con i suoi torsi e le sue calle ha offerto parecchi spunto al signor Mapplethorpe, di cui mostro solo un fiore...
Credo possiamo chiudere qui. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti e che si sono soffermati su queste pagine.
lo facciamo diventare un pdf?
.... ottimo lavoro ..............
Procedi, Gennaro... e poi mandamente una copia!
Mi prenoto anch'io per il pdf. Grazie per questa bella discussione.
Enrico
anch'io mi prenoto per il pdf
sarebbe ottimo!
e grazie a tutti voi
Ci sono anch'io per il pdf.
ogni tanto me lo rileggo...
bravissimo nico...(però ogni tanto vieni a fare una capatina di la che è stata aperta la nuova sezione!!!)
Realizzato da: Invision Power Board (http://www.invisionboard.com)
© Invision Power Services (http://www.invisionpower.com)